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^D6 -
i 2
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S. P. Q. R.
BULLETTINO
DRLLJl
B-^ COMMISSIONE ARCHEOLOGICA
MUNICIPALE
Anno n. — QennaJiHHano 1874 — NnlD. I.
ROMA
COI TIPI DEL SALVIOCCI
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DECADI LÀFDÀllIE GAFITOLIN£
DEOAJJE PRIMA
PASTE SECONDA
( Ta». I. )
{ConUnuazione e fine ')
N. 7.
C • METTI
N-F-QVI
AQVILLIAl
M • L- PAMHL
È scolpita d' antica lettera in un cippo di travertino aI,to
m. 0,67 largo m. 0,20. Fu scoperta euU'Esqnilino nella villa Pa-
lombara. n P, 1' H e la I della quarta linea, sono unite in
nesso com'b nella stampa.
L' epigrafe h terminale : fu posta a dinotare il possesso
d'un fondo, o d'un' area, nella quale avessero diritto Caio
Mettìo figlio di Numerio della tribìi Qairìua, che secondo l'uso
del suo tempo tacque il proprio cognome, ed Aquillia Parafila,
liberta d'un Marco Aquillio. Kella famiglia del quale sendo
i Teda il Tol. ^reeedonte di questo Bull, a e. 279.
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4 BULLETTIMO DELLA COUHISSIOKE
pili usitato il prenome di Uanio, ho bene nella pietra osser-
vato se fosse alla M apposta la solita aggiunta W denotante
dh prenome siffatto ; ma ho trovato assolutamente mancarvi.
Stimo che il cippo non sia da credere fotto per determinare
terreno consecrato d'attorno ad un sepolcro, perchè non vi si
trovano notate le misure della fronte e del campo, che n'erano
lo speciale oggetto. Molti di tali cippi di privata pertinenza o
di pubblica, si trovano ne' tesori lapidari. Quelli che segnano
l' ingrandimento del pomerio, hanno sempre la solenne formola:
AVCTI3 POPVLi ROHANi FiHiBTS '. Gli altri uotaQO la rivendica-
zione, CATSSA. cooNiTA, del sQolo pubblico dal privato, o l'ac*
quisto fatto PVBLIGA FECVNiA di suolo privato per renderlo pub-
blico. Di tale argomento rimetto piii accuratamente in luce un
cippo terminale, che si lega alla topografia della nostra città '.
Venne scoperto fin dall' anno 1556 e attesta della nobile cura
del pontefice Paolo IIII nel conservare le memorie di Roma.
Da che volle egli, che rimanesse in sul luogo, secondo ricorda
l'iscrizione aggiunta in sul cippo medesimo. I lavori recente-
mente fatti nella vìa della Consolazione, dove si vede come
stipite della bottega segnata del numero civico 106, richiama'
rono l'attenzione su questa pregevole memoria, ch'b tale*:
> In proposito d'ano di questi cippi del pomario dì RoQUt, stabiliti
dall' imperato ra CUndio, che ai vede ancora rialzato all'antico Inogo nel-
l'angolo della casa n Santa Lncia del QoDfalene, segnata del numero 147;
il Fea , che stampala: parlare tanto piii volentieri di esso cippo qnanto
avendo testato qnalcano di comperarla e di portarlo ria, aveva egli insi-
stito perchè restasse (Framm. de' Fasti cons. a e. 41); aggiunge ancorala
storia del ritrovamento di quel cippo medesimo, scopertosi l'anno 1610, da
nna nota manoscritta di Antonio Lelio Podagro, eh' è nell'esemplare vati-
cano delle iscrizioni stampate dal Mazzocchi. Ma nna tale memoria era già
stata pubblicata sin dall'anno 1T53 nel volume quinto degli Atti della
Società latina di Zeoa, pag. 47. Il testo dell'annotazione è in questa stampa
piìi corretta e completo di quello tanto dopa messo in lace dal Fea.
* È alto metri 2,25, largo m. 065.
' Sì veda la fav. IV del fascic. precedente di qaesto BalL n. 4.
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ARCHEOLOaiCA MUNICIPALE.
I ■ CALPVKNITS • pIsO
(sic)
M ■ SALLVIVS
TB ■ AEE-
ABEAMEXSOAPEIVATIS
PVBIIOA . PEOVNIA
BEDEMPTAMTEENINAVEB
PAVU-IIlI-PONT.MAX
1VS3V
0TIV3 ■ BENEFICIO
MAIOBVM • MONVMEN
TA . SEBVANTVB ■ VT
ANTIQVVM ■ LOOTM
INDICE! ■ VBI ■ NVPEB
EPP0S8VS • PVEBAT
EEEOTVS ■ EST
AN-SAL-M-D-IW
AB ■ VBBE • CONDITA
■ 00 00 • CCC . LX
L^
N. 8.
D M
C ■ CAEDICIO • ■ E
CELEBI ■ IJCTOBI ■ HI • DE ..
CAEDICU ■ CYPAEE ■ C
OPTIMO ■ ET • CABDIClI ...
ET ■ PAOTTAUS • PAT
PIISSIMO • ET ■ LIBEET
POSTBEISQVE EO
H • M • H ■ N
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BULLETTINO [IELLA COMMISSIONE
Lastra di marmo alta m. 0,43 larga m. 045. Fu trovata
l'auDO 1868 nella tenuta di Cectocelle negli scavi fatti eseguire
dall' avvocato Pierluigi Guidi, ora deferito.
La Commissione d' A.rclieologìa ne fece acquisto per la
raccolta capitolina.
Le poche mancanze del marmo possono esaere sicuramente
supplite, salvo che nella indicazione della tribìi, che per questo
si ommette.
È dnnque da leggere al modo seguente: DHs Manibus.
Caio Caedicio Caii filio (tribìi) Celeri, lictori trium deuria-
rum, Caedieia Cyppare coniugi o}Himo et Caedìciì Optatus (?)
et Faffutalis patri piissimo et libertis liòertabusque posterisque
eorum. Hoc Monumentum Heredes Non Sequitur Exteros.
Questo littore cittadino romano, era disceso forse da un
liberto della famiglia Caedieia, antica molto ed onorata nella
città; forse pure da quella famiglia medesima, diramatasi,
come nel lungo volger di tempo avviene, in vari rami e nato d'nno
di essi, che meno si mantenne nel grado di ricchezza e di
splendore proprio del nome.
Virgilio, che i racconti e i personi^gi della sua Eneide
ordinò alle italiche tradizioni e alle romane origini ', additb in
Codice Io stipite de' Cedicii, celebrandolo di liberalità e di ric-
chezza, dove ricorda la preziosa suppellettile, i crateri, le armi:
et aurea hullii
Cingula Tiburti Romulo ditissimus olim
Quae mittit dono, hospttio cum iungeret absens
CaediciB '
Nell'anno 465 e in quello 498 della citth, furono consoli
de' Cedicii. Il primo avendo collega Marco Valerio Massimo
' GeUìu*, V. 12, Servins. VII, 715.
» Aen. VII, 859. neg.
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AHCREOLOOICA UUHIClPAr.E. 7
Corvino, l'altro Lucio Manlio Vulao Longo. Ma fin dal 268 e poi,
si ha Della storia romana memoria di persone di tale famiglia '
per magistrature o per aleno notevole avvenimento.
Quando Gaio Cedicio Ciilere esercitava 1' ufficio di littore,
era già questo ridotto ad una guardia d'onore e d' ordine. La
punizione dì morte, abolita pei cittadini romani colla legge
Sempronia, aveva da lungo tempo tolto di mano ai littori il
consueto esercìzio della scure. Le frequenti e indegne esecuzioni
a morte, che funestarono tanto l' impero, venuto in potere di
tiranni stoltamente malvaggi, si fecero il pili delle volte col
mezzo di soldati , e pili specialmente dì quelli pretoriani.
La scure aveva ceduto il luogo alla spada , senza che poi si
tornasse all' antico costume. Del quale se occorre la men-
zione presso i poeti o presso gli scrittori , ciò fu memoria di
classica espressione, o fu linguaggio figurato e poetico. Abbiamo
sicuri riscontri del militare malcontento di que' fatti , e del
saevttm officium a che erano condotti da prepotente comando
e da instante timore. Il eh. sig. Commendatore Giambattista
de Bossi, ha recentemente dato splendido documento di quanto
affermo, illustrandolo in modo degno di luì. Farlo de' versi da-
masiani ad elogio de' martiri Nereo ed Achilleo , che ha ri-
trovato in parte nel primitivo luogo, cioè nella basìlica cimi-
teriale ad essi dedicata presso la vìa Ardeatìna. II vate pontefice
esponendo una narrazione , eh' ebbe a mantenersi vìva nelle
memorie della chiesa romana, diceva dei due martiri :
' Livio, 11. 52, V. 32,, V. 45 ecc. Si avrebbe ricordo d' illaatre danna
dì qateU fomiglia in Tacito, se, come io peneo, la Gadieia delle stampa,
fosse da coireg^rsi lettgendo Gaedida. Annal. XT, 71. TroTo infatti, che
in tal modo Tenne emendata la lettara dei codici e cori bì legge nell' ao~
CQiatiasima ODomastico del eh. Dottore de Vit, che qni rammento a ca-
gione d' ODore.
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IS BULLETTIKO DELLA COHMISSIOUE
Militiae nomoD dederant, saevumque gerebant
OfBeium, paiiter Bpectantes iussa tyranni
Praec-eptìs, pulsante metu, servire parati '.
Il dotto valentuomo ha perfettamente ragione nel ricono-
scere in Nereo ed Achilleo dne veri mìliti , perchè decorati
d* insegne d'ooote, quali furono le falere, date solo fra i mi-
litari donativi, e perchè militiae nomen dederant: lo che uon si
sarebbe detto dei pubblici famigli (apparitores), o dì altri di
quella risma.
La questione insorta fra i sig. Edmondo le Blant e il
3ig. Naudet, due chiarì lumi dell' Istituto nazionale di Francia,
intorno alle funzioni dell' Apparitio e alle persone di grado
diverso delle quali era essa composta, ha dato occasione di
Duove ricerche sulla condizione dei littori al tempo dell' im-
pero. Intorno ai quali, secondo eh' io penso, ben scrìsse U
lodato sig. Naudet « C'est & datei- de CaligvXa, de Qavde, de
NéroV; qw prevaliti l'usage du glaive et du bras mlitaire...
Désormais le ministere d' exécvi&wr des havies oeuvres est re-
> Bull, dì Archeologia Crìstiaiia, seconda eerie anno quinto a e 20.
La iaaigne scoperta della basilica dì s. Petionilla col sepolcro dei martiri
Nereo ed Achilleo nel Cìmitera di Domitilla, iniiiata fin dal mano del 1854,
ìstitaìta appena la Commissione d' Archeologia sacra, da S. S. Pio IX,
è adeso perfeiionata «otto la direzione del eh. de Bossi, n qnale rende
nel dotto suo lavoro &lla E. Bum di monsignor Francesco Saverio de
Herode la bella testimoniania, che qni mi giova di ripetere: Dopo venti
anni, che l' iniiiata scoperta era in sospeso. ... degideroso di facilitarne il
compimento e di tatelure con ogni efficacia ddh delle piti gigantesche ed
arcaiche necropoli della chiesa romana, ha testé acquistato il vasto latifondo
di Tor-MaiBDcia e la vicina vigna ove è il pnbblico ingresso monnmen-
tale al cimitero de' Flavii cristiani. Il fatto è degno del magnanimo cnore,
che solo n' b stato consigliere ed aatace. Ball, cit a e. 1 1 e 12. £ noi an-
cora gruidemente applaudendo a tal &tto, siamo lieti d' nnirci ad nn en-
comio tanto meritato c sì degno.
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ARCHEOLOGICA. MUNICIPALE. !)
tire au licteur; il ne sei-t plus que d'eseorte '. Orando erudi-
zione ha dimoetrato il Big. de Blant, recando in mezzo quanto
mai dir si potesse per sostenere in contrario: clie le testimo-
nianze degli scrittori s' accordano a mostrarci i littori: toujoìirs
chargés des executions capUales '.
Io non veggo però essersi fatto uso delle più stringenti prove,
eì perchè contemporanee, e sì ancora perchè non sospette, né di tra-
dizionali locuzioni, né di poetiche forme : dico delle memorie epi-
grafiche degli stessi littori. Innanzi alle quali mi fo a richiedere:
se ad esecutore dell' ultimo supplizio si sarebbe posta in pnb-
hlico la statua e scolpito l' elogio: se uom tale sarebbesi eletto
patrono di due corporazioni, di quelle a cui era lecito per decreto
del romano senato l' adunarsi : se ne sarebbero stati accolti i
donati?!, accettate le larghezze, per celebrarne in ogni anno il
giorno natalizio: se finalmente ammesso si sarebbe il figlio di
lui neir ordine de' cavalieri romani. E pure tutto questo io
leggo nel marmo segnato ad onore di Tiberio Claudio Severo,
cittadino romano della tribb esquilina , che detto ò in esso
Dbcukiaus Lictoe, e fu dottamente illustrato dal porcelli '
mettendo innanzi molte cose della mutata condizione de littori
sin dal primo secolo dell'impero, con dottrine approvate da Ennio
Quirino Yisconti '. E dimando ancora: se una persona, che guar-
dando ai nomi aggiunti per adozione o per eredità, si mani-
festa esser etata opulenta, s' avrebbe eletto di trovarsi fra i
manigoldi e i carnefici , o non avrebbe anzi lasciato quella
' SechercheB sui les fioaneaai dn Chrìst puT M. Edmood le Blant
membra de netitat. Arras 1873. Lettre de M. Naadet, raembre de l' Instìttit
aH. le Blaat, aa sqjetde Ubiochare fntitnlée: Becherches ear les borraani
da Cbriet HemoireB àe l'Académie des lostiriptiona t. XXXVI. H.IeBUnt,
lettieaH.l'abbé CorbletsDì qnelqnes observatlons de H.Kaadet. Revae de
l'art, chrttien toni. XVII.
! Lett. cit. p. 5.
' De tlilo irueript. n. CXI.
> te. P. C. tara. V., ft e. 193 ed. di Miliuio.
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10 BULLETTINO DELLA COMMISSIONE
condizione, venuto appena in ricchezza, ove creder si voglia la
fortuna sopravvenutagli all'anteriore suo stato; e se, non poten-
dosi per quale si fosse motivo levare da essa condizione, non uè
avesse almeno taciuto nella epigrafe del proprio sepolcro. E pure
neir iscrizione di Lucio Tossio Pio Trebonio Sabino, fe ricordato
r ufficio suo di LiCTOB lupEBATORis '. Dove è pure da aggiungere,
se si debba aver per credibile, che si tenesse dagli augusti in tal
grado il corpo de' Littori, da averne di sì prossimi alla per-
sona da ottener nome di Lictob fboxihvs ', o, come questo Lucio
Tossio, di LlCTOB IHPEBATOSia?
E il nostro medesimo Gaio Cedicio Celere, ricordante un
nome di cospicua stirpe e cittadino romano ancor esso, sarebbe
stato nel duro ministerìo di giustiziere? In verità io non lo
credo, e credo invece, come già dissi di sopra, che fossero di
quel tempo destinati i littori a servire di tradizionale guardia
onorificfi così per quelle magistrature , che ne avevano il di-
stintivo, come per gl'imperatori medesimi; ed a mantenere l'or-
dine delle piìi autorevoli adunanze. Trovo in fatto in Tacito
essersi i littori interposti per impedire, che Sorano a^orresse agli
abbracci della figlia Servilia, mentre s' agitava la loro causa, o
piii veramente era per sacrificarsi la loro innocenza : Sitimi (So-
ranus) »n amplexus occurrentis filiae rttebat, nisi inl&riecti
liciores iUrisque obstUissent '.
D' altronde non tengo di grave momento , anzi tengo di
momento ben lieve, quelle testimonianze d' autori, che pongono
la spada in mano ai littori. I quali, fino che il loro ufficio si
mantenne, ebbero solenne 1' uso della scure per eseguire le ca-
pitali sentenze- Né parmi che sia ad essi da riferire qualunque
' La stampò Carlo Fai, che- la vi<Ie uiicire di terra negli scavi della
t«uQta di Tor Sa^enza a destra della via preuestina antica, nel dicembre
1820. Il raedeGtmo la disse fatta in caratteri regolari e MU come ne' buoni
tempi. Fcim. de" fusti Consolari ecc. pag. 32 e 35.
"~ Grat. 678. 1., Pabretti de Colnrnna Traian. p. 35.
= AnnaJ. XVI, 30.
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ARCHEOLOGICA MUNICIPALE. 11
esecuzione a morte, che colla spada sia fatta , condannando i
colpevoli ad gladium. Nel qual proposito mi sovviene d' un
rescritto d' Adriano dato al Concilio della Betica, che lo aveva
richiesto dalle norme di punire 1' abigeato, in queste proprie
parole : Abigei cum diirissime puniuntv/r ad gladium damnari
solent; ideoque pitto apudvos quoque su(ficere genus poeriae,
quod maximum huie malescio irrogari sola, ut ad gladium
abigei dentur ', E si noti questo modo di percuotere i condan-
nati ricordarsi come di consuetudine piU antica, onde può fu-
cilmenle recarsi a que' tempi, che a noi parve di dover rico-
noscere esser stati quelli della cessazione della cruenta opera
dei littori nella legislazione romana.
' N. 9.
dIvae ■ pavstInae
AVG-
PELIS-AVG-L-A-VESTB
GLADIAT ■ ALLECTOK
COLLEGI ■ ImAGINEM
EX ■ AB ■ P ■ I • D ■ D ■
È scolpita sopra una basetta di marmo lunense con ele-
ganti caratteri *. Noi piano superiore si palesa visibile ancora
l'incassatura nella quale era infissa la statuetta ".
' CvUatio legun rojiian. ci imaiUcar, Ul. XI.
- Si Teda tav. I. n. 2.
- Fa scoperta nel febbraio 18T3 sali' E^qnìliiio, presso all' aogolu S.O,
delk Stazione centrale della strada ferrata, entro on antico edificio, for-
mato da ali atrjo, o camera , che aveva tutto intorno un gradino, ad uso
dì ceditore, intonacato e coperto di rosso, eguale a quello da me ritrovato
nelle Stallone transtiberina della Coorte VII dei Vigili. La pianta del Inogo
e tnttc le notizie spettanti alla topografia generale della Y regione, sono
pubblicate con qaesto stesso fascicolo del Ballettino.
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12 BULLETTIKO DELLA COMMISSIONE
Dobbiamo a questa iscrizione il conoscere un nuovo ufficio
della casa imperiale, non prima ricordato d^li scrìttorì, ni dalle
lapidi. Il liberto Felice , cbe lo esercitava , fu di quelli , che
quantunque manomessi, si mantenevano presso i loro padroni
nell' antico ufficio servile, quale era il più delle volte la cu-
stodia delle vesti. Quella da lui avuta in cura è distinta col-
l'appellazione di veste gladiatoria. E in essa, secondo mio avviso,
non dobbiamo riconoscere una veste, che l'imperatore indossasse
assistendo agli spettacoli dell'Anfiteatro; ma si bene quella
usata da lui, facendola da gladiatore e vestendosi alla lor fog^a.
Questa circostanza concorre a stabilire il tempo della offerta
fatta da Felice ad un collegio, del quale il luogo stesso dov'era
esposto il suo dono aveva reso inutile 1' aggiungere il nome.
Laonde non credo opportuno l'entrar qui a ricercare quale po-
tesse esser stato esso Collegio ; non sembrandomi sufficiente
prova a riconoscerlo di gladiatori, il ricordarsi nel marmo l'uf-
ficio della custodia della veste gladiatoria. Da che si sarebbe
sempre segnato come proprio del liberto Felice , in qual si
fosse memoria posta da luì in qualunque luogo; massime co-
noscendosi un collegio gladiatorio esistito altrove e in sito
molto da questo, lontano '.
> N'è documento la celebre iscrizione del collegio Sìlvtno Aarelìano,
della qnale datanti fo scrìtto (Marini, Iscr. Albani a e. 13). Il Labna, che
qui mi è caro di ricordare per la dolce amicizia cbs a Ini mi strìnse, cori
parlaTa di tale collegio < Era qael collegio composto di qnattro decorie,
che comprendevano quattro classi di gladiatori. Alcnni sono Tifoni , altri
Veterani, altri non baono q a aliflc azione, ed altri sono distinti dalla sigla SP.
A nostro senno i Tironi sono qoelli che si addestravano a combattere, i
Veterani colora cbe avevano cons^uito il pileo e la rude; qaelli senza qua-
lificazione, già addestrati e acconci alla pagna, e gli aitimi qaeQi che ave-
vano già dato spettacolo di se, e che avevano ottenat? qualche saugniuosa
vittoria , qui speciali faeranl » {Pref. ai raon. Gabìni di E. Q. Visconti ed.
di Milano 1835 a e. 9 in nota). La pontiflcia Accademia d'Archeologia
proponendo pel concorso del em premio l' illnatraiione dei mosaici boi^
gheaiani scoperti a Torrennova, porse occasione al cb. sig. D.' cav. Henxen
di scrivere U dotta memoria, che venne coronata e si l^ge a stampa uel
totn. V degli Atti di essa Accademia p 73 a. 157.
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ABCHEOLOtllCA UUNICIPALB. 13
Ma Be ci conviene su tale particolare il rimanere in una
giusta incertezza, abbondano invece le prove per {stabilire, che
esercitasse Felice quel suo ufBcio presso l'imperatore Gommodo.
Al che tutto si concorda, incominciando ancora dall' imagìne da
lui dedicata; non potendo non riconoscersi in essa quella della
seconda Faustina moglie di Marco Aurelio, -dalla quale gli nacque
un tanto degenere figlio. Mirabile h così 1' accordo del dona-
tivo ricordato nell'epigrafe col tempo nel quale venne essa scol-
pita e colla condizione propria di colui che la dedicò.
Ed in vero ehi mai pih di Commodo visse fra i gladiatori?
Chi scese pih spesso di lui a combattimento con essi come uno di
lor gregge? Chi ne ambì dì vantaggio le acclamazioni e gli onori ?
Cominciò dalla prima giovinezza in quell'esercizio funesto,
adoperando ogni arte acciò « se perfectum gladiatorem osteiìr-
dei'fif » '. Pugnò fra i gladiatori noli' arena, talora con lusorie
armi e talora con vere ^ ed anche a veri combattimenti s'espose.
Gladiatorv>m , narra Lampridio , elio/m certamen subiit et no-
mina gladiatoriim (e qui va inteso di quelli d'acclamazione)
ruscepit eo gaudio quasi aodperei triitmphalia ^ Fra i noim poi
venuti fra gladiatori in celebrità, che uno ne avesse egli assunto
come sno proprio, lo sappiamo dall' autore medesimo. È corso
scorrettamente ne' codici, quasi fosse stato quello di Paolo,
end' h che nelle edizioni si legge: appellatus est ... . sexcen^
ties vicies Paulus primus Sequ^utorum *. Opportunamente però
annotava il Causabono a quel luogo: non Paolo, ma Palo, esser
stato in fitto quel nome; Palus hic ille est nobils gladiator,
npoTETÈXeuroxiii; ait Herodianus, cuius nomen asswnpsit Com-
modus *. È notissimo che il Secutore investiva il Reziario , e
< Laniprìd. in rìta.
t id. In artna rudUnu inler eubkularios gladiatores pugnavil, lucen-
libut aliquatuio mucronibut.
^ Caiuab. not. ad Ael. Lampridinm in Comm.
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14 BULLETT1N0 DELLA COHUISSIONE
dalla rìferìta aoclamazione abbiamo manifiasto qaal parte fra le
gladiatorie Gommodo s'avesse eletto '; e ne accresce l'evideDia
quello che si ricorda di \m < Tantum palmaì-um gladiato-
riarum confecisse. vet victis Betiariis , vei occisis ; ut vùUe
contingeret '.
Donde si palesa ben chiaro quanto nso e quanto frequente
avesse egli a fare della veste gladiatoria, come si confenna la
propria qualità di essa, da me enunciata di sopra. Ma vi i ancora
un altro storico riscontro, che sempre maggiore ne rende la evi-
denza del doversi quell'ufficio e quel liberto assolutamente riferire
a Commodo. Avendo Pertinace, succeduto a lui nell'impero, fatto
vendere all'incanto la lussoriosa suppellettile d'ogni maniera ap-
partenuta già ad esso Commodo; fra le cose per le quali fa
quell'auzione resa pib insigne, da Capitolino vengono rammen-
tate specialmente : la tega e le armi gladiatorie gemmis awroque
composita '.
' Isid. Orig. lib. la e. 55.
Ergo ìgnomiaisin graTiorem pertnlit orani
Vulnera, cnm Graccho iossas pagaare Seqantor.
luvenal. Sat. Vili. v. 210.
Svetonio narrò per memorabile il fìttto d'nn Reziario, che restò vincitore
di cìnqae Secatoti , tatti occisi da lai , mentre era stato già aaperato da
essi. Reliarii tunxati quìnque nuiììtro gregatim diuikantes, line cerlamine
idlo, lotidem Siquutoribus occubuerunl; cum occidì iuberenlur, unut •attiim-
pia furcina, omnes viclorei inleremil. Stet. Calig. 30.
- Lamprìd. 1. e,
" Capitolin. in vita Pertinacia. Non ci lasciù egli ignorare le varie
cose messe allora all'incanto; dove, per la storia dei costami di qael tempo,
giova il riflettere, che gli oggetti medesimi stimati snperflai o lassariosi
troppo da ni) imperatore, e di vantaggio stati di spettanza d'an imperatore
tAoto esecrato; furono non pertanto acqaistati, e lo fìirouo necessarìamente
da persone private, per le quali rinsciviLao di lasso d'assai maggiore.
Ed invero aggiunge Capitoliao: essersi avata da quell'incanto an'in-
gente somma : eius nuruUniìlionis pecuniam , quae ingeru (idi , miiUibus
donativo dedil. Annoverando poi le piii insigni cose di tale aaiione :
Avello sane rerum Commodi m liii inrignìbr fuii; pone fra esse : Ioga ar-
ìnaque gladiatoria gemmis aurogue composila el machaeras lierctdaneas et
torquts gladiatorias. Quanto alla pnbblica esecrazione e all'infamante con-
danna di Commodo. non vi paò «"sere piìi cnrioso docnmento, né più so-
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ARCHEOLOGICA HUKICIPALE. 15
Quella Teste e quelle armi, che così ricorda lo storico non
altre furono per avventura, che quelle medesime da Felice te>
nute in custodia ; ed è questo in vero uno delli più singolari
confronti e di maggiore ctiiarozza, che in illustrazione d'antica
epigrafe si possa desiderare. Ui sembra poi ancora, che questa
vendita confermi, se pur non m' inganno, l'ufficio sostenuto da un
tale libello, non prima esser stato esercitato da alcuno de domo
Caesaris; ni essersi poi rinnovato in quella nel tempo successivo.
Non vi essendo avanti Gommodo, nh trovandosi dopo di lui altro
imperatore, che tanto avesse d'insania per quell'arte crudele,
quanto ci è stato facile il dimostrare. L'epigrafe di questo donario,
sola dunque fece rivivere, e manterrà forse anche pur sola la
memoria d'una veste siffatta. Perche quello che si legge in un
marmo, dalla miscellanea d'erudita antichità dello Spon venuto al
Fabretti ', di Tiberio Claudio Fileto, Augusti libertus, il quale
fu A COMMENtorits EATionis VESTITM SCENlCAmm ET
QÌADlAtoriarum, non di cosa particolare del principe si deve
intendere ; ma sì bene di quella azienda, che abbracciava le
vesti destinate agli attori e ai gladiatori, secondo dimandavano
i diversi spettacoli, che nei teatri e negli anfiteatri s'avessero
a rappresentare.
Altro officio sostenuto da Felice fu quello d' allector
Collega.
Pel quale dobbiamo riconoscerlo come deputato alla riscos-
sione delle contribuenze dei coUegiati, ch'erano stabilite dalle
speciali leggi di coteste comunanze, nelle quali se na fa distinta
leiine dell' acclamaziooc tutta dal Senato dopo la morte di lai, che dalle
istorie di Mario HasGÌmo trasportb Lamprìdio nella sua vita di Commodo:
aingolara testimonianza della fonna delle deliberazioni di quel tanto prin-
cipale curpo della romana maestà e del romano governo ! Fa al nostro prò-
positi) la qualifica di gladiatore, data ad inginrìa, eh 'è qaella che più spesso
d'oipii altra vi si ripete < GiadiaUir in spoliario lanielur > Gladiatorìi
tlatuae urutique: Giadialoris et parricidae Jlaluae delralMnlur» Parricidae
^adialoris memoria aboleatur » Gladialorem in spoliario » Gladialaris ea-
daver tmeo IrtUialtir >.
■ Inscr. Dom. pag. S71.
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16 BULLETTINO DELLA COHHISSIONE
menzione. La voce allectw si trova sempre in significato di
esattore, anche nei codici imperiali ', ed ò specialmente attri-
buita a designare coloro: qui suseipiendis tributis fitcalibvs a
romanis imperatoribus allegebanlur. E tale , e non altra in-
combenza , ravvisar si dove negli allectores dei Collegiì , già
conosciuti per altre lapidi *. Qtustamente quindi può sorpren-
derci ciò che in questo particolare scrìsse l'Orelli. Il quale a
designazione si&tta attribuir volle il significato di autorità,
che agli allectores data fosse, di nominare altri nei propri col-
legi '. Opinione affatto erronea e contraria a quanto sicuramente
sappiamo delle elezioni collegiali, che sempre cioè avvenissero
per cooptazione *.
Besta da ultimo da considerarsi il dono da Felice fatto al
Collegio, che tanto esprimono le notissime abbreviazioni : D. D.,
Dono 'Dedit. Fu dunque quel dono una statuetta di Faustina
in argento, del peso d'una libra.
Se si pone mente alle tante memorie della lapidaria, che
rendono testimonianza delle preziose offerte d'ogni maniera,
&tte nei tempi, e di quelle poste quasi in ogni pubblico e in
ogni privato edificio di collegi e di corporazioni ; non si sa-
prebbe dire abbastanza quanto grude ne sorga l' idea della
ricchezza a della generosità di quegli uomini antichi '. Ove si
riunissero in un solo prospetto gli elenchi delle cose in oro in
argento e in altre piìi rare materie, sparsamente ricordate nei
tesori lapidari e nei libri, se ne avrebbe anche m^giore d'ogni
concetto la conferma di questa mia osservazione.
I Cod. Theod. 12. 6. 12.
- Gtnt. 83. U, 245. 7, 375, 5, 471, 9.
' Orelli 1). 77S.
^ -Se ne poBaono Isggare le varie fonnole, specialmente negli Atti
degli Arvali, al ne' Tolutni del Marini, e si nella completa edizione degli Atti
stessi recentemente Talta dal eh. sig. eav. dott. Qoglielmo Henien. Si legga
Acta Fratram Arralinm qaao sapenaot Berolini Ij^is et iropensis Georgi!
Raimeti, 1874.
' Uno de' più ricchi elenchi che BÌano tornati in Ince ad attestare
delle rtccheize deposte nei tempi antichi , ì senta meno quello scopertosi
dsjGooglc
ABCHBOr.OGICA ICUKICIPALE.
U K M B I A E
ALCIMI ■ AYGG ■ LIB • ET
LONGINIAE-SECVNDINAE
CONIVGIS ■ EIVS ■ ET MAXIMIA
NI ET SIEICES ■ ET QENTIES ET ■ SI
(nove) EOBYM QVITEIIS ìf
NA VCELLIOBTM
Proviene da luogo incerto '. É scolpita in una lastra di
marmo alta m. 0.60, larga m. 0.84. 1 caratteri sono di forma parte
del terzo aecolo dell'era nostra, e parte aucora di piti scadente.
Venne donata alla collezione lapidaria del Campidoglio dal
sig. cav. Augusto Custoltani,. membro della Commissione ar-
cheologica municipale.
Io stimo i due augusti, dei qnali Alcimo si dice liberto,
esser stati i due Filippi. Perchè la forma dei canttteri non
permette di recare 1' epigrafe ai tempi di Settimio Severo , o
a qaelli di Caracalla e Geta, e meno ancora ad altri che fos-
sero ad essi anteriori. Baro è il gentilizio Longinia, derivato
nel 1871 soUe eponil'! del lago dì Nemi nel sito denominato il giardino.
Il sig. D. Filippo OriÌLiì, bUi]» duca Ji Rjccagorga, oggi prìncipe Orsini,
dnca di Gravina , the dopo i Frangipani eJ i Brascbi , bn la signoria dì
qacl laogo, piomosse dopa il [<;lice discnopriuento te ricerche che dov»-
vana maggiormente estenderlo. Ma non èdabbio. che segoitandole io mag-
giore sviluppo, se ne avrebbi) krgo compendo neti' illustra zio n a piìi completa
del famoso tempio della Diana Neinurensa, e forse ancora nel rcstitoii'O a
lac« pregevoli oggetti. Veggasi nel Ballettino dì corrispondenza archeolo-
gica pel Marzo 1871 a pag. 582 la dichiarazione dell' iscrizione, della qoale
qui accenno, del eh. sig. ca». doti. Guglielmo Henzea.
' Sì vegga nella unita tavola sotto il numero 1.
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IH B13LLETTIN0 DELLA COMMISSIOSE
dal cognome Longinus; quantunque non mancbi d'esempi; non
però dei primi tempi; e non lo è meno il cognome dì Secuìidi'na.
Alcimo scrisse soltanto il suo nome eervile. ciò che nei liberti
imperiali assai frequentemente s'incontra. La metà della quarta
riga e tutta la quinta banno subito un'abrasione, che ben si
conosce nel marmo, ed è stata rappresentnta con speciale deli-
neazione nell'unita tavola, che lo rappresenta. In questa parte
dell'epigrafe , formata di peggiori caratteri , sono ì nomi di
MassimiaTio, di Sirica et di Gentia. Nessuno di essi era nella
prima intenzione chiamato a parte di questo sepolcro. Anzi per
la distribuzione dell'epigrafe, è da credere, che gi^ nelle righe
posteriormente cangiate fosse scritto:
CONIVaiS • EIVS • ET- LTBERTIS
LIBERTABVSQ ■ POSTEBISQVE
EORVM
Pub infatti ben ravvisarsi ancora come quest' ultima parola te-
nesse originariamente il mezzo della linea, in modo da ocou-
parla sola ed intieramente. Venne poi aggiunta da un lato di
non buona lettera e non ben disposta: QVITEXISN, e nella
quadratura che racchiude l'epigrafe, una F '. Presentano queste pa-
role, che sono in parte abbreviate anche in modo non solito, una
frase nuovamente introdotta e che quanto far si poteva si ri-
dusse a congiungersi al .rimanente , mediante VEI ■ SI, che
finisce la linea quinta. Donde si avrebbe ET ■ SI EORVM ■ QVIT,
scritto per QVIS; formandosene la prima parte della disposi-
zione : Et si eorum qùis. Maggiore intrico presentano le lettere
che seguono. Esse si palesano in parte come iniziali di parole.
non potute in altro modo segnare per 1' angustia dello spazio.
' Ila qDi>ata al disopra an segno triaiiguUro, come pnò vedersi Della
già citaU tatolo. Messo in tal modo non può cssct coasìdcrato in nfficìu
(li ponto; ma come determinante ano special modi d'intenderne l'abbre-
Tiuione.
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AKCHEOLOOICA UDNICIPALE. 19
Alla TS, cV è r ultima lettera della linea quinta e alla F.
eh' è fuori del campo dell' epigrafe in corrispondenza della
linea medesima, si direbbe essersi voluto assegnare un valore
diverso da quello comunemente proprio dell' abbreviazioni
notate con tali iniziali; rendendone avvertito il lettore col porre
sopra ognuna di esse lettere un punto triangolare d'insolita
grandezza e in non solito modo. Sono queste minute osser-
vazioni ; ma sono pur quelle dalle quali si pub avere aiuto
per istabilire alcun criterio, che ne guidi a probabile spiega-
zione. La quale io non però tento, ben sapendo quanto sia ma-
I^evole ed incerto il supplire alle cose per iniziali segnate, ove
non se ne abbia quel sicuro confronto, che presentano in al-
tre epigrafi le parole medesime distesamente scritte. L' aver
voluto legare alla frase la voce EOBYM, che già si trovava
nel marmo qnando fu indotta in esso la variazione che an-
diamo considerando, non è stata l'ultima causa delle difficoltà
che adesso presenta. E ben pare di conoscere essersi invertito
ancora il naturale ordine della locuzione , per la necessità di
unirla a quella voce ; mentre che si doveva pur strìngerne il
senso nel maggiore compendio. E che la cosa di cotal modo
succedesse, basta guardare il marmo per rimanerne convinti:
tanta h la difTerenza delle lettere che furono prima scolpite
dalle altre fatte in secondo luogo; e tanto è pure evidente
r alterazione che n' ebbe la primitiva disposizione dell'insieme.
Quello che generalmente si può stabilire i doversi in que-
sta addizione trovare cosa spettante alla successione del se-
polcro. EX. Iwre Sepulcri, pare che si trovi nella linea sesta.
Nella quale il QVIT è da legge Quid per il confronto d' altre
epigrafi '. Il rimanente sarebbe facile troppo, con supplire Id
' AddDTTÒ la segaeote incisa nei frammenti di an arcbitnTe di man
dìauppellito anll' Appia nel 1861 , dirimpetto alle niìne dalla rilla (
Quintilii.
...F.AD....„NIAS.7I.TV.H0C.MONVMENT0NIQTIT.IN8CBIBAS
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20 BULLETTINO DELLA COMMISSIONE
diverse lettere come iniziali di parole, trarre a qual significato
' si volesse, perche io qui intraprenda di farlo. Stimo migliore
il dire schiettamente non ligvet, e ripetere l'antico xgrroXffji^óvu!
Finisco considerando il nome de' KaucelUi, che non h sola-
mente scritto nel marmo, ma vi è pure espresso colla figura
della piccola nave, che vi si vede scolpita di cavo.
Quanto gli antichi fossero vaghi di tali allusioni ai nomi
e ai cognomi mediante la rappresentanza dì oggetti che valessero a
significarli, si ha confermato da troppi esempi nei monumenti
d'ogni maniera, perche io abbia qui ad addurue la prova. Ne ri-
corderò dunque solo un esempio, prendendolo dalla moneta fatta
comare da zecchieri della famiglia Todillia. Era una tale mo-
neta tuttavia fra quelle di non conosciuti mostrati, e che i
numismatici perciò dicono incerte, quando l' illastre mio geni-
tore, che venero sempre colla più riconoscente memoria , per
essermi stato insegnatore ed esempio di cittadine e di dome-
stiche virtii, non meno che assiduo e affettuoso maestro del-
l' ereditarie dottrine de' fratelli e del padre, avvisando appunto
all'enunciata consuetudine, le restituì la propria sua sede fra lo '
altre romane, che 1' h poi sempre restata. « L' Avercampio (così
s' espresse Gennaro Biccio nel suo libro delle Monete delle
antiche famiglie di Boma), rilevò la prima medaglia di argento
dalle iucerte, ove l'avevan confinata gli scrittori predecessori.
Ma fu il eh. Alessandro Visconti, che definì la controversia,
ravvisando ìq quell'uccelletto (cbe ne distingue il tipo) il Todus
Todillus »\ Donde se ne attribuì la spettanza alla famiglia
Todillia , della quale così designavasi il nome nella figura di
quell'uccello, come nel nostro marmo la piccola nave era allu-
sione al nome de' Haucellii.
* Op. cita e. 234. L'osservazione del Viscoati ero in perfetto accordo
colle iniiiali TOD . o TO, che bì veggono nei tipi di queste monete, nelle
qaali è pnre ag^anta U sola lettera T, sulla qnale po»a il TodUlw, con
alloBione al nomo del moneticre, che cali a chinnqae lo vedesse, si enanciava
come se stato fosse scritto per l' intiero.
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D
M
\M EMORIA E /
ALC [Ml-AVCG'LIB -ET
LONGINIAE^SECVNDINAE-
CONI VGJSflVStìfMMr/IA
EO RVMaVITE)t.lSW
NAVC ELLIOKVM
F
DlVAEFAVSTlNAE
AVG
: felix-avg-l-a-veste
; gladiat'allector^i
'' collegiImaginem
exarg -p-i • d - d
dbjGooglc
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ABCH10L061CA MUNICIPALE. 21
Con questo acume d'ingegno, e con questa guida dei confronti,
considerando i monumenti dell'iirta antica, si restituisce ad ogni
cosa il suo vero significato e si pub d' ogni cosa dar ragione,
assegnandone con sicura scienza l' intenzione e l'origine ; eh' h
un proprio intento, ed un pregio non ultimo dell' archeologia,
fia quei tanti che ne dimostrano la vastità ed i vantf^gi.
P. E. V.
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BULLETTItrO DELLA GOHUISSIOKE
IL BISELLIO CAPITOLINO
I.
Nella mattioa del IO Qennajo 1872 i signori Alesaattdro
e Tito fratelli Piacentini, miei carissimi amici, conducevano al
mio stadio un campagnuolo dell'Àbbruzzo aquilano, il quale
portava in due saccbi molti bronzi di escarazione da lui rin-
vennli. Dai primi pezzi eh' egli traeva fuori subito mi avvidi
trattarsi delle parti di una seggiola o di un letto , di arte
bellissima, con tanta finezza lavorati , di sì perfetta conserva-
zione, da doversi questo reputare uno dei piìi notabili trovamenti
di cose antiche, fra quanti ne siano avvenuti in questi ultimi
tempi.
Gli amici miei fecero testimonianza che il possessore di
quegli oggetti era persona dabbene, incapace di mentire. Io
gli richiesi ove li avesse trovati, ed ei mi rispose nel suo
dialetto « l'aggio truovati n'a grotta de lu terrenu mia, cogliu
muorto vicinilo*: e dimandandogli ancora in qual parte fosse
posto quel suo terreno, si ricusò dirmelo, adducendo in iscnsa
che temeva non forse altri andasse di soppiatto a frugare colà
dove egli solo intendeva proseguir le ricerche. Alla sua volta
poi mi richiese, qual potesse essere all' incirca il valore di quei
bronzi, che peraltro non intendeva di vendere: ed io non esitai
a dichiarare, che valevano una somma considerevole.
Partitosi il villano, e rivedendo io alcuni giorni appresso
i signori Piacentini, raccomandai loro caldamente di sorvegliare
che quegli oggetti non fossero trafugati da Boma ; avendo io
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iRCHEOLOGlCA MUNICIPALE. 23
fin da principio concepito il disegno, che quel prezioso cimelio
passasse ad arricchire il museo capitolino. Con la loro gentile
cooperazione, e per intromessa dell' illustre mio amico Ton-
giorgi, si pervenne dopo sei mesi a indurre l'aquilano a vendermi
quei frammenti che si trovavano in sue mani ; i quali a quel
modo disgiunti non aveano per certo la centesima parte del
pregio che avrebbero potuto acquistare, allorquando it letto, o
la seggiola , fosse stato alla sua integrità ricondotto. Allora
dunque nella ricevuta della somma, che io gli p^aì, feci notare
al villano con precisione il luogo del ritrovamento , cha per
tal via seppi essere un pìccolo podere presso 1' antica Amtterno.
Il campagnuolo sì noma Nicola fierardì. .
TostocfaÈ ebbi in poter mio i bei frammenti , il lavoro
dei quali non mi saziava di riguardare, mi posi a studiare
attentamente il modo di ricomporli e di formarne un tutto:
ma l'impresa era tutt' altro che agevole. I pezzi così distaccati
non mi rivelavano la forma dell' insieme ; e quantunque da
pih indizi, da certe appiccature, da anelli, borchie ed altro mi
fosse dato indovinare come i più importanti di quei pezzi
dovessero essere congiunti , con tutto citi restavano sempre
gravissime difficoltà , perchè io non aveva dinnanzi agli occhi
nessun modello, da cui prender norma e lume all'occorrenza.
Dovetti ben presto abbandonare l' idea di formarne un letto,
perocché a ciò si opponevano alcune appiccature delle spranghe,
indicanti come aveano queste a ricommettersi; oltre la foggia
dei piedi, e due bracciuoli o sostegni, che alla forma dì un letto
non si adattavano in modo alcuno. Volsi allora il pensiero
a formarne una sedia. Mi ridussi alla mente gli antichi mo-
delli che ne aveva osservato. Biaudai la ben nota opera del
Chimentelli {Marmor pisanum de honore bisellii. Bonon. 1666.),
in cui di quasi tutte le specie e figure delle antiche sedie si
r^iona con vasta dottrina, e coll'ajuto dei monumenti che fu
dato all' autore di ragunare : e fermandomi specialmente su
quelle di uso auche pubblico, come la sella , il s^Asellium . il
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24 BULLETTIKO DELLA C0UUI3S10NE
bisellium, inclÌDaì fin d'allora a ravvisare quest' ultimo nel raro
e superbo arredo di che mi occapava. Mi diedi quindi a ri-
coatmire secondo questo mìo concetto una sedia; ma ben presto
mi avvidi , non poter da me solo ritrovare la forma di tutte
e singole le parti di essa ; ed ebbi percib ricorso alla erudi-
zione ed alla sagacia dei miei cbiariEsìmi amici Tocco, Fontana,
e Tongiorgi. Tutti e quattro con grande amore ci ponemmo
all'opera; e dopo vari men felici tentativi avemmo infine la
soddisfazione di cogliere il frutto delle pazienti ricerche. Bicor-
davamo i due biselliì ritrovati a Pompei, che si conservano
nel museo reale dì Napoli '; ma nello esaminarli ci apparia
manifesta la poca attitudine di coloro che ricomposti li aveano,
or sono molti anni ; talchi falsata in essi la vera conforma-
zione di questo seggio , non potevamo noi trarre alcuna utilità
da 8Ì opportuni esemplari. Ci sovveniano parecchi altri modelli di
antiche sedie, come per esempio, quelle ritratte in alcuni marmi
di Pompei , che citeremo più sotto ; ed un' altra effigiata
sopra il noto monumento scolpito nel sasso vivo a Palazzuolo,
presso Albano , ed illustrato dal Biccy ; la quale aveva pure
qualche similitudine con la nostra. Se non che a noi rima-
neano sempre due bellissime Sfingi, e due lai'gfae fasce,
delle quali insino allora non avevamo potuto stabilire l'uso, n^
trovare il collocamento. Stando in tal modo le cose, il Tougiorgi
rammentavasi molto a proposito di un bassorilievo in terracotta
del museo Kirkerìauo, esprimente una sedia del tutto simile
a quella , intorno alla quale ci stavamo adoperando, ma che
aveva nioltre uno sgabello o suppedaneo, fiancheggiato appunto
da due Sfingi. Avutosi questo lume, ricomponemmo anche noi con
piena sicurezza un suppedaneo ; e riuscì questo cosi propor-
zionato alla sedia, di lavoro e di stile cosi conforme, che nessun
dubbio ci potea rimanere nell'animo intorno alla precisione e
giustezza del nostro ristauro. Quelle parti del fusto di legno,
' Miu. Borbuii. T. II. Tsv. 31; Overbeck Pamiirji II. p. 295.
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ARCHEOLOSICA HDNIOIPALB. 25
che il tempo avea guaste e diatrutte, venoero da me supplite
nel modo che si doveva, affinchè il seggio tornasse interamente
al suo stato primiero.
Questo nobile arredo così ricommesso fu esposto nella
biblioteca dell'Istituto dì Corrispondenza Archeologica nell'Aprile
del 1873, in occasione della solenne tornata pel natale di
Boma: ed allora il eh. sig. Dott. Helbig, lo fece oggetto di
un suo erudito discorso, in cni prese a considerarne il disegno
e lo stile.
II.
Dissi poco sopra , come appena io fui convinto che coi
pezzi di bronzo da me posseduti si dovesse ricomporre una
sedia, pensai anche ad un tempo, che cotesta sedia avesse ad
essere della specie di quelle che gli antichi distinsero col nom«
di bisellii. A darle infatti questa denominazione io era nou solo
autorizzato dall'esempio degli eruditi autori del Museo Borbonico,
che non diversamente aveano giudicato delle due sedie di forma
ed arte consimile, disseppellite a Pompei — quantunque poco
felicemente ricommesse — ; ma vi era eziandio condotto per mano
dalla stessa definizione del bisellio datane da Varrone, e dal
confronto di questa colle rappresentanze di quel seggio d'onore
che ci vengono offerte da alcuni monumenti campani , e di-
chiarate dalle iscrizioni che su quelli si leggono. Siami permesso
di esporre in succinto lo stato della quistione; il sicuro scio-
glimento della quale fu già enunziato dal Millin nella sua il-
lustrazione dei sepolcri dì Pompei.
Il passo dì Varrone è del tenore seguente : Sic quod non
piane erat sella svòsellium didwm, itbi in eiusmodi dv>o,
biseltiwn dtctum ' : il che significa espressamente, che il su&-
wUtum era un 'sedile alquanto minor della sella, o sedia
' Ung. lai. V. 128. ed. Mflll.
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26 BULLETTIMO DELLA COMUISSIOKE
comune ; e che il bisellium era invece una seggiola doppia e,
in certo modo , la riunione di due sedie. Che se il passo
allegato del romano grammatico può lasciare alcun dubbio
circa il modo come le due seggiole erano congiunte , per
guisa da formarne una sola — essendovi pertìno chi ha pensato
eh' elle fossero sovrapposte, ossia congiunte nel senso dell'al-
tezza — viene un tal dubbio dileguato affatto dal riscontro dei
monumenti ricordati pur dianzi , che della vera forma del
hisellio ne rendono assai bene informati. Imperocché i sepolcri
di Pompei ci hanno somministrato i marmi funebri dì un
Galvenzio Quieto e di un Munazio Fausto, le cui iscrizioni
ricordano , come costoro, por decreto dei decurioni, ratificato
dal consenso del popolo, conseguissero 1' onor del bisellio ; e
neir uno e nell' altro di detti marmi si trova scolpito quel
seggio medesimo, cui riferiscono le iscrizioni suddette, con suo
suppedaneo e cuscino '. Abbiamo inoltre la lapide nocerina di
nn Uarco Virzio, già esistente in Quisisana di Stabbia, in cui
si narra concesso al medesimo il duumvirato gratuito; e sotto evyi
scolpita una sedia col suppedaneo, simile alle altre due testé in-
dicate — e perciò sicuramente un bisellio — fiancheggiata da due
littori *. Ora in tutti e tre qnesti monumenti il bisellio prende
la forma di una sedia molto larga , di una specie di panca,
avente la lunghezza di due seggiole , poste 1' una accanto
dell'altra. Dond^ risulta cho la qualità essenziale del bisellio
consisteva nella sua lunghezza, che era appunto il doppio di quella
di una seggiola comune, secondochè Varrone ci aveva insegnato;
' Millin descrivi, dei lombeaux de Pompei. Naples 1813 p. 75 sg.,
pi. IV-VII ; Fidati. *>j*. borbon. Voi XV. Tav. LI-LIII. : Maiois. Us ruin
de Pomp. I tav. 23. 24; ed altri.
- Pellicano, antico manwnenlo in marma. Napoli 1836 ; Mommsen
Inscr.regniNeapol.lat.SOS^ld. Avellino Opuic.àìv. Ili p. 155,173; Orell,
Heni. 7121. — Io non ho potuto vedere il libro del Pellicano poco sopra
allegati), in cni si ha una incisione del monomenfo nocerìno di M. Virzio;
o perciò, qnanto alla aimilitndiae del seggio ivi scalpito con quelli che cer-
tamente devono tenersi per bisellii , me ne riposto sita <
alta fede del Becbi nel iddmo Borbonico (II. t. XXXI).
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ABCHBDL0Q1C& UUNICIFALE. 27
siccome il vaatf^gio materiale di chi aveva il diritto di usarne
si era qnello di potervi occupare il posto di due persone. Egli
è il vero che siffatto spazio veniva poi coartato dai due brac-
ciuoli, sostegni, che stavano sul sedite, e servivano per rialzare
d'ambo i lati il pulvino ; quei medesimi che ne' due btsellii
pompejani furono tanto impropriamente trasferiti al disotto. Del
resto, cotesti bracciuoli nctn erano parte essenziale del seggio, ma
impariamo dai monumenti che poteano talvolta esservi, e tal'altra
mancarvi.
Stabilito cotesto punto essenziale, che forse non sarebbe mai
venuto così bene in chiaro senza l' t^uto dei duo marmi pom-
pejani, le cui iscrizioni ricordano, ed ì cui rilievi rappresentano
il bisellio, dovrei scendere a dire alcuna cosa intorno all'uso ed
alla natura di questa sedia : ma su questa ricerca passerò
leggermente, non essendo di mio istituto lo entrare in quistioni
meramente archeologiche.
Siccome in Boma alle pih alte dignità dello stato si
aspettava l'onore della sella eurule, così nei municipi sembra
che ai piìt cospicui magistrati competesse l'onor del bisellio.
Quindi i che Io vediamo scolpito nel funebre monumento
allegato poco innanzi di Marco Yirzio , 'duumviro in Nocera,
e lo vediamo posto in mezzo da due littori, che stanno ivi
per emblema di quella primaria dignità. Ivi non si dice nella
iscrizione che gli fosse conferito l'onor del bisellio , perchè,
naturalmente dovea 1' uso di quel seggio essere inerente alla
piU elevata magistratura municipale. Che fosse proprio il
medesimo anche di tutto il ceto dei decurioni, cioè del senato
municipale , si rende probabile , sì per la ragione che siffotta
onoranza viene conferita dall'ordine stesso dei decurioni, o dei
centumviri ', sì ancora perchè talvolta si trova conceduta in-
sieme con gli ornamenti decurionali *. Fu proprio eziandio
> Fabrett. iiucr. donu 004. 3: Orell. 4046.
' Gmt. 1099. 2; Marat. 484. 3.
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28 BULLETTINO DELLA COMUISSIONE
dell'ordine degli Augustali, notiasimo collegio istituito in onore
dì Augusto \ Siccome poi cotesta distinzione dovea essere gran-
demente ambita e ricercata , così avveniva che ì municip! la
coQcedeano tal volta per gratificarsi dei cittadini che avesser-o
ben meritato della patria , anegrch^ i medesimi non apparte-
nessero ad alcuno dei ceti ricordati pur dinanzi. Ci attestano
eziandio le iscrizioni , che veniva anche tal fiata conceduta
a chi avesse usato verso del proprio municipio dì alcuna lar-
ghezza pecuniaria. La distinzione di cui si tratta denomina-
vasi honor bisellii * ovvero anche honor biselliaHis *; e talvolta
chiamavas: semplicemente bisellianus chi era partecipe del
doppio seggio di onore *.
Apparisce dalla iscrizione del senato Yeiente poco sopra
citata ^ che il principale uso che facevaai del bisellio era, negli
spettacoli, dove chi poteva usarne godeva il vantaggio di sedere
nella orchestra piU adagiato, e probabilmente anche piìi elevato
di chi usar non poteva che i sedili comani.
Dai marmi funebri di Calveuzio Quieto e di Uunazio Fausto
abbiamo veduto esser costume di rappresentare questa sedia dì
onore nei sepolcri di coloro, che ne aveano goduto il privilegio.
È quindi probabile ancora, che per un simile riguardo di onore,
si usasse pur di riporre nel sepolcro il seggio medesimo presso
la spoglia del defunto, cui aveva quello appartenuto. Quindi è
per avventura, che il bisellio di che ci occupiamo fu rinvenuto
in una tomba, presso i mortali avanzi di un qualcbeduno, che
dovb tenere onorato grado nel municipio amiternino ; se nel
narrarmi le circostanze del ritrovamento fu veritiero il villano,
da cui ebbi la ventura di acquistare quei bronzi singolarissimi.
• Orelli <046; <047; 7094; cf. Marquardt Iland. lUr róm. ad. V. 2.
p. 31)0.
5 Oreli. 4048.
' OrelL 4043.
' Grnt. loc. eie. Orell 3921.
5 Orell. 404B.
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IBGHBOLOQICA MUNICIPALE.
IXI.
Àdnnque i frammenti disseppelliti ad Amitcrno ci senrirono
a ricomporre senza veruna mancanza un sontuoso bisellìo, che noi
denominiamo capitolino , perchè il medesimo già da qualche
tempo è passato ad ornare i mnaei del Campidoglio.
Chi osservi la seconda delle tavole annesse al presente
Bnllettino, vi troverà sotto il n." 1 delineato il bisellio veduto
di fronte; sotto il n." 2 la sua parte posteriore, sotto il n." 3 il lato
destro del medesimo. Il seggio & sostenuto da quattro piedi ele-
ganti, gnerniti di borchie, e decorati circa il mezzo con figure di
Arpie. Il piano assai lungo del sedile , ornato nella fascia
esterna di leggiadre cornici, e di rose e meandri, è sognato per
lo mezzo da nna linea, che lo divide in due partì eguali,
ciascuna delle quali ha la -grandezza di un seggio ordinario,
mentre la riunione di entrambe costituisce il bisellio. Finis-
sime tarsie di rame e d'argento distinguono detta fascia, ed
altre parti principali del nobile arredo; e sembra che tal genere
di lavorìo fosse molto usitato , almeno nella Campania , per
suppellettili di questa natura; posciachè anche i due pompejani
bisellii presentano intarsiature degli stessi metulH. È parere di
qualche erudito, che il suddetto lavoro di commesso in metalli
fosse quello che empestica ( £fiff«t(rr(x^ ) fu denominato dagli
artefici antichi.
Due braccinoli, ossiano sostegni laterali, ristringono l'intero
piano ad uno spazio assai ampio per farvi sedere comodamente
una sola persona. Detti braccinoli, secondo il consueto, colla
loro sagoma incurva si prestano a ritrarre grossamente la parte
anteriore di su quadrupede. Ond'è forse che da questo lato
sono essi sormontati, a modo di pomo, da due teste asinine,
sbalzate in cesello e guemite d'argento: nella estremità infe-
riore terminano in una specie di voluta, o disco, con busti di
Amorini o Qenietti di altorilievo, egualmente lavorati. Dalla
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30 RULLETTINO DELLA COUHISSIOXE
parte posteriore sono invece sormontati da figure di cigni, o di
oche; bacchico emblema anche questo, a! pari del giumento. Nello
spazio curvilineo, compreso fra le teste asinine e i busti degli
Amorini, si osservano due scene bacchiche, con finezza e con
brio veramente mirabile eseguite di tarsia d'argento sul fondo
di rame. Ed è prezzo dell' opera il dame brevejpente la
descrizione , siccome alla tav. Ili e IT ne diamo accurati
disegni, lucidati sull'originale.
Ambedue i soggetti esprimono scene di vendemmia , cui
prendono parto dei Fauni, ed altri rustici cultori di Bacco. In
quella a dritta di chi gaarda in." 1 ) si apre a sinistra la
scena con usa pianta di vite lussurieggiante, attorta ad un
albero, che alla forma dei frutti e delle foglie sì direbbe di
pino ; dai cui rami sta sospesa una grande sampogna. Sotto
questo albero ed all'ombra dei pampini si è adagiato un Fanno,
che stanco del lavoro ha gittate il calato, o canestro, con cui
raccoglieva le uve, divisando prendere alquanto di riposo. Ma
un vecchio barbato, con panno annodato intorno ai reni, si fa
sopra all' infingardo, e mentro lo tira pel braccio afBnch^ sì
rialzi, solleva con la dritta no pedo, e gli batte duramente la
schiena, che il meschino cerea difendere coprendola per di
dietro col braccio. Più innanzi è una bella pianta d'alloro,
le cui radici grosse e contorte escono fuori di terra e circon-
dano il pedale : sopra una di queste è assiso un altro Fauno,
il quale con ambe le braccia solleva sforzatamente la gamba
sinistra, onde fare osservare la pianta del piede ad una donna
sedutagli dirimpetto, che verso dì quello porta la mano, come
per trarne uno stecco, od una spina che ferito 1' avesse. Nel
mezzo della scena campeggia un simulacro di Friapo in forma
di erma, il cui fusto , rappresentante le due gambe riunite,
non ben si scorge se sta piantato sopra nna base rotonda, -
ovvero se esca dalla bocca di un dolio ; donde spunta ancora
una pianta dì papavero, simbolo della fecondità. Il nume vi
è effigiato in atto di sollevare con l'una mano il lembo della
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ABCHEOLOGICA MUNICIPALE. ' 31
lunga sua veste, meotre tiene con 1' altra uà ramoscello di
alloro. Dinanzi a quesf ìdolo fe situata un'ara accesa, di forma
rotonda, decorata di festoni, cui sta appoggiata una grande
face smorzata. Superiormente pendono i crotali ed un timpano.
Termina da questo lato la scena con altro albero della specie
del primo, che serve parimente di sostegno ai ricchi tr&lci di
una vite tutta gremita dì uve. Appiè di questo un vendemmiatore,
coi fianchi cinti da una pelle a lunghi peli, ò in atto di salire
su pel tronco. Fiìi in alto sta seduto su ì rami un suo com-
pagno, nello atesso villereccio costume ; il quale avendo sospeso
un canestro ad uno di essi rami, lo riempie coi grappoli che
viene spiccando. Al disotto, una figura muliebre, stante su di un
oggetto, che può prendersi per un ceppo dì albero, guardando in
su e tendendo le braccia Terso il garzone arrampicato su i rami,
aspetta che questi le mandi giii il canestro riempito di uve.
Nella fronte dell'altro bracciuolo si vede, in primo luogo,
a sinistra , una pianta della medesima natura dì quelle già
descritte, dintorno alla quale si ^gira nell'istesso modo una
vite. Vi sta sopra un Fauno, che avendo ben ricolmo di grappoli
un canestro lo carica sulle spalle dì un suo compagno. Anche
qui pende dai rami una sampogna. Appiè dell'albero sorge una
capanna, intessuta di vimini, o di canne, in cui sta per entrare
una capra. Segue un simulacro di Priapo, simile in tutto a
quello dell'altro lato, se non in quanto ha ì capelli raccolti
in un ciuffo al sommo della testa, e nella mano dritta, con cui
solleva la veste, non tiene il ramoscello d'alloro. Dietro l'erma
sta infissa in terra una grande face, che termina in tre cau-
licoli sovrapposti: dinanzi h un albero non diverso dagli altri,
da cui pendono i crotali ed un timpano, ed al cui tronco sta
appoggiata un' anfora, col corpo ed il collo distìnto di baccelli.
Chiude la scena un gruppo assai vivace, rappresentante la
pestatura delle uve. Queste son poste dentro una gran tina,
od altro recipiente, lavorato esternamente a squame. Un Fauno
ignudo, ed un rustico vestito della solita pelle, tenendosi per
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32 BULLETTINO DELLA COHItlSSIOKE
mano, premono a gran forza le uve col pestare dei piedi, in
movenze che somigliano ad una danza: il liquore espresso dai
grappoli cola in un dolio sottoposto.
Il disegno e lo stile di queste elegantissime intarsiature
ricorda assai distintamente quello dì alcune pitture di vasi.
Termino la descrizione del seggio accennando, che le due
sfingi le quali fiancheggiano il soppedaneo , cesellate a me-
ravìglia, hauno le penne e le squame vagamente alternate
d'argento e di rame. La fascia esterna del medesimo , simile
a quella del seggio, e decorata in egual modo di rose e meandri,
è segnata del pari da una linea, che ne iodica il mezzo e 1^
divide in due parti.
IV.
Kmarrebbe ora a determinarsi, a qua! secolo, o, pih
propriamente, a qoal periodo della storia dell'arte appartenga
r insigne lavoro, del quale ho tenuto brevemente discorso. Ma una
siffatta inchiesta io lascio volentieri a coloro, che forniti dalla
natura di squisito senso artistico, e da indefesso studio abilitati
a istituire gli opportuni confronti, sono in grado di proferire
su queste materie un giudizio autorevole e ben fondato. Quanto
a me, se per quella qualsiasi perizia , che nello esaminare i
lavori di ogni genere e di ogni tempo, in oro, in argento, ed
in altri metalli, posso col lungo uso e col grande amore avere
acquistato, mi è dato manifestare il mio parere, opinerei che il
tempo, in che fu lavorato il bisellio ora capitolino, non sia
per avventura anteriore alle guerre civili di Siila e di Mario, ni
sia posteriore all'imperio dei Flavii. Perciocché io sono d'avviso,
che durante cotesto periodo In vetusta arte italica si fondesse
al tutto con la nuora di Magna Grecia, prodncendo opere di
maravigliosa perfezione: quale si ò senza dubbio questa nobile
sedia rinvenuta presso l'antica Amitemo.
A. C.
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CViTigm. i.j rd,...
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ARCHEOLOGICA MUNICIPALE.
D8LLE SCOPERTE PRINCIPAU AVVENUTE NELLA PRIMA ZONA
DEL NUOVO QUARTIERE ESQUILIKO.
SS. * La prima zona del nuovo quartiere esqnilino ha la
dispoeizione di un rettangolo, lungo m. 763,92 largo m. 322,79,
limitato al K. dalla via Strozzi, ad E. dalla stazione delle
ferrovie, al S. dalla chiesa di s. Eusebio, ad 0. dalla piazza,
e basilica di 3. Maria M^giore. Il rettangolo è intersecato a
regolari intervalli da dieci strade , quattro longitudinali , sei
transversali, le cui denominazioni sono indicate nella pianta
topografica che accompagna questa relazione.
I colossali lavori quivi eseguiti negli ultimi sedici mesi,
bencbè non diretti a scopo scientìfico , nondimeno in seguito
dell' energica o costante vigilanza esercitata dalla Commissione
archeologica municipale, son riusciti feraci di numerose scoperte
topografiche e monumentali. Alcuno di queste vennero giii
divulgate nel 1" volume del Bullettino ' : proseguiremo ora
rincominciato racconto, attenendoci alla nuda esposizione dei
fatti: poiché la sovrabbondanza dell' ai^omento non pub lasciar
luogo ad erudite disquisizioni.
La prima zona del nuovo quartiere è quasi per intero
racchiusa nel perimetro dell'antica villa Peretti: coloro pertanto
che desiderassero aver ampia conoscenza delle vetuste memorie
> r«di il Ball, della C. A. Mnnìcip. voi. I. pBg. 66 Bg.
s Pag. 66 aeg.
:,(zcr'h Google
34 BULLETTINO DELLA COUMISSiONK
del luogo, potranuo dod senza vantaggio consultare la monografìa
del principe Camillo Massimo intitolata: Memorie istoriche della
villa Massimo ', come pure lo scritto dell'architetto Fontana
sulla Trasportazione dell'Obelisco vaticano etc. ', e la recente
Vie de Sixte QuirU * del barone di Hdbner.
Esaminando la pianta delineata nella tav. V. VI, il lettore
desidererà forse conoscere per qual ragione le vestigia di antichi
edificii appariscono in gran copia soltanto verso la estremità
meridionale del nuovo quartiere, al di la dell' aggere serviano,
mentre la parte che volge a tramontana, ed il centro, ne sono'
quasi del tutto privi. Questo fatto trova spiegazione nell'alti-
metrìa del suolo occupato dalle nuove coshuzioni : il piano
delle strade e dei fabricati essendo in gran parte piìi elevato
di quello degli orti Feretti, in luogo di rimuoverne le torre,
ve ne è stata accumulata di sopra una quantità enorme,
togliendone così la speranza di rintracciare l'antica disposizione
dei luoghi. I grandi lavori di sterro sono avvenuti soltanto in
vicinanza dell'aggere serviano : od è perciò che quivi soltanto
abbiamo potuto restituire e delineare la topografia duU'antico
quartiere.
Affine di procedere con ordine nella nostra esposizione, ci
eravamo proposti di percorrere una ad una le quattro strade
longitudinali, seguendo la numerazione progressiva dei monu-
menti indicati nella tavola suddetta, per quindi riassumere e
riferire le scoperte alla topografìa generale dell' Esquilino, e
del Viminale. Ma posciachè la maggior parte dei trovamenti non
sono ancora compiuti, non lo essendo neppui le novelle costru-
zioni da cui traggono origine, abbiamo creduto miglior partito
di parlare soltanto di quelli, intorno ai quali non v'è speranza
dì ottenere per l'avvenire m^gior luce, per essere già condotti
1 Roma 1836.
= Boma 1.^90.
) Paris. A. Franck 1870.
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ABCBEOLOQICA MUNICIPALE. 35
il termine i lavori, di sterro e di coetruzione , nel corso dei
qaali tornarono ad apparire.
Il seguente indice generale , nel quale è richiamala la
numerazione della pianta, potrà dare al lettore una idea com-
plessiva dei trovamenti sin qui avvenati.
Viale Principeasa Margkerita
1. Selciato di antica via, la quale sembra ponesse in
comunicazione il vico Fatricìo con la porta Viminale.
2. Gasa del senatore Lucio Ottavio Felice descritta nel
I volume del Bullettino '.
3-4. Vestigia di privati edifici!, scoperte nelle fondamenta
delle case costruite dei sigg. Sestini e dattai. Essi sono disposti
da ambedue t lati di una antica strada, che pub credersi segnare
il pomerio interno dell'aggere, ed il cui nome è probabilmente
suggerito dall'epigrafe di Lucio Titinio magisteì- vici coUts Vi-
minalis quivi scoperta ',
5. Avanzi di un collegio, forse gladiatorio.
6. Selciato di antica via che segna forse il pomerio esterno
dell'i^gere serviano, e l'estensione della fossa.
7. Vestigia di ignoto edificio del II" secolo, servito poscia
di fondamento a costruzioni del IV.
Via Principe Umberto
8. Conserve di acqua, o piscine di opera reticolata.
9. Speco di aquedotto sotterraneo profondissimo con pozzi,
lumina disposti a regolari intervalli.
10. Vestigia di ignoto edifìcio di opera reticolata.
! rf. BnlL I. |Hig 135.
NzcdhyGoOgle
36 - BCLLETTIKO DELLA COMMISSIONE
11. Portico, fornici appoggiati alla sostruzioDe dell'aggere
serviano , con l' intonaco delle pareti e delle volte ornato di
rozzi dipinti.
12. Pistrioo, forno, contenente sette macine da grano,
due delle quali scrìtte.
13. Testigia delle fabriche che ornavano gli orti vezziani,
taurianì, e caliclani.
a) Celle di buona opera laterizia del II" secolo.
b) Fondamenta di un portico a pilpstri del IV° secolo.
e) Muraglione interamente costruito con frammenti di
statue, e rilievi figurati.
d) Fistola aquaria col nome di Vezzio À.gorÌD Pretestato,
di sua consorte Paolina.
e) Speco di aquedotto sotterraneo.
f) Mur^lione intieramente costruito con frammenti di
latercoli militari.
Via Principe Amedeo
14. Vestigia di sontuoso monumento, ornato con colonne
di marmi peregrini, e descritto nei 1 volume del Ballettino '.
15. Conserve d'acqua o piscine, spettanti forse al sistema
idraulico, cui accennano i numeri 8, e 9.
16. Mercato composto di un' area centrale scoperta (16),
circondata da un portico a pilastri laterizii (a), sulla cui fronte
corre un ampio canale di travertino (g) destinato allo scolo
delle acque, ed allo spurgo delle lordure. Il canale immette in
tm sistema molto complicato di chiavicbe, indicate con la
lettera h. Nel centro dell'area sorge una fontana rettangolare {b)
convertita dipoi in fornace da calce. Al di là del portico
corrispondono le botteghe {e, i): di quelle distinte con le lettere
d e f, abbiamo potuto determinare la destinazione.
> pag. m. a. 18.
dbyGOOglC.
ASCBE0L061CA UUKICtPALB. 37
17. Selciato di antica via che ha principio dalla porta
Esquiliua,
18. Case di Memmio Vitrasio Orfìto, e di Lucio Numioio
Fica Gesiauo.
Vìa Farini — Via Napoleone III.
19. Vestigia dei hugnì e dell'abìtazìODe privata di Nerazio
Cereale.
20. Basilica di Giiinio Basso, dedicata poi a s. Andrea,
col nome di Catabarbara Patricia '.
21. Luogo del trovamento dei pnticoli.
22. Antichisaimo ipogeo etrusco-romano.
23. Vestigia di ignoto edificio del secolo II<*.
Nei seguenti paragrafi illastreremo le memorie spettanti
al Collegio (n. 5) ai puticoli (numeri 21, 22) ai giardini
vezziani , taurìauì , e ealiclani (13) ed ai bagni di Iferazio
Ceriale (19).
SO. Oolle^io. L'ediflzio indicato nella nostra tav.
col n. 5, tornato in luce nel punto ove il viale pr. Margherita
incomincia ad attraversare l' elevazione dell' aggere serviano,
consiste in una serie di celle rettangolari, disposte attorno un
piccolo cortile, ove eran due pozzi o lumina chiusi da lastroni
dì travertino. 1 pavimenti delle celle erau dì marmi peregrini
(rosso, granito detto della sedia, palombino , pavonazzetto)
tagliati a rombi ed, esagoni. Nel punto ove le nostre ricerche
furono arrestate dal muro dì cìnta della stazione centrale
apparirono traccio dì area scoperta recìnta da muro, attorno la
baae del quale corre un podio o sedile dipinto a cinabro ,
come avveniva nelle scholae dei collegi e sodaliziì romani.
La piccola base che sostenea la statua argentea di Fau-
stina, dedicata da Felice liberto di Augusto , ADLECTOB
> cf. De Rossi. B. di A. C. Serie 11, Anuo li, p. 5 eeg.
■zcdhyGoogle
38 BULLKTTIKO DELLA GOUHISSIOME
COLLEQI, base illustrata dal eh. sif{. Barone Visconti in que-
st'istesso fascicolo ie\ Ballettioo, fu TinTenata neffebraìo 1873
in una delle celle mentovate dì sopra. La menzione di un
collegio in essa contenuta fece sorgere spontanea nella mente
l'opinione, che tale sodalizio avesse avuto ricetto nel circostante
edifiiio. Ha poiché quel marmo di sì piccola mole potè esser
stato quivi trasportato da considerevole distanza, è d'uopo in-
vestigare se altri indiz! possano addarsi in conferma della
accennata supposizione. Siffatti .indizi non mancano. Rammen-
tiamo in primo luogo un' altra basetta marmorea di metri
0,08 X 0,055 X 0,04 con la scritta
ALCHIDES (?)
MAG.
il cui mistero dee certamente intendersi per quello di un
collegio. Sifhtte basi destinate a sostenere statuette votive
formano una delle caratteristiche delle scholas dei sodalizii,
sia funeraticìi e religiosi, sia di arti e mestieri: e che l'area
circondata da sedili dipinti a cinabro , di cui sopra facemmo
menzione, debba tenersi por una schda lo dimostra il confronto
con altri consimili luoghi a noi noti. La schola dei sodali
Senensi scoperta nel 1864 presso la porta Nomentana, nell'interno
della villa Torlonia ': quella del collegio dei cultori di Silvano
aull'Appia descritta dal Fea *: quella dei tavernai, a sinistra
del portico del Pantheon , mentovata nell' orelliana 7215, e
riconosciuta nel corso dei lavori dì demolizione quivi esegniti
l'anno 1854 : e sopratutto la schola dei dendrofori e cannofori
ostiensi, al cui trovamento noi stessi avemmo la ventura di
assistere *, mostrano tutte le tre caratteristiche di un' area
i De Bossi B. di A. C. 1864 p. 58.
' Varietà p. 180.
" of. C. !.. Visconti Ann. Imi. 1868 p. 362 ag. - tav. LX. voi. Vili.
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AKCEEOLOQICA MUHlCIPALS. 39
racchiusa da Beditori dipinti a cinabro; di uno o piii aitavi nel
centro; e dì un numero piU o meno grande di basi votive,
dedicate non solo alle divinità eponime del collegio, ma anche
ad inustrì peisonaggi, specialmente imperiali. Così delle sette
piccole basi scoperte nel metroo ostiense una sostenne l'imagine
argentea di Settimio Severo , due quelle dì Caracalla '. Le
due basette rinvenute nella schola dell'ignoto collegio eaquilino
conservano ancora ì fori ove erano impernate la statuetta di
Faustina, e quella dedicata dalI'ALGHIDES UAQister, la quale
fu probabilmente di Eicole, a giudicarne da una piccola clava
in ambra raccolta fra le macerie : materia che ben si addice
ad una imagine fusa in prezioso metallo.
Alla istessa categoria di monumenti ascriviamo: un torsetto
di statua muliebre in marmo , rinvenuto il giorno 3 marzo
- un piccolo cane in bronzo facente parte di un gruppo - e due
basi di hasalte verde di m. 0. 54 X 0. 54 x 0. 27, ornate
di cornice smussata.
La parete delta schola, che è attraversata e troncata dal
muro di cinta della stazione centrale , apparve coperta di
numerosi, ed importanti gratfiti. Da un lato v'era questa serie
di nomi
MVCIANVS
MARCILINVS
SVPICIANVS (sic)
VALEN
Seguivano tre alfabeti, due dei quali completi, uno condotto
fino alla lettera M. Quindi eran disegnate figure di combattenti, '
e crateri ansati, ad uno dei quali beve un uccello. Dì una
lunga sentenza incisa sugl'intonachi e distrutta pei fondamenti
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40 BULtETTlNO DELLA COHHISSIONE
del pili volte mentovato maro della stazione, non rimangono
che queste parola
TVEBE I .... LO LICET
DICA ILLA ....
La Commissione ha provveduto perchè questi graffiti sien
gelosamente conservati, affine di poterli trasportare bu tela,
come prima poti^ ciò farsi seni' arrecar molestia ai nuovi lavori
di costruzione.
Nell'interno del piccolo atrio centrale rinvenimmo un'anfora
di forme eleganti e svelte, sul collo della quale, cioè fra il
nascimento delle dne anse, h scritta a pennello questa memoria:
TI ■ OLAVDIO ■ P ■ QVINCrriLIO COS
A ■ D • XUI - K ■ IVN ■ VINVM
DIPPVSVM ■ QVOD ■ NATVM ■ EST
DVOBVS ■ LENTVLIS ■ COS
AVTOCR
È questa una delle più singolari iscrizioni vinarie a noi
pervenute , specialmente per ciò r,he riguarda la particolaritìi
del tempo scorso tra la vendemmia, ed il travasamento del vino
nell'anfora. La vendemmia ebhe luogo l'anno 18 a. G. sotto il con-
solato di Publio Cornelio Lentulo, e Cn. Cornelio Lentulo Marcel-
lino: e per lo spazio di cinque interi anni, il vino fa conservato
nei grandi vasi {dotta, oupae, seriae) della cantina, ove solevasi
mescolare a varie Hoatanze destinate a communicargli maggior
forza e fragranza, come p. e. droghe ed erbe aromatiche, pece,
trementina, ed acqua di mare '. Il travasamento o la diffusione
del vino * avvenne il giorno 20 maggio dell'anno 13. a. C.
> cf. Bamsa;. Manual p. 438.
- cf. T Ipse capitlalo di/Pumm eoruule palai lav. Sat. V. i
CORPVS DIFFVSORVM OLEARIOBVM presso l'OreUi 4077.
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ABCHBOLOQICA. HUKICIPALE. 41
in cui ebbero i fasci Tiberio Clandio Nerone, e Fabblio Quintilio
Varo.
Ignoto h il significato della voce ÀVTOCB ak sappiamo
se ÌDdicht il nome del vino, ovvero quello del possesìiorD del
fondo, quello del fabncante.
Sul collo di una seconda anfora leggemmo le seguenti
sigle, dipinte in rosso
cAe
C B
le quali contengono forse l' indicazione della specie del viuo-
Ck&cvMtm, — e le iniziali del possessore.
Ricordiamo finalmente quest' impronta di fabrìca di una
tena anfora :
IVNI ■ QVINTI
COL ■ HADR
provegnenta dalla colonia Adria nel Piceno; ed il bollo ^VBI
(Màwi) letto sa d'una ansa spezzata.
Oltre agli oggetti fin qui notati abbiamo raccolta : una
lucerna fittile, intatta, con rilievo rappreaentaute i busti dì
Serapide, Iside, Arpocrate, ed una quarta divinità, ed il bollo
PLOBENT
una seconda col rilievo dell' Abbondanza; - una terza con due
faci decussate - un frammento di tazza aretina col bollo :
e VE IN
Caii Vibieni - una Cariatide acefala scolpita in pavonazzetto,
alta m. 0. 42 - e quattordici monete dello quali 3 spettanti a
Gordiano giuniore ; una di Giulia Soemia, una di Filippo,
4 dì Valeriane, 3 di Gallieno, ed una di Salonina.
D,g,l,zedbyGOOg[e
42 ' BULLBtnNO DELLA COMMISSIONE
I segaenti sigilli figulini possono agevolare le nostre ricerche
sull'epoca nella quale fu edificato il collegio.
(circolare )
op ■ DOL ■ EX • PR ■ dom ■ AYQGNN ■ PIG
DOMIT ■ lANI PORTVNATI.
(Gobbo montato sui trampoli , che con arma falcata aasaltsce
un toro)
(circolare)
opus DOLIABE EXPBEDJw
DOMINI NAVG.
(quadrato)
EXPRAQATAVG l
POMP ■ lANVAR ■ paet
ET ■ APBOnion. -COS-
SO. Futicoli. La regione V esquilina, siccome lio
cercato dimostrare in un recente articolo ' fu probabilmente tutta
al difuori del recinto serviano; come lo furono la I', la YII',
la IX' e la XLI', e comò a giudizio del Becker e del Detlefsen
sembra indicarlo l'etimologìa stessa del nome di quel monte.
Osservano infatti quei topografi che 1' Oppio, il Cispio ed il
Fagutale, i quali secondo il noto passo dì Antistio Lsbeone presso
■Pesto * costituivano tre elementi del Septimontium, ebbero la de-
nominazione complessiva di Exquiliae, quasi riunione di sob-
borghi, in opposizione alla forma inquilinus '.
Livio ci descrìve graficamente 1' aspetto dì questi luoghi
nello stato in che sì trovavano due secoli prima che Augusto
lì racchiudesse nella nuova divisione della città, lo. ove parla
dei disertori numidi opposti ad Annibale fuori la porta esquilina:
' Ann. dell' Inst. 1671 p. 70.
: p. 348 ed. HOU.
' Detlefien B. I. 1861 p. 59. - Becker Band. I. p. 522, n. 1096.
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ARCEEOLOaiCA UUHICIPALE. 43
iiUer convalles tectaque hortorum et sepulera avi cavas
undigue vias '. Le grandi vìe consolari, ì giardini e i sepolcri
costituirono anche nelle epoche posteriori il carattere speciale
di questa regione; e se ne fosse dato di detenninare esattamente
la posizione dei tanti horti, di cui conserviamo memoria, e
l'andamento delle tre strade principali, la tiburtina, la labicana,
e la prenestina, la topografìa della Y' regione sarebbe per intiero
restituita. In altro paragrafo ci occuperemo delle notizie con-
cernenti i giardini : cerchiamo ora di rintracciare l'andamento
delle vie , tale ricerca essendo indispensabile per la retta
collocazione dei sepolcreti. *
Fino dall'anno 24€ di Boma troviamo menzione dì nna
vìa gabina *, la quale ascendo dalla porta esquilina dirigevasi
verso il tempio della Speranza, T(i T^j'EXnt'Ss; (cjjsv ', dove
il Console Orazio combattè i Vaienti 1' anno 277 *. Divenuto
Qabii pulvere viw tectae .... ruinae *, anche il nome della
strada cadde in oblio, sostituendovisi qnello di prenestina,
poiché egli è con tal nome appunto che Dionigi e Strabone
appellano la via che attraversava gli avanzi di Gabii '. Ma
all' epoca del geografo amaseno una nuova arteria, la labicana,
era stata aperta attraverso queste contrade, la quale ebbe con
la prenestìna una comune origine dalla suddetta porta di Servio.
ETt« (ini Ilixt^) mjxniKUt kxc Ì] Ko^ikxvÌì, ip-^oiiìv/ì fis'v
amò TÌjs 'EffjfyXi'wjs tìuXijs, «p' ì.q xaì r, Upxniuxivn '. H
Canina nell' illustrazione del sepolcro di Enrisace afermò che
la separasiùne delle due vie accadeva appunto poco avaTUt
' XXVI. 10.
■-■ Livio: U, 11.
^ Dion. d' Alic. IX, 34.
' Livio n, 51.
* Lucano. Phan. VU, S92.
* iwl Tn( tl( llpuitiirTDr fifouff^,- iTSou lEi^i'yai - Diooya. IV. 58 -
StnboDfl V. 3.
' L. V, e. Ili, fog. 884 ed. Taoch. 182S.
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44 BOLLETTINO DELLA COMMISSIONE
al detto sepolcro': ma ciò dee intendersi di una sec((nda ricon-
ginnzione ed un secondo bìvio ; opponendosi alla teorìa del
Canina : il citato passo del geografo , il quale non solo non
avrebbe mancato di indicarlo, come lo indica a proposito della
Latina ( òpXofisvij ànò tik 'Annia;.... nhiaiov PeSfiiss) , ma
dicbìara espressamente che la labicana lasciava iv àptattpà tò
mìStov TÒ ÌTKv)ìvov -xaì { riiv ) UpatvssTtvrjv *. È opportuno
notare che il Eiepert ha cercato conciliare le indicazioni di
Strabene, con quelle che ci dà la topografia istessa del monu-
mento di Claudio e del vicino sepolcro, supponendo l'esistenza
dì due vie prenestine, la vecchia e la nuova , delle quali la
prìma avea orìgine dalla porta esquilina, la seconda dal monu-
mento di Claudio \ >
L'angolo di deviazione delle due strade subito dopo la
porta esquilina era poco sensibile : ma è difficile seguire l'anda-
mento della via prenestina, nello spazio compreso fra 1' uno e
l'altro recinto della città. L'odierna strada di porta Maggiore
dovendo credersi rappresentare la labicana , è necessario di
ricercare d'accordo con Strabene H prenestina a sinistra di quella:
ma invano ne domanderemmo al terreno te traccie. Forse esse
erano pih evidenti all' epoca del Severano, il quale scrive: la
via Pelestrina va all'arco di £alieno detto di s. Vito:
alti trofei di Mario: alla basilica di Gaio e Lucio, e torcendo se
ne viene alla detta porta (Ua^ore *). La scoperta di un pavi-
mento siliceo, avvenuta sotto Giulio II, nella vigna di Francesco
d'Aspra ^ (posta dal Bufalini fra il così detto tempio di Minerva
medica, e le mura aurelìane), ben concorda con le indicazioni
del Severano, e di Strabone. Il Fabretti , illustrando alcune
tombe tornate in luce presso s. Bibìana, nomina il lastricato
' Kiepert Pianta di Botila nell'Atlas Antiq. tab. 9
' Severano : Sette eh. I, 639.
■' Vacca niem.. 16.
•dhy Google
AKCHEOLOQIGi. MUNICIPALE. 45
della prenestina ibi proxima '. Il medesimo selciato fu tornato
a scoprire nel 1735 da Francesco Belardi, alquanto pili dappresso
alla porta Maggiore, cioè fra il colombario degli Arrunzii e
r altro anonimo che gli rimane ad oriente ' : i quali due
monumenti essendo tuttavia visibili, ci danno non lieve soccorso
nelle nostre topografiche investigazioni.
n punto di partenza della labicana dal foro esquilino,
(che sembra si estendesse dall' arco di Gallieno fino ai così detti
trofei di Mario) è stato da noi rinvenuto nelle odierne esca-
vazioni municipali, quasi dirimpetto alla porla magica di villa
Falombara, Proseguiva quindi alquanto piìi a destra della via
di porla Maggiore, lungo la fronte del nobile mausoleo, cono-
sciuto sotto il nome di Casa tonda, ed esistente nella vigna già
Altieri. Non molto discosto da questo punto, sotto 11 pontificato
di Clemeiite XII, si rinvenne il selciato dell'antica via nel
fondo della piccola valle sottoposta, siccome descrive il Ficoroni '.
Tale lastricato, appena oltrepassato il recinto della vigna suddetta,
rìmanea risìbile sul margine della moderna strada per lo spasio
di cento sessaMa passi ; dirigendosi verso la porta labicana di
Onorio, cioè verso la prima arcata a destra del monumento di
Claudio *.
Saremmo inclinati ad attribuire decisamente alla via
Tiburtina quel pavimento indicato nella nostra pianta col
n." 17 che ha origine dalla porta Esqullina (arco di Gallieno)
se la sua direzione accennasse ad alcuna delle porte del recinto
imperiale. Ma poiché volge invece ad un punto medio fra le
porte Chiusa, e dì e. Lorenzo, non crediamo utile insistere su
vaghe supposizioni , lasciando al proseguimento degli odierni
lavori di escavazione la cura di risolvere il problema.
i hucr. p. 376.
> cf. Ficoroni : Labico p. 20 sg.
' 1. e. p. 25, 27.
* cf. W. Geli Mura etc. Ut. XIV.
■zcdhyGoOgle
46 BULLETTIXO DELLA C0UBCI8SI0HE
Ricordate in tal guisa le notizie che ne limangono intorno
le tre vie consolari della regione quinta, passiamo ora a ragionare
dei sepolcreti.
Durante il periodo republicano fino quasi a tutto il P secolo
dell'e. V. -questa contrada altro non fu che una vasta necropoli,
per uso delle classi piti umili dei cittadini. Notammo di sopra
la posieione del TrjSfoy ìtxuXìvsv, iv àptm^ della prenestina,
in regione aggeris \ Di questo campo è duopo distinguere due
parti diverse. Nella prima, lunga mille pedes in fronte .... tre-
cenlos in agro ' solevansi pauperttm' coì'pora vel comburi vel
proUci ', il verbo proiicere riferendosi al gitfar confusamente
nei puticoli dei cadaveri dei pezzenti, conforme ne insegna
Festo *. La seconda zona , la quale dal campus Viminatis
subager ' estendevasi fin verso l' anfiteatro Castrense * , era
occupata da colombat spettanti in generale a liberti, artigiani,
manovali; ma schivata da personaggi dì alto affare, almeno
in quella parte che piìi s'avvicinava ai puticoli. È vero bensì
che Cicerone chiedeva al popolo che ai assegnasse aHe spoglie
di Ser, Sulpicio' Rufo locum sepulcro in campo Esquilino ' in '
ricompensa della sua nobile morte : ma questo sembra essere
un fatto isolato, una eccezione alla regola; la quale del resto
trova spiegazione nel fatto, che il campo esquilino era anche
destinato alle esecuzioni capitali, siccome risulta dalla concorde
testimonianza di Suetonio , di Tacito , e di alcuni scoliasti
d' Orazio '.
1 Porfir, ad Horal. Epod. v.
* Onw. Sai. I, Vni, 10 sg.
1 Porffr 1. e.
* 8. V. Pvlìe.
5 Prellor: die Reg. p. 132.
* Becker: de Vrb. Rom. vei. mitris alque pori. 119, 137.
' Philipp. IX 7.
K Snet. Clatid. 25 ; Galb. 20 - Tftcìt. Ann. U, 82; Hbt. I. 49 - Schoi.
Uent. ^od. V. 100.
DigitizedbyL.lOOQlC
ARCHEOLOGICA UDNICIFALB. 47
Molte sono le traccio dell'ampio sepolcreto venute alla luce
(lì tempo in tempo nei triangoli compresi fra la via tiburtina,
e la preneatina ; fra questa e la labicana. Il luogo nel quale
fu scoperta la tomba di M. Licinio Filomaco es( inter ecdesiam
s. Bibianae, et s. Eitsebii exacte medius, ad viam quamdam
silice slratam , qaae a Praenestina ibi proxima divertens
laeva ad €ollatÌ7iam ( Tìburt. ) tendit. Ad dexteram kujiis
diverticeli plura monumenta sepulchralia terra obruta deiecta
sunf; et iiU,er ea conditorìum quoddam lapideo gabino muro
septum , cum corona et basi tuscanioae rationis . in sua
sivtplicitate satis magnificum simul et elegans , dlariis seu
cohimbanis tumarcuatis lum «cuo forma quadratis' undiqw
re/erhtm '. Altri sepolcri furono scoperti l'anno 1701 nell'interno
della vigna Nufiez, confinante con le mitra e porta di s. Lorenso
siccome accerta il Ficoronì, testimone oculare '. Dalla vigna,
che fu già di Mgr. de Ligne, abbiamo l'epitafio di M. Antonio
Asclepiade liberto di Fallante ' : dalla vigna Caracciolo qaello
dì un Fublicio Lenate * : oltre a molti altri di proveguenza
man certa '. Scoperto dì maggior rilievo avvennero nel quin-
quennio 1732-36, quando Francesco Boiardi scavando per la
ricerca di materiali da fabricare nella sua vigna, posta fra
il così detto tempio dì Minerva Medica, e la porta ME^gìore
s' imbattè nel sepolcreto che fiancheggiava la Prenestina *. EI ■
Ficoroni che visitò le escavazioni in compagnia del ITolli, e
del Pereto, non descrive che due soli colombai ''. Ma il Piranesi
' Fabretti Iruc. p. 376.
- labico p. 20.
> De Bossi yigili f. 23.
* ÌSuini Ijucr. aib. p. 185.
* cf. Marini 1. e. p. 117 - Vacca: mem. n. U, 15, 107 - Bartoli :
man. n. 137, 138 - Lupi Epil. ». Sev. 147 - Bonanni Mut. Kirk p. 102 -
Fea: Mise. 165.
* Ficor. 1. e. p. 20,
■ cf. BoUa d'oro p. 58.
D,7-zcdhyGOOQ
48 BULLETTINO DELLA COMHISSIONE
nomina varie camere sepolcrali, alcune delle quali, egli dice,
sono state distrutte '.
Allorché avremo occasione dì dimlgare i trovamenti av-
venuti nella seconda e terza zona dell' Esquilìno, molte notizie
potremo aggiungere a. quelle già esposte sulle tomhe dì
questa regione , e specialmente su quelle importantissime tro-
vate nel 1871 negli scavi eseguiti per cura della Compagnia
fondiaria italiana. Ci basti ora annunciare la scoperta dei
fomosi puticoli, di recente avvenuta in occasione dell'apertura
della nuova vìa Napoleone HI. posta fra le chiese di s. Antomo
e di B. Eusebio. Ma prima di entrare nell'argomento ci è grato
tributare giuste lodi alla sagacia del Canina, il quale con me-
ravigliosa precisione, e dietro la sola scorta delle indicazioni
dei classici, ba collocato ì puticoli nel luogo istesso ove ora
8on tornati alla luce *.
I puticoli sono costituiti da una serie dì celle rettangolari
di varia grandezza, orientate quasi esattamente sulla linea
meridiana, e per ' conseguenza formanti un angolo di circa 52**
con l'asse della nuova strada. Le pareti ne sono costruite con
massi irregolari di una pietra, clie sogliamo dire cappellaocio,
simile alla gabina, ma estratta probabilmente dalle antichissime
cave di vigna Querinì, delle quali il Bnllettino Municipale ha
già fatto menzione ^ Il fondo delle celle o dei pozzi h ripieno
di ossami, di ceneri, e di detriti organica, la cui decomposizione
ha annerito tutto il suolo circostante.
Inutile opra sarebbe ora ìl pubblicare le sezioni e le
icnografie rilevate con somma cura dalla Commissione , perchè
le escavazioni non sono ancor giunte a fine, ed ogni zolla che
quivi si rimuove ne arreca novelle scoperte. Invitiamo nondi-
meno tutti i cultori delle antichità e delle patrie memorie
< Aniieh. di fl. v. Il, tav. THI.»
' Vedi : pianta top. dì K. A.
> Voi. I pAg. 6.
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AECBKOLOOICA MONICIPALK. 49
a recarsi ad esaminare i lavori della via Napoleone terzo, ove
la storia dei primi tempi dì Boma fino allo stabilimento dell'im-
pero % svolta, per così dire, pagina per pagina da altrettanti
strati fossili sovrapposti.
Le fondamenta dei puticoli poggiano sulla roccia naturale
del colle : ma grande è stata k nostra meraviglia scoprendo
al disotto di essi una piìi vetusta prò fondissima necropoli , la
quale ci richiama probabilmente all' epoca in cui Boma era
costituita da nn aggregato di pagi o borgate non ancora racchiuse
dall' unico recinto Serviano. Le costumanze civili e religiose, le
arti, l'industi'iu erano in quel remoto periodo intieramente sog-
gette alla influenza degli etruschi, ed è perciò che etrusco è il
carattere degli ipogei scavati nella roccia che sostiene i puticoli.
Uno solo fra questi è stato fino ad ora aperto e visitato, -ma
già incominciano ad' apparire le traccie dì altri, come pure
dell'ambulacro o gallerìa che ne costituiva l'accesso.
Il giorno 9 mt^gio, mentre gli operai della Società Genovese
attendevano ad approfondare il taglio delle terre per la costru-
zione della fogna, a m. 31 di distanza dalla fronte del monastero
dì s. Eusebio, il suolo si avvallò sotto ì loro piedi, e fu aperto
in tal gnisa l'accesso ad una piccola grotta, la quale forse da
oltre a 25 secoli carebat ventis et solibus , e non era stata
violata dalla presenza dell'uomo.
La sua forma è rettangolare, misurando m. 3. 80 in
lunghezza, e m. 1. 93 in larghezza. Ha nel mezzo un pìccolo
ambulacro largo m. 0. 53 '- da ambo i lati del quale sono
ricavati nel sasso i due banchi, o letti funebri, alti m. 0. 80,
larghi 0. 70. Otto cadaveri ebber ricetto nell' ipogeo : ma
l'angustia del luogo dimostra che soltanto a quattro era stato
in origine destinato ; e quattro invero erano disposti secondo
il rito coi piedi rivolti verso la porta. Due altri cadaveri furono
in seguito collocati sulla banchina ii sinistra di chi guarda la
porta, in postura affatto opposta, cioè con le gambe conserte
a quelle dei primi. TJn terzo fu in simìl ^uisa depositato
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50 BULLETTINO DELLA GOHHISSIOKE
sulla banchina a destra : 1' ultimo fu disteso nel fondo dell'am'
bulacro.
Al momentodella scoperta tre soli vasellìni fittili apparivano,
mescolati al fango prodotto dalla umidità del luogo e da un
parziale disgregamento del tufa. Ma visitando più accuratamente
l'ipogeo molti altri oggetti tornarono in luce, dei quali h opportuno
pubblicare il catalogo. Questi oggetti, raccolti attorno la testa
dei defunti sono:
IS." 4 coppe tazze a vernice nera-opalina lucidissima, il
cui dismetro varia da mill. 140 a mill. 168.
TJn orciuolo, di forma in certa guisa simile alle oenochoe
alto min. 153, dipinto a vernice nera.
Altro simile con tracce di policromia, alto mill. 210.
Vasellìno simile ad una olpe di argilla giallognola , alto
m. 0. 14.
Vasellìno simile ad un aryballos. con protomi muliebre,
dipinta a colore bianco, e roseo, riportato sul fondo nero
mill. 93.
Skyphos, alto 0. 083, con piccola greca attorno al labro,
e pampini nella curva inferiore.
Un balsamario fittile di forma ordinaria, lungo mill. 90.
Due lampade dipinte a vernice nera iridata, col becco
annerito dal fumo.
Altra simile a vernice rossa, il cui piede è formato da
tre globuli a rilievo.
Uno spillo di bronzo, lungo m. 0. 185.
Dne pezzetti irregolari di bronzo, forse di aes rude.
Finalmente un globulo di pasta vitrea, con traccio di
doratura, appartenente a collana.
La volta dell' ipogeo, 'e a sesto ellittico ribassato, di guisa
che r introdosso o la chiave sorge appena a m. 1 45 sul piano
dell'ambulacro. La porta alta m. 1. 00, larga m. 0. 60 ha gli
stipiti regolarmente scalpellati nel sasso, ed è chiusa da un
macigno, che l' imminente pericolo di frane non ha consentito
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ABCSEOLOeiCA MUNICIPALE. 51
di rimuovere. Egli è però t^rmo proposito della CommìsaioDe
di presegnire le indagini in modo piìi regolare e scientifico,
giovandosi della fortuita scoperta, sulla cui singolare importanza
non h questo il luogo di estendersi. Annunciamo però fin da
ora il trovamento dì un muro costruito alla maniera etnisca
con grandi massi di pietra squadrata, il quale , trovandosi ad
uguale profonditi con l'ipogeo nel punto ove il suolo ' si abassa
con leggiero declivio verso mezzogiorno, cioè innanzi la fronte
del sepolcro, ne darà il desiderato accesso alle sotterranee
gallerie, incominciando già ad apparire le traccio della porta
che vi conduce.
Sembra cbe l'area di 1000 p. x 300 occupata, per tosti-
monianza di Orazio , dai puticoli propriamente detti non ai
estendesse fino alla descritt a tomba etrusco-romana, poiché gli
avanzi delle celle ne sono discosti dì circa 40 m. Forse l'area,
della quale il venosino poeta ci ba conservato le misure, era
circoscritta tutt' attorno da un canale di travertino, di cui
abbiamo rinvenuto una parte ben conservata, ed al dì là del
quale non appaion vestigia dei mari. Il terreno circostante
nondimeno, cioè la superficie esteriore della roccia, entro cui
sono scavate alla maniera etnisca le grotte sepolcrali, h rico-
perta da uno strato di ossa umane , alto in media trenta
centimetri , cui bob frammisti avanzi di stoviglie anch' esse
di fabbrica etrusca.
Allorché riandavamo per lo passato que" nobili versi del
venosino medesimo :
Nunc licei Exguiliis kabUare salubfibus, atqae
Aggere in aprico spatian, qua modo tristes
Albis informem spectabant ossti>us agrum
' Cioè il suolo antico, il piano caevo a ijoeste Tetnste covtniKioni.
dbjGoogle
52 BULLBTT1N0 DELLA COHHISSIOHB
chi avrebbe osato immaginare che ai nostri giorni quell'infausto
suolo sarebbe Duovamente tornato a biancheggiare per le ossa
aemisepolte? Fra le tante scoperte cui ha dato luogo la costru-
zione del quartiere esquilino, niuna per nostro avviso è piU atta
a colpire l'immagioazione del lìnveuimento di questa necropoli,
oscura certo e disadorna, ma ben piti ispiratrice di grandi pensieri
e più lai^a di storico lume che molti fra gli splendidi mausolei
ond' è sparso densamente il suburbano di Boma. Uà non
secondiatno gli impulsi del sentimento, e torniamo all' ufficio
di pacato narratore ed alla scientifica esposizione dei fatti.
Grande è la copia del vasellame - della specie che volgar-
mente diciamo etrusca • raccolta nelle escavazìonì della vìa
Napoleone m. Esso appartiene esclusivamente a quel genere
di stoviglie piii opportune agli usi della vita domestica e per
conseguenza di semplice stile , e di un solo colore. Uà nel
terrapieno che ricnopre i puticoli abhiam rinvenute moltissime
arule di rozza argilla, varie delle quali ornate di rilievi rap-
presentanti Tetide recante le armi ad Achille, sedente su d'un
delfino ; mentre due hanno la rappresentanza di una testa
goi^onica : soggetto funebre 1' uno e 1' altro. Esaminando la
sezione del terreno , attraverso del quale % profondamente
incassata ta nuova via , possiamo segnare passo a passo lo
svolgimento dei lavori eseguiti da Mecenate allorché, per invito .
di Augusto, si accinse a cangiare il funebre luogo in deliziosi
giardini. I primi materiali quivi trasportati per- seppellire i
puticoli, e le adiacenti aree furon tratti da edifici distrutti
per violentissimo incendio : lo strato sopratutto che rìcuopre
r albis informem ossibus agì-um b per intiero composto di
pietre calcinate, e dì mattoni vetrificati, misti a pezzi di carbone
e frammenti di stoviglie. Lo strato superiore i formato di
suolo vergine, del tutto privo di avanzi organici, o di prodotti
dell' industria dell" uomo. L'altezza totale del terrapieno che
rìcuopre i puticoli ò di m. 5. 10, misurata dal feudo dei
medesimi. L'altezza poi del terreno vegetale moderno fe di
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ARCHEOLOGICA MUNICIPALE. 53
m. 1.65; di guiaa che il piano dei giardini di Mecenate trovai
di altrettanto inferiore a quello dell'orto di s. Ensebio.
Dopoché il terrapieno fa compintamente assodato, bì scava-
rono in esso le fondamenta degli edifiz! destinati ad abbellire
il giardino.ed a tali cos'juzioni appartengono gli avanzi delineati
nella nostra pianta al n.° 21.
Non riputiamo necessario spender parole per dimostrare
la singolare importanza dei trovamenti descritti in questo
paragrafo. Vedremo nel seguente in qual gnisa l'esempio dato
da Mecenate fu seguito nei tre secoli susseguenti.
31. X G-iai'dini (lell*!E]»quilino. Utili notizie
sulla denominazione e sulla topografia degli orti esquilini
nel II" secolo dell'impero ci sono fornite dai eommentarii
di Frontino, ove è descritto il corso iatramuraneo degli acque-
dotti che facean capo alla Speranza Vecchia. Della Claudia,
e dell' Aniene nuovo egli dice : finiuntur areus earwn post
kortos palla ntianos ; et inde in «swwi urbis fistults dedu-
eurUur ' : ed aggiunge altrove che qnesto castello di divisione
trovavasi ad hortos ephaphroditianos *. Ninno ignora che il
castello esiste tuttora , ridotto allo stato di fienile , presso i
cosidetti tre archi della ferrovia, verso l'angolo estremo della
vigna Belardi. Il Piranesi descrive e disegna gli incavi che
indicavano gli andamerUi delle fistole lungo le pareti del fienile:
e segue quindi a narrare, che nello spazio interposto fra il
castello e la porta Maggiore fu riti-ovata nello scassare una
quantità di pietre di tufo e peperino che il Ficoroni ci d&
a credere essere stati avanzi dell'antica porta esquilina '. Ma
sendo itflJo da me inierrogato Francesco Belardi sìU ritrova-
mento di dette pietre , mi asserì , ÌTidicandomi il luogo di
dove eW eran state tdte , che queste consistevano in sei grossi
1 1,20.
! II, 60.
' Labic» p. ;
DrzcdhyGOOgle
54 BULLBTTINO DELLA COtlUISSlOKE
pilastri, posti in ordinata prosecusioTie Il Belardi mi
soggiunse che vi rimangono tuttavia dei medesimi pilastri da
disotterrare vicino al castello medesimo. Bimane dunque stabilito
che gli orti epafrodiziani occupavano quella parte della vigna
Belardi, che si estende dal fienile fino alla porta Maggiore: e
che gli orti pallanziani confinavano cogli antecedenti dalla
parte del Nord. Un terzo passo di Frontino ci permette dì
determinare con sufficiente esattezza 1' estensione dei giardini
di Fallante, dicendo che la Marcia partem sui post hortos
pallantianos in rivum qui vocatur herculaneus deiicit ', Ora
poiché il bottino di divisione, ovvero il capo del rivo erculaneo
esiste tuttavia perfettamente conservato nell'interno della quinta
torre delle mura anreliane, a destra di chi esce dalla porta
s. Lorenzo, così fino a tale torre almeno dovrà estendersi l'in-
dicazione post hortos pallantianos *; la quale a nostro avviso
dee intendersi nel senso che gli orti trovavansi fra la città
propriamente detta e le arenazioni degli aquedotti. La torre
che racchiude il bottino confina con la vigna che fu già di
Mgr. de Ligne, dalla quale non senza ragione è venuto alla
luce l'epitafio di M. Antonio Asclepiade liberto di Fallante °.
Se le indicazioni del Severano e del Vacca intorno l'andamento
della via prenestina son giuste ; ovvero in altri termini, se
l'odierna via di s. Bibìana dee stimarsi seguire approssimati-
vamente la linea dall* antica, allora non è improbabile che
tale linea segnasse il confine tra i giardini di Fallante, e quelli
di Epafrodito. Goq questi ultimi confinavano, a detta del mede-
simo Frontino, gli orti torquaziani nel sito detto le Gemelle, qui
loous est infra Spem veterem \
< I, 19.
•■: Firanes. Ani. v. t lav. aaiuid. Bg. V f. IH - li." IT e 131. - Id.
m. XI ftg. I, letL P.
* De Bossi - Vigili p. ti.
' n, 65.
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ARCUEOLOGIUA MUNICIPALE, 55
Non sappiamo per qnal modo , e per quale cagione la
superficie occupata dai giardini di Epafrodito e di Torquato,
Tenisse in proprietà dell' imperatore Licinio Qallieno : ma egli
b eerto che verso la fìne del lU" secolo gli orti liciniani
occuparono quasi tutto il triangolo compreso fra la labicana e
la prenestina ; alla qaal epoca è d' uopo riferire gli stupendi
avanzi del ninfeo conosciuto sotto il nome di Minerva Medica,
e le altre nobili costruzioni rinvenute negli scavi eseguiti dalla
Compagnia fondiaria Ualiana.
Gli odierni lavori municipali ci hanno rivelato il nome e
la posizione di tre altri giardini, cioè dei tauriani, dei caliclani,
e dei vezzìani , i quali non altrimenti che quei di Fallante
trovavansi nel triangolo compreso fra la prenestina, e la tibur-
tina, ma ne eran divisi dal divertìcolo scoperto e descritto dal
Fabretti nel passo citato di sopra. Prima di divulgare le notizie
intomo le nostre scoperte, crediamo opportuno di risolvere una
difficoltà che pub sorgere spontanea nella mente dell' erudito
lettore.
Abbiamo veduto di sopra, come gran parte della superficie
assegnata dai cataloglii alla V regione era occupata da sepol-
creti. Or come avviene che nella seconda metà del periodo
imperiale troviamo quell'istessa superfìcie tutta ridente di ville
e giardini ? L'accurato e quotidiano esame che abbiam fatto
dei trovamenti avvenuti in questi luoghi nel corso dell'ultimo
decennio ci permette di risolvere facilmente il problema.
L'esempio dato da Mecenate trovò imitatori nei secoli seguenti:
le autorità, cioè, trovarun modo di provvedere alle prescrizioni
della pubblica igiene, pur rispettando la religione dei sepolcri.
Allorché si eseguiva la escavazioue del colombario LIBEBT '
ET ■ FAMILIAE ■ L ■ ABKVNTI ■ L ■ F , e dell'altro anonimo
dal lato opposto della prenestina , ambedue gU ipogei, benché
tuttavia riecbissimi di iscrizioni, urne, cinerarìi, lucerne, bal-
samarìi etc, mostrarono evidenti tracce dei danni sofferti in
epoca remotissima. Unica cagione di questi danni sembra essere
■zcdhyGoOgle
56 BULLETTINO DELLA -COHHISSIOME
stato un artificiale elevamento del suolo. Le pareti dei colombat,
e i rinfianchi delle volte mostravano le legature di costruzioni
posteriori, e pìii elevate. La terra che ostruiva completuneute
le sotterranee celle, conteneva anfore intatte, monete e cassettoni
fittili; ma al tempo istesso le ceneri dei liberti dì L. Àminzio
erano state religiosamente rispettate , ne alcuno aveva osato
rimuovere i cimelii spettanti a ciascuna olla o a ciascan cinerario.
Identica osservazione avemmo agio di fare, sorvegliando
quotidianamente le escavazìoni della società fondiaria dal 7 feb-
braio al 27 maggio 1871. Cinque furono i colombai tornati
in luce nel corso dei lavori ; e tutti e cinque intatti in modo
da restituire 204 iscrizioni, 200 lucerne, 2 cinerarii in marmo,
40 cinerarii fittili, 195 monete, 150 balsamariì ed ampolle di
vetro, altrettante e forse piii in terracotta, oltre ad una quantità
di stoviglie dì ogni specie, sopratutto delle fabriche aretine, fra
le quali la coppa infranta, ìippartenuta ad un Tichìco, calzolaio
(siitoì) di professione , la cui bottega era ad Spem veterem
siccome indicava la iscrizione incìsa con una punta sotto il
fondo vaso '.
SìBatta copia di oggetti di facile sottrazione , e di consi-
derevole valore ( in una delle olle si rinvennero due oreccbini
d'oro) mostra che allorquando i colombi^ furono sepolti da un
artificiale sollevamento del suolo , la religione dei sepobri
protesse le ceneri dei defunti e vegliò che ninna mano
profana s' attentasse a disturbarne il riposo. L' epoca nella
quale cib avvenne pub esser determinata dal fatto seguente.
Adegnato e stabilito il suolo all'altezza della sommità dei muri
dei colombari!, vi si costruì un sistema di cloache , per uso dei
giardini superiori ; la principale larga 0. 46 alta 1. 20 I» altre
dì m. 0. 32 X 0. 75. Gli spechi erano coperti di tegoloni
messi a capanna, alcuni dei quali col bollo circolare.
' cf. HeuMu; BuU. [/ut. 1H73 p. 107.
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ARCHEOLOGICA HCHICIPALE. 57
OPVS DOLIABE EX PBEDI3 . DOMIT
altri col bollo :
EX PB DOM LVCILLJ! OP DOL» TI ■ CL ■ QYINQVA
Abbiamo creduto necessario dilungarci alquanto in queste
osBorvazioni, benché non collegate intimamente con le scoperte
municipali, sì per la luce che arrecano alla topografia della V*
regione, si per dimostrare quanto sia indispensabile di sor-
vegliare con amore e costanza le piU minute particolaritil delle
quotidiane escavazioni.
Nella tav. V. VI al n. 13 h indicato il luogo del trova-
mento delle memorie spettanti ai giardini tauriani, caliclani,
e vezziani. Demolendosi il muro di cinta dell'orto annesso alla
eh. di B. Eusebio, nel pnnfo ove ò ath-aversato dalla via Prin-
cipe Umberto, si rinvenne ancor fìsso al posto un termine in
travertino di m. 1.40x0.29x0.50 contenente questa iscrizione :
CIPPI ■ HI PINIVNT
HOBTOS ■ CALYCLAN
ET ■ TAVRIANOS
Un altro in tutto simile, ma rovesciato al suolo, tornò in
luce alcuni giorni dopo, a m. 32 di distanza verso il Nord.
Ma per ragionare Bopra dati piii completi intorno le rovine
degli edifizìi scoperti snll' area di questi giardini, ci è duopo
premettere, che il giorno 30 aprile, nel punto segnato in pianta
tett..<JBÌ rinvenne un condotto di piombo della portata di
quarantaquattro quinarie, in due tratti del quale apparvero le
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5H BULLETTINO DELLA COMMISSIONE
(Primo tratto) da un lato :
TEI PBAETKXTAT'I
dall' altro VET PKAETEXTAT 1
(Secoodo tratto) da un lato :
dall'altro: IIIIXXXX ^IiAVLINAL D
È difficile giudicare se il famoso prefetto di Boma Yezzio
Agorìo Protestato, il costruttore del portico dei Consenti, abbia
ereditato e posseduto per qualsivoglia cagione gli antichi
giardini tauriaui e (aliclani, ovvero se le tre proprietà anche
nel IV secolo fossero distinte e divise. Le costruzioni, delle
quali la nostra tavola accenna la disposizione generate, spettano
a tre epoche differenti. La linea delle celle indicate con la
lettera a , è opera della fine del secolo II", ovvero del principio
del ni" secolo. Vi abbiamo ritrovati in opera infiniti mattoni
con qnesto sigillo :
(quadrato)
DE AVE LIO MX OSC
specialmente nei tegoloni che formano copertura ad un ipocausto.
Questi altri furono rinvenuti qua e là dispersi fra le rovine
dei mari :
(circolare)
OP DOL EX PBAEDAVGN FIG f| DOMITIANAS
MINOR
(circolare)
OP DEX PBAVQN PL DOMITI \\ ANAS MAIOBBa
(pigna)
dby Google
AKCBBOLOl^ICl MUNICIPALE. 5
OPVS DOiio RE EX PKAEDIS * DOMINORVM NO
STROBVM AVGG ■
(Ercole che atterra la cerva per le corna)
opwS DOLIA.RE EX PIO PV , AN POKT LICINI
...ANIDIE ATIM...
Ad eccezione delle quattro celle indicate con la lettera a,
e dell' ipocausto distrutto per dar luogo alla costruzione della
via Principe Umberto, tutto il restante del fabrìcato , e spe-
cialmente il portico a pilastri isolati distinto lett. b h opera
del secolo quarto incipiente. Era gli avanzi di questo portico
abbiamo rinvenuto di molte basi e capitelli provegnenti da
edifizii anteriori al secolo IV ; e delle opere d' arte che
adornavano la villa una sola è tornata in luce in buono stato
di conservazione, cioè quel grazioso gruppo di una donna atter-
rante un caprio, che h descritto nell'antecedente BuUettino alla
pag. 293 n.° 58. Possiamo nondimeno /ormarci un' idea ade-
guata della primitiva magnificenza del luogo, per la scoperta
dì due enormi muraglioni, costruiti non sappiamo in quale
epoca, con pih migliaia di frammenti di nobilissime scolture.
Essendo mancato alta Commissione il tempo ed i mezzi per
tentare di ricommettere quei frammenti, cosa che del resto
non potrà non esser feconda di ottimi risultamenti , ci torna
impossibile descrivere gli oggetti d'arte che un giorno abbel-
lirono con inaudita profusione gli orti vezziani , taarìanì e
calidani. Giovi notare intanto i principali.
Dal mun^lione indicato in pianta con la lettera e , pro-
vengono - un busto perfettamente conservato di Adriano , in
proporzione alquanto maggiore del vero - una statua acefala
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GO BULLETTINO DELLA COHUISSIOHE
impeTÌale rappreseutata all'eroica - un altra virile ignuda in
movenza che ricorda quella del cosidetto Paiicraziaste capitolino,
di ottimo scalpello - altre cinque statue muliebri tnnicate,
delle quali soltanto il busto è atato fico ad ora ricomposto -.
Un grande cratere dionisiaco, con la parte inferiore baccellata,
e la superiore ornata di alti rìlievi rappresentanti una danza
bacchica : quattro maschere aileniche adornano il nascimento
delle anse, mentre il piede è formato da tre Sileni accovacciati
del quali abbiamo rinv'ennto due soli - altro cratere in tutto
simile, con rilievi rappresentanti, come sembra , una qualche
scena allusiva ai bacchici misteri, in istile imitante l'arcaico.
Vi rimangono le figure di tre giovani donne, forse le ore o
stagioni, vestite dì leggerissima tunica talare che muovono con
passo uniforme tenendosi l'an l'altra per le mani : ma quella
che precede le compagne ha nella destra un fiorellino che
sembra appressare alle narici. Su di altre scheggio del cratere
vedesi parte di un Genietto librato sulle grandissime ali , ed
una figura di donna vestita di tunica e peplo, seduta all'ombra
di una quercia su d'uno scanno, col dosso appoggiato ad una stele.
Le figure del primo vaso misurano m. 0. 72 in altezza, quelle
del secondo m. 0. 60. Ambedue i monumenti poi debbono
annoverarsi fra la più pregevoli ed artificiose scolture raccolte
finora a cura della Commissione municipale.
TI secondo muragliene, indicato in pianta con la lettera ;,
manca affatto di monumenti figurati, ma racchiude una quantità
insigne di frammenti architettonici , di marmi peregrini , e
sopratutto di basi onorarie scritte , spezzate in minutissime
scheggio per trame materiale da costruzione: per mala soite,
fino dai primi giorni della scoperta di questo secondo muro ci
avvedemmo esser fallace e vana la speranza di trame docu-
menti di singolare' interesse per la epigrafia: poiché oltre a 20
metri, ovvero pib che due quinti della sua estensione totale, erano
stati distrutti da Sisto T allorché costruì la via di Porta s.
Lorenzo.
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ABCHBOLOaiCA. MUNICIPALE. 61
Il eh. aig. prof, cav, Guglielmo Henien, la cui aingoiare
scienza e squisita cortesia è nota a tutti i cultori dei classici studi,
ha voluto a mia preghiera accingersi alla trascrizione a resti-
tuzione di qatfi minuti frammenti. Nel divulgare ora la erudita
letterii che gli è piaciuto dirigermi sull' argomento, mi è grato
rendere alla già lodata sua cortesia una publica testimonianza
di riconoscenza.
Lettffra del sig. cav. prof. G. Henzen al sig. R. A. Lanciani,
segretario della Commissione archeologica municipale
Mi reco a dovere di comunicarle la copia de' frammenti
di latercoli militari, che la cortesia della Commissione archeo-
logica municipale ha ben voluto permettermi di fare, per l'uso
del Corpì*s imcriptionum Latinarum della B. Accademia di
Berlino. I quali frammenti non pub esser dubbio aver appar-
tenuto almeno a due monumenti diversi, distinti non solamente
mediante la differenza della scrittura , discretamente buona
nell'uno, di lettere allungate e trascurate nell'altro ; ma che la
stessa formola adoprata mostra non poter essere spettanti ad un
sol documento. Imperocché in quello la patria de' militi vien
^giunta al loro nome in semplice ablativo, laddove in questo
vi sì premette la nota Di'omo^ o DOM/'o^, variando talvolta
con A AB, e non di rado preceduta dal nome paterno. Ri-
guardo poi all'età, a cui riferisconsi i frammenti in discorso,
quei puranche di scrittura migliore (a cagione de' molti Helvii
e Settima in essi mentovati) debbono esser posteriori all'im-
pero di Commodo, benché le loro lettere rassomiglino assai a
quelle de! frammento d'un latercolo degli anni 187 e 188, pub-
blicato alla p. 14 del BuUettino municipale, col quale hanno
comune il nesso ^ rappresentante le congiunte lettere Y e S.
Intanto non credo andar enato , se congiungo co' nuovi brani
:yGoog[e
62 BULLETTINO DELLA COMUISSIONE
alcune parti d'una lapide di Settimio Severo, cavate dal mede-
simo maro, e che restituisco nel modo che segue :
imp ■ ca e s • l ■ septimio
seti ero • pIO ' PErttnaci
aug ■ ar aBlC- À.J)iabenic
parthic mA.XlìÌ- Ponti
P » e t ■ m o X'iriòun ■ pot
XVII ■ iMP xii •cos-iii'p.p. diui
MABCI ■ AN(onint • german
SABM'FIL-DIui ■ commodi ■ f rat ri
THulXStonìni • pU • nepO T ■ D I V I
AaDB ■ Vronepot ■ diui • (BAI ■ PAET
aft N E Fot- diui ■ net-uae A D N E P
cohlPraetoriap •wd-nm'q-eiuS '
Siffatta epigr{»fe, scritta a caratteri belli e larghi di grandezza
decrescente verso la parte inferiore, riporterebbe il primo mo-
numento all'anno 209 dell'era volgare; e se rettamente ne ho
supplito l'ultima riga con eoh{brsJ fprimaj p\raetoria pfiaj
ufindewj, dfevotaj iyumini_j mf'aiestatij qfuej eiu^, esso dalla
prima coorte de' pretoriani sarebbesi eretto all'imperator Set-
timio Severo. Questo, coiiie è ben noto, avendo sciolto le coorti
pretorie al principio del suo impero, le riorganizzò poco dopo,
trasferendovi militi tolti indistintamente in tutte le legioni,
riempiendo la capitale d'un accozzaglia dì soldatesche d'ogni
generazione, selvagge d'aspetto, di terribile favella e di costumi
incolti e villani (Dio 74, 2, cf. Ann. d'Inst. arch. 1864 p. 19).
Ed infatti, se confrontiamo ora le reliquie del monumento, di
cui stiamo discorrendo, ritroveremo confermato anche da queste
hyGoogle
ABCHBOLOaiGÀ UUNICIPALB.
63
il detto di Dione, mentre ricorrono in esse fra gli altri i nomi
di città delle provincie più rimote e meno civilizzate dell'im-
pero romano.
I
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. ... AV MAKCELLYS-SATAK
«...oiTOKlVSSETEBVS AVQVS
. . .oiAEOI'BFIBMV S CELEIA
S.jemPKONIVSPElIX CABTH
....MITAK NIOOM
...KrVSRVTV SNICOM
...YSMENo'Bl'S CILICI
.cioDIVSSEBENTS TBAIAN
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..sePTIMPVLADES NICOM
. .mABl'S M AEIANTAEOEIA
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BULLETTINO DELLA COMMISSIONE
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XXIII
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. . I.LAVDIANVS
NIYSIVUANVs .■-...
XXIV
. canDIDVS
. . . ENTI
. . . "■EMOGio(?)
. . . .LLVSOArtfe(?)
Se ora prendiamo in considerazione le città di cui pro-
fessansi nativi i soldati registrati ne' frammenti aopra proposti,
troviamo nelle proviucie asiatiche mentovate Anazarbus della
Cilicia (IV, 2- 3); Ancyi-a della Galazia (I a 17); Caesi^areaJ
PrfimaJ, se bene intendo le sigle relative (VIII 7, cf. Porbiger
Geogr. 2 p. 699) , CapUoUna , ossia Gerusalemme colonizzata
(IV 4), e Gadara (I a 10. IV 5) della Palestina ; Heliopolis
della Siria (IV 1); Masaca della Cappadocia (VII 6. 8); Nico-
medio della Bitinia (I o 6. 7. 11. 23. 25. V 2. 9); Slraonicea
della Caria (Vili 6), Trìpolis sia di Fenicia, sia di Frigia o
Ponto (Vili, 5); alle quali s'aggiunge senza menzione della
cittii precìsa la provincia . della Cilicia (I a 8). Spesso vien
mentovata Caesarea (I a 21. 22- 21; IV 10. 15; V 5. 7. 10;
VII 7. 9), ma non può decidersi, quale delle varie città di tal '
nome debba intendersi , quantunque in favore della capitale
della Mauretania cosariense sembri possa addursi il gran nu-
mero de' soldati qualificati come nativi di essa. Ugualmente
resta incerto , quale città vengaci indicata col nome di Piolo-
mais (IV 14). Dell'Africa proconsolare vengono citate Carthago
•dhyGoogle
72 BULLETTINO DELLA COUUISStOHB
(I o 5; XXIV, 4?) e Thusdrus (IV 13); della Numidia Amme-
dera (V 6), Cuta (V 8; VI a 10), Sicca (VI a 1), 7ftom«ff(W
{VI (I 6) e Thebeste (VI o 5). /liexffl^idria dell'Egitto può esser
commemorata nel frammeato XXII 3. Nell'Europa troviamo
Anchialus (I o 18; IV 18; VII, 2), Berot (VII 3, scritta per
errore Beèoè) , Scì-dica (VIII 8) , TraianofoUs (1 a 9) della
Tracia, alle quali uon so se debba aggiungersi auche Hadria-
nopolis, dalle lettere Hadri nel framm. VI a 4; Atigusta, come
sembra (I a 3; Vili 2, cf. Porbiger 3 p. 1095) e Duroslorum
(IV 11. 12. 17) della Mesia inferiore, Raliaria (IV 19. 23;
VII, 4) e Scupi (I a 1. 16. 31; IV 8. 20; VII 5) della supe-
riore; Sermizegelkusa (VI a 2) della Dacia; Salonar (I a 26)
della Dalmazia; Aquincum (Vili 4), Cibalis (I a 13), Mv-rsa
(I o 27), Sirmium (IV 7; VI a 3. 7; XXIII 2) della Pannonia
inferiore, della superiore Carnurdum (I a 29), Petovio (IV 21)
Poetavio (Vili 1), Savana (l a 2 14. 19; IV 6; VI a 8;
XIX 2; XXII 2?), Siscia (IV 9; VI a 9; Vili, 9), qui in luogo
di Flavia e Septimia (cf. C. I. L. 3 p. 501) chiamata Aelia:
finalmente, come pare, dulia Gallia Varceia (I a 12), se questa
città può credersi identica con Varcia de' Lingonì. In quelle
Provincie all'incontro, dalle quali prima suole fano reclutarsi i
pretoriani (cf. Dio 74, 2), non troviamo menzionate se non che
Celeia (I a 4, e forse Vili 3) ed Aelia Solva (IV 16, ordina-
riamente designata come Pluvia, cf. C. I. L. 3 p. 649. 656)
del Norico, Lucus AugvisU (I-a 30) della Spc^a, prescindendo
dall'Italia, a cui foi'se spettano le lettere Lep (XIX 1) , se a
ragione esse si restituiscono in Lepidum Regium, nonché l'ab-
breviata parola Qutri (I a 28) che potrebbe ritenersi per la
tribb Qttirina '.
< Beetano due città che confesso di non aTer trovato altrave men'
lionate, e sono Hadr. Manpsvt (IV 22) e Mogium (I a 15. 2il; V 3. 4;
^IV 3 ?), se non pei arventara questo )ia da rifeiirai n Mogelìana della
Pannonia superiore.
dbjGoogle
AKCHEOLOaiOA MUNICIPALE. 73
BiescoQo adunque interessanti ì nuovi frammenti, in quanto
che aLch'essi confermano quel che cì narra DÌon« sulla com-
posizione delle coorti pretorie nell'età di Settimio Severo; giac-
ché a tanti militi nativi delle provìncie pib remote appena
cinque oppongonsi che provengano da paesi, da' quali orìgina-
Hamente quella truppa suoleva esser reclutata.
In quanto agli uffizj ascritti ad una parte de' nomi regi-
strati, mi sia lecito di far osservare che la sigla EC nel n. I a 4
non può easer che abaglio del quadratario, dovendo serivervisi
VfiseiJ (YuratorJ. Koti eono poi il B,''eneJ VficiariusJ 'I!'R,''ibumJ,
BVCfinalorì, CkUf'pìdoctorJ . GOB^niculariusJ , Eft'uc*;,
EV-'ocofiwy' , O.ptioJ OP.'ìfo; fcent^iTionisJ , SlO^nifeì-J,
SPi'eculatoì-J, TES,<scr(n-ius;. mentre nel mutilato ..L del fram-
mento VI 6 6 può supporsi un hal(neari'us} , troppo ristretto
essendo Io spazio per ammettere il supplemento vexiUarius. —
Fra' nomi mi riesce nuovo quello di Menothìtts (I a 8), il qnale
però si scambia lut;e con MiQvs^ia, nume d'una donna nel C.
1. Gr. 8142 (ef. Pape Eigennamen a. v.). — Il nome di Gaius
trovasi come cognome nel fr. II 7, e come gentilizio nel fr. Ili 7.
Non sono poi rari i nomi che per la forma loro indicano l'orì-
gine barbarica delle persone, come sarebbero Dardisa (l a 18),
Dizala (II 3), Mucatra (IV 18; VII 2). ...abulc (V 7)', Inspoves
fVIII 3), Epiela (Viti 8), altri. — Il nome Isaeus usato come
gentilizio (III 8) ricorda il costume di persone estere dì non
sempre cambiar con gentìlizj romani il proprio nome, quando
ricevettero la cittadinanza, ma di ritener piuttosto come gen-
tilizio l'antico loro nome peregrino, aggiungendovi prenome e
cognome ad uso romano. Della qual cosa ho raccolto parecchj
eaempj, tratti da lapidi africane, negli Annali dell'Inst. archeo-
logico 1860 p. 81. Vi si pub paragonare eziandio il cognome
1 Nel frammento VI 6 fl jare leggasi OEV che, se veramente cori si
sta nella lapide, non sembra poter spiegarai se non pei cerUuriae evocatut,
nCBiio peraltro a me non solamente ignoto, ma anche poco intelligibile.
dby Google
74 BULLBTTINO DELLA COMMISSIONE
di Respectus, divenato gentilizio, nel fr. IX 10, come troviamo
la famìglia larmtma nel C, I. L. 3, 1503. 1504 : giacché anche
in questi casi il gentilizio sembra essersi formato da cognomi
di peregrini onorati del diritto dì cittadinanza.
Molto pih frammentate che le reliquie finora discusse, sodo
quelle, di cui ora c'accingiamo a trattare, sìa che infatti ad
un sol monumento si riferiscano, o che abbiano appartenuto a
due piti latereoli. Della qual cosa non sempre Scorto il giu-
dizio, visto lo stato logoro di molte di esse e le discrepanze
quantunque piccole della fonnola adoperata che ora è espressa
con DOM, ora con D semplice, ammettendo talvolta anche la
preposizione A o AB invece di quella. Il carattere intanto della
scrittura abbastanza trascurata le riporta senza fallo al secolo
terzo; 11 perchb non ho creduto d' errare , conginngendole col
seguente frammento che dando alle coorti pretorie il cognome
d' Àntomniane, spetta eertamente ad età posteriore a Settimio,
noto essendo che non prima di Caracalta le milìzie principiano
da ornarsi di cognomi tratti da' nomi degli imperatori regnanti
(cf. Borghesi oei*wes 4 p. 295). Vero è che la forma delle let-
tere nel frammento testb accennate diversifica essenzialmente
da quella ovvia in quegli anteriormente menzionati : ma con-
vien riflettere che il primo appartiene manifestamente alla parte
principale del monumento che ne conteneva la dedicazione, né
può quindi recar maraviglia il vedervi lettere eseguite con cura
maggiore e di forme pih regolari. Jt che ammesso, non sono
neppur alieno dall' attribuire a quella stessa dedicazione anche
i segnenti frammentini estratti dal medesimo muro, e senza
dubbio spettanti a Caracalla:
impca E S ■ M ■ aurelio
anion I N O'Pt'o 'feliC i ■ aug
parthiC-UAXlmo ■ pONTI/"
maxima cet.
dby Google
ARCHEOLOaiCA UUNICIP&LE. 75
IL frammento poi sopra accennato mostra questa ÌBCrìzione :
. . . ZcOH- VIIPEANTp-«
.7coAVII-PR-ANfPV
. . . .7C0HVIPRA.NTPV
..Jcuh...! . PRAET ■ ANT ■ PV
. . . .ZCOHn-PRANTPV
.... 700HIIIIPRANTPV
e con esso sembrano combinarsi i frammenti seguenti:
...C H... ...A R . . .
...ZERMI... ?roM-7CO/i...
...C EOM ■ 7 ■ COH ■ l 0. . . .
Notevole si è ohe le lettere PR nel primo di questi fram-
menti , segnate da me con puntini sottopostivi , sono tutte a
bella posta cancellate , quantunque ne rimangano visibili le
traccie : ed è questo, se non m' inganno, il primo ed unico esem-
pio di cancellazione usata in lapidi dì pretoriani. Nondimeno
una tal misura spiegasi facilmente, se ci ricordiamo che dopo
la sconfitta di Massenzio Costantino abolì le coorti pretori'
(cf. Aur. Vict. de Caess. 40; Zosimus 2, 17); giaccliÈ è mol'
probabile che allora, non volendosi distruggere l' intiero mor
mento dedicato ad un imperatore, se ne sia tolto almeno l'odi
nome de' pretoriani, benché lasciando intatta, l'onorata app
zione d' Antoniniane. In simii guisa nelle lapidi numidiche
legione terza Augusta, a cagion della parte eh' essa avea
nella soppressione del sollevamento de' due Gordiani, f
Gordiano III cancellato il nome di legio ITI, rispettand
di Augusta (cf. Ann, d' Inst. arch. 1860 p. 58 segg).
DigitizedbyL.lOOQlC
76 BULUTTINO DELLA COVHISSIONB
Teoiamo agli altri frammenti , priDCÌpiaodo da quei che
fanno menzione di centrine, e se in essi qua e I& trovasi non
cancellato il nome di VSaetorìa, cid non può impedirne l'at-
tribuzione al medesimo monumento, attesoché certamente non
spettavano al Iato principale di esso.
N MAVEIVl
co* . YPB > C
7 PIÌOCVLI
7 SATVENINI
coft'-PRZ MAECl
..KINS DNAP
..IVS DBASS
..doU PETOV
..1 D..
..ARN 7 M..
..IF DOM,.
..ADIOISPDOM...
..INTIF DOM..
..VKAV NIFD..
.. VVB DI08KN DO TITOPOPOBI
..ELP D SISEPP
..ATBFDSEED
..7ASTEBIANI
../CEBEDC4BN
..ALESI
..D MrB8
DigitizedbyV-lOOQlC
ABCBEOLOgiCA MUNICIPALE.
..TIB D.,
..AlEKIANVS....
..cOH Villi Prp-«
..I BESTITVT«« dom Slscto
..AQATHOOLES D EPEso
..ENAEVS D ALBAN..
..STAGONT FAVI..
..''lOKVS D\ ...
..SoIV..
..S DAQ..
..TI
..DTI MIN
..TICAZIN
:.fióM;.
..IANT3 DOM CAP..
..'LIVS SILANVS DOm...
.,^cALvssl^..
.."* DEXTEr
..AVAIE^..
..DOM • PETouiorw
.jiOM • MVrio
dbjGoOgle
BDLLETTIKO DELLA COHHISSIONR ,
..NI
..POKTVL.
..•«TK • VI..
..I S F II-..
../IFILDOm...
..BISPIA..
..PTTLA..
..1Q^..
..D M..
..D I»
..0 N..
..M P F S 0..
..k r D M A..
..ATQPIVLSEC.
..iPDKAMAXIA..
..EAUMOPPOl...
..'J I S..
....tliosCOBIDES D SGRD
....priMITIVVS DNAIS
..MIA NI..
iizodtvGoOglc
ARCHKOLOOICA MUNICIPALE.
..K^miA...
..lABCALLLA... sic vid.
..>JOrDHONOSi'..
..lIE • QPDTEBTITSHA..
..IINIPOAMPP,.
..BAIEXAN..
..VIMV..
..A..
..ABiM..
..IO ■ SEY..
..lABPA..
..AVB/ ..
TE...
..AVE..
..ICToMIlSAVEVI..
..nivivs..
..DIDIM..
...fLosmru...
..MIMI..
..A DATVS TV..
..MPAPIBMFFEH»...
. MABOIANVS D B..
..ESTHENESDSV7..
..jPPTIMIVS da..
dbjGoogle
BULLETTINO DELLA C0HHISS10KK
t
.1 D.,
..HKBC.
..IVB Q i..
.AAVKH..
..ITI • AVB..
..TITINIT/..
..IISLL..
..IPSEV..
.. 'ITSp-
..KIS..
u i T B..
JlLVANuj
..M V S..
..locTicr..
..TATI V.J TB..
..T A 1 1 A N T..
1 frammenti sopra proposti Bono troppo esigui e troppo
logori per ammettere uoa restituzioao, e per la maggior parte
dtiGoOglc
ABCSEOLOaiGA HUNIGIPALE. 81
rimangOQO oscuri eziandio ì nomi in essi segnati. Noteremo
intanto che nel fr. b i paesi menzionati sodo Nafoca della
Dacia, Bassiana della Pannonia inferiore (C. I. L. 3 p. 417),
Petovio Poelovio della superiore. — Nel fr. e, e ne' segnenti
la sigla F non pnò esser se non Fthw, come testifica pnran-
che il FIL nel fr. k; ma voglia osservarsi che non sempre
vien citato il nome paterno, né collocato sempre nel posto me-
desimo; imperocché mentre per lo piii viene coatro l'uso co-
mane posto dopo il cognome, in altri frammenti egli lo precede
(cf. p. e. fr. A). — Le lettere ASN nel fr. e debbono forse
restituirsi in Camuntuin, mentovato nel fr. d con la nota CABN.
Nel medesimo troviamo Serdica della Tracia, nh so se nel v. 2
si possa senza temerità pensare a SI3cta della Pannonia supe-
riore, nelle lettere GPP riconoscendo forse lo sbagliato cognome
di sEPtimia, laddove le lettere MTBS dell' ultimo verso pos-
sono forse identificarsi con Mursa della Pannonia inferiore. Al-
l' incontro restami afiatto oscuro, quale possa essere la patria
dell'Aurelio Diogene d^la prima riga, non essendomi noti nh
una TUopolis, ni un Titoporos, al quale forse potrebbe pen-
sarsi, supponendo raddoppiata per isbaglio la sillaba ^m e ri-
cordandosi del fiume TUus della Dalmazia mentovato da Plinio
e Tolomeo. — Nel fr. f non h se non per eonghiettura che
ammisi Siseia ed Efeso, e nel v. 4 non so se debba leggersi
Titi filius a Vi , ss, ommesse la nota DOM e quella
del nome paterno, le le^re FAVI si riferiscano a Faviana
ossia Fafiana del Norico {C. l L. 3 p. 687). — Nel fr. g è
non dubbiosa nel v. 2 la menzione di Aquincum della Panno-
nia inferiore, e nel v. 5 forse dovrà riconoscerai un vicus
Aiin ..... noto essendo che nelle regioni mezzo barbare del
Danubio spesso vengono ricordati i vici. Nel v. 4, benché sem-
bri essermi scritto VLMIN , non esito di pensare a Vimina-
ciwm della Mesia superiore. — Nel v. 2 del fr. A preferirei
di leggere CapUdina o CapUolias della Palestina, anziché Ca^a
che spontaneamente pare offrirsi, ma che difficilmente nell'età.
•dhyGoogle
82 BULLBTTINO DBLU COMMISSIONE
di cui si tratta, avrà farnito molti soldati alla milizia. — Nel
&. m BembraDo esser nomioati nel t. 1 un M. f. Fro
e nell'ultimo un . . Ramm,'^iusj C. f. Pòm/'ptinaJ ma
quali paesi siano indicati ne'vv. 2. 3. 4, noi so, benché nel t. 3
debba supporsì menzionata una colonia Giulia. — Al contrario
si riconoscono nel fr. n facilmente Serdica della Tracia e Naissus
della Mesia superiore. — Singolarmente confusa apparisce la
nomenclatura ne'vv. 3 e 4 del fr. o, ne' quali la sigla A'O'ntV
quasi a guisa delle tribii antiche s' inserisce fra nome paterno
e cognome, facendo in ultimo seguire il nome della patria. La
qnale ne'vv. 2 e 6 vien significata mediante la preposizione AB,
mentre il v. 5 non mi riesce intelligibile affatto. — Taccio
degli altri frammenti che non offrono nulla di rimarchevole,
ed aggiungo in ultimo i seguenti pezzetti che per esser rin-
venuti insieme co' precedenti e per la scrittura simile forse po-
tranno giudicarsi aver appartenuto al medesimo monumento:
..AYK..
.■uTO IVY..
..IBL LOLLC.
..C AVE BASSI..
..IVL MAE..
..TV AVE AEVI..
..E 5=7
..AX.. ..ri-iv..
IFEBO
..ti ..VR..
SCMEN^
..M
5f..
..CENT •..
..0 S I a h..
e eh
IPEPo
7L0D..
dbjGoogIc
ABCHBOLOGICA MUNICIPALE.
Furono parìmeuti estratti dal medesimo muro i seguenti
pezzetti, i quali però non sembrano appartenere ad uno de'mo-
numenti, di cui finora abbiamo parlato :
E
..laVLLu.. ..II...
..0 l.. ..EIA..
POMPEION.. ..COHl.
..KT NONIO.. ..EOO..
.0 H.. S V M..
.■B C. ..SEVE E.
..ONI^..
W.
Hbmzen
Prima di chiudere quest' importante paragrafo ci ò duopo
ritornare alla fistula aquaria recante il nome di Vezzio Agorìo
Pretestato. Ignorandosi qua! foase la lunghezza primitiva della
condottura privata , potrebbe sembrare strano 1' aver noi col-
locato presso il sito della sua scoperta la casa, o il giardino
di quel peraonaggio. Senonchè considerando che quel tratto è
circondato tutt' attorno da numerosi spechi di acquedotti, fomiti
dei loro bottini o lumina, (quale h p. e. quello segnato in
pianta lett. e) h ovvio il supporre che la diramazione privata
non fosse di soverchia lunghezza: molto più che 'la 'fistola
attraversava le pareti di una parte dell' edifizio indicato col
n." 13 , il quale per conseguenza dovrà credersi appartenere
al personaggio di cut la fistola medesima reca il nome. Quanto
alla PATLINÀ mentovata due volte , insieme all' indicazione
delle quarantaquattro quinarie , ella h certamente la Fabia
Àconia Paulina, moglie di Preteststo '; ma toma difBcile rendere
ragione delle due lettere che ne precedono il Dome. Alla par-
> Oielli 2861 > Donkt. 72, 2.
dby Google
84 BULLBTTINO DELLA COHUISSIONE
tìcella congiuntiTa ET ò impossibile pensare, poiché il coq-
fronto dei due esemplari, che compiono la forma della prima
lettera indica questa per una F. Ma 1' asta che segue non
potendo assegnarsi ad uq A, come richiederebbe il gentilizio
della dama, Fabia, né credersi un interpunzione, ci asteniamo
pel momento dal risolvere la quistione.
33. Ba>§;ni di IN'era.zio Oerialo. Gli avanzi
dei bagni di Nerazio Ceriale, console nel 358 dell'era volgare '
furono rinvenuti nel primo semestre 1873 nell' isola formata
dalle vie Cavour, Farini, Manin, e dalla piazza di s. M. Maggiore;
da noi, indicata col n." 19. - Le condizioni di così importante
trovamento furono in singolar guisa avverse ai desideri della
Commissione - che avrebbe voluto estendere in quel sito le sue
ricerche - non solo per l'enorme ìunalzamento del suolo moderno
sull'antico, che in alcuni punti raggiunge, ed oltrepassa gli 11
metri ; ma per gli ostacoli ancora e le esorbitanti pretese
opposte alla Commissione medesima dai costruttori del nuovo
fabbricato.
Il primo indìzio dell'importanza e ricchezza del luogo ne
fu dato il giorno 15' febbraio , con la scoperta di un erma
rappresentante Bacco barbato, alta m. 0. 31 , di buon lavoro
e di perfetta conservazione. Ma il giorno 27 dell' istesso mese,
cavandosi per le fondamenta di un muro maestro , nel luogo
distinto con la lettera a, tornò in luce al gran copia di
monumenti figurati da vincere di gran lunga l' aspettazione
concepita per la scoperta dell' erma mentovata di sopra. Cia-
scheduna delle opere d'arte rinvenuta in quel giorno meriterebbe
speciale illustrazione : ma i limiti del nostro articolo ci
costringono a publicarne il solo catalogo. Prime ad apparire,
fì^ le rovine cadute dalla parte piìi elevata dell'edificio,* furono
tre Cariatidi a doppia faccia, finamente scolpite in rosso antico
dby Google
ABCHEOLOGICA UDNICIPALE.
alla maniera arcaica. Due sono acefale, e man^
piede : la migliore e la più conservata misnra m
ed ha gli occhi riportati di smalto dorato: le
e strette alla vita sollevano con gentile movei
tnnica. Questo motivo o partito è solenne in
di scolture decorative, e molte altre repliche ne S(
raccolte in varii punti dell' G^quilino. Fres
Cariatidi giacevano: una statua di bambino se
cagnoletto, ritratto dal vero con somma natui
perfetta imitazione delle forme infantili - an'
giovinetto , seduto sul tallone sinistro , men
stringono il ginocchio deatro - una terza stat
acefala dì fanciullo interamente avvolto nel pa
di fanciullo ricciuto, e sorridente - un framm'
leonina in bronzo , avanzo forse di statua cole
- una candeliera o pilastrino rettangolare, coi
e le grossezze ornate di gentili fogliami - circt
di cornice in rosso antico - oltre ad infiniti
colonne in giallo e nero antico.
Il giorno 9 aprile, essendo giunti i lavori
nel punto indicato con la lettera d , si scopri al
profondità di m. 10. 30 l' angolo di una sala
di lastre di cipollino. Appoggiata ad una delle
una base di m. 1,33 X 0. 80 X 0. 59 orni
modanature del IT* secolo e contenente nella
iscrizione
NAERATIVS
CEBEALIS-V-C
CONS ■ OKD
CONDITOK
BALNEAKVM
CENSVIT
rzcdhvGoOgle
86 BULLETTINO DELLA COUUISSIOME
Dai lati del piedistallo sembrano essere stati abrasi alcuni
emblemi, forse la patera ed il sìmpulo : su quello a destra si
legge quest'ignoto nome, rozzamente graffito
DIONISIVS (sic)
SALSABIT8
La base di Nerazio Cenale appartiene ad una numerosa
Eamiglia di identici monumenti, i quali b agevole il credere
fosser disposti da ambo i lati delle porte d'ingresso alle torme,
ovvero sostenessero statue nelle sale principali. Una base con-
simile è descritta dal princ. Massimo nella sua monografia ' degli
ortiPeretti siccome esìstente nel cortile del palazzo Rospigliosi:
nna terza ^ tuttavia conservata presso il casino superiore di
detti orti a capo della via Strozzi - Due altre poi leggonsi
presso il Clrutero * e furono dedicate 1' una ali* edificatore dei
bs^i , l'altra a suo figlio Nerazio Scopio da nn Curzio Satrio
che si qualifica per NVTRtTOB di quest' ultimo.
È merito singolare delle nostre ricerche l'avere finalmente
rivelato il luogo della provegnenza di quel gruppo di monumenti,
ossia la posizione dei bagni Nerazlanì presso il termine del
vico Fatricio, ove erao altresì quelli di Nevato. Egli è probabile
che l'abitazione urbana dei Kerazii fosse attigna ai bagni ; e
ne abbiamo indìzio del seguente frammento di iscrizione dedi-
catoria , da noi rinvenuto affisso ad una parete , il giorno
13 aprile, nel punto segnato con la lettera e.
V...AB-ADFECTIONTS-EBGA ■ REmPVBLIC.ÌM: SICVT ■ LVDVH
QLADIITORIVM ■ OMNt ■ IMPENSA ■ SVA ItA SPOLURIVM
A FVNDAMENTIS ■ EXTRVCTVM • ORNATVMQVE PEONITORE
CIVITATI9 ■ REI ■ PVBLICAE ■ DONO ■ DEDIT
La lastra scorniciata, rotta in 25 pezzi, misura m. 1,72
X 0. 33. È notevole l'analogia del testo con quello dell'epigrafe
< VilU Uonimo p. 136.
« 44h 3, 6.
dby Google
ARCHEOLOGICA MUNICIPALE. 87
prenestìna di Oneo Voeso Apro , cui i decurioni postulante
populo dedicarono nna statua QVOT .... LVDVM ... GLA.DIA-
TOEIVM ET SPOLUR ■ SOLO EMPTO SVA PECVNIA
EXTRVCTVM PVBLICE OPTVLERIT '. Veggasi, per ciò che
riguarda Io spoliarium, quanto eruditamente ne ragiona il Lìpsio
nei Saturnali *. Non possiamo non lamentare la perdita della
parte superiore dell' iscrizione , ove era certamente indicato il
nome della cittÀ, cui un Nerazìo avea fatto dono del ludo. Ma
considerando che la casa dei Nerazii fu onginaria di Sepino
nel Sannìo *; che quivi possedevano considerevoli beni, dei quali
fanno menzione tanto la tavola alimentaria bebiana, quanto le
memorie dei loro villici *; e che vi esercitarono il patronato
almeno fino all'anno 352, come attestano numerose iscrizioni delle
quali può consultarsi il testo presso il Mommsen ', non parrà
improbabile che la nostra memoria fosse dedicata dai Sepinati.
Nell'anno 352 in cui Nerazio Ceriale amministrò la prefettura
urbana , em patrono del municipio un Nerazio Costante o
Costantino *. Saremmo tentati di riconoscere in questo personaggio
1' edificatore del ludo gladiatorio e dello spogliarlo, se non vi
si opponesse la paleografìa del monumento, di molto anteriore
al secolo IV, e la poca probabilità di siffatte costruzioni in
epoca in cui gli spettacoli gladiatori! volgevano rapidamente a
termine. Nel marmo testé scoperto presso s M. Maggiore,
mancaBdo qualunque cenno a conjessione di luogo pubblico, è
OTvio il supporre che fosse quello stato collocato in area privata,
cioò nell'abitazione urbana di queir illustre famiglia.
Un'altra serie importante di scolture fu rinvenuta il giorno
20 maggio nel luogo distinto con la lettera b. Citiamo a
preferenza : un' elegante statua virile ignuda forse di un efebo
t Grnt. 489. 12 - Orell 2532.
> I. 13.
• cf. Plinio: m. 17, 12 - Tolom. IH. 1 - Livio X, 44, 45.
1 cf. BorgheBi : (kuiire» V. 357.
' I. N. Saepinum.
'' cf. Carnicci. Storia (f Isernia p. 84 - MommBen. L e. d. 4926.
dbjGoogle
8S BULLETTiNO DELLA COMMISSIONE
mancante della sola t«sta, ed alta m. 1. 44 - un torsetto di
Venere Anadiomène - simile di statuina virile ignuda - una
testa di Venere 1:0» acconciatura rilevata e spartita sulla fronte
- un piede di candelabro in bronzo, alto m. 0. 18, perfetta-
mente conservato , e composto di tre zampe leonine, divise
da fogliami - una statuetta della Fortuna in bronzo alta
m. 0- 075 • un manico di lebete, caldaio in bronzo - un
nascimento di candeliera in commesso di marmi fini ( opits
sedile marmoreum) - una ricca serie di bilancette, cucchi^,
spilli, campanelli, lucerne fittili, abbeveratoi, tazze aretine ee.
e n.<* 63 monete, cinque delle quali spettanti a Nerone, Adriano,
Antonino Pio, Aureliano, Probo, le altre tutte dei secoli IV°, e V."
Fra le lucerne fittili merita speciale menzione una dì quelle
cbe solevansi mandare in dono nei Saturnali, con rilievo rap-
presentante la Vittoria sorreggente un clipeo, su cui ò scritto
ANNV » NOVM (sic) FA . VSTVM FB > LICBM - un'al-
tra col sigillo Y. - Delle tazze dette aretine , una , rotta tu
sette frammenti da ricomporsi, ha il nome MEBN scritto a
rilievo nel giro esterno : una seconda il nome MAXI » MTS:
una terza DABD > AKVS e graffitto sul fondo AKTA/ - ana
quarta le lettere NYK parimente graffite.
Dei bagni istessi e della loro disposizione nulla possìam
dire. Le vestigia dei muri scoperti qua a là, e da noi disegnati
negli angusti e profondi cavi di fondamento, son troppo meschina
cosa per poterne trarre gli elementi di una restituzione archi-
tettonica. L'edifizio era costruito a differenti piani sulla pendice
del monte, la quale dichina con sì rapido pendio, che fra
l'angolo S. 0. e quello N. E. dell'isola la differenza del livello
de] snolo vergine oltrepassa i 17 metri. Lo stile ed il sistema
generale della costruzione la fai-ebbe ascrivere alla prima metà
del secolo quarto, alla quale epoca spetta l' impronta figulina
fl(80l10«'10 (oflìcfTW s, (?) sofforiana iobia {iovia) da noi
rinvenuta in gran copia fra quelle rovine.
B. L.
DigitizedbyL.lOOQlC
DigitizedbyL.lOOQlC
DigitizedbyL.lOOQlC
AECHEOLOQICA UDNICIPALB.
FR&MXENTO DI RILIEVO
BAPPKESSNT1KT£ LÀ KASGITA DI BACCO
L'erudito frammento di antico rilievo che tolgo brevemente
ad ììluatrare fu ricuperato in occasione che demotivasi sull'alto
dell'Esquilino, dalla parte della tribuna della basilica Liberiana,
la casa poa'iia in angolo fra la piazza che da quella tribuna
prende il nome, e )a via detta di S. Maria Maggiore; quella
essa in cui trovavasi la osteria denominata del cocchio, dall'an-
tico e grande olmo che ne ombreggiava l'entrata.
Questo pezzo di marmo era stato ivi adoperato come aca-
lino all'esterno della porta di quella osteria; ed essendovi stato
posto col rilievo al disotto , gli operat che demolivano, punto
non sospettando che potesse quello essere figurato , lo spezza-
rono a colpi di mazza per distaccarlo dalla costruzione. Avver-
tasi tuttavia, che anche quando vi fu posto era già il marmo
pib che dimezzato, e non contenea che una parte estrema del-
l'argomento, il quale in orìgine vi era stato scolpito. Del resto,
niuno dei pezzi essendo andato smarrito, si poterono questi ri-
commettere, e ci diedero quella rappresentanza, che da noi si
esibisce alla tav. I n. 3: rappresentanza che per la sua rarità
si rende interessante e pregevole, anche nello stato in cui ci è
-pervenuta. Il frammento di lastra marmorea in cui è scolpita
misura in altezza m. 1.20, ed h questa l'altezza totale del mo-
numento ; mentre il massimo della sua larghezza h di m. 0.50,
sendo cotesta la parte da cui manca il rilievo.
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90 BVLLBniKO DBLLA COUHISSIOHB
Ti si vede la metà iaferiore di uoa figura sedente, rotta
da dritta a sinistra, colla gamba destra nuda e l'altra panneg-
giata. Il suo piede sinistro h posato sopra di un globo. Di-
nanzi sta in piedi, rivolta nel senso opposto, ana figura di giome
donna, vestita di doppia tunica spartana, e\oh, priva di maniche
ed aperta lunghesso i fianchi. La donna è tutta intesa ad ap-
porre una fasciatura alla coscia dritta della persona seduta, al-
quanto superiormente al ginocchio. Colla mano sinistra essa '
tiene la estremità di una fascia orlata di frange, e colla dritta
la viene svolgendo, ed avvolgendo intorno alla parte che dee
credersi ofièsa. Frattanto il personaggio assiso posa un braccio
sulla spalla della pietosa medicatrice, quasi a cercare un sol-
lievo al dolore end' è travagliato. Le proporzioni e le forme
palesano espressamente che questa figura è virile.
Kon fa mestieri di molta perìzia nella greca mitologia e
nelle antichità figurate per avvedersi che qui si tratta di sog-
getto allusivo al decantato nascimento del Bacco tebano dal
femore di Giove.
Semole figlia di Cadmo , amata da Qiove e da lui resa
madre, a suggestione della gelosa Giunone osb pretendere di
contemplare il re dei numi nella pienezza della sua maestà,
circonfuso della luce del fulmine. Investita dall' eteree vampe
la infelice morì , e sprigioni) morendo la immatura prole, che
sarebbe anch'essa perita, se la Terra con foglie di edera non
le avesse fatto schermo dalle fiamme divoratrici : indi raccolta,
da Giove nel femore paterno, aggiunse il termine da natura
prescrìtto, e il pargoletto Bacco fu- dato nuovamente alla luce.
Allora Ilizia ed altre dee prestarono a Giove quegli afiict, che
da Plinio furono detti obstetricia dearum.
Gli eruditi che indagarono il senso fisiologico di questa
favola rinvennero, che la persona di Semole sembra essere un
adombramento del grembo della terra, che inturgidisce al soffio
dei nuovi Zeffiri. Essa è amata e fecondata da Giove , il dìo
delle pioggìe equinoziali di primavera, ma dio puraache del
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ABCHEOLOaiCA MUNICIPALE. 91
fuoco etereo, di cui nella folgore porta il segnale. Il grembo
della terra h riarso ed esausto da quelle fiamme; ma produce
frattanto il frutto della vite, che ombreggiato dall'edera e re-
fìrigerato dalle nuvole piovose — cui adombra il femore, ossia la
rirtb generativa di Giove — viene a perfetta maturità, e di-
venta il conforto e l'allegria dei mortali '.
Fra le varie teogonie le quali esercitarono l' ingegno e la
mano degli artefici antichi, questa che riguarda il tebano Bacco
è una di quelle che furono a preferenza trattate. Essa ci oc-
corre in pitture, in rilievi, negli specchi etruschi, nei v^si di-
pinti , in ornamenti di preziosi metalli *. Yaria n' h in tutte,
queste opere d'arte la composi7,ione, e diverse ne sono le cir-
costanze , giusta la varia indole del monumento, e secondochè
l'artista prendeva ad esprimere questo o quel momento del-
l'azione, una od un'altra tradizione del mito. Due de'pih nobili
monumenti di tal soggetto furono illustrati da Ennio Quirino
Visconti, e sono: l'insigne rilievo del museo vaticano esistente
nella sala ettagona detta delle Muse (n. 493), e la patera di
bronzo, che dalla domestica della famiglia nostra passò nella
vasta e nobilissima collezione borgiana in VsUetri *.
Con tuttociò negli antichi marmi figurati, che il tempo ha
in tutto, od in parte risparmiato, l'argomento della nascita di
Bacco non h pr.nto frequente ; ed a me non sovvengono che i
Begnenti, alcuno dei quali neanche può dirsi che ritr^ga esat-
tamente il soggetto medesimo.
1. Il superbo cratere marmoreo del museo di Napoli, gi&
conosciuta sotto il nome di Battisterio di Gaeta, opera dì Sai-
pione ateniese. Presenta questo una delle pììi notabili composi-
zioni che riferiscano al cielo dionisiaco ed alla nascita di Bacco'.
' Preller griech. mylh. I. 414. Welcker gnBc\. Gètlerl. I p. 443; Over-
beck griech. Kunslmylh. Zeus, p. 416 eg.
^ MOIlei Band. § 384. 2.
I Marno pio cUm. IV. tav. agg. B. pag. 314 Bgg. ed. di MìL
' Museo Borbon. voi. I. tav. 49; cf. Gerhard tmd FanoFka NeapeU <mt.
Sildv. p. 76.
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92 BOLLETTINO DELLA. COUUISSIONB
2. U grande rilievo Taticano poco sopra menzionato, in cui
bì hanno le figure di Gtiove seduti ; del fanciullo Bacco già
consegnato a Mercurio ; e quelle di Ilizia, di Cerere e di Pro-
serpina '.
3. Una parte anteriore di sarcofago, già del principe Nu-
gent presso Fiume, fotta primieramente conoscere ed interpretata
dal eh. sig. commend. prof. E. WolEf *; e dipoi edita ed illu-
strata da Carlo Lernomant *. Vi si vede , da una parte , la
comparsa di Giove a Semele e la morte di questa; dall' altra,
il padre dei numi nel travaglio del parto, assistito da figura
muliebre alata, interpretata per [lizia; nel mezzo. Mercurio che
porta il neonato Bacco alle Ninfe, sue future nutrici.
4. TJn marmo già in potere del Braun, e da lui stesso
spiegato siccome allusivo alla nascita di lacco dall'anca del se-
condo Dioniso figliuolo di Semele '. Avvertasi che il Panofka
avvisò invece che ritraesse la nascita di Maro , figlio del se-
condo Bacco, ricordata da Euripide '. Presenta la figura di
Bacco imberbe assiso, colla coscia velata da un panno; il nume
h assistito da un Fauno , mentre un altro gli porge il pargo-
letto , e mentre il vecchio Sileno attentamente riguarda quel-
l'evento meiaviglio30.
5. Un rilievo del museo di Parigi , in parte ristaurato,
spiegato da E. Q. Visconti. Bappreseata Gea, che sorgendo fino
quasi alle ginocchia dal seno della terra, porge ad una Ninfa
il Bacco bambino , alla presenza di Giove assiso , e di altra
figura muliebre stante, che si appoggia ad una stele o colonna *.
• Hutto pio ehm. IV tav. XIX. — Non sono tutti d'accoTdo gli ero-
diti intorno alla spiegdiiono delk secoada fignta muliebre, cbc dal mio ìl-
Instre prozio fu tenuta per Proserpina.
I BulUll. dtU'Isltt. di Corrisp. Archtot. 1831 p. 67.
» Annali dvUhl. di C. A. 1833 210 igg.; Mon. voi. I pi. XLV.
'• Ann. dell UHI. di C. A. 1842 p. 21 sgg.; Mon. voi. Ili tav. XXXIX.
» Archiiol. Zeilung 1850 a. 13 bis, p. 342.
* MUlin Gii. MylhoL pi. LIV n. 224; Clirac Musèt de Sculpt. pi. 123
D. 104; Uflller nnd Wieseler Denek. der ali. Kwut U tav. XXXIT. n. 400.
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AacmEOLOoicA hcnicipalb. . 98
6. Un frammento di rilievo del museo di Bonua, spiegato
dal Welcker, che yì ravvisa Uizia in atto di liberare il femore
di Qiove dal nascente Bacco. Vi è conservata di Oiove soltanto
la gamba ed il ginocchio ; qualche parte del bambino, la figura
di Ginnone e quella di Mercurio '.
Seppure a me fosse avvenuto di preterire qualche altro
rilievo esprimente la nascita di Bacco, non verrebbe perciò
molto diminuita la rarità del nostro frammento: tanto pih che
alcuno de' marmi da me ricordati non presenta , siccome , io
diceva, assolata identità dì soggetto.
Frattanto le cose accennate riescono pib che sufficienti a
dichiarare la rappresentanza di cui si tratta. Ravvisa ognuno,
che la figura virile assisa è quella di Qiove. In essa v' ha di
notabile quel globo, su cui egli appoggia il sinistro piede.
Non parmi di avere altrove osservato questo simbolo dell' im-
pero del mondo sotto il pie di quel nume, che riguardato era
appunto come il rettore dell' universo. Senza punto impe-
gnarmi in diligenti ricerche mi limiterò ad allegare in con-
fironto un monumento del museo capitolino, in cui la mede-
sima idea si trova espressa con partito sirailissimo a questo.
Io parlo della insigne ara quadrata, i cui rilievi sono allusivi
alla nascita, alla educazione ed allo esaltamento di Giove *. Il
quarto lato della medesima esprime gli dèi prestanti om^gio
a Giove stesso, che prende possesso dell'impero del cielo. Egli
sta assiso sopra di un trono con suppedaneo ; e al disotto del
trono b scolpito un globo, emblema della signoria dell'universo.
Quanto alla figura muliebre che sta ritta dinanzi a Qiove
e attende a medicarne il fianco , dessa non può spiegarsi che
per una delle dee legatrici, secondo la mitica tradizione: qui anzi
non avendo essa verun particolare attributo che ne determini
il carattere , noi siamo forse autorizzati a chiamarla Ilìzia . la
• Da* akad. Sutubmu su B<mn p. 102 n. 18.
2 Mta. Ctqnlot. IV. t5:S. 7.8., d. 1CUÌD. OK. J^rtAoI. pi. m. D. 7,
164 Ji- V. n. 17, 19.
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94 BULLETTIMO DBLLA. COItlflSSIONE
dea dei Dascìmenti. L'ufficio ch'ella fa d'infasciare la coscia di
Giove taon è privo di qualche riscontro nei monumenti riferì-
bili a questo mito. Evvi nel museo britannico un vaso dipinto,
in cui la teogonia di Bacco è rappresentata cosi ; Giove sta se-
duto sopra un'ara, ed ha la destra coscia stretta da una fascia-
tura. Bulla quale si scorgono ì lacci che servono a tenerla
ferma '. E fra i monumenti spettanti al mito della nascita dì
Minerva abbiamo uno bello specchio prenestino, edito recente-
mente dal eh. Kekule, il quale si rende osservabile per la cir-
costanza, che due donne, distinte dai nomi di Thanr e di
Bhavmva (?) appongono una fasciatura al capo del re de^Ii
dèi, dal quale pur dianzi è uscita fuori Minerva *.
L'una e l'altra particolaritìi del nostro rilievo, cioè, il
globo sotto il piede di Giove, e la dea nell'azione testé indi-
cata, concorrono ad accrescere la rarità del monumento.
Lo stile ed il lavoro del quale sono .mediocri. Lo cre-
derei eseguito circa la fine del secondo secolo dell'era nostra.
Egli ò chiaro che nella sua integrità doveva esibire una com-
posizione assai piii estesa, ritraente senz'altro il seguito della
favola , di cui per la frattura del marmo non abbiamo che il
principio. Probabilmente dopo la figura dì Giove oravi quella
di Uercurìo col neonato Bacco ; e poi quelle delle Ninfe, o di
Sileno, in atto di accogliere il loro alunno divino.
Il sito in cui narrammo che questo frammento fu rinve-
nuto potrebbe far luogo a qualche riflessione topografica.
Il grande rilievo cui appartenne il frammento non sem-
bra suppellettile sepolcrale , ma dovea piuttosto, decorare un
tempio , qualche luogo a tempio attenente. Ora le memorie
topografiche dell'antica Roma ci ricordano appunto sulI'Esqui-
lino il famoso tempio ed il luco di Giunone Lucina, la Ilizia,
dei greci ; nel quale certamente questo marmo , a cagione del
' De Witto Calai. Dwand. n. 68.
« Ann. deU'ht. di G. A. 1873 p. 124-130; Mon. v. VIIIL tàv. LVI.
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ABGHEOLOCICA HUNICIPALE. 95
soggetto rappreseotatovi, sarebbe stato dedicato opportunamente.
Né il luogo che si vuole assegnare a detto tempio sarebbe
gran fatto discosto da qnello donde il marmo proviene. Dopo
la scoperta fattasi nel 1770 presso la salita di S. Lucia in
Selce , cavandosi le fondamenta del monastero delle Paolotte,
di una lapide di travertino, relativa ad un muro edificato presso
il tempio di Oìunone Lucina, il grande Gaetano Marini aveva
opinato, che il tempio suddetto ed il luco di quella dea si
avessero a collocare nel medesimo luogo '. Se non che il Canina
con qualche ragione fece riflettere, che cotesto luogo non ben
corrisponde all' autorevole testimonianza che si ha da Yarrone
intorno alla situazione del tempio di cui sì tratta. Perocché il
romano scrittore lo pone sulla eminenza dell' E.'tquilino detta
monte Cespio, o Cispio, presso il sesto dei sacelli degli Argei
distribuiti nella seconda regione di re Servio Tullio , cioè la
Esquilina *. Ora il monistero delle Paolotte , poco lungi dagli
avanzi delle terme di Trajano , ò posto indubitatamente sul
declivio di queir altro vertice dell' Esquilino, che dimandavasì
monte Oppio, e che dominava il sito delle Carine; e perciò non
poteano , come sembra , il tempio ed il sacro bosco di Lucina
ritrovarsi da quella parte. Egli h perciò che il Canina sospetta
che la lapide surricordata fosse ivi balzata nella rovina del
muro, dove in origine stava inserita ; e propone di situare il
tempio non molto discosto, ma dalla banda opposta della salita
di s. Lucia , laddove corrisponde all'incirca la estremità meri-
dionale dell' orto annesso al monistero delle Filippine ^ luogo
che giacerebbe veramente sul Cespio. — Il Becker per diversa
ragione, cioè per l'andamento che sembra tenesse la sacra pompa,
la quale percorreva i sacelli degli Argei, vorrebbe collocare il
' Itcris. Alb. p. 1 sg
■ Cespiti! moni sexlkeps apud aedem JuTwms Lìicinae, ubi aedUumia
haben solet » Varrò ife Ling. Lai. V, 41; cC Jordan topogr. der Stadi Rom
in Alt. n. p. 602.
■ Itidicat. U^ogr. di hama otU. 1850; p. 1SI.
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96 BULLKTTIKO DBLL^ COUMI^SIONE
tempio di Lacina sull' altura dell' Esquìlino che domina la via
Urbana, ossia l'antico vico Patrizio '. Ma cotesta parte h troppo
lungi dal sito dove fu disseppellita la lapide spettante ai luoghi
sacri di Qiunone Lucina, della quale non ha dubbio che debba
farsi gran conto in cosiffatta ricerca. Laddove la ipotesi del Ca-
nina Don allontanereblie che di 150 piedi all'incirca il sito del
tempio da qr.ello del ritrovamento della iscrizione.
Non so poi se il frammento del rilievo esquilino, dintorno
al quale ci siamo per poco intrattenuti, possa apportare qual-
che nuovo lume sulla enunciata quistione, nel modo istesso che
egli h stato a proposito per ricordarla. Comunque siasi, avverto
che la fabbrica donde fu tolto dista di circa 400 piedi dall'orto
delle Filippine, e non molto piii dal monistero delle Paolotte ;
per guisachè non sarebbe inverisimile, che provenisse in effetto
dalle mine del tempio dì Giunone Lucina.
C. L. V.
L &md. tkr r6m Ali. L p. 536 d. 1128.
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ABCHEOLOGICA HDNICIFALB.
ATTI DELLA GOIQDSSIORE E DON[ RICEVUTI
I ISig. Alessandro CalandreUi, ispettore edilizio, il cui zelo
singolare per le nostre antichità avemmo già pììi di una volta
occasione di encomiare in questo Ballettino, ha fatto dono alla
Commissione degli apografi e delle impronte di tutte le an-
tiche iscrizioni risvenate negli anni 1S42-44, ampliandosi le
fortificazioni di Civitavecchia. Qran parte degli originali sono
ora conservati nell' entrone del palazzo governativo, ove i] lo-
dato Big, Calandrelli li fece affiggere.
Il sig. cav. L. Tocco, Segretario del Comune di Cagliari,
ha fatto grazioso dono di una cospicua raccolta di manoscritti
del defunto suo genitore EGsìo Luigi Tocco, archeologo di chiara
memoria. Nella istessa generosa disposizione sono comprese al-
cune pregiate opere di materia archeologica, o filologica, e qual-
che classico di rara ed antica edizione ; libri tutti già ap-
partenuti alla biblioteca del defunto. La Commissione é lieta
di poterne qui rinnovare al donatore publica testimonianza di
gratitudine.
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98 BULLETTINO DELLA. COHItlSSIONE
La CommìssioDe ha acquistato al prezzo dì lire cento un
manoscritto di Giuseppe Petrìni, già direttore degli scavi di
Ostia a tempo di papa Fio VII. Contiene una esatta e partlco-
lareggiata descrizione di monete, bronzi, intagli, cammei, paste,
lapidi, manni architettonici e scoUnre; quivi rinvenuti dal prin- '
cipio dell' eacavazioni fino a tutto 1" anno 1804.
TjS Commissione ha ricuperato, per cortesia del eh. sig. prof.
Gamiirrini, un importante frammento di lapide, contenente parte
di una epistola diretta ad un collegio, forse venatorie, la quale
sarà divulgata nel venturo fascicolo del BuUettino.
Similmente dal Consigliere Municipale, e membro della Com-
missione medesima, sig. cav. Augusto Castellani, ha avuto in
dono una isciizione sepolcrale giudaica, in rosso antico, in cui
3i fa menzione di una Sinagoga; e la grande lapide di Alcimo
liberto imperiale, divulgata in questo fascicolo del BuUettino.
// Segretario
R. A. L&HCUKi
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ARCHEOLOaiCA UUNICIPALS.
INDICE
delle materie contenate nel presente fascicolo.
Decadi lapidarie capitoline. Decade prima. Parte se-
conda - (Tav. I) sig. Barone Pieteo Ercole Vi-
scoKTi pag. 3-21
/( bisellio captiolino - (Tav. II-IV) sig. cav. Augusto
Castellami » 22-32
Delle scoperte principali avvenute nella prima sona
del nuovo quartiere Esquilino - {Tav. T.VI)
«(/.Rodolfo Lanciami, {con teUera del sig. cav.
prof. G, Henzem » 33-83
Frammento di rilievo rappresentante la nascita di
Bacco - {Tav. I fi." 3) sig. cav. Cablo Lodo-
vico Visconti » 89-96
Atti della Commissione e doni ricevuti - sig. Ro-
dolfo Lancuni » 97-98
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Aprile - Giugno 1874.
ILLUSTBAZIONE D' DN ANTICO PUGILLiRI! IN AVORIO
STATO DI DSO A GALLIENO CONCESSO
SENATORE ROMANO
(Tav. vn. vm)
Se alcuni mìDuti oggetti , che per felice fortuna sì rive-
dono in luce , e già furono parte della personale o della do-
mestica suppellettile degli antichi, sono tanto d^li archeologi
tenuti in pregio, non ò senza giusta cagione.
Sta nei monumenti maggiori splendida e poderosa la prova
della vita dei popoli, del fiorir degrimperì, del supremo e su-
blime imialzarBi degl'ingegni nell' inventare e nell' eseguire le
opere d'ogni arte. Ma nelle minori cose, per la propria condi-
zione loro, si trova una testimonianza pili intima del vivere
antico; e si trova ancora la dimostrazione d'un artistico senso
generalmente diffuso da prevalente civiltà : quando in oggetti
che rilevavano allora sì poco, s'incontra a tal grado e l'eleganza
della forma nell' inventare, e la perfezione del lavoro oell'eBe-
guire.
Dove hanno poi cotesti piccoli oggetti il pili evidente van-
talo, egli h appunto quando vengono » dar chiarezza ai luo-
ghi dei classici autori, che ne fecero ricordo, o Bolamente gli
accennarono, come cose ad essi stessi e a tutti allora notissime;
mentre a noi, per mutato idioma e per estinte costamaBze, sono
divenute adesso piene d'incertezza e d'oscimtÀ.
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102 BULLETTINO DELLA COHUISSIOHB
Ne abbiamo nobile esempio nel pugillare rocentemente sco-
peri/t \ cbe merita sotto ogni aspetto un distinto luogo fra i
romani utensili.
È questo formato da due tavolette d'avorio riunite, insieme
da quattro anelletti in argento, che tengono luogo di cerniera;
mentre rendono facilissimo l'aprire e il chiudere delle due parti,
che stando l'una sull'altra sono ridotte alla larghezza di cent. 6,
quanta può essere comodamente contenuta dalla mano chiusa,
pu{}nus, donde trassero il nome *. L'altezza h pure accomodata a
tale uso, non oltrepassando i centimetri 19. Si vegga 1" unita
tavola YII, Vili in cui è rappresentato di due terzi dell'originale.
Gli antichi autori ebbero occasione di rammentare questo
arnese, ch'era di continuo uso ai romani, soliti ad averlo con
se per farvi notamento di quanto loro occorresse, che degno te-
nessero di memoria '. Ad esso si volse ancora l'attenzione degli
eruditi. I quali prvmaeva ab origine, presero ad illustrarne l'uso
e la forma.
È da ricordare come primo Giovanni Emesto Walchio. Dopo
il quale, tacendo di altri molti che ne scrissero aenia formarne
un proprio e speciale argomento, prende luogo il nostro Mor-
' Fu ritrovato il 9 gìo^o del corrente anno sali' Esqoilino fra le
mille dell' antico edificio , rìconoadnto come on maceitimi, presso U chiesa
di S. Antonia. Era in ano dei canali di travertino, de' qoali ai è tenuto
proposito nel presente Bnllettìno, Gennaio-Marzo 1874, a e. 36, e si raf-
fronta col nomerò 16 della pianta unita al BuUettino medesimo.
- Aldo Manuzio ed altri vollero invece derivarlo dal pungere che d
facesse per iscrìvere sulle cero: Pugillaria ideil tabdlas cera iUilas, in
quibus pungendo, sli/lo intruso, scriberelvr, unde Pugillaris Ttomen. (De
qvacsitis per eptslolam Vcnfliii 1576, De episloìù pag. 25). Tale etimolo-
gia è però falsa, non dicendo gli antichi antori, che si pungessero le cere
de' pngillarì, ma che rapidamente si segnassero, com'ero proprio della poca
resistenza della materia — dexlera volai per aequor cereioii —, è beo al-
tro che pungere.
' Tennero per questo fra gli altri attributi dati ancora a CaUiope, la
più degna delle muse, per alludere all' ispirazione e alla memoria. Si regga
quanto scrisae in proposito Ennio Quirino Visconti, M. F. C. voi. IV,
tur. H, e op. varie, voi. II, a e 117.
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AROBBOLOGICA MUNICIPALE. 103
celli; anzi prende luogo con lui ancora Giovanni Labue, da che
accrebbe di utili note e pubblicb il lavoro dal Morcelli stesso
lasciato inedito, uh forse destinato alla pubblica luce.
Additava al Walcbio questo studio sui pugiUari antichi ,
come utile argomento e come non abbastanza dichiarato, quel-
l'Antonio Francesco Gori, che conseguì a suoi giorni un sì alto
grado di fama con tanto indefessa e feconda opera nell'archeo-
logìa , e che non ricorda adesso lltalia quanto ei merita e
quanto essa dovrebbe '.
Corrispose il dotto alemanno al consiglio dell'egregio suo
amico, con somma accuratezza d'investigazione nei classici e con .
addurre i monumenti allora conosciuti, ordinando la disserta-
zione epistolare, che volle allo stesso Gorì diretta, ed è a stampa
nel volume V degli atti della Società latina di Jena (anno 17S6).
Compose il Morcftlli un trattato dello scrivere degli anti-
chi romani ', e molto diffusamente parlò in tale occasione dei
pugillari, notabilmente accrescendo delle successive scoperte le
dottrine del Walchio. Ne meno il Labus, editore dell' inedito
volume, ^giungeva a quelle da lui raccolte, secondo era da noi
poco sopra accennato.
> llliutrù il Oori la siu Toscana con assidue ed utili fatiche. Mentre
proponeva al Walchio, ch'era in Oermania uno dogli ammiratori saoi, l'argo-
mento de' pngiUari, stava preparando la grande opera, che poi si vide stam-
pata in Firenze con questo titolo. Thefatatti Diplychorum consularium el
ecclesiaslicoTum: accadere I. B Pcuserii addilamenta 17S9, voi. III. fol. fig.
Il Walchio stesso Io chiamò : immorUUe op\is. Il dottissima cardinale An-
gelo Maria Qnerini, fln dal 6 ottobre del 1742, scriveva a Parigi a Clau-
dio Boze, segretario dell' Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere, dando
a lai notizia della grande opera intrapresa dal Qorì. N'era il cardinale jn
grande espettazione, possedendo egli stcEso nn celebra dittico: quello stato
già di Paolo II, mentre era ancora cardinale, e che, lasciato il nome del-
l'antico padrone s'ebbe quella di diltico ^tn'niano dall'altro del nuovo, e
divenne argomento alle illastrazion! dì molti letterati, anzi pure alte contese
di essi.
'^ Dello tcrivere degli antichi romani, tìitserlasione inedita dell' Ab.
Stefano Antonio ÌUorceUi, puMiUcala con annotaiioni di Giovanni Laina.
Milano 1822, 8 fig.
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104
BULLETTAIO DELLA COKUISSIONE
Ma tante cure non furono bastanti a ben stabilire l'idea
della forma propria dei romani pugillari, anche a fronte delle
tavolette cerate trovate in Ercolauo.
Il pugillare, che ora possediamo, nella somma sua sempli-
cità si confronta perfettamente a quello che ne dissero gli an-
tichi autori, e vale a determinare irrecusabilmente il valore delle
parole usate in proposito, le quali ei crederebbe appena che po-
tessero aver dato mai luogo a dubbiezza alcuna: tanta h la utilitil
del confronto dei monumenti colla scrittura dell' antiche testi-
monianze!
Poteva ÀuBOnio trovare piU giusto -epiteto al pugillare , o
pih esattamente descriverlo, dì quello ch'egli fece quando ne'suoi
giambi dimetri ', lo disee bipatens?
Puer, notarum praepetwn
Sollers tninister, aduote
Bipatens pugillar expedi.
E pure il Walchio , che ne addusse i versi , dichiarò che si
potesse credere a chi intendesse, nn tal pugillare, oltre all'es-
sere piegato una volta sopra se stesso: bipatens, poter esserlo
ancora pìh volte , divenendo plicatile ; eh' h appunto 1' opposto
di bipatens, schiettamente riferito a cosa partita in due.
Propose dunque, che venisse il pngillare distinto non in due
parti, ma in quattro, presentandone la figura seguente:
A B C D
' Epigram. 144.
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ìbchbolooica kunicifals.
105
Per la quale esseodo poco adattata la solida materia dell'aro-
rio del legno, s'indusse a credere, che i pugillarì bip(Uentes,
fossero fatti in membrana '. Colla fìgnra poi sovrapposta stimò
di render r^one del modo eoi quale si potesse e piegare in
quattro e rendere bìpatente. Effetto invero che di qualsivoglia
altro numero di piegature ottenere si pui> egualmente, sempre
che siano all'ultimo ridotte ad aprirsi divìse in due parti.
Ha piìi singolare è quello, che pure aggiunge, per rappre-
sentare sotto altro modo ciò ch'egli chiama: pugiilar Ausonia-
nwn. Scrisse dunque così: Forte etiam jyugiUar Ausoniamtm,
si flicatile extitit, ita fuit com^aratum, ut ab utroque UUere
pateret. Qttod ubi admittitvr, folium istud hoc feì'e modo tres
tabvlas potuit habere *.
A
B
Questo modo d'intendere l'epiteto dato ai pugillarì da Au-
sonio , l'allontana ancora pili dal concetto ch'egli ebbe e che si
confronta con quello che i greci ne dissero chiamandoli dtSujosu;.
E veramente piii che d'ogni altra cosa tendono essi sembiante
' < Hoc tamen non nego, sì veram sìt, vcterea habnisse pogillares pli-
CRtilea bipaUntes, sen SiSi^su;, facile eomm lationem et qaomodo compli-
cati illi faeriat posee raonstntri. En hanc tabolam, in qnatuor aeqnales
partea plicatam. fÈqudlada noi prodotta Tidlatoj. Membrana haec oblonga,
in qnatooT partea eiplicata, ita poteat complicali, ut folinni A anper B, fo-
linm D BQper C ponatnr , hocqne tkcto , bina folia complicata À et B et
bioa roliqoa itidem compUcaCa C et D iunns complicando sibi inTicem Im-
ponaotuT. lam vero, qnnm iternm tabolam eiplìcaverìs, Incnlentar eam vi-
debis retane speciera ianoae bipatentis, vel duplicis, qaae in medio divisa,
a d«itra et sinistra parte simnl aperitor». Acta Societat latinae Jeneosia
Voi. V. pag. 114.
^ Id. ibìd. pag. 115.
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106 BULLETnNO DELLA COHITISSIONB
di due porte aperte. E tale appunto Tergiamo esser quello rin-
venuto Bull'Esquilino e che toglie per sempre di mezzo ogni dub-
biezza sulla forma propria d'un tale arnea^.
D'altronde l'attribuire ad esso altre tavolette, oltre a quelle
due delle quali era formato, non solo ripugna alla espressa te-
stimonianza degli scrittori; ma 1' avrebbe -reso meno comodo
all' uso pel quale era fatto. Era questo di segnarvi nelle in-
cluse cere le brevi note d' un improvviso pensiero , o i primi
concelti della poesia, o cose di memoria, cb'eran poi da riscrivere
in più durevol modo, secondo l'indole delle memorie segnate.
Narra Svetouio d'aver avuto alle mani i pugillari di Ne-
rone, ne'qnali trovd alcuni de'notissimi versi da lui composti, ed
osserva, che si conosceva essere stati scrìtti: a cogUante atgue
oenerante. ch'è dire nell'impeto del primo concetto. E ne ag-
giunge in prova: ita ,nmlta et deleta et inducta et super scripta
fuenmt '. Samuele Pitisco, seguito dal Walchio ' non panni aver
bene compreso il senso di queste osservazioni di Svetouio; notava
egli tre particolari, a dimostrare autentica la scrittura de'pugillari
di Nerone, e come ì versi segnati da lui, -nou fossero, ne tra-
sportati da altro autore, né scritti a dettatura d'alcuno: non tran-
slatos, aut dictante aliquo exceplos ; ed erano: che molte cose
si vedessero deleta et inducta et supersa-ipta; cancellate cìofe,
frapposte, o soprascritte. Ora il Pitisco tenne, che inducere
non significasse giil frammettere, ma significasse invece scassare:
indìicere {così egli) est proprie in clioì-tis seu in libellis quid
delere '. So tale fosse il significato della parola inducta, Vin-
1 Ecco l'intero passo dell' allegato Gcrittgre : Vi^nere in tnaniu metu
pugiUares libellique curii quilnisdam nolUsimis versibus, ipsius chirograpìui
scrìplis. ut facile adparerct, non Iransialai, atti dìcianlt aliquo exceplos; seti
piane quasi a cogilanU alqm generante exaralos: ila multa et deleta et in-
ilucla et tuperscripta fuenint. {in Ner. LII).
° Op. cit. pag. 176. Fitìsc. not ad. Svetonìnm. 1. e.
1 Loc. di. Della precedente nota.
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ÀBCHBOLOOICA HUMICIPALI. 107
ducere plumas d'Orazio sarebbe stato uno spennacchiare, non
un inserire di penne pet te membm di quel ano fantastico mo-
stro '; ed avrebbe Svetouìo coai scritto, come chi nel volgare
nostro scrìvesse: esser le paiole cancellate e cassate. Ma tale non
h per fermo Ìl significato àéìVtnduOa mesiiO subito dopo il de-
leta; e tatti ben sanno quanto facilmente avvenga a chi com-
ponga , non solo di cancellare e di sovrapporre le parole , ma
d'inserirne ancora fra quelle già scritte, ch'ìi appunto ciò, che
io tengo essersi da Svetonio notato nei pugillarì di Nerone, nei
quali più cose occorrevano state cancellate, molte alla scrittura
frapposte, e assai ancora aggiunte sopra quelle già scritte; pro-
prie tutte di una composizione che segna il primo e non bene
ancora stabilito concetto dall'autore, vuoi nell' idea, vuoi nella
forma.
It modo col quale si usavano i pugìllari h vivamente
espresso da Ovidio, trasportando a piti antico tempo la costu-
manza del suo, com'è de' poeti:
DftTtra tenet femim, vacuam (enei altera ceram,
ìncipU et dubitat. scritti damnatque tabellas,
' & notai et delet, nvulat, culpatque prt^atque '.
La cera inclusa nell' interno del pugillare era compresa, dal-
l' una tavoletta e dall' altra, in uno spazio quadrilungo, rtma-
liendo ili esso circoscritta da un leggero risalto '. Serviva questo
non solo a contenere la cera acciò non si spandesse, ma ancora
per impedirne il contatto quando il pugillare era chiuso, sicché
non potessero unirsi l'una faccia coH'altra e cancellarsene lo scrit-
to. Era poi la cera medesima spalmata sull'avorio in tanto fina
superficie da compararsi ad nn tessuto di seta. Lo dimostra nel
' et varias indticere plumas, utiilique coUalis meinbria. Epist. lib. II,
epìst. 3. ad PieoueB v. 2.
! MatatDorph. lìb. IX, t. 521 e seg.
* Si vegga r onita tavula.
dbjGoogle
108 BIFLLETTDIO DELLA COmnSSIOHB
pugìllare, che abbiamo sotto gli occhi, la pochissima profondità
del riocasso, e si vide efFettivameDte ancora in alcuna poca parte
di essa cera, trovata aderente al fondo nella prima scoperta.
Per notare i caratteri sul pugillare cosi preparato, bastava
passarvi lievemente lo stile. Ovidio ricorda ì piìt antichi in ferro,
che già a suoi giorni piìi non s'adoperavano, se non solo forse dalle
persone del piti infimo stato. Se ne formavano però de'piìi nobili
metalli, ed io ne ho veduto in argento ed anche in oro unito al-
l'avorio: lavoro corrispondente a quello dei pugillari eburnei,
che sappiamo esser stati fregiali di aurei ornamenti '. Comuni
sono ancora quelli di rame, che dovevano essere principalmente
d' uso nelle scuole, riuscendo gli altri d'avorio o d'osso troppo
fì-agili alle mani dei fanciulli *. Quello che ne ricorda più spe-
cialmente il cristiano poeta Prudenzio , trattando del martire
Cassiano , attesta infatti come si continuasse ad adoperare lo
stile e la cera dei pugillari negli esercizi scolastici, anche dopo
trovati e segniti da gran tempo gli altri metodi di scrittura.
Eccone i versi:
lìvmtmeri cireum pueri, miserabile visu!
Confossa parvis membra fìgebarU stilis.
Onde pugillares soOti percwrere ceras,
Scholare munus adnolarUes, scripserant '.
Questi efferati fanciulli aon avrebber potuto così ferire il mar-
tire, del quale frequentavano la scuola, ove gli stili usati da
> Froperi lib. Ili el. 22 allade fra gli altri ^li onuuneoti d'oro
At' pngillarì, parlando delle aein]djci tavolette usate da lui e dicendo di esse:
Non illas fintm cartu nula feeerat auruìn,
Vvlgari buoni sordida cera fvil.
Di pugillari argentei è ricordo nell' iscrizione postA a memoria dei doni
lasciati ai mnnicipi di Regio da Tito Taiferico Sabino (Qmt CLXZIT, 7):
PVGILLARES ■ ABGEHTEOS ■ SEPTEM.
- Inbtti MaTziale propone gli etili di ferro : armala sw graphiaria
ferro, come dono per fancinlli: Si puero dorus, non leve muntu crìi. Bpig.
lib. XIV, 21.
> Perislepk. Hymo. IX, v. 15 e seg.
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ABGHBOLOQIGA KUNICIFALK. 109
loro, non fossero stati metallici '. Quelli però che pili general-
mente s'adoperavano, eraoo formati d'avorio ed anche d'osao.
Se ne trovano di tutte grandezze e dì tutte forme , dalle pili
ingegnose ed eleganti alle più semplici.
Tre de' piti comuni di tali stili, perfettamente conservati,
ho fatto io collocare nella tavola insieme al pngillare, perchè
si avesse idea dell' utensile col quale si formavano nella cera
le lettere. Si vede ancora la parte superiore dello stilo, eh' era
fatta per cancellare, onde ebbe origine il detto: stilum vertere,
anzi il precetto che agli scrittori ne fece Orazio:
Saepe sHhtm vertas, iterum quae digna legi sint.
Scriplimts '.
Guardando appunto a tale Milita d'emendare e mutare il
dettato, lodò Quintiliano lo scrivere nelle cere e lo disse ottimo:
scribi optime ceris, in quibus facillima est ratio delendi *.
Quindi avvenne che si mantenesse e si praticasse tanto
lungamente e tanto universalmente, quanto a me sarebbe &cile
di mostrarlo colle moltissime testimonianze, state già messe in-
sieme , principalmente dal Walchio e dal Morcellì , come dal
Labus successivamente accresciute, nelle già ricordate disserta-
zioni. Ma dal rifare il già fatto mi sono sempre studiato di
tenermi quanto fare si potesse lontano.
Laonde mi volgo ad aggiungere una dichiarazione dell'uso
dei pugillari, non so come sfuggita alla diligenza, che invero
fn somma, dei tre encomiati scrittori. Va questa dichiarazione
congiunta ad un aneddoto della vita di Giulio Cesare, e ci svela
insieme il bel principio della fortuna di quel Licinio , e Ger-
> Prndeniio dice eh' enno di ferro : AcwniTìa ferrea vibrarti -
qtia parte aratit etra stiicii scribitur, 1. e. v. 50.
: Sai lib. 1, S&t 10, t. 72.
■ De fnEtitDt. Ontoris, lib. X, cap. 8.
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110 BULLETTIlfO DELLA COUinSSIONB
mania puer captus, salito qQÌndi presso di lui al piìi alto grado
di favore; che seppe mantenersi in autorità anche sotto d'Au-
gusto ed evitati i rivolgimeiitì di fortuna, che a tanti e tanto
frequentemente allora tornarono funesti, giunse a rodere l'impero
di Tiberio, sotto il quale morì, dopo.esser giunto ad emulare, anzi
a superare ancora la proverbiale ricchezza di Grasso. Il racconto
venne fatto dall'antico scoliaste di Giovenale, ed è al modo se-
guente: Licinius, e Germania jmer captus, tantae induOriae
fiiU, vi reltquias cibartoram inter conservos foenera^-et, et citi
quid credidisset, quali poterai chirographo, pugillaribus subno-
larel; quos cum, transiiwus flumen, in vestimentis recondidisset.
Caio lulio Caesari, quodam ei denegatiti, pugillaribus guicqua/m
annotatum, barbarits lugens obtulit. Statim ad dispensationem
admissus, non multo poa manv/missus est. Dein curationi
Galliarum ab Augusto praepositus, eas spoliavit, et cum fia-
graret invidia, basilicam sub «ornine C. /ulti Caesaris aeài-
ficavit '.
Abbiamo da questo passo l' esempio dell' uso de' pugillari
nelle cose domestiche. Singolare i poi l'intervenire di tal'uomo,
quale fu Giulio Cesare nelle private querele de'suoi servì: prova
di quella patema cura, che i migliori romani delle piìi grandi
famiglie e nelle pìii eccelse condizioni, mantennero sempre ai
vant^gi di essi.
< In D. Junii Juvtnoiit Salyrcu CommentaHì velutU, poti P. Pithoti curai
auxit D. A. G. Grmner. Uamburgi 1823. Sat. 1, t. 109, pag. 35. Nel Sdc
delU eaposizioue del commentatore si legge : probe dives, ut Criusi eliam
opes exitaicseril. Corrado S&mnele Scharzerfleiscb, spiegò, conveDientemente
a mio senso, Y exhatueril, per vieeril luperaril. Il Cramer ricorda la somma
rarità di questo volarne, che io ho nella mia libreria e del quale per chi
si arvenisse a trovarlo per felice incontro, come a me accadde, fo ragnire
il titolo : Conradi Samuetis Sehurtfleùeltii, eonsiiiarii, dum vìvereL, saxonici
et prof. pubi, ipicitegium anifiuaiverHonìtm in D. JuvemUis Salyrat XVI,
tive salyrarum oijiniutn ad fidem meinbranae Schur/laìchiatiae nulig/Uio in
eaique et schiiliaiUìn eanim vetereìn G. Barlhii et C. S. Schurfleischii etnen-
dationum et anitnadversionum lylloge ipissior. Cura Ilmrici Leonardi
SchursfleiscìUi Cumiliarii Saxa-Vinarinnsit eie. Fituinae 1717. 8.
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ABCHEOLOOICA. HUHICIPALB. Ili
Si vede dalla narrazione come all'acume di Cesare non isfug-
gisse la soleraia e la previdenza del servo spccalatore, e ravvisato
in lui un ingegno atto a reggere le cose dell'economia, subito Io
ponesse in quelle, che a lui furono via e grado ad uffici sempre
piìi grandi, alla libertà e insieme alla fiducia del maggior uomo
che allora vivesse.
Dovendo guadare un fiume, s'era Licinio servito delle pie-
ghe della sua veste per occultare in essa i suoi pugillari. È da
credere che il debitore sperasse , che fossero state dall' acqua
guastate le cere; ma queste non ebbero alterazione, cib che a
note segnate coli' atramente sarebbe facilmente avvenuto: cosi
l'uno s'indusse a negare il suo debito, potè l'altro provare il
suo credito.
Il modo che Licinio tenne doveva esser quello comunemente
usato dai romani per aver ad ogni occasione pronti i pugillari, .
e l'ampiezza del romano vestire tornava all'uopo ben pih op-
portuna, che non le vesti servili o barbare.
Era poi questo arnese così proprio ed intimo, quasi depo-
sitario de' fatti e de' pensieri di chi ne faceva uso, che vediamo
essersi notato del nome del possessore, per render facile in ogni
evento il poterlo riavere.
Dobbiamo a questo pugìllare hi certezza d'un tale costume.
È in esso esternamente Inciso a caratteri accuratamente formati
il nome nel possessivo di Gallieno Concesso, che assumendo il
titolo di uomo chiarissimo, ci si manifesta per senatore:
OALUGNI sì vede nell' una delle tavolette : CONCESSI,
V. C, nell'altra.
Sen molte sono state le ricerche da me fatte per avere
alcun lume intorno a questo personaggio. Ma per quanto la mia
diligenza ha potuto, non ho trovato né in autori antichi, nò in
antichi monumenti memoria alcuna che direttamente a lui si
riferisse. È però questo nome di Gallieno cosi raramente usato,
che apre per questo stesso un adito alla congettura, che verrb
esponendo.
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112 BULLETTINO DELLA COHXISSIOKE
P. Licinio Valeriano, che del 253 dell' @ra volgare , vestì
la porpora imperiale, ebbe Bicnramente due mogli. Delle quali
esser stata la prima di gran casato e di nome Oalliena, fu
pensiero dell' illustre autore della dottrina delle antiche me-
daglie '.
La forma dei caratteri coi quali ò nel nostro pugiUare se-
gnato il nome di Gallieno Concesso, non ai discorda punto, anzi
perfettamente si conviene, con quella tenuta verso il cominciare
dei secolo terzo. Potrebbe dunque la Gallìena moglie di Tale-
riano esser nata da un tale personaggio, portando forse in dote
tutta l'eredità paterna. Giacché della successione de'Gallieni,
tolta quella proveniente dall'imperatore Valeriano, si nomina
solo una donna.
Avremmo allora una testimonianza assai cospicua, quanto
all' essere del Senatore eh' ebbe in uso il pugillare par adesso
ritornato all'aprico. Imperocché scrivendo dei due nomi dì Sa-
tonino e di Gallieno, dati dagli storici al secondo figlio dell'im-
peratore Gallieno, Trebellio Pollione affermava: qui atUetn Gal-
lienum, (dicunt) patris nomine cognominatum et avi Gallieni,
summi quondam in repvblica vin '.
Di questo suocero dell' imperatore Valeriano, sarebbe stato
appunto il pugillare, persuadendolo il nome cbe fu in esso in-
ciso, e non si discordando, anzi conformandosi perfettamente la
forma dei caratteri al tempo nei quale avrebbe sortito il vivere,
e nel quale sarebbe stato di una somma autorità.
E se cib possiamo favorevolmente stabilire , come a me
sembra che veramente si possa , non solo avremo riconosciuto
la qualiUi e l' età del Senatore Gallieno Concesso; ma potremo
1 Ecì:hel, Doctrina num. vet. voi. VÌI, pag. 379. « Binos taìsse Yale-
nano (aiores) diserte docet Tiebellins, qai altemm eina filiam VoIeTiuDom,
alia, qaam Oallienoni matre natam affirmat (in ValerìaDo Jan.).... Coniieerc
gabit fuisse (ptioreia) dictam Gallienam, a qua nomea Alio, Qt Domitiano
a matro Domitia, Herennio Etrusco ab Herennia Etnucilla» pag. 379.
3 Ireb. PoUio. in Salonino Gallieno e. 1, ed. Cansaboiu paff. 291.
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ABCHEOLOaiCA HUKICIFALE. 113
altresì riconoscere quale ne fosse la fom^lìa, cbe non venne,
secondo l' uso allora seguito , messa coi nomi segnati nel pu-
gillare.
Imperocché troviamo cosi nella numismatica come nella
epigrafia attribuito a Gallieno imperatore, anche il gentilizio
d' Egnazio '. Al quale non si pu!) dare altra orìgine , che il
crederlo derìvato a lui dalla madre. E ben fa ciò veduto dal-
l' Eckbel , quando così ragionava In proposito : Nunc nemo
iam est , epa Egnatii nomen , hmc { Gallieno ) ademptum
velit. Unde ts ilhtd traxerit , facilis ut vera coni&Mi^a. '
Dixi saprà in uxoribus Gallieni , verisimile videri , ma'
trem Gallieni , cuius nomen a scriptoribus est praeteriPum,
dictam fuisse Gallieruim, a quo nomen filio factum. Adde huic
nomen Egnatiae, habebis Egnaiiam Gallienam, a quo fiiius
dictus Egnatius Gallienus, ut a maire Cornelia Salonina fiiius
Comelius Salonimts *. Questo argomento toma tutto in dimO'
strazione e conferma del mio pensiero. Kiconoscendo l'uomo se-
natorio della famiglia Egnatia, lo troviamo uscito di antica
stirpe e già nota anche nella romaqa moneta sin dai tempi di
Siila. Al quale un Caio Egnatio, figlio di Oneo e nipote di Gneo,
avrebbe servito come questore provinciale nella guerra mitri-
datica, secondo il Morelli *. Vero h che Celestino Cavedoni portò
poi opinione, che ì denari segnati con tal nome battuti fossero
in tempo dell'ultima guerra civile, che segui la morta di Ce-
sare, e propriamente da Cneo Egnazio, figlio d'altro Cneo, rima-
sto fra senatori quando intomo al 688, veniva il padre di lui
escluso dal senato *. Ma questo non molto altera l'antichità né
mata il grado della famiglia Egnatia, e solo dimostra che
avrebbe acuito ancor essa, come quasi tutti i migliori romani.
> Eckhel op. cit. voL VII, pog, 417. Qnit. p&g. 275, Reines. 8;Btagm.
inscr. pag. 316.
* Op. et loo. cit.
■ ThesaiiT. Horetl. nnnuBm. bm. rom., fain. Egnatia.
' Bipoatigli e a e. H9, oot. 39, e app. & e. 93.
DigitizedbyL.lOOQlC
114 BULLETTINO Vthhk COBCHIBSIONE
quella parte, che dopo la uccìBÌone di Cesare, Bosteneva l'antica
forma del governo repubblicano.
Colla scorta dell'epigrafi di que.-te medaglie possiamo sce-
gliere fra il prenome di Cneo e quello di Caio, l'uno e l'altro
usati dagli Egnat!, quello da attribuire al uostro persOD^gio,
dando così interamente compiuto quanto sotto tale aspetto possa
riguardarlo. Preferito quel primo, come rinnovato in tale fami-
glia piii spesso, lo diremmo dunque: Cneo Egnàzio Gallieno
Piatemi , per ultimo , osservare quello che nella gii ri-
cordata dissertazione del Morcelli si legge sul particolare degli
artefici de'pugillari. Esternava pertanto quel dotto l'opinione
seguente : Di tutti questi pugillari vi aveva in Rema la fab-
brica, come insegnalo la iscrizione dal Ficbroni donata al museo
Kircheriano (Maschere sceniche a e. 75), la qttaie rinvenne egli
in un colombario di là delle terme di Caracalla.
C • VOLGACI • C ■ L ■ ANICETI
DBDIT
M • CAELIO ■ HILABO
PVGILLAEUBIO
E quasi tenesse la cosa come dimostrata abbastanza, conchiuse:
Quando questa fahriea cominciasse e quando finisse , non è
a{}evole il determinarlo '.
Stando nella sua ipotesi avrebbe potuto mostrare la fabbrica,
da lui affermata in Boma esservì fiorente ancora verso la fine del
secolo quarto dell' era nostra, mentre si usava in essa il donare
i pugillari nell'allegrezza dei conseguiti pubblici uffici; come
appunto troviamo essersi tatto per la questura del giovane Sim-
maco. Kella lettera che il padre di lui scrisse in tale occasione,
leggendosi: fUius noster Syrnmachus, peracto mur^ere candidato.
' Dìbs. dt. a c. 12.
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/■ , I // I ///
i
1
DigitizedbyL.lOOQlC
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ARCHEOLOOICÀ MCHICIPAU. 115
offerì tibi dona quaestoria et c^eras necessitates nostras pari
honore participat. Quaeso igilur ut eius nofnine diptycha et
apophoreta suseipere dignemini. Al clie soggiunge : ceteros quo-
que amicos ebwneis pugiUaìibus et canistellis argenteis ho- '
Io non Toglio però nascondere un mio pensiero, ed è, che
M. Celio Ilaro, ricordato in quel marmo, non fosse già fabbri-
catore, ma piuttosto custode di pugillari, e che quegli arnesi
anzi che esser fatti da speciali artefici, fossero invece uniti ai
lavori molteplici degli eborari. L' ufficio del pugillariario, come
quello dell' insulario, dell' arcario, del capsario ed altri tali,
avrebbe suo nome dalla conservazione della cosa e non dall'es-
serne artefice
Di questa mia maniera d' intendere quella designazione, che
propongo come congettura, lascio però ai dotti il giudizio.
P. E. V.
■ E^st. lìb. II, epist. i
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BULLITTINO DELLA COUMISSIONE
DOS ANTICHE FOBGHSTTE DI ARGENTO
Spesse volte avviene che nella ricerca degli antichi usi e
costumi le fortaite scoperte di moDumentì riescano piìi gio-
vevoli delle memorie di scrittori contemporanei; le quali, spe-
cialmente ove si tratti della minuta sappellettile domestica, o
mancano affatto, o troppo scarse sono ed incerte perchè possa
da quelle ricavarsi un qualche notevole profitto.
Una siffatta osservazione pub applicarsi in genere alle armi
convivali degli antichi , cioè a dire, quel trìplice istrumento
della mensa , che noi sogliamo comprendere sotto il nome di
posata; ed io ispecie a quello dei tre che serve per afferrar le
vivande, e che noi diciamo la forchetta: il cui uso nel convito gli
eruditi han creduto incognito all' antichità, e segnatamente ai
greci, mentre 1' uso del coltello, ed anche pih quello del cuc-
chilo, con minore difficoltà viene accordato ai romani.
Il Baruffaldo infatti, che forse pel primo trattò questo ar-
gomento ', opinava che i romani non avessero adoperato forchetta;
e eiiJ. sìa perchè la lingua latina non ha vocabolo corrispon-
dente a queir arnese *, sia perchè nessuna forchetta si era mai
< De armis convivalibtu in Salengie Thss. voL III, p. 747 wgg.
^ Le parole furca furctila furciUa non sono infktti oui eUte adope-
rate dai latini per denotare dd» forchetta da tftrola.
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AKCHBOMaiCA. HONICIPALE. 117
veduta nelle raccolte di suppellettile antica. I romani a tavola,
egli dice, molto si servivaDO delle mani; e di ciò fanno fede
anche testimonianze di antìebi scrittori: ma in alcuni casi il
cochlear o la ligula suppliva in qualche modo alla maocanza
della forchetta, avendo un'estremità acuminata, con cui si po-
teano infiggere ì cibi e portarli alla bocca '.
li Uarquardt, che nel Marmale delle Antichità Romane ha
ultimamente richiamato a disamina la quistione ^ l di parere
che presso i romani 1' uso della forchetta non siasi introdotto
che tardi, cioè poco prima del quarto secolo dell' era volgare;
e ricorda anch' egli che dal manico appuntato del cochlear si
otteneva all' occorrenza il medesimo effetto. Accenna, sull'auto-
rità dell'Arditi, ' che nessuna forchetta antica esiste nel museo
di Napoli; e partecipando al sospetto del Baoul Bocbette, che
dubitò dell'autenticità di una pnblicata flai Caylus \ tiene poi
assolutamente per falsa un'altra, che si dice trovata in unse-
pelerò di Pesto ^. Cosicché secondo lui non si avrebbe alcuno
antico esemplare dell' arnese in quistione, non ponendo egli a
calcolo ni gli altri ritrovamenti di forchette cui accenna il Baoul
Bocbette nella memoria per dianzi allegata , nò quelle prove-
gnenti dalla necropoli di Buvo, esaminate dallo Schulz e da
lui ricordate nel suo Bapporto intorno agli oggetti che sogliono
rinvenirsi in quei sepolcreti; la cui testimonianza autorevole noi
citeremo piU sotto. — I eigg. Guhl e Koner, nel recente loro ma-
' Il Baniffkldo optnaTa che le parole eocldtar e ligula esprimessero il
medesimo feneie di cacchiiijo ; ma sembra invece che la ligtda fosse an
cncchiajo più largo e più pesante, simile ai nostri di forma e di grandesm;
mentre il cochlear era più piccolo, di forma rotonda e coi manico termi-
Dante in punta. Vedi il Marqaardt nel laogo che si cita alla nota seguente.
- Becker-Marqnardt Handinich der rdm. Allerth. V, 1 p. 325 ^,
' Presso Pagano La Ligula p. 13 e s^.
* Baoul Rochette ///"' MèmoivE nir tei AnliquiUi Chréliennes da Ga-
tacombes; in Hém. de l'Acad. des inscr. XIII (1818) p. 683.
' È qoestA nna forchetta a qnattro denti, ehe può vedersi riprodotta nel
Dizionario delle Anlicliità greche e romane delRieh sotto il vocabolo /Weinwte.
La taccia di falsità il Pagano nello scritto già citato sulla Idgula, p. 12.
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118 BCLLETTIKO DELLA COHHISSIOMB
nuale sulla vita degli antichi greci e romani rappresentata coi
mosnmenti, non fanno menzione alcuna della forchetta là dove
. trattano dei vari utensili della menaa e della cucina '.
Avvertasi bene tuttavìa, che se questi ed altri autori di-
sdicono la forchetta alla mensa, devono poi ammetterla, non solo
presso i romani ma eziandio presso ì greci , fra le armi dello
scalco e del cuoco, cui servia per levare le carni dal pajuolo o
dalla caldaja, e per ajataie a trinciarle. Perocché noi sappiamo
che i greci chiamavano creagra questa specie di forchettone; e
del medesimo ci attesta lo scoliaste di Aristofone ch'era «un
> istrnm^nto della cucina, simile ad una mano, ma colle dita
» piegate, fatto per tirar su le vivande calde senza scottarsi le
> mani » *. Il Harqaavdt ravvisa lo stesso forchettone , sotto
forma del tridente di Nettuno, in una pittura ercolanese rap-
presentante alcune provvigioni per la cucina, e dice che di tal
forma doveva essere la creagra dei greci '; ma noi sospettiamo
che in quella pittura il tridente ahhia tutt' altro significato ^
e quanto alla creagra, udimmo pur ora dallo scoliaste di Ari-
stofane eh' ella somigliava una mano colle dita piegate; il che
h credere che avesse piii di tre punte , e queste certamente
non diritte , come quelle della fuscina , ma incurve , affinchè
meglio si prestasEsro a ritenere le vivande afferrate.
' Dai leben d&r Griech. und Hòm. nach ani. BiUw. dargeitettt. Berlin
1862, t n, p. 188.
' Kftdfpa — ilSof ifyaXilau ftaytifitoÙ X"f' »"P'0'«Ó( i foVo»
ifxixaftiiitor TOUf SaxriXevi' à»t/*«<ra rà ^i^fà Sii tÒ ràf yj'pai [ìti
lai'ioSai (Ad Arìat Eq. T. 772; cf. Benne Steph. Th»t. gr. ling. ed. 2 b. t.)
■ HuqnaTd loc. dt. n. 2OO0.
* Id queste pittare sono rappresentate specialmente delU seppie e dei
polpi (K(f. di Ercol. II taf. LVII n. (5) p. 301); ora le seppie ed i polpi,
ed ancbe i tonni, si predatano apposto col meno della firseina, «econdochè
attestano Plinio (N. H. TX, 15, 29 e 30) e Polluce (X. 132). È qoindi pro-
babile che il EDddetto arnese etia quivi pei indicare il modo della pesca di
quegli animali. Giacché Teramente sarebbe stato anche un avvilire, in certo
modo, il gran tridente di Nettano , il darlo in roano al cuoco e renderlo
BQppellettile della cncinb.
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ABGHEOLOOICA UTIinClPALB. 119
Fremesse queste brevi notizie, passiamo a vedere se neppur
oggi esista esemplato antico e genoino di cotesto arredo, per noi
divenuto sì necessario nella imbandigione della tavola. Una bella
scoperta btta di prossimo dalla nostra Commissione, mentre ha
dato orìgine ed occasione al presente mio scritto, mi permette
anche di affei-mare, che noi possediamo più di un modello delle
antiche forchette da mensa.
Nel Pebbrajo dell' anno corrente cavandosi sulla piazza Mar-
gana , alle radici del Campidoglio , per la costruzione di una
cloaca, fu estratta dal suolo presso l' imboccatura della via dei
Delfini , alla profondità di circa due metri , una forchetta di
allento, di perfetta conservazione, che può vedersi alla tav. IX,
n. 1 e 2, delineata di fronte e di profilo, nella grandezza del-
l'originale. Il luogo in cui fu ritrovata era compreso nell'an-
tico circo Flaminio ; e sulla medesima piazza si discuoprirono
avanzi di strutture a grandi paraUelipipedi di tufa, spettanti
probabilmente a quel vastissimo edifizio, onde prendeva il nome
la Begione IX della Boma imperiale.
La forchetta h a due punte con bel garbo divergenti.ed a siiiii-
giianza delle nostre alquanto incurva nel manico, la cai estremità
finisce in piede di capriolo assai gentilmente modellato. Circo-
stanza notabile , perchè tanto l' altra forchetta pubblicata dal
Caylus *, quanto un qualche cucchiajo rinvenuto a Pompei *,
ha parimente il manico terminato da una zampa di capriolo.
Venuto questo raro oggetto nelle mani della Commissione,
la particolarità della forma già nota e la eleganza del lavoro
fecero tosto inclinare i miei illustri colleghi a riconoscerlo per
antico. Quanto a me, devo confessare, che sul principio mi facea
qualche difficoltà il non vederlo coperto, non dirò da ruggine
secolare — che, ciò non sempre interviene, per varie cause ben
1 RecueU DI pL 84 n. 5, p^. 312.
* Se ne regga uno Atto deliaeare dal MarqDatd nel taogo indicato,
p. S23 Mt. A.
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120 BULLETTINO DELLA COMMISSIONE
note alla chimica — ma neppure da una mediocre ossidazioDe, che
non pub mancare in oggetto rimasto sotterra per tanto spazio
di tempo. La mia esitazione diventava più forte nel riflettere
a -cosa, di che una lunga esperienza mì ha fatto sicuro, cioè,
che alcuni lavori in argento eseguiti presso noi nel secolo XVI,
e segnatamente circa i tempi di Sisto V, assomigliano tanto, sì
pel disegno e sì per l'artificio ad antichi lavori dell'epoca degli
Antonini, eh' egli non è punto agevole il distinguere gli uni
dagli altri, qualora manchi l'indizio di quella patina ed ossi-
dazione , la cui natura ad occhio perito fa sahito discernere
l'antichità tanto maggiore di un oggetto da quella tanto mi-
nore di an altro.
Per buona sorte le mìe dubbiezze furono ben presto dis-
sipate. Imperciocché venne a mia notizia, che chi primo ebbe in
mano l'arneise di cui si tratta, persuaso di aggiugnergli pregio,
poco avvedutamente ne distrusse con acidi la sincera veste di
ossido; e servendosi anche di uno stecco ne scoperse il metallo
per guisa, che senza riprendere la nativa biiinehezza sì rimase
come offuscato da una patina, che ninno avrebbe giudicata ef-
fetto di molto remota antichità. — Qualche tempo appresso fortu-
na volle che mì fosse recata un'altra forchetta, provegnente da
recentissime escavazionì romane. È pure di Argento, a tre denti,
di forma e di carattere non dissimile da quella capitolina, ma
di lavoro e di metallo molto inferiore , essendone l' argento
di bassa lega , quale incomincia a trovarsi nell' antica mo-
neta romana dopo i tempi di Settimio Severo. Questa seconda
forchetta è ricoperta da sì forte ossidazione, che solo il passag-
gio di molti becoli pui> averla prodotta; prestandosi a ciò mag-
giormente anche la men buona qualità del metallo. Lieto della
scoperta , é del riscontro che mì offeriva , feci acquisto della
nuova forchetta — di cui do il disegno nella tavola già indicata,
sotto il n. 3 — e mi sono pregiato di arricchirne la colleziono
di antichi oggetti in metallo, formata per cura della nostra Com-
missione. Non andò molto che i lavori municipali sull'Esquilino
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ABCHEOLOaiCA HUNIGIPALB. 121
produssero un altro arnese dello stesso genere , un manico di
cucchilo in argento, coperto di ruggine veneranda , e sempce
di quel modello che sembra fosse usuale uelle antiche posate,
cioè a dire, coU'estremità del manico foggiata a piede di ca-
priolo. ÀI n. 5 dell' annessa tavola se ne vegga il disegno.
E qui mi cade in acconcio di ricordare, che nella bella
esposizione storica aperta in Milano , che tanto fa onore alla
egregia Commissione che vi soprintende, ho teste veduto un' ac-
colta di ben sette forchette astiche di bronzo, a tre e quattro
punte, appartenenti al sig. Àlfonao Garavc^lìa: ma non le ho
esaminate abbastanza pei fer congettura sul tempo di loro
fabbricazione , né potei avere notizia intorno alla loro prove-
gnenza.
Per tutte le indicate circostanze rassicurato appieno sul conto
della prima forchetta capitolina, parrai opportuno d'insiatere al-
quanto sulle conseguenze delta nostra scoperta. In primo luogo
io credo che debba rivendicarsi la fede di quella pubblicata
dal Caylus — che la dice ritrovata suIl'Appia — la quale forse
troppo leggermente venne presa in sospetto. Io 1' ho fatta dise-
gnare nell'annessa tavola, sotto il n. 4. Essendo questa di fattura
tanto simile alle altre due, ma più specialmente alla prima ca-
pitolina; ed essendo comparsa in un tempo che l'antico modello di
cotesto arredo da tavola non dovea essere neppur conosciuto, qual
mai ragione si potrebbe addurre per sospettare ch'ella sia opera
dei tempi moderni ? Uniamoci dunque piuttosto al conte di Gaylus
nello encomiare il buon gusto degli antichi ', il quale anche
agli oggetti del più comune uso domestico seppe dare un garbo
ed una grazia, che pur troppo in quelli corrispondenti dì odierna
fattura il piii delle volte non si ritrova.
In secondo luogo io sono d' avviso non potersi oramai so-
stenere, che 1' oso della forchetta da tavola incominciasse presso
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122 BDLLRTTmo DELLA COUHISSIOKE
i rom&DÌ poco prima del secolo quarto dell' ora volgare. Giac-
ché , se a tal epoca non disdirebbe quella da me acquistata,
è Beoza dubbio molto più antica l' altra disseppellita fra le
ruine del circo Flaminio ; la quale, sia per la eleganza del la-
voro, sia per la qualità del metallo, non deve assolutamente re-
putarsi posteriore al tempo degli Antonini.
Né rechi ciò meraviglia : che anzi l'uso deHa forchetta dovrà
risalire a tempi assai pili remoti s'egli è vero — e parmi dif-
fìcile il dubitarne — che lo Schulz ne trovasse alcune fra la
suppellettile estratta dalle necropoli di Ruvo '. I quali oggetti
quantunque generalmente fossero di stagno, o di piombo, né ad
altro forse avessero servito che al funebre corredo, tuttavia la
esistenza loro nel sepolcro ne attesta la esistenza nella casa, e
li ripone fra gli utensili della domestica vita.
Mi si opporrà che sonovi testimonianze di autori, da cui
risulta, che almeno durante il primo secolo imperiale l'uso di
arnesi per prendere il cibo a mensa non era in Boma intro-
dotto *. Per me non ha dubbio che nelle colte e gentili città
■ < 1 corredi domeetìci che si trovana ÌDaieme col morto nelle tombe
> di Rnvo per modo di regola sono di stagno o piombo , forse p«rcbè si
» conservaMero meglio contro l'umidità di quelle grotte, secondo congbiet
> tarò il relatore. Il aig. arcidiacono Caputi in Buvo ne ha una piccola
> raccolta in diverse forchette, cartelli, strigili , tetiaglio focali, tripodi,
> candelabri e patere; tutti questi oggetti presentano nn lavora molto leg-
> gero, e pare essi non abbiano mai servito Dcmmeoo all'uso domestico >.
BappùTto del ng. doti. Schulz iniornti gli oggetti ili arte aulica die sogliono
rinvenirli nei sepolcri di Ruw. (Bdleit. dell' Ist. di Corr. ArcheoL 1836
pag. 73).
! La sola espreftSH testimonianza è forse quella di Ovidio nell' ArU
Amatoria (III v, 7S5) laddove dice:
Carpe eibos digitis - est quidam geilus eiiendi -
Ora ncc immunda tota perunge inanu.
perocché della dnc che si citano di Marziale, l'una (Ep. Ili, 17) puù alln-
dero semplicemente alla voracità ed ai modi inorbani di Sabidio; 1' altra
(T, 78, 6) puù spiegarsi mediante l'imperfetto apparecchio della frugai mensa
di Marziale Etesso, in cni roatiCBsaero alcuni degli arredi necessari, e perciò:
nigra culieulvs virens palella
ponetur digitis lenendus uslis.
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AKCHBOLOaiCA UUHICIPALG. 123
campane tutto cib che si appartiene agli agi della vita e alla
politezza del costume sia Btato ritrovato e posto in uso molto
prima che presso i gravi ed austeri popoli latini , fra cui pe-
netrarono respettivamente assai tardi la mollezza ed il lusso.
Non ho quindi veruna difficoltà ad ammettere, che l' uso delle
armi convivali, già da lungo tempo in voga presso altre città,
fosse tuttavia, o sconosciuto, o almen rarissimo in Boma fino
a tatto il primo secolo dell' 4mpero, ed anco, se si voglia, al-
quanto più tardi. Ma che poi, almeno verso la fine del secondo
secolo" incominciasse ad esservi ricevuto, crederei che l'autorità
dei monumenti da noi prodotti , lo abbia reso sommamente
probabile , se non posto del tutto fuori di controversia. La-
onde insieme col Bich ', e con miglior fondamento ch'egli non
ebbe, ripeteremo, non potersi oramai pib tenere la vecchia opi-
nione degli eruditi, che disdiceva agli antichi k invenzione e
r uso della forchetta. Contro la esistenza dell* oggetto nulla
conclude la mancanza del nome. E quanto al nome , non so
se il Bich abbia colto nel segno chiamandola fuscina anziché
furcula. Perciocché la fuscina, in greco Totaiva, equivaleva al
tridens ed era istrumento a tre cuspidi. Ora noi vediamo dai
monumenti, che le pih antiche forchette ebbero due punte piut-
tosto che tre. Io credo che siccome la cosa, così anche il nome
ci aia derivato dall'antichità: per modo che anche nel latino
idioma venisse denotata mediante un diminutivo del vocabolo
fwrca.
Dissi puf ora l'uso della forchetta essere a noi stato tra-
smesso direttamente dall'antichità. Ed invero le memorie al- ,
legate dal Marquardt nell'opera piii volte citata * ci permettono
I Disionario deUe aniiehilà greche e rmnane, b. t. pmciiiìda (edii.
Bonghi e del Re con sappi, di Gia.^. Fiorelli, 18G!)).
- Haml. V, 1 p. 325.
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124 BULL&TTINO DELLA COUMISSIONB
di seguirne le tracce durante i tempi di mezzo, fino all'epoca
del rinascimento delle arti e delle scienze in Italia. Stimo
prezzo dell' opera lo accennarle ai nostri lettori.
A TTerdon, città della Svizzera, uel paese di Vaud, fra
il VI ed il IX secolo fu trovata una forchetta dì bronzo a tre
punte , siccome attestano gli . atti della society antiquaria di
Zurigo V
Nel libro di Eerrad di Landsperg, abbadessa di Hohenburg
in Alsazia, intitolato liortus deliciarum. e spettante al secolo XII,
si faa una miniatura esprimente una mensa imbandita , sulla
quale trovansi due paja di coltelli e forchette *.
La cronaca piacentina edita dal Muratori ', la quale ter-
mina coir anno 1402 , descrivendo il gran lusso dei cittadini
dì Piacenza attesta eh' eglino usavano tazze, forchette e cucchiftì
di attento. Utuntw taciìs cugiariis et forceliis argenti.
Essendo pertanto dopo 1' epoca del rinascimento comune
in Italia 1' uso della posata, passò di qui alle straniere nazioni
la politezza di siffatto costume. Il merito infatti di averlo ap-
portato in Inghilterra rivendica a se stesso Tommaso Coryate,
il quale sul cominciare del secolo XTII scriveva così *: * In
> tutte queste città e paesi d' Italia pei cui sono passato ho
» notato una costumanza la quale non esiste in nessun'altra con-
» trada da me visitata uei miei viaggi; anzi che io credo non
» si rinvenga presso altra nazione della cristianità , ma sola-
» mente in Italia. Gì' italiani , ed anche assaissimi forestieri
» dimoranti in Italia, nei loro pasti si servono di una piccola
» forchetta quando tagliano la pietanza > . E qui fa seguire una
descrizione dell' uso della forchetta. Indi prosegue : < Cotesto
' milteiiungen der anliq. GeselUch. in Zurich XIV, 3 p. 88 (26)
Taf. IV, 19.
" Ch. H. Engelhardt Herrad voit Landsperg AebtUsin su llohenbury
im EUats,und ihr Werk Hortus deliciarnm. Stottftart 1818 (taf. IV).
* Rerum ilalicar. script. XVI p. -583.
' Th. Coryate Orvditìes. London ICll, p. 90.
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■l.
Li LH ella.
Digitizedby V.lOOQlC
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ABCHEOLOatCA HUNICIFAXE. 12$
» modo di mancare io apprendo essere usitato per ogni luogo
> d'Italia: le loro forcliette sono il piii delle volte di ferro, o
» di acciajo: havvene però alcune di argento, ma di cosiffatte
> non usano che i gentiluomini». Dopo eib racconta com'egli
recasse nn tal costume in Inghilterra, e come fosse perciò pro-
verbiato dai suoi amici col soprannome di fwfcifer ',
Congratuliamoci dunque che anche in cotesto particolare la
patria nostra sia stata alle altre nazioni maestra di gentilezza.
A. C.
< Si che questo era anticainent« hd improperio con coi si riprende-
vano ì servi.
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BULLETTINO DELLA COUMISSIONE
POMFEU PLOTINA, MOGLIE DELL'IMPERATORE TRAIANO. '
TESTA MAGGIORE DEL VERO
Di questo ritratto dell' egregia moglie dell' imperatore Tra-
iano, possiamo con verità ripetere ciò che già disse il grande
illustratore del museo Pio dementino di quello della stessa
Plotina, conserrato nel Vaticano, chiamandolo: nobilissima testa
colossale *.
La rarità delle imagini di questa donna augusta venne al-
lora affermata dall' autore medesimo K I ritratti di Plotina, tro-
vati in ai scarso numero a confronto degli altri rimessi in luce
dalle successive scoperte, hanno poi confermato la giustezza di
tale asserzione *.
I Fn trovata tuli' aprile del corrente anno suU' Esqailino, poco loatano
dal maio della Staiiooe, nella villa già Massimo. E alta cent 48.
- M. P. C. voi. TI, tav. 44, a e. ]93 ed. mil. Appartenne già alla
collezione della famiglia Hattei. Non. Mat. tom. II, tav. XV. Il Hongei,
nella continuazione dell' Iconografia romana di E. Q. Visconti, pose questa
ritratto stesso di Plotina, tav. XXXVII, n. 1 e 2.
» Id. ibid. a e. 194.
>■ È da rìcoidare come Bommameiite pregevole il biuto, maggiore del
vero, che »' ammira nella vigna Pacca, posta fta il 1 e il 2 miglio (bori
la porta de' Cavall^gìerì. È tal luogo arricchito, come di questo, cosi di
altri monumenti trovati in Ostia, che vi fece porre il cardinale Bartolomraeo
Pacca; uomo che, lasciando degli altri suoi meriti, si rese altamente bene-
dbjGooglc
ARCHEOLOGICA HUHICIPALE. 127
È dunque da tenere in gran conto questo marmo, che alla
rarità del soggetto unisce il pregio della mole e della conser-
vazione. L'arte viene a possedere con esso un nuovo esempio
dell' ottimo stile, che la scuola greco-romana tenne nel ripro-
durre le sembianze proprie di ciascuno. Quanta ilarità e quanta
maestà insieme nel volto, e quanto lontana da quel forzato sor-
riso, che oggi per mal vezzo si vuol sempre esprimere nei ri-
tratti, e farà credere ai posteri, che a tempi nostri sì passasse
rìdendo la vita . senza pensiero di quello che ne diranno le
istorie !
Non pub qui esser maggiore una certa spontanea grazia
dell' espressione, che domina in tutta la faccia e che non valse
a diminuire la sfavorevole acconciatura della chioma, alla quale
s'ebbe l'artefice a conformare, per mantenersi fedele alla somi-
glianza , esprimendo quella foggia , che allora era usata dalle
donne romane.
Le antiche medaglie somministrano in questo particolare
un confronto, che ci rende certi del variare d'acconciature sif-
fatte : quando incominciasse ognuna di esse, e quando fosse poi
abbandonata.
Questa del tempo di Plotina, ch'è invero così lontana dalla
bellezza dell' arte, quanto al naturale andamento delle chiome
ripugnante, si vede succedere senza precedente gradazione a
quel modo, con poca diversità tenuto nel disporre i capelli, da
Livia a Domizia: dall'impero d' Augusto a quello dei Flavi. A
Giulia, figlia di Tito , sembra che sì debba attribuire la non
merito dalla Cfcserraziotie come della scoperta delle antichità, colla le^^
promolgAta da Ini, essendo sotto Pio TU Camerlengo di S. B. C. : legge
àlU qoale diede grande opera Filippo Aurelio Tiscoatì, mio zio. ed io pos-
siedo l'autografo del progetto da lai elaborato in proposito. Il lodato cardi-
nale, perrenato alla somma dignità di Decano del collepo cardinalizio e
con essa alla sede vescovile 4' Ostia, fece es^fnire degli scavi fra le mine
dell'antica città, o nel pala»o del vescovato cominciò una notevole rac-
colta d'iscrìiioni e d' altri monumenti. Tutto questo mi è ben grato di ri-
cordare in ossequio della memoria di sì preclaro uomo e si degno.
dbjGooglc
128 IlL't.LETTINO DELLA COMMISSIONE
bella innovaEione. Certo essa comparisce la prima colle chiome
sollevate sopra la fronte alla maggiore altezza che mai aTesaero
per artìfìcioso inalEamento.
Le OBservazioni da me fatte snlle sculture, che ne rappre-
sentano il ritratto, hanno arnto per effètto lo stabilire: che dalla
sommità de' capelli così elevati, misurando insieme tutta la lun-
ghezza del volto, e quella poi dividendo in nove parti, quattro di
esse parti erano tutte per la chioma alzata oltre ta fronte; restando
le altre cinque dal sommo della fronte al finire del mento. Era
dunque l'aspetto della persona accresciuto con tale artifizio della
metà meno un quinto. Sproporzionata alterazione dell'armonia
reciproca delle diverse partì del volto, che se poteva essere tol-
lemta nel vero, non poteva non riuscire al sommo disconvene-
vole all'imitazione dell'arte.
Che una tal foggia d'assettare il capo propriamente fosse
trovata dalla figlia di Titti, che ne palesa in se stessa l'esage-
razione m^giore , mi conduce a pensarlo l' averne Marziale,
dissimulato il facile ridicolo, intento sempre all'adulazione del
suo dio e sig^nore Domiziano *; mentre Giovenale che ne vide,
come r altro la moda , non si tenne dal biasimarla altamente
e schernirla così nella satira sesta :
Tot premU ordintbus, tot adirne compagibus altum
Aedificoi caput. Andromaclien a fronte videbis
Post mÌTìor est: oredas altam '.
' Pitrlù fuori d'ogni dabbio di (al gi'nere d'aecondatura, ch'era qnello
del .suo tempo, mit non per colpirne il ridicolo quanto alla farma, sìbbene
pei dimostrare la bestiaio iracondia d'innoleii te donna, nelti versi eegaentì:
Uiius de tolo peeeavcrui orbe cotnarum
Annuliu, incerta non bene /ìxiis acu.
Bp. lib. II, ep. 66. ^nell'orbe di chiome formato da tanti minati ricci,
annuii, the sì sostenevano con un ago crinale ciascnno, è appropriatissimo
all' artiliicio e al modo della pettinalnra della Qialia di Tito; nia chi po-
trebbe senza averla veduti rappreaentatn dall'arto concepirne da per se atesso
dal detto liei poeta la inasta idea?
" V. 502 seg.
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ABCHEOLOGICA HUNICIFALB. 129
Questa descrizione, che si trova tanto precisa al confronto dei
monumenti dell' antichità figurata , non ben darebbe senza dì
quelli, idea dello «trano assettamento della chioma. Ma con tale
confronto si rende manifesto come il poeta ne colga aspramente
il ridicolo, rappresentando tale, che all'innanzi offra l'alta sta-
tura d'Andromaca, e veduta da tergo, non piii sia quella stessa:
tanto di se medesima si dimostra allora minore !
Né senza il paragone dell' antichità figurata s'avrebbe cer-
tezza dì quello che Papinio Stazio intese di celebrare, lodando:
celsae frontis honores, suggeslumque comae '. Non è dubbio:,que-
sto aito onore della fronte e questa elevazione della chioma,
esser stato feminile artifizio per dare una apparenza di gran-
dezza a chi sortito avesse piccola o assai mediocre statura, che ben
può talora contribuire alla grazia, ma non così alla maestà della
persona. Giovenale , che ben sapeva a qual donna alludesse,
chiamò quella pigmea '. Aggiungo adesso come io pensi, ch'egli
mirasse a ferire direttamente Giulia di Tito.
Ma che che aia dì questo, l'acconciatura sì mantenne con non
molta varietà fino al tempo di Sabina moglie d'Adriano. La quale
dopo averla' usata ancor essa per alcuni anni, la mutò poi, come
io credo , avvenuta la morte di Plotina. La proporzione, ohe
l' artificiale alzamento della chioma manteneva col volto ai
tempi di questa augusta, era ridotta ad un terzo, come appunto
si vede ne' suoi ritratti e nella presente scultura *.
La lode, data ad essa da Plinio Cecilie, dell'esser stata:
modica cultu, si verifica anche in questa ìmagine di lei. Le
' Sjlv. Ub. 1, T. 62.
* cedo, ri breve parvi
Sorlila est talms apaeium, l»-evÌorque videtur
Virgint Pygmaea, nvUii aditila eoturfùs.
Sat VI, V. 504, seg.
' Sì vegga U tavola nnita n. 1 e 2.
Dig'tizedbyL.lOOQlC
130 BULLETTINO DBLLA COMMISSIONE
Oroatrìci ' avevano trovato molto guise di aggiungere eleganza
e ricchezza a quel modo d'ordinare i capelli, che costantemente
venne da lei seguito. Ne abbiamo veduto con penne poste fra
gli elevati anelli del crine; ne abbiamo vedute con gemme. Nes-
suna di tali cose è introdotta ne' ritratti di Plotina.
Gli onori che meritò dal marito vivente , non le vennero
meno imperando Adriano, al quale sgombrato aveva la via del
trono. Essa si vede associata a questo imperatore sui con! d'una
moneta d' oro, che l' Eckhel, chiamava : insigne cimelium *, la
scoperta della quale insieme ad altre centoventidue dello stesso
metallo, fatta a Gastronovo, fu dovuta a Gio. Battista Visconti
mio avo, commissario delle antichità \
Ebbe poi Plotina anche 1' onore della consecrazione e se
ne mantenne il culto, che, unitamente all'altro delle auguste,
coirinijalzan?ento di Traiano al trono de'Cesari, venute all'apice
di loro grandezza, troviamo largamente diffaso nel mondo roma-
no *; concorrendovi 1* onore che Antonino Fio volle sempre che
fosse reso alla memoria di esse, col proprio suo esempio avvi-
vandolo negli altri.
■ Delle Ornairki , che colla Pseeas , dmdevano la cura della chioma
delle doDoe romane d'alto grado, scrìasc molto copiosamente Francesco Eu-
genio Guasco, sotto qnesto titolo : Delle Ornatrici e dei loro nfBci, ed ìd-
sieme della eupenstizionc dei gentili per la chioma e della coltata della
medesima presso le dame romane. Napoli 1775, 4, flg,
» Docl. num. vel. toL VI, pag. 466.
' La piìi antica di tali monete era dì Nerone , V altima d' Adriana.
Te n* emno dieci di Plotina, fra le quali, insigne pei rarità, qnella ricor-
data nel testo, M. P. C. tom. 1, tay. A. II, n. 17.
* Bicordeib ana iscrizione della Dalmazia , perchè non l' ho veduta
riprodotta. È nn b'ammento ; ma tale però che attesta degli onori divini
resi insieme a Uatidia e ad Adriano, sicurame}ite al tempo d'Antonino Pio:
DITA MATt4ta
DITI HAdnani Secrui
Fa scoperta a Sign, con molte altre epigrafi: che s' impiegarono nella fab-
brica delie case. Lovrich, Osservasioni sul viaggio di DcUmasia d' Alberto
Furlis. Venezia 1770, 4, a e. 55.
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ABCHXOLoaiOÀ HUNICIPALE.
HANLIA SGANTHLA
HOGia DELL'IMPERATORE DmiO GIULIANO.
BUSTO GRANDE AL VERO '
(Tav. X. n. 3.)
Quando Didio Giuliano ebbe quel funesto pensiero di con-
seguire per prezzo d' esser gridato dai pretoriani imperatore,
Hanlia Scantilla, moglie di lui. Io ai'rebbe dissuaso da quello
stolto suo passo. Non mancò, non l' ignoro , chi scrivesse ap-
punto il contrario '.
Ma la verità della prima testimonianza sembra a me di-
mostrata dalla stessa successione degli eventi. Perchè ucciso
dopo sessantasei giorni di trepidante impero lo sciagurato con-
sorte, Settimio Severo che gli era succeduto, perdonò a Lei la
vita; guardando certo piU alla passata sua moderazione, che
non alla sua presente fortuna.
Tornata cosi alla condizione privata, non entrb in que' tor-
bidi rivolgimenti, che valsero quasi sempre violenta morte a chi
sceso dal trono, agognava pur sempre di risalirvi ancora.
Le storie piìi non ne fanno ricordo, dando a me argomento
come essa quietamente venisse ad estinguersi.
A. questo suo modo d'aver dimesso ogni idea del potere,
del quale ebbe così poca parte e coaì breve, h dovuto altresì,
che non ne fossero allora abolite le imagini. Il busto, che recen-
■ Si yeggt, V anita tavola n. 3. Fa trovato il presente basto nel feb-
braio del corrente anno 1874 nella vigna Belardi , attìgua alla già villa
Altieri Inngo lo stradone di santa Croce iu Oenualemme.
^ Hentre Spariiano disse Hanlia Scantilla e Didia Clara esser state
presaghe dall' itcminenta catastrofe, e aver loro malgrado seguito la sort«
del marito e del padre, Erodiano, Stor. lib. II. 22, le presenta, come ìsti-
gatrici dì lui. perchè comperasse l'inipero; ma la maligoità d'Erodiano è in
vero manifesta in qaanto narra di Didio Giuliano e de' suoi.
dbjGooglc
132 BULLETTIMO DELLA C0UHI3SI0NE
temente ha riveduto la luce, ha una perfetta somiglianza con
le rare medaglie impresse del suo ritratto durante l' impero del
marito.
Appartiene il busto medesimo aquet periodo dell'arte romana
nel quale la scoltura piìi si dimostra perfetta nell' eseguire i ri-
tratti. Quello di Maolia Scantilla offriva non poca difficoltà,
essendoci pure dalla storia reso noto com'essa fosse deforme '.
Diminuì, quanto far si poteva, i difetti dell'originale l'indu-
stria dell' artefice , che tutti non poteva dissimularli per non
allontanarsi troppo dalla naturale sembianza. Il destro occhio
è losco , non gradevole I' espressione della bocca. L' insieme
però si compone per modo , che il riguardante raen rimanga
offeso da tali particolarità imposte dal vero. La sempUee ac-
conciatura della chioma , già dalla prima Faustina tornata a
scendere intorno alla fronte, ha però un suo speci&le carattere,
che lo rende diverso, non solo da quello della Faustina di Marco
Aurelio; ma dall' altro ancora, quantunque contemporaneo, di
Crisptna moglie di Commodo. La sicurezza nell'apprezzare questi
minuti particolari, ci viene tutta dalle medaglie, che servono così
a stabilire, col confronto di queste modificazioni della moda nel
donnesco assetto del capo, la cronologia delle arti ne'ritratti
anche incogniti.
L'ultimo fatto che di Manlia Scantilla^racconti la storia,
b la cura presa da lei di dar sepoltura all'ucciso marito. Ottenu-
tane da Settimio Severo la spoglia, la depose nel monumento di
Salvio Giuliano, stato due volte console e celebre per la reda-
zione ieìV Editto perpetuo *, commessagli dall'imperatore Adria-
no. Era quel monumento al quinto miglio della via Labicana,
ed era Salvio Giuliano pro-avo di Didio %
1 MìdieT deformistiina, la disse Eutropio , lib. Vili. Forse ebbe essa
altri difetti della persona, oltre qaelli che Gono espressi nel volto.
- Questa redazione è consertala fino a noi. Si vegga fm le molte
edizioni, come più emendata, qnella, che ha pei titolo: Edictum perpelwun
Adrùttuum, Guiklmi Raneliini opire resliltUtim. Parma 1782, 8.
' Spartiaii. 1. e. pag. S3.
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TAV. X
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ABGHEOLOCICA MOmciPALB.
DIDIA CLARA
FIGLIA DELL'IMPERATORE OIDIO 6IULIAN0.
BUSTO GRANDE AL VERO >
Bello per l' art* come per la persona rappresentata è que-
sto busto, che ha ancora il pregio d'una somma rarità *.
Didia Clara figlia di Didio Qiuliano e di Manlia Scan-
tina, assunse il cognome da quello dell'ava Emilia Giara.
Ebbe insieme alla madre per decreto del Senato il titolo
d'Augusta, che perd^ pure insieme con lei, spogliata in pari
tempo da Settimio Severo del patrimonio paterno, donatole da
Giuliano, che 1' aveva emancipata fatto appena imperatore '. Di-
vise colla madre la pietosa cura dell'esequie e del sepolcro
del genitore uccìso.
Cornelio Repentino, al quale era stata data in moglie, so-
pravvisse al suocero, che l'aveva nominato prefetto di Roma;
nfe se gli fece colpa d' aver sino all' ultimo assistito a lui col-
r opera e col consìglio *.
Forse questi due busti, trovati come dicemmo, a non molta
distanza 1' uno dall' altro, in luogo, che ben si pub credere es-
I Si vegt';i la tiivok X, n. 4.: il busto è alto cent. 53.
- Fq trovato nel gennaio del coTrente anno 1874 nella villa giàPa-
lombata, celebre per la scoperta del dUcqbolo di Hiroae, ch'i nel palazzo
dei Uasaìmo alle Colonne, i qnali furono poasesaorì di tale villa. La scoperta
avvenne propriamente in qnella parte d'essa villa, ch'è presso al vicolo di
San Matteo in Meruknn.
* Filiam tuam {Didius luliantu) potitus imperio emaneipaveral , quoti
ri, rum ÀuguiUte nomine slaiim Sìtbialum est. Spari, l. e. pag. 93.
* Abbandonato da tntti reato Giuliano, in Paialio rum wto de prac'
feclii suis Geniali ci genero ìlepenlìtìo, Id. ibid.
DigitizedbyL.lOOQlC
134 BDLLBTTIKO DELLA. COHIflSSIOMB
sere stato già posseduto da una sola e medesima persona, val-
gono a farci conoscere un possedimento del ramo de' Cornei!
onde usci Cornelio Repentino.
Sono poi 1' UDO e l' altro busto prezioso accrescimento alla
iconografia imperiale, alla quale mancavano tali ritratti in scul-
tura, e in tanto accurato stile, e di conservazione sì bella. Il
Hongez non aveva potuto presentare i ritratti della moglie e
della figlia di Didio Giuliano, se non solo dalle medaglie'.
P. E. y.
' Iconogr. rom. tav. 46, n. S e S.
DigitizedbyL.lOOQlC
ABCHROLOOIGi HDHICIPALE.
INDICE
delle materie contenate nel presente. fascicolo.
lUustragione dì v/n antico pugillare in avorio slato
di uso a Gallieno Concesso, senatore romano
(Tav. VII. Vili.) sig. Barone Pietro Ercole
Visconti pag. 101-115
Due antiche fùrchette di argento (Tav. IX.) sii;,
cav. Augusto Castellani » 116-125
Pompeja Plotina moglie dell'imperatore Trajano,
Testa maggiore del vero (Tav. X. n. 1. 2)
sig. Barone Pietro Ercole Visconti » 126-130
Manlio Scantina moglie dell'imperatore Didin Giu-
liano. Busto grande al vero (Tav. X. ii. 3)
sig. Barone Pietro Ercole Visconti » 131-132
IHdia Clara figlia delVimpeiatore Didio Giuliano.
Busto grande al vero (Tav. X. d. 4.) sig. Ba-
rone Pietro Ercole Visconti » 133-134
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Loglio - Settenlìre 1874.
ANTICA SlU DA RSOTAZIONI, OWIRO AODÌTORIO,
SCOPERTO FRA LE RDINE
DEGÙ ORTI HEGENAZIANI, SULL' ESQUILINO.
Ben era da credere che i vasti lavori fatti eseguire dal
Comune di Roma per lo stabilimento dei nuovi quartieri del-
l' Gsquilino avessero a ridurre all' aperto, oltre a molte òpere
di Bcultura ed un gran numero di suppellettili anticlie, anche
un qualche monumenki architettonico, il quale per la novità
delle sue forme ni distinguesse dagli altri fino ad ora scoperti,
e servisse ad illustrare un qualche particolare uso della vita o
privata pubblica dei romani, del quale, tranne il ricordo fat-
tone dagli scrittori, non si avesse veruna traccia fra le rovine
dell' antica città.
Questo avvenne, se noi non erriamo, per via della scoperta dei
considerevoli avanzi di un antico edilizio dell' Esquilino, di cui
si è molto e variamente parlato, e la cui vista produsse nel
pubblico non leggera impressione. Cedendo al desiderio de'nostri
chiarissimi colleghi,noi ci accingiamo a divulgarne i disegni, rica-
vati con esattezza sotto la nostra direzione, e a corredarli dei ne-
cessari coment): disegni; che saranno per riuscire sempre ac-
cetti alle persone intendenti, quand' anche potesse insorgere —
il che non crediamo — alcuna disparità di opinioni intomo alla
natura ed alla destinazione dell' edìQzio di cui si tratta. Per pro-
ci byGoOglc
138 BULLETTIHO DELLA C0HUISSION£
cedere con ordine, descrireromo prima la: scoperta e la conforma-
zione del monumento; passeremo quindi a rintracciarne l'epoca, e
dichiararne 1' ubo; recheremo qualche frammento d'iscriiìone, ed
alcuni oggetti di scultura trovati presao il medesimo ; da ultimo
cercheremo di assegnargli, nella topografìa di Roma antica, quel
posto che a giudìzio nostro gli spetta.
Tracciandosi adunque le vie cbe devono racchiudere i nuovi
quartieri della seconda zona dell' Esquilino, nel mese di marzo
dell'anno corrente, fu scoperta, entro la villa già Caetanì,
e precisamente alla sua estremità verso la via Merulana,
la sommità di ud maro di forma curvilinea, con residui d' in-
tonaco vagamente dipinto ; ìl qnal muro si profondava nel ter-
reno per r altezza di un metro soltanto, rispetto al piano della
villa suddetta. Questa nostra Commissione archeologica, vigilan-
tissima sempre a toglier cura di qualunque avanzo di vecchie
costruzioni che ritorni alla luce, ordinò si seguisse colle escava-
zioni r andamento di quel muro, e si estrassero le terre che
1' aveano coperto, fino a raggiugnere il piano primitivo dell' edi-
fizio. Kgli si venne per tal guisa a riconoscere, che il muro
medesimo costituiva l' estremità di una grande e nobile sala
quadrilunga, terminante dall' uno dei lati minori in un semi-
cerchio, nel quale giravano sette gradi concentrici, a similitudine
di quelli della cavea di un teatro. La sala conservava buona
parte dell'intonaco del muro, dipinto di fino colore purpureo, e
distiuto di eleganti pitture, le quali a suo luogo verranno de-
scritte.
Il disterro della parte esterna dei muri pose in chiaro, che
la fabbrica era in parte sotterranea, e che l'estradosso della volta
di detta sala, allorquando essa trovavasi in istato di perfetta
conservazione, doveva elevarsi sul piano antico della città non
più di quattro metri ; mentre la rimanente altezza della costru-
zione, che nella sua totalità misurava ben tredici metri, di-
scendea nel terreno vergine, ed era incassata nel medesimo.
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AROHEOLOQIGA UVpiClTKhE. 139
Una bella opera reticolata di tufa, a tasselli piuttosto pic-
coli, con angoli e legamenti fatti della pietra iatessa, tagliata
in parallelepipedi, vi formava ciò che gli antichi nomavano la
frorUe, o la lorica del muro ; e questa all' esterno avea princi-
pio a livello del piano antico, dove cessavano le fondazioni sot-
terranee ; mentre dalla parte interna si estendea per l' intera al-
tezza delie pareti.
Bilevata, come si è detto, la pianta e le dimensioni del'
r edifizio, e fattine disegnare i particolari architettonici, ed un
qualche saggio delle pitture meglio conservate , si h riportato
il tutto nelle tavole, di c^i va corredato il presente scrìtto, le
quali sono distinte dai numeri d'ordine XF, XII e XIII, XIV
e XV, SVI, XVn e XVIII. Nella tav. XI,3otto la fig. 1,« si trova
delineata la pianta della sala, colle sue attenenze: essa è larga
m. 10: 60; lunga, fino al diametro dell' emiciclo, m. 19: 10, e com-
presa la parte semicircolare, m. 24: 40; la sua altezza, fino alla
cornice dove impoeta la volta — di cui sussiste in qualche luogo
l'invito — h di m. 7:40; e computata fino all'estradosso della
medesima volta, darebbe m. 13: 00.
Cinque nicchie quadrilunghe, non molte profonde, e che po-
trebbero non impropriamente assomigliarsi ad aperture di fene-
stre murate, ricorrono intorno alla parte incurva, sopra di uno
zoccolo, ^to m.0:52. Sotto di questo girano, secondando la curva,
i sette gradini poco sopra indicati, a foggia di sedili, che pe-
raltro non discendono fino al piaao della sala; mentre anzi il
piìi basso di quelli sta sopra di uno scaglione, elevato m. 1: 10
sul piano suddetto. Tanto esso scE^lione, quanto i soprastanti
gradini erano incrostati di ricche lastre di marmo caristlo.
Nelle pareti laterali e rette della sala sono ricavate da cia-
scun lato sei nicchie, non dissimili di forma da quelle aperte
nell'emiciclo, ma di grandezza e di profondità alquanto mag-
giori; le quali stanno parimente sopra uno zoccolo, che ricorre
in continuazione di quel podio,o scaglione, donde sorgono i gradi.
Ha cotesti grossi muri laterali colle nìcchie non procedono fino
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140 BDLLBTTmO DELLA COIIHI3SI0HI
al termine della aala. Havvi una terza sezione della medesima,
che ha principio dopo una rìsega formata dai mari suddetti;
la qual parte perciò di taato si avvaataggia in larghezza, di
quanto in grossezza diminuiscono quelli. Addossato alla parete
di fondo, che fronteggia i gradi, esisteva qua una specie di
tribunale, suggesto , e np sussistono assai beo riconoscibili
gli avanzi, quantunque rimanga incerta la maggiore, o minore
ampiezza di esso. Si osservino alla tav. XI, lìg. 1* e 2*, tutti
questi particolari, che sono di grave momento nella ricerca del-
l' UBO e della natura del luogo.
Non ha dubhio che tutta la sala fosse coperta con una
volta. In essa doveva aprirsi una vasta lanetta, e qualche ab-
baino, per introdurvi la luce dall' alto, com' era naturale in edi-
lizio sotterraneo, e come vedesi fatto, per esempio, nella ben
nota sala, pur sotterranea, della villa di Livia Augusta a Prima
Porta. E che tali aperture fossero difese da invetriate, pub darlo
a credere la circostanza, che molti frammenti di grosse lastre
di cristallo antico sono stati rinvenuti fra le macerie e le terre
cavate fuori dall' interno del luogo : i quali ora si conservano
fra le raccolte della Commissione, Il pavimento erane di musaico
bianco, a tasselli minutissimi, senz' altro ornamento che una sem-
plice fascia di riquadratura in rosso.
Alcuni rìstauri si scorgono latti all' edifìzio anticamente.
Furono ampliati i gradi, e portato alquanto pih innanzi l' imbasa-
mento dei medesimi, non con reticolato, ma con opera di mat-
toni. Di laterizio egualmente veggousi rifatte le spalle delle
ultime due nicchie a sinistra, clii si ponga dirimpetto all'emi-
ciclo. Al pavimento di musaici ne fu sovrapposto uno di marmi
(lithostroton), e se ne ritrovano in qualche parte le vestigia.
Dì alcuni vani di porte murati diremo fra poco.
I mari della nostra sala elevandosi suU' antico piano
di Boma per soli metri 6, e il sno pavimento sottostando
al piano suddetto di m. 7, egli h chiaro che bisognava di-
scendervi, mediante una scala, o per via di un piano in-
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ARCHEOLOaiCA. HUNiaPALE. 141
clinato. Il secondo partito fu prescelto ; ed è perciò che nel si-
nistro lato dell' edifizio si trova una discesa, consistente di due
branche inclinate (tav. XI fig. 2") , le quali ebbero un pavi-
mento di mattoncelli commessi a spinapesce, od a spica, lavoro
denominato dt^U antichi opus spieatum (tav. XIV, XV fig. 3*).
I muri laterali di questa doppia discesa son costruiti dello
stesso genere di reticolato poeo sopra descritto, ed erano in ori-
gine intonacati di stucco bianco , di cui restano qua e là
moltissimi brani. Per cotesta discesa entravasi lateralmente
nella terza sezione della sala : il vano della porta si ravvisa
benissimo, e conserva la sua soglia di marmo, quantunque in
appresso venisse ostruito con muramento di pessima costruzione.
Dirimpetto a questa porta se ne apre un' altra, la quale mette
in alcuni luoghi attenenti al destro lato della sala istessa, ed
in una specie di ambulacro, o coiridojo, aderente al lato
posteriore di essa. Nel mezzo di detto lato eravì una terza
porta, ed anche questa venne chiusa, ma molto anteriormente
all' altra, siccome apparisce dalla qualitò dell' opera mnratoria.
È poi notabile al sommo la circostanza, che la &b-
brica si trovi incastrata nelle mura serviane, le quali furono
a bella posta tagliate obliquamente per darle luogo (tav. XI
fig. 1'); in guiaachfe 1' edificio giaCe parte dentro e parte fuori
del vetusto ricinto della- città. Ne riman fuori, cioè, per la mas-
sima parte, la terza sezione della sala coi luoghi aderenti ;
mentre 1' emiciclo coi gradi, e la sezione intermedia, giacciono
per intero al di qua delle mura, e nel terrapieno di esse. La
quale situazione singolare dell' edifizio non può non avere de-
terminato la sua particolare disposizione. Perocché contro del
terrapieno fu voltata opportunamente la parte incurva,pih adatta
a far forza; e similmente, per resistere alle spinte laterali del
terreno, servirono egregiamente le nicchie aperte d'ambo i lati
nelle grosse muraglie : laddove in tutta la porzione che rimase al
di fuori si notano e muri meo gagliardi, ed una conformazione
di fabbrica meno acconcia a sorreggere lateralmente.
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142 BULLETTINO DELLA COUUISSIONE
Passando ora ad esamioar le pitture, si vuole in primo
luogo avvertire, che queste durano abbastanza conseryate nel-
r emiciclo; poco nella parte intermedia; e sono affatto scom-
parse nella terza sezione della sala, cb' h di tutte la pih dan-
neggiata. Il partito della decorazione pittorica ò sobrio ed ele-
gante : le pareti non offrono che un solo colore ; talché l'artefice
non ha fatto efoggìo di sua rara perizia, che nel dipingere i
fondi delle nicchie, e i fregi che sopra, o sotto quelle ricorrono.
Ma diasi prima di tutto un'idea generale del concetto artistico
il quale ha motivato la scelta della decorazione suddetta.
Il fondo delle pareti è purpureo. I vani delle nicchie, imi-
tanti, siccome dicemmo, altrettante aperture di fenestre, sono
dipinti di un bel colore certUeo, su cui spicca una ricca massa
di verdura, composta di svariate piante, di arbusti e di fiori,
avvivati dalla presenza di scherzosi e variopinti attgelli-A rendere
pih viva la illusione, che que' vani siano di fenestre, l'artefice
vi ha rappresentato nel basso una loggia co 'suoi parapetti, nella
cui parte piìi sporgente dipinse un vaso grande, in forma di
coppa, inteso all'ottico effetto di respìngere indietro la veduta
delle piante e dei fioii. Questa serie di nicchie, o simulate fe-
nestre — di cui sono cinque nella parte curvilinea della sala,
e sei da ciascun lato della parte intermedia — viene adornata,
sopra sotto, da una fascia a fondo nero, dell' altezza di
centimetri 27, divisa in tanti compartimenti, separati fra loro da
gentili ornati ; nei quali compartimenti una veduta di giardini
è alternata con istorie di svariati, e spesso eruditi argomenti
di putti Genietti, di cacce, di Ninfe, di soggetti mitologici,
bacchici , o comici. Di cosiffatti compartimenti dodici se ne
contano in quel tratto della fascia che gira nell' emiciclo*, poiché
quivi lo stato migliore delle pitture consente disceruerli meglio.
Egli è chiaro che l'artefice, nel dipingere gli sfondi delle
nicchie, ebbe in mira dì ottenere l'effetto, che le persone trat-
tegentisi nella sala credessero vedere, attraverso le finte aperture
delle fenestre, quegli oggetti che al dì fuori sì ritrovavano; cioè
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ASCEEOI.OQICA UUHIGIPALB. 143
a dire, i deliziosi giardini, in mezzo ai quali era posto questo
nobile edifizio, siccome a suo tempo verrà diàiostrato. Cosicché
noi dovremo ripetere, intorno al concetto di essa pittura, presso
a poco la medesima sagace osservazione, fatta già dal eh. dott.
Brunn su quella della camera sotterranea, poco innanzi ricordata,
della villa dì Livia; vale a dire, che i boschetti e le piante ivi
effigiate serviano a far sì, che pure ìq quel sito internato nel
suolo si continuasse, in certo modo, a godere le piacevoli ame-
nità della villa '. Perocché se in luoghi di questo genere si
discendea volentieri, a ricercarvi l'ombra ed il fresco, nelle ore
piìi moleste della estiva sti^one, non i perciò che alle per-
sone ivi raccolte non tornasse accetto di aver presente una im-
mi^ne delle campestri delizie, in mezzo alle quali faceano di-
mora. Quindi ò che i giardini venivano, per industria dell' arto,
trasportati sotterra. K quindi è, nel caso nostro, che l'artefice
si apprese al partito di dipingere quelle nicchie a similitudine
di fenestre.
Dichiarata siffatta circostanza, che non dovea trasandarsi,
sarà conveniente dare una succinta descrizione di quello par-
ticolarità delle decorazione, le quali si osservano nelle tavole
annesse. Sotto una elegantissima cornice di stucco. Intagliata
con fregio e collarino, che costituisce la imposta della volta, e
cui fa seguito un grazioso meandro dipinto a vart colori,
(tav. XIY. XV. flg. 45) tutta la fronte delle pareti ò spalmata
di una vivissima tinta, mista di minio e di cinabro. Su co-
testo fondo spiccano in chiaro degli ornati fini e leggeri, che
nello stato attuale delle pitture non si discernono, se non molto
da presso: questi negli spaz! fra le nicchie dell' emiciclo formano
dei semplici compartimenti, con sottili rabeschi nel mezzo e dai
Iati ; mentre nel pieno delle pareti sulle nicchie inferiori rap<
presentano varie invenzioni, colonnine sormontate da figure, ed
altre fantasie; ittutto di corretto e semplice stUe.La fascia oscura,
I BuUell. tMl' Itulil. di Corrisp. Arcigni. 1863 pag. 82 sg.
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144 BULLETTIHO DELLA COHHISSIOKE
che serve come di zoccolo alle nicchie della parte cumlinea,
contiene, siccome dicemmo, alternEiti compartimenti di giardini
e di storie, divisi fra loro da speciali e sempre leggiadri orna-
menti. E questa fascia, nel passare che fa dall'emiciclo alla parte
intermedia della sala, discende di un tratto eguale alla sua
altezza, e comincia a ricorrere al disopra delle nicchie inferiori,
per guisa ch'essa di zoccolo diventa fregio: e qua ne 'suoi com-
partimenti più non sì trovano le vedute dei giardini. Queste
seconde nicchie son fiancheggiate da svelti pilastrini, cogli spì-
goli e i capitelli di marmerai di sotto dei quali, nel basso di
ogni divisione fra nicchia e nicchia, si hanno altre istorie di
figure a fondo nero, simiglianti a quelle della fascia superiore.
Dalle nicchie fino al pavimento la parete aveva una zoccolo di
marmo caristio, in continuazione di quello scaglione che serve di
base alla gradinata dell' emiciclo.
Ora per farsi un' idea piìi adeguata delle parti principali di
queste nobili pitture, si osservino le due tavole, nelle quali ab-
biamo fatto delineare: lo sfondo dì una delle nicchie, o finte fe-
nestre, e due delle istorie dipinte nelle fasce a fondo nero ricor-
date piìi volte. — Speriamo di potere, in altra occasione, pub-
hlicarae tutta quanta la serie, onde appieno se ne conosca la
vaghezza e la erudizione.
Nella tav. XVI è rappresentato il balcone meglio conservato
fra quelli dipinti nelle nicchie dell' emiciclo. Esso balcone, al
termine della grossezza del vano, ha principio con uno zoccolo,
ed h munito di basso parapetto, aggettato nel mezzo, dinanzi a
cui sta una grande coppa a due anse, sostenuta da elegante pe-
duccio. Quattro colonnine sottili, agli angoli del vano, sostengono
una intelajatura, ovvero un pergolato, sparso di fiorì e di fo-
gliami. Nella parete di fondo e in quelle laterali, fino a tre
quarti di loro altezza, veggonsi dipinte eoa maestrevole artifìcio
rigogliose piante di pini, aleandri ed allori, su cui posano, o verso
le quali volano degli augelletti, variati di forma e di piume. Quelle
piante rappresentano, secondochè avvertimmo, ì giardini esteriori.
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ASCHEOLOGICÀ MUNICIPALE. 145
Nella tar. XVII, alle figg. 1* e 2% si hanno due soletti
dei meglio conservati, fra quelli delle figure a fondo nero, che
nella parte media deUa sala ricorrono al di sopra e appiè dello
nicchie. Cotesti due soggetti nella suddetta sezione della sala
trovansi l'uno dirimpetto all'altro, appiè dei primi due vani che,
l'uno a dritta e l'altro a sìnititra, si aprono immediatamente
dopo la curva dei gradi. Rappresenta l'uno e l'altro delle donne,
vestite di tunica e corta sopravveste e coronate di frondi, forse
delle cultrici di Bacco — due di esse reggono una specie di
tirso — le quali semhrano attendere ad allestire le cose oppor-
tune pel sacrifizio. A sacrifizio infatti potrebbero accennare le
corone ch'esse portano in capo. Il primo soggetto (n.'* 1) ci
esprime una donna stante, che appoggiandosi al tirao è in atto dì
osservare una sua compagna, la quale col pie sinistro sopra di un
sasso, curvasi alquanto verso di una grande anfora posta per
terra;e mentre accosta la mano all'orlo superiore di quella, come
per indicarla, sembra interrogar collo sguardo colei che le sta
ritta dinanzi. Neil" altro soggetto (n." 2) vediamo una donna,
pure appoggiantesi al tirso, accovacciata per terra dinanzi ad una
larga pietra, su cai stanno alcuue cose di natura non ben di-
stinta; ella De ha preso una tenia, ed innalza il volto verso di
una compi^na, che sta in piedi alla sua presenza, ma senza
punto badare all' azione di lei, e sorregge colla mano sinistra
una cassetta. — È manifesto il parallelismo di azione e di
movenza fra le descritte due scene, destinate a farsi riscontro.
Queste figure, al pari di tutte te altre che campeggiano
sull' indicato particolare ornato della sala, nella loro picciolezza
sono condotte di bello stile, dipinte con franchezza e con grazia
singolare, né temono punto 11 confronto dalle migliori cose di tal
genere che si ammirino in Pompei. La pratica del dipingere è la
medesima; vale a dire con colori adoperati sull' intoniico asciutto.
Sotto il a." 3 della medesima tavola si ha la rappresentanza
di un artifizioso giardino ; uno appunto di quelli, che dicemmo
alternati da storie di figure nella ^cia deiremiciclo. Presenta esso
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146 BOLLETTINO DELLA COWISSIONE
nel centro un laghetto, od una peschiera, con cigni, ovvero anitre
natanti, alimentata dall' acqua che cade intorno intorno dagli brìi
di una larga coppa baccellata, posta sopra di un'alta e svelta co-
lonna, nel mezzo della peschiera. Bassi tessuti di canne, intrec-
ciate obliquamente, contornano il bacino, e nel lato parallelo
alla fronte formano, rientrando, una pìccola piazza. Due aree
quadrilunghe fiancheggiano la peschiera, ed hanno viali da tre
lati, e piazzetta semicircolare con colonne isolate nel lato dì pro-
spetto : le quali aree, ricinte sempre da tessuti dì canne, sono
aperte soltanto dalla parte attigua alla peschiera, dove n' esi-
stono gì' ingressi. Dei padiglioni formati di aste, con festoni di
pampini e grappoli, circondano le ajuole suddette. Due larghi vasi,
che debbono credersi di metallo, non dissimili di forma dai nostri
hracèri, veggonai posti alle due anteriori estremità della scena.
Questa maniera tenuta dagli antichi nell'adornare i giar-
dini con pergole, con fontane, con ispalliere di piante e di fiori, se-
condo vaghi disegni di figure simmetriche e regolari, non h molto
diversa da quella che per vari secoli fu in uso comunemente
anche presso di noi, innanzi che il gusto nuovo di amenità pììi
simili ^la natura incominciasse a far preferire da molti la meno
studiata disposizione dei così detti giardini inglesi. Del retso,
di si&tti lavori di artificiose verdure, detti topia da Vitrurìo, '
ed opera topiaria da Plinio *, ai danno frequenti rappresentanze
nelle antiche pitture murali ; ed una avvenne in ispecit fra quelle
di Ercolano, che ci ofire un giardino similissimo a questo *. E
gli altri cinque, che sono dipinti nella fascia suddetta, variano
si nei particolari, ma non escono giammai del genere di quello
che abbiamo descrìtto, e del quale si esibisce il disegno.
Narrata in tal modo la forma e le particolarità del monu-
mento, segue che dobbiamo investigare 1' epoca probabile della
' Architect. VII. 5.
" Hat. IKil. IXXV. 10.
» U pilture di Ercolano. T. II tav. XXI p. 130. — et tav. XLIX p. 267.
DigitizedbyL.lOOQlC
ABCHBOLOGICI MUNlCIFAtE. 147
SUB costruzione, e lo scopo cui fu destinato, e cui certamente
avr^ servito negli antichi tempi di Roma. Vedremo che ambe-
due le inchieste riesciranno agevoli \ e che tanto all'una quanto
all' altra quistione si troverà di leggeri un plausìbile sciogli-
mento.
£, quanto all'epoca della costruzione, -troppo evidenti sono
gl'indizt che ne forniscono e la qualità della struttura, e lo
stile ed il carattere delle pitturo, perchè possa in noi rimanere
ombra dì dubbio, che cotesto edifizio ^^^parte^ga ai primi tempi
del governo imperiale. Vedemmo già che i suoi muri son ri-
restiti dì buon reticolato, A tasselli pìccoli, con angoli e lega-
menti fatti di patallelepìpidi della pietra locale del suolo ro-
mano, cioè di tufa. Ora una tal costruzione, che succedette a
quella pib irregolare e men bella, ma di maggiore solidità,
chiamata da Vitruvìo opus ineertum, ovvero arUiquum, sì
dovette introdurre in Boina sul declinare della republica, ed era
ivi già usitatissima circa i primordi dell' impero ' : ma poco
tempo vi durò inalterata, anzi ben presto ebbe a subire una
novità, che pn?) aversi in conto di miglioramento, e fa questa:
che gli archi e gli angoli cominciarono a farvisi di mattoni;
talché ne risultò una fabbrica mista dì laterizio e dì reticolato.
Quando precisamente cib incominciasse, non potrà peravventura
stabilirsi ; ma il fatto si sta, che verso la melÀ del primo secolo
imperiale noi già ci abbattiamo al reticolato esegaìto secondo
questa pratica nuova ; e tale si mantiene in appresso, fino al
regno di Adriano all' incirca, dopo il qual tempo cotesta specie
di costruzione s'incomincia a perdere, avendo, come sembra,
■ceduto il campo a quella rivestita per intero dì mattoni. Ghinn-
< Slruelurarum genera haec junf : reticnlatmn qm nunc omna vtun-
lur, et Bntiqanin qwd incertom dicilur: ex làs vemutius siJ relieulaiwn,
sta ad rimas faciendat ideo paratum, quod in omtut partes diisolì^ hahet
cubilia et coagmenta : incerta vero caejnsnia, alia tuper' alia sedentia, inter
leque imMeata, non ipeàosam, sed firmiorem quam reticidata proóflant
ttmeturam. Vitrav. de Archit. II, 8.
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148 BOLLETTINO DELLA C0UUIS3I0KE
que abbia fatto qualche studio accurato sulle rovine dì Bontà,
avrà notato benissimo queste particolarità che uoi ricordiamo.
Diciamo sulle rovine di Boma, perchè nelle città di provincia
non solo, ma ben anche nelle colonie e nei municipt vicinis-
simi alla metropoli, la pratica del costruire si trovava sempre
alquanto arretrata , e' ciò per la ragione massimamente, ch« dì-
fettavasi di fabbriche di mattoni: cosicché in Ostia, per esempio,
ed in Tuscolo, sì troverebbero e,difìzt dell'età di Adriano, fabbricati
di reticolato sema mistura di laterizio ; il che fra le ruine di Roma
non potrebbe intervenire giammai. Adunque quel primo genere
di reticolato puro andò in disuso assai presto, e scarsissima vesti-
gia ne sono fino a noi pervenute. Già nelle fabbriche neronianc
si trova il reticolato misto di laterizio, siccome pub vedersi nelle
rovine della Casa d' oro, in quella parte cui furono sovrapposte
le terme di Tito. Del reticolato senza mattoni non rammentiamo
in Boma altri esempì, che le sostruzioni del Fincio, attribuite
agli orti dei Domizi ', dette volgarmente Muro Torto ; il Mau-
soleo di Augusto, e qualche edifizio del Palatino, anteriore alle
fàbbriche imperiali e rispettato da loro; e quello in ispecie,
dove i aigg. C. L. Visconti e B. Lanciaui hanno ravvisato la casa
di Qermanico, la quale può ben essere la medesima, che vien
ricordata come casa paterna di Tiberio *. Non troverebbe alcuna
seria opposizione chi volesse il primo ed ìl terzo dei ricordati
monumenti attribuire allo scorcio dell' epoca repubblicana. Ed
altrettanto sarebbesi potuto dire del nostro, qualora il marmo
adoperato in alcune interne decorazioni non fornisse probabilis-
simo indillo, che debba ìl medesimo riferirsi piuttosto alla na-
scente grandezza della Roma Imperiale.
Ad una egual conclusione ci addurrà eziandio la osserva-
zione dello stile delle pitture. La maestrevole franchezza del
i Sì confronti per tale appropriazione ciò che ne ha detto ii cb. Lan-
ciani, dopo U scoperta sai Fincio di nna iscrizione appartenente ad nn st^rvo
dei Glabrioni (ìiuUell. dell' Imi. di C. A. 1868, p. 119).
- Guida del Palatino pag. 50.
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àKCHBOLOGlCA UD»ICIPALE. 149
peonello che dipinse i fregi, cosi v^amente e ricoamente isto-
riati ; la sobrietà del carattere generale della decorazione, che
quasi nulla ritrae delle strane e bizzarre, comunque ricche
e leggiadre invenzioni, che signoreggiano in quel genere detto
volgarmente grottesco o pompeiano — contro del quale parlò in
chiari termini, ma senza frutto, la severa censura di Vìtruvìo — ';
la similitudine che gli alberi e le piante dipinti nei fondi
delle nicchie presentano, pel modo di fare, colla mirabile pit-
tura del boschetto nella sala sotterranea della villa di Livia
ricordata più volte; tutto in somma ci porta a riconoscere, che
abbiamo a fare con dipinti eseguiti ne' pili floridi tempi dell'arte
romana, cìo^ a dire, ne' primordi dell'impero, quando il gusto
non avea perancora incominciato a depravarsi per lo sfoggio
degli ornamenti; quando le buone e filosofiche tradizioni dell'arte
venivano fedelmente osservate anche dagli artefici dozzinali.
Noi ritroviamo nelle nostre pitture quei partiti medesimi e quei
soggetti, che annovera lo stesso Yitruvio, siccome giudicati op-
portuni dagli nomini piìi savi e nei tempi migliori ad abbel-
lire con proprietà e con vaghezza gì' intonachi delle pareti *.
In osservare quella vivezza di piante, quelle ricche invenzioni
di orti e ville signorili, non può non ricorrere alla mente
l'arte di Ludio — autore forse dei dipinti della villa di Livia —
che fiorendo ai tempi di Augusto, ritrovò un nuovo e fecondo
genere di ornato pittorico per le pareti, consistente sopratntto
in graziose ed argute fantasie di scene campestri, e in variato
amenità di giardini : cose ch'egli faceva in modo piacevolissimo
e per modico prezzo *. Cosicché il carattere delle pitture del
nostro edifizio si accorda benissimo col genere della eostruzione
adoperata nel rivestimento dei muri per farne con sicurezza as-
' ZJfl arcltiltcl. VII. 5.
s Id. ìbid.
> Non fraudando ei Ludio, dici Àugtuli atlale, <]ui prinau itulìtuU
amuenùsimam parUttim picturam, viUas et portiexts oc topiaria opera —
blanditHno adqìcclu minitnoque imptndio. Plin. Sai, llisl. XXXV, X, 37.
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150 BULLETTINO DELU COKHISSIOKE
segnare l'edifizio stesso all'età dei primi Cesari, e forse a qnella
proprio di Angusto.
Passiamo adesso all' altra ricerca, viepiìi rilevante ancora
per la illustrazione del monumento, la ricerca, cio^, dello scopo
e dell' uso di questa nobilissima sala.
I gradi concentrici che girano intorno all'emiciclo ridestano
subito nella mente l' idea della cavea di un teatro, e fanno con
ragione pensare ad edifizio, che avesse col teatro una qualche
affinità. Tale si fu certamente l'odéo (uSeÌov, odewn). la cui
forma trasse origine da quella ' del teatro, e il cui prototipo
si ebbe in Atene, in quello edificato da Pericle pei musicali
certami delle feste panatenaiche '. Era infatti l' odéo special-
mente destinato a disfido musicali*; sebbene in processo di
tempo servisse ancora in men solenni occasioni, come per sem-
plici declamazioni di componimenti poetici, per esercizi di mn-
sica, tatflata eziandio per dispute filosofiche, ed altrettali trat-
tenimenti *. Sul conto della sua forma nulla ci ha insegnato
Vitruvio, che ne fa solo menzione storicamente V Tuttavia da
quel tanto che ne sappiamo d'altronde, e dalla conformazione
di alcune rovine non impropriamente attribuite a tali edìfizi ^
si è potuto dedurre, che l' odéo era una fabbrica molto simile
di figura al teatro *, ma di proporzioni molto minori, non avendo
che circa un quarto della grandezza; e che inoltre si dìversi-
• Plntarch. Perici. 13.
- .Esichio (s. T.) lo definisce: tditoì it ù'o'i pa^'^Sai xsi oÌ «iSapuìoi
i-filli ^atTB. (locus in guo rhapsodi et eiihanieAi eerlabanl}.
1 PlnUrch. de exnl p. 604.
» De arckil. V, 9.
* Tali SODO, per tacere di altri, l'odéo della villa Adriana e quello di
Pompei. Qaeat' ultimo tanto piii prababilmente si ha in conto di ode», per-
chè ^Bce alla sinistra di chi esce dal teatro grande, come narra TitrOTÌo
esMTe etato BÌtaato in Atene V odéo di Pericle, o, secondo lai, dì Temistocle
(L e. V, 9).
' ToVof 3 impali Sii,-, loevs Iheatri furmatn haberu. (Schei- Aristoph.
Vetp, 1104). — Odeum pan qvaedam Ihtalrì quae num tht/mde voealur.
(Alex. Apbr. Melaph. 3).
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ABCEEOLOOlCi MrNlClFALE. 151
Scava dal teatro essenzialmente nell'essere coperto, senza dubbio
a cagione che i muaicali concenti meglio si godono in luogo
chiuso e sonoro, che allo scoperto: ond'fe che l'ódéo veniva an-
che designato col nome di teatro coperto ('theatrum tectumj '.
Fassb dai greci questo edifizio ai romani ; ed il primo odéo
pubblico di Berna ricordato dalla storia è quello di Domiziano,
nella Regione IX di Augusto, denominata del Circo Flaminio *,
che insieme collo stadio, pur da lui edificato, dovea piobabil-
mente servire ai tre certami del suo. solenne agone capitolino,
cioè a dire, il musicale, il ginnastico e l' equestre ^ Grandis-
sima fabbrica era quella, poscìachè il catalogo Ouriositm la at-
testa capace di 10,500 persone, ed il catalogo Notilia di 11,500 *;
il che vuol dire ch'era grande circa la metà del teatro di Marcello.
Ora se noi gettiamo lo sguardo sulla pianta della nostra sala
(tav. XI fig. 1), vedremo a colpo d'occhio, che in essa dì vera-
mente simile ad un teatro, e percib di veramente simile ad un
-odéo, non vi ha che l'emiciclo eoi gradi: il quale poi, mentre
nel teatro e nell' odéo era parte principale dell'edifizio, nel caso
nostro non è che parte molto secondaria, e molto minore della
parte quadrilunga, che si frappone ai gradi medesimi ed alla
terza sazione della sala, dove dicemmo essere stato in orìgine
uno scì^tione, addossato alla parete di fondo. Egli ò cosa
evidente, che la parte centrale di queir angusto emiciclo non
< Hìrt die GtsehichU (ter Bauku/ul bei den AlUn III p. IH ; Canio»
ànhil. Ani. t. T, eez. 11, p. 11, pag. 491 Bgg. ; cf, Fani; Beai EncyUop.
s. T.; Smith Diction. of gredt and rom. anliqu. s. t. , ec.
^ È dft crederai peraltro che molto prima di detto tempo aveffioro i
romani conoEcinto l'odéo. Plinio accenna ad un theatrum iectum di tempi
anteriori ad Ang'Dsto (N. H. XXXVI, 15, 24) ; e oell'odéo di Pompei si ha
una iscrizione grafita, con data consolare, da cui riinlta che detto ediflzio
esiatoTa tre anni prima dell' era Tolgale, più di 80 anni prima della cata-
strofe (Breton Pomp. decr. el dessin. eh. TI, p. 174).
' Freller die fìegionen dei Stadi Rom. p. 109 sgg, ; cf. Becker Hand.
der rSm AlL I p. 679.
* Jordan lopogr. der Stadi Rom in Alt. Il p. 55S.
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1S2 BULLETOTIN DELLA. COHHISSIOKE
avendo spazio sufficiente per contenere la orchestra \ eravi que-
sta statft supplita ed aggiunta al di fuori dell'emiciclo stesso,
in quello spazio che >ia principio appi& dello sc^lioue dei gradi,
e termina dove incomincia la terza sezione della sala. — Ma
perchè l'orcbestra, ossia il luogo riservato ai pììi degni, è qui
tanto pili ampia dei gradi, dove Assideansi le persone dì rango
inferiore? E perchè in questo edifizio veggonsi alterate quelle
forme, che non senza ponderate considerazioni sulle leggi del-
l'acastica e della prospettiva erano state ritrovate in principio
pei teatri e per gli odéi? Si potrebbe rispondere che qua, secondo
ogni apparenza, si tratterebbe di un piccolo odéo privato; e che
perciò la sua struttura non deve paragonarsi a quella del corri-
spondente edifizio pubblico, nel modo istesso, che la forma e la
struttura di un bagno priva'.^ non avrebbe a confrontarsi con
quella delle terme pubbliche dei romani. Ma in cotesto modo si
elude la difficoltà, senza punto risolverla. Vediamo dunque se
memorie storiche ci permettano dare una più accettevole spiega-
zione alle forme per noi nuove del monumento che veniamo il-
lustrando.
Antico e lodevole costume presso i romani fu quello delle
recitazioni, o letture *; antico segnatamente pe' poeti, dai quali
passò in appresso il costume anche ad altri scrittori. Ed erano
lai letture, o pubbliche, o private. Private quelle che si faceaoo
in casa, con intervento di amici a bella posta convocati, per
udirne il parere, e per emendare, se fosse stato duopo, gli scritti:
' RicoTdìamo che nel teatro romano la oichestra eiu nello spaila sc-
mìciicolare ciTcoscritto dal più basso dei gradini : mentre il diametro del
eeraiceTchio formava la linea di divisione fra l'orcliestra medesima ed il
piOBcenio,
* Intorno alle recitazioni presso ì romani è da vedersi una dottissima
lettera di Giusto Lipsie (Opp. T. 11. p. 447 S3gg.) dalla qaale hanno at-
tinto le relative notizie quanti dopo Ini scrissero su tale a^eraento, il più
delle volte senza neanche citarlo. Si confrontino anche le note del Casaabono
alla satira prima di Persio {ed. paris. 1605 p. 58 sgg.). Fra gli autori antichi
più freqnenfc ricordo ne fa Plinio il Giovano, nell'epistole.
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AROBEOLOaiCà HUHIGIPALE. 153
pubbliche quelle che sì faceano in luogo, o pnbblico, o almeno
per una data occasione aperto al pubblico, assistendovi il m^gior
numero di uditori che aver si potesse, invitati, o mediante av-
si aparsi per la cittii, o con biglietti di personale indirizzo '.
Questo secondo genere di letture serviva anzi alla ostentazione,
che ad altro commendevole effetto. Ricorda il Lipslo, suU'antorìtii
di Seneca, * che Àsiuio Follione, a tempo di Augusto, fu il primo
che facesse lettura de' suoi scritti, con invito di persone per
udirli. Di Augusto medesimo ci narra Svetonio, che leggesse
qualche suo lavoro agli amici, e che alla sua volta intervenisse
ancor egli alle letture degli altri '. È così Orazio, Ovidio, Lucano,
Stazio, Silio Italico, Plinio,e vart altri famosi recitarono gli scritti
loro, con maggiore o minore apparato di udienza. Né versi so-
lamente, storie si declamavano, ma pur anche discorsi e dia-
loghi, ed altrettali meno elevate composizioni. Ma presto l'uso
lodevole degenerò, come avviene, in abuso; passò dagli ottimi
ai mediocri ed ai fiacchi; e pih non leggitvasi a procurarsi il
vantaggio di assennati consigli e di amichevoli censure, ma per
ambizione e per vanagloria; per acquistarsi comunque un po'
d'aura popolare, per mendicare applausi, e comperarli eziandio *.
' Hunc librum cuin amicis recitare wluitstm, twnper codiciUos, non per
Ubelioi, sai si commodum et valde vacarel, adnviniU; fvedwimis insì^er
UmpBtlatibut per biduum conuetierunt. Flio. Caec> 8ec. EpisL III, 18. Si
coiifTootino le note d«l Lìpsio /toc. ciLj a questo pano di Plinio.
- Loc. oit.
■ Sneton. Oetav. 85.
* Comper&vansi gli applansi colle sportìile e colle cene, ed anche aper-
tame:ite coi denari. Un carioso ricordo ne abbiamo in Plinio il Qiovane
{Episl. II. 14) che narra di dae bqoì giovinetti nomenclatori, condotti ad
applandire per fre denari, ossìa per tre paoli della nostra moneta, e Heri
duo nomenclatores mei fhabent s:me aelatem eorum. qui nuper logos tvm-
pterunt) lernis dtmriii ad lamlandum trahebanlur. Tanti constai ttl tis
diterlissimus >. E prosegue a n,irrare , come in qaesti casi il segnalo degli
applausi venisse dato da ano che ai poneva in mezzo ai claqueurs, e perciò
dieevasi metochorus, e al momento opportuno batteva le mani. Perocché
costoro non badavano punto alla lettura, ed anche badandovi, non avrebbero
saputo quando si dovesse applaudire. Vedasi quindi, che Tn^o della ctaqu» nei
teatri ed altrove, se non è troppo lodevole, può almeno coonestarsi in qualche
modo col prestigio dell'antichità.
n
Digitized by VlOOQlC
15i BULLETTIKO DELLA COMUISblONE
Che piti? l'abito stesso e il portameoto degli autori comparve
sovente effeminato e ridicolo. Certo è che Roma fu ammorbata
di siffatti leziosi recitatori, contra dei quali fischiarono i sati-
rici colpi di Persio e di Giovenale. Ciò con ostante seguitò
r uso a prevalere, ' alimentato specialmente da retori e da
sofisti: e sebbene la maggioro sua voga dovesse essere circa
i tempi dui terzo dei Flavi, e di Trajano, arrivò tuttavia fino
ai secoli cristiani *; e l'illustre collega nostro, sig. commend.
G. B. De Rossi, ci ha dato una cristiana iscrizione del secolo VI,
cho ricorda una recitazione di versi fatta da un Boezio fan-
ciullo pubblicamente, e, secondo ogni apparenza, nel foro romano \
Le letture pubbliche sì faceano dunque in edifizì e luoghi
pubblici. Tale fa il tempio — o piuttosto la biblioteca palatina
— di Apollo, e il tempio delle Muse, siccome ha dimostrato
il Bentlejo nelle dotte sue note ad Orazio '; e, secondo il Lipsio,
anche alcuni portici pubblici *. E dopo i tempi di Adriano servì
specialmente a cotale uso l'Atenèo ila quell'Augusto edificato ",
ch'era, come tutti sanno, edifizio destinato ad ogni maniera di
1 Apparisce dallo letture di riiniu il Gioruiie, the Tusu (li quesle \m-
bliclie letture dovca trovarsi ni sau npu^dj L'irua i tempi di Trujane.
- Sappiamo, per esempio, cbe Amta sud dì aro no, jkt cuni.iiidu di papa
Vigilio, lesse nel 544, nella baiiilica cudu^siana, il suo poem.i in due libri
sugli Atti dogli Apostoli. {MoQsacrati Oj cakitù s. Pdri itimrl. Roma 1828,
pat;, 7 seg.). E Venanzio Fortunato, ve^^covo e pui'ta crictinno dei lcm|ii di
a. Uregorio Magno, nella epistola con cui iiecomjiiigna i suoi versi al dettu
puutefice, attesta di averne talvolta tMo lettnra in alcuno riunioni {Bibliii'
lliec. SS. Pali. ed. Paris, 1589 e. 8 p^i;,'. 779).
> Inter, chrisl. sax priorib, Erel. tace. iios. I. pag. 512 ii. 1122.
I Q. Horaliiu Flarcus ex rccens. el min niilis ai'iiii emcnit. lUcli. fl.vi-
tkji Lipsiae 1826. Tom. II ad Epml. II. 2. 2. 92. pag. 15! sg.
'Loc. cit.
" Hadrianm — graecarum more — raeremnnias. legea, gi/mnasia do-
eluretque curare occoqiU,adeo ijuiilein, ut eliam liidiim iiufiiuaruin arliiim,
quoil Alhenacum cocant, cmistiluoret. Aorel. Vict. de Caes. H. — Di Severo
Alessandro narra Lampridio che: ail .Uhetuteum audiendorum elGroHCorum
et Latinorum rheloruin vel poelarum causa frctjuenler proccssil. l.ilex. Sev. 34;.
cf. Jul. Capit. Pertin. 11, fìordian. 3: Dio Cass. LXXUI, 17.
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ASCHEOLOOICA HUNICIPALB.' 155
letterarie disciplÌDe, e trovavasi sul Campidoglio '. Ha oltre
cotesti luoghi , si recitava eziandio nelle case in alcune sale
fatte a bella posta, od a cii> principalmente riservate, le quali
con vocabolo molto bene appropriato si denominavano au-
dUoria. Queste il più delle volte si faceano a posticcio, cotl'ajuto
dì tavole e travi, probabilmente nei cavedi e nei peristili, per-
chè le private abitazioni di cittìi difficilmente avrebbero potuto
fornire una vasta sala addetta soltanto a quell'uso. Che l'auditorium
infatti servisse :ille recite pubbliche, e che detto vocabolo in
questo senso si coiitrapoiiesse alla voce cubiculum, vale a dire
al luogo in cui si davano le private letture, ricavasi espressa-
mente da uu passo di Svetonio, e da un altro di Plinio il Gio-
vane. II secondo dei quali scriveva ad un amico; Atque haec
ita disputo, quasi popTilum in auditorium, iwn in cufoiculum
amicos advocarim '. E di Augusto narra il secondo che : non-
nulla (o sci'iptis suis) tn coelu familiarium veliit in auditorio
recUavit\ Or s'ei non ha dubbio veruno che fossero in Roma
salo di questo genere e di questo nome, ragion vuole che ai
trovassero specialmente nelle ville suburbane e nei giardini dei
grandi, e di coloro che mediante l'esercizio degli studi acqui-
stato si aveano rinomanza e ricchezze; onde a costoro fosse
lecito, evitando il fastidio o l' incomodo di portarsi a recitare
in qualche pubblico luogo, o dì togliere in prestanza od in
affitto un auditorio posticcie, fosse lecito , diciamo, di convo-
care e ricevete in casa loro quel numero di amici e di clienti
che loro piacesse, e darvi, a loro grand' agio, il letterario
trattenimento. Che se nella ristrettezza di una casa citta-
dinesca era pur tollerabile il ripiego testé accennato, non h a
dirsi altrettanto degli orti e delle ville, dove suolevano essere
tutti quegli edifizt, che servivano ad usi di comodo e di piacere,
' Prellet Die Regìojien \i. 170.
- Plin. Caec. Sec. Ep. V. 3.
" Saeton. Oclav. 85. — Per tatti gli altri significati di tal parola si
consulti il Icsaico della latinità del di. Do Vit ». u.
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1Ó(5 UULLETTIXO DELLA COllìll^S.'OXR
e quelli in lapecie, che veniano richieiiti di'.i gusti particolari del
signora del Inogo. Ma vediamo intanto, per procedere con si-
cnrezza, qual forma 31 avessero le sale di che ragioniamo, de-
nominate auditoria.
Niun confronto ne abbiamo, per quanto si sappia, fra i mo-
numenti superstiti. Ma per buona aorte ci soccorrono all'uopo
le testimonianze degli antichi scrittori, ed una segnatamoute
di Qioreuale. Il gran satirico, irridendo appunto l'usanza già
tralignata delle letture, dà nel seguente passo la ìtiditatione
dello parti principali delle sale, in cui dette letture suolevano
farai. Vero è che il poeta allude, non ad attilUorio di stabile
costruttura, ma sibbeno ad uno di quelli accomodati per una
data occasione, e che si afBttavano a prezzi esorbitanti. Ma
ninno non vede che in tali casi alVflu(/((on(. temporaneo si
dovea dare, possibilmente, la stessa forma che aveva quello edi-
ficato a posta; come appunto un teatro di legno era simile ìu
vista ad un teatro di pietra. Dice dunque Qtavenale :
— At si rlulceiUnc famac
succensus recites, .naculosas commfxìfit aaics,
oc longc ferrata domus servire iubelur,
in qua soUicitas imìtalur iamia pnrtas.
Nemo dabit rcgum quanti subscUia conslaìit,
et quae conducto pendent anabalhra tiqiUo,
quaeque reportandis posila est orchestra cathedris.
(Siit. VII V. 39, 49)
È chiaro che in questo passo si distinguono duo cose : i
gradi, anabathra ', coi loro scanni, subsellia ', e la orchestra
> L'antico sculiasto ili Giavcn>ili) espone giustuiii'jtite; itnaMIir.i a
gruitìii traclum, idesl nibsetìia .iiipcr i/uac lUliiti sedMlw. Orii-liis iw/JcriorM
scaiuilBi. {e:l. Hcinaicti I p. 237). Af.'li anabiUlira, gradi, disposti in i;iru
in edifizio di questo genero alludo anclie un posso di Diogene Laerzio alle-
gtito dal Lipsìo (loc. cit.). E Sidoiiio Apollinare, citato del mcdcEimo, rì-
conlando e cunei e subsellia eutimia dell' Atenèo, accenna pure alb forma
quani teatrale dello stesso odifizio.
• I substUia erano piccoli scanni, o questi nei teatro, perciò nei con-
aimili ediflil, si ponegno sui gradì, secoudochè attcsta VitroTio (V. 6.):
gradus sjMìrlaeiiloruni ubi subsellia coiiiponantur ne minus alti sinl i>almo-
/Kile, eoi.
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AECIlECiLOOICA MUNICIPALE. 157
eolle sue sedio di appoggio, cathedrae: il complesso delle quali
due cose componea la parte della sala destinata alla udienza.
E 3i noti bene, che in questo caso la oì-chestra non ai pub in-
teodere fatta altrimenti , che come noi la troviamo nel monu-
mento dell' Esqnilino. Perocché in luogo rispettivamente tanto
ristretto, quanto dovea essere una sala di privata abitazione,
se Vorchestra sì fosse voluta fare qual'essa era nei veri teatri,
cioè a dire, nel centro della gradinata, h manifesto che non
pili Ai tre quattro seggioloni avrebbero potuto esservi collo-
cati; per conseguenza non sarehbevi stato Inogo per le per-
sone di condizione.
E quanto all'altra parte della gala — che corrisponderebbe
nel teatro alla scena — quella, cioè, in cui prendeva posto chi
facea la lettura, sappiamo che dovea esservi un luogo elevato,
una specie di palco, su cui ponevasi un seggio. Perocché Àr-
riano ci descrive 1' ambizioso recitatore siccome ocva^àvza int
nsùXjSivsv ', ascendente il pulvinare: E Persio, burlandosi di
loro smancerìe, e del loro allindirsi per la recita :
Scilicet haec populo, pe!Dusqite togaque recenii,
et natalitia tandem cum sardonyche albus,
sode leges eelsa, liquido cum plasmate guttur
mtAile conlueris, patranti fractm ocello.
(Sat. I T. 15-18)
Dai quali due passi espressamente risulta, che in capo alla sala
si elevava un pvivinofe, sull'alto del quale — e perchè meglio
se ne udisse la voce, e per essere non meno ascoltato che ve-
duto — sì assideva il lettore.
Biferendo ora t' esposte notizie al monumento di che ci
occupiamo, sarà agevolissimo il ravvisare in quello le tre partì
distinte, che furono noli' audiiorio, vale a dire, i gradi, la or-
chestra, ed il pulvinare,
< Lib. Ili, di^icrt. 33.
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158 BULLBTTINO DELLA COUUISSIOKE
I gradi sono sette, siccome dicemmo ìq principio, iucvostati
di manne caristio, e sorgono da uno scaglione alto poco piU di
un metro. La ragione percbb i medesimi non partono dal piano
della sala, si è perchè a coloro, che ne occupavano gli ordini
pili bassi, dai seggioloni pesti nella parte nobile della sala, e
dalle persone che su quelli sedevano, non venisse impedita la
vista del pulvinare, ak di chi recitava. Cotesti gradi erano de-
stinati alla classe men riguardevole della udienza, ai liberti ed
altra gente minuta, fornita di poderose voci {la claque) per accla-
mare l'antere con quegli eitffc' &eHc.'*opftos/ di che tanto si bea-
vano i vanagloriosi, ma cui davano il giusto lor peso gli uomini
savi. Non tace Oiovenale di cotesta situazione degli applaudi-
torì di ufficio:
ScU dare libm'tos estrema in parte sedentes
ordinis, et magnas eomitwn disponere voces.
(Sii. VII, V. 43, 4i)
Non parmi che i gradi del nostro auditorio offrano sufficiente
lai^hezza per collocarvi gli scanni, com' era d' uso nei grandi
teatri. Probabilmente gli uditori sedevano sugli stessi gradini,
ma lasciandone uno sgombro alternatamente , per 1' appoggio
dei piedi; cosa, del reato, usitata anche in qualclie teatro di
ampiezza considerevole '.
■ Moller Hand. der Archàot. der Kunst 2S9. 6. — Notumma più sopra
nn' aggiunta fatta ai gradi con opera laterizia. Di qaesta non si è aiuto -
ragione nella pianta, poiché in essa si è voluto dare il monttmcnto nel ano
stato primitivo e più regolare. Non sarà iiiatìle peraltro di avvertire, che
detta aggianta servi, non tanta ad ampliare i gradi, perchè pochissimo l'in-
grandì, quanto a renderne più comodo l'accesso. Giacché si fece uno sporta
al basamento, dalla parte sinistra dell' cmiciclu, sai qnale potea cammi-
narsi, e lo scopo del quale era, come sembra, che si potesse arrivare ai
gradi da una estremità della sala, senza incomodare la persone che in ijnella
scdeano. Fer salire sa questa parte aggettata del basamento vi si apponeva
uno dnc gradi di logno, secondo il costarne in cimili casi.
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ARCUEOLOaiCA MUNICIPALE. 15£)
Non ha dubbio possìbile che la orchestra si abbia a rico-
Dosceie nella parte media della sala, di forma cbe si accosta
al quadrato. Con esempio bea raro, il suo pavimeoto di fini
musaici non h distinto da veruna figura, od. altra decorazione.
£d è naturale: perciocché dovendone tntto quanto lo spazio
essere ingombro dai seggi (cathedrae), opera vana sarebbe stata
il farvi ornamenti e rappresentanze, che niuno avrebbe veduto:
anzi il farveli sarebbe stato tosa contraria all' avvedimento gran-
dissimo degli artefici antichi. La forma speciale di questa or-
chestra, diversa tanto da quella dei teatri e degli odéi, e, secondo
ogni apparenza, tutta propria delle sale di questo genere, ve-
niva, secondo noi, motivata da due ragioni principalmente. Da
una parte, non essendo il luogo propriamente destinato per mu-
sicali, scenici trattenimenti, meno importava fossevi mante-
nata quella conformazione, che ne' due sopraddetti edifiz!, per
cause inerenti alla natura toro, era diventata solenne. Dall'altra
parte, non si vuole obliare, che gli audUorii costruivansi nello
case, in altri luoghi privati; e che perciò non poteano mai
essere dì tal grandezza, da farvi 1' orchestra nel centro dell'emi -
ciclo ; poiché sarebbe riuscita talmente angusta, da rendersi af-
fatto inutile allo scopo. Ora è certo che nell' invito, che il pa-
drone dì casa facea per le pubbliche letture, molto pìU entravano
le persone di rango e gli amici suoi, ai quali si aspettava di
seder nella orchestra, che non la gente minuta, la quale potea,
senza offesa delle convenienze, venire accomodata sui gradi. Ecco
dunque che la orchestra dovea essere di ampiezza bastevole da
prestarsi a cotali esigenze : ed ecco perchè in questo monumento
no! la troviamo di forma inusitata, e pìh spaziosa dei gradi.
Il luogo della sala riservato' a chi recitava ne viene con
sicurezza additato , nell' edifizìo nostro , dallo scaglione ad-
dossato alla parete di fondo; nel quale ci h forza di riconoscere
il pulvinare o suggesto, ricordato da Arriano e da Persio. Non
possiamo accertare che la grandezza di esso tal fosse precisamente
quale nella pianta l'abbiamo data, perchè ninna delle sue estre-
duy Google
160 BULLETTINO DELLA COUMISSIOHE
mìtà si h conservata. Non si alza molto dal suolo: è da credere
che sopra ri si ponesse una predella , por rendere anche pib
elevato il seggio del recitante.
Abbiamo già detto che in questa parte la sala si allarga
di tutto lo sfondo delle nicchie (tav. XI fig. 1'): e che nella
parete, cui si appoggia il suggesto, 3i apriva in origino un'am-
pia porta, la quale dipoi venne chiusa con buon muramento.
Ora il concorso di queste due circostanze fa nascere il sospetto
che il luogo talvolta, e forse in origine , abbia potuto servire
anche per qualche privata rappresentazione scenica, o almeno per
alcuna esecuzione di cori musicali. E giova osservare, che quella
specie di ambulacro , il ^^uale ricorre dietro la testata della
sala, presenta qualche simiglianza con quello, che nei teatri
fabbricavasì dietro la scena. Ma comunque si fosse, egli è certo
che allorquando la porta di mezzo venne murata — e ciò av-
venne molto per tempo, a giudicarne dalla struttura del muro —
non avrà il luogo piìi servito a queir uso; cui del resto, parrebbe
opporsi anche la stabilita dello scaglione, che indubitatamente
fece parie della primitiva costruzione dell' edilìzio.
Ma qui vuoisi precorrere una dimanda, che forse alcuno in-
dirizzerebbe a se stesso. — Perchè fabbricare a bello studio una
sala di questo genere in aito sì basso, anzi addirittura profondarla
nel suolo, quando avrebbe potuto nel medesimn luogo esser fatta
in positura elevata, cosicché dalle sue fenestre sarebbesi goduta
r amenìssima vista delle ville circostanti, chiusa in lontananza
dalle belle giogaje de'monti albani e sabini? — Facilissima
h la risposta. Si sa che i romani nei loro giardini e nelle ville
amavano aver luoghi e fabbriche di varia natura, secondochè por-
tava la diversità delle stagioni, e le varie occupazioni, i placidi
violenti esercizS, che dall' una o dall' altra dì quelle veniano
addotti e richiesti. Non altrimenti che la ben nota camera della
villa di Livia, questa sala è luogo inteso certamente a prestare
un gradito ricovero contro 1 raggi molesti del sole estivo. Ora
noi sappiamo che le recitazioni, di cui molto abbiamo favellato.
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ARCHEOLOiIICA HDNICIPAI.E. Itil
si faceaoD per l'appiiuto duraate il corso della calda stagione:
ed anzi Giovenale fa dall' amico Umbricio annoverar qnelle re-
cite fra le cose moleste e dìspiacevoli, che durante quel tempo si
pativano in. Boma '.
— Ego vel Prochylam praepono Sìiimrae.
Nani quid him miscruni, tam solum vidimus, ut non
deteriits credas liorrfire incendia, lapsus
lectorum assiduos, a mille pericula saevae
urbis, et Augusto recilantes mense poelas?
{Sat. IH T. 5-9.)
Era quindi opportuno, che il luogo destinato a quelle adu-
nanze tal foase per sua natura, che potesse starvisi con piacere
nelle calde ore del giorno. Senzachè , trattandosi di cosa che
molto rìferivasi all' intelletto e poco alla vista, nn luogo in gran
parte sotterraneo riusciva bene adattato, poiché di per se etesso
provocava il raccoglimento, e impediva le distrazioni che dalla
veduta degli oggetti estemi poteano derivare alla mente.
Non sarà inopportuno di ricercare da ultimo la capacità
della sala. Supponendo che nella parte media si lasciassero li-
beri due canali ai due lati, pel comodo passaggio degl' invitati;
e valutando almeno di centimetri 58 la larghezza di ogni seg-
gio, questa parte potrebbe contenerne 280, cioè altrettante per-
sone. L' emiciclo poi, supponendo che i gradi ne fossero occu-
pati alternatamente, non potrebbe dar luogo a più di 54: Laonde
la capacità della sala sarebbe di circa 334 persone; capicìtà con-
siderevole per un lu<^o privato.
Descritto cosi a parte a parte il monumento, e detto intorno
al medesimo tutto ciò che a noi sembrava doversi dire, passe-
> Fnii caTarsI da dd passo di Plinio il Giovane alleato dal Lipsio che
dette recite incora indagano noi mese di aprile.
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1(52 BULLETTINy DELLA COMMISSIONE
remo a dar contezza di alcuni oggetti di scultura, e dì un fram-
mento d' iscrizione, che nell' interno della sala furono dissep-
pelliti. Noi li diamo alla lav. XIX, riprodotti colla fototipia.
Ma innanzi di venire alla Indicazione di tali cose, distaccate,
in certo modo, dal monumento, ragion vuole che facciamo co-
noscere alcuni brani di un greco epigramma, il quale col pen-
nello intriso di nero era stato scritto suU' intonaco bianco del
muro esterno dell' emiciclo , quasi nel mezzo della sua curva-
tura. Il puntfl in che leggevansi questi versi corrisponde a circa
due terzi dell' altezza del muro; talché, nello stato attuale del
disterro, sarebbe necessario ascendervi con una scala: ma quando
r edifizio era nelle sue coudizioni primitive, cioè adire, inter-
nato nel suolo per piìi della metà di sua altezza, poteasi co-
modamente scrivere in quel sito, stando in piedi avanti la pa-
rete. La parte dell'intonaco in cui l'epigramma era stato ver-
gato, sebbene ridotta in brani e mancante, venne distaccata, por
cura di questa Commisione , e si conserva fra le sue raccolte
di antichità. Le lettere sono di buona forma, e fatte con quella
libertà, che accusa la obbedienza all' istrumento :
eiMCNeKCO.. ..PIAM€M*...
ei^.. ..ANeAi
AKPHTOC. ..(ONOMeNÀYTCJ..
..eTH AncAn .
..cAAAeoi AhcA
..aaikhmAaikcji
Non è difficile avvedersi, questi frammenti appartenere ad un
epigramma, che ligiira Ira quelli di Callimaco nella Antologia
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ABCHEOLOGICA MDNICIPALB. 163
Palatina, dove secondo la eilizione dello lacobs (XII. 18) nella
sua interezza si legge così:
et 3' óxav rixc}, rj;v rrpsnkifxv ip«.
àxpvìTo: yz/"6f>u; jt ^^óvxaTEv, uv è <xiv aùtóJv
ii}.v.iv, c'3':ùx it'A i^ófoova Suftsv ì'/srj.
i^Bù/ 3" eùx !X3J3S«, Tt; ìj tt'vs;, «XX ipi'Xi)?»
Ty,v ^Xr^v'Éf t5ut" izx ^'txcfì àhxà. '
La trascrizione fattane anticamente snl muro indiesto
riesce molto pregevole, perdi.' contiene alcune varianti — segna-
tamente nella finale del secondo pentametro — delle quali non è
forse questo il luogo di occuparsi, ma che noi lasciamo volen-
tieri a più periti ellenisti '. Per ciò clie rigiiarda la illustrazione
del monumento, gioverà di avvertire, che cotesta circostanza
< Per le rarìanti ai consaltino le note dello lacobs. e la terza eJiziuiie
deg]i Anediloli Parigini ieì Cramar {voi. IV, p. 384). Il senso dell'epigrammiL
pnù rendersi in latino coai:
Si cojtsullo quidem, Archine, debacchans adveni, qtumUumlibel me re-
prelunde; sin atilem invitiis, intdlige praecipiUinUam.
Merum alque Amor mihi vim fecerunt; quorum allerum me abriimil,
allertim vero sanam menlem me liaÌKra non sivit.
Adveniens non inleltexi, quis nut cujus <, sed osculaltu suin limen;
ti Iwc est injuriam facerc, feci.
- Tatt« le varianti sembrano essere nelle finali dei pentametri. La-
sciando da parte quella notabilissima del qaarto verso — per tentar di
«piegare la qnaleai richiederebbero accnra ti esami e confronti — osserviamo
che nel primo peatametro ei ba ta in Inogo di ò^a; il che poco varia il
Benso, potendosi spiegare: sin autem invitus, lokra praecipititnliam : e che
iieir nllimo pentametro 1' diixù ha 1' a^ianta di uno I finale : il che non
può far meraviglia, essendo notato nel Corp. laser. Graec. che molto sposso
lo I è apposto alle vocali H ed fì (voi. Ili, p. 488 at 852). Colla quale
osservazione ai dovrà spiegare anche l'GAI del secondo verso in luogo
ili 6 A.— Peccato che deiroltimo verso non siasi potuto ricuperare la
prima metà, per accertarsi che la parola ipXiÀv vi sia stata felicemente,
come sembra, restitnita.
1 dot : qui» ani donimu, sul cWiuium JlUta : ottoio ucba : pite, ani caitunam
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104 EULLETTINO DELLA COMMISSIONE
sembra collimare con tutto il resto per farne viepili persuasi,
che qui si tratti di luogo frequentato da persone colte, siccome
destinato a letterarie adunanze. E forse non andrebbe lungi
dal vero chi reputasse, que* versi del poeta alessandrino essere
stati scelti non senza qualche personale allusione: come per esem-
pio da taluno, che volesse in qualche modo scusarsi presso il
padrone di casa, per alcuna inconvenienza commessa nel pre-
sentarsi alla sala.
Nella tav. XYITI, sotto i nn. l e 2, diamo due busti vi-
rili, a foggia di ermi, 1' uno dei quali conservatissimo (n° 2) l'al-
tro mancante di una spalla, e danneggiato anche nella faccia,
(n" 1). Questo secondo fu rinvenuto propriamente nell' interno
della sala, ma senza alcuna apparenza che fosse st^to ivi col-
locato in origine. L' altro venne disseppellito al di fuori, ma a
ben piciola distanza. È da credere che l' uno e 1' altro ador-
nassero, non la sala medesima, ma forse qualche altra parte
dell' edifizio, o piuttosto gli attigui giardini, secondo il costume
frequentissimo appresso i romiini, di fiancheggiarne i viali dì
verdura con ritratti ed immagini di quella forma.
Rappresenta I' uno e 1' altro un personaggio romano; ma
r uno e r altro ritratto ne riesce incognito. Furono peravven-
tura due uomini eccellenti nelle lettere, se pongasi mente alla
natura del luogo, dove le loro efBgie si ritrovarono. E chi sa
che gli scritti loro non ci siano pervenuti , chi sa che i loro
nomi non suonino ancora famosi! Tuttavia non è da disperare,
potendo sempre accadere, che un qualche inaspettato confronto
sopravvenga a rivelarne i nomi de' due valentuomini, dei quali
non senza rispetto contempliamo le gravi sembianze. La man-
canza delle barbe, da una parte; dall' altra, la vivacilà dei volti
e la franchezza dello scalpello ci consigliano attribuire il lavoro
di que' due busti al primo secolo imperiale. Quello distinto
dal n" 1 è alquanto maggiore dell' altro ', e sembra anche più
antico pel carattere e per lo stile.
* TI busto n. 1 ù Alto in. O.IH, l' iiltro, m. O.'IS.
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ARCHEOLOatCA MUKICII'ALE. 1*35
Nella medesima tavola, sotto il n. 3, si oaacrva un fram-
mento di marmorea iacrizione, di belliBsimi caratteri, estratto
pure dall' interno della sala, ma insieme colle terre e coi rot-
tami che l'aveano ricolma'. Non vi rimangono, per mala sorte,
cho queste tronche parole :
....lERIORECONV....
SEGONTI....
può darsi vi si accenni al listauro di un qualche edilìzio, e che
nella prima linea delle superstiti si debba supplire : aìnbitu,
ovvero parte inTEHIORE CONV^Iso; rammentandosi la ben nota
iscrizione di Arcadie ed Onorio , esistente già nel teatro di
Pompeo, che ne offre le frasi THEATBVM POMPEI ■ EXTE-
RIOBE AMBITV ■ MAGNA ■ ETIAM ■ INTERIORI ■ PARTE •
CONVLSVM cet: ', Nella seconda linea sì ha ricordo di Segon-
tium, città della Spagna Tarragonese, ovvero dei Segantini abi-
tanti di quella città; seppur non vi si tratti del Segontimn e
dei SegoTUiaci, città e popolo della Britannia. Non h inverisi-
mìle che 1' edifizio, cui si accennerebbe, fosse stato rifatto per
cura e munificenza di qualche personaggio, probabilmente im-
periale; e che in memoria e per gratitudine di tal benefizio
avessero quei cittadini dedicato il monumento, di cui non si è
conservato che un brano. Vedremo fra breve, come il sito delle
narrate scoperte si acconcerebbe assai bene al supposto , che
sìanvi esistite delle memorie imperiali.
Sotto il 11. 4 della tavola istessa h rappresentato un bel
frammento dì ornato architettonico detto a candeliera \ Un uo-
volo intagliato, fra due listelli, d' ambe le parti ne rincassa il
fondo. Su questo, con nitido tocco e con somma grazia è scol-
pito uno stelo, da cui si staccano viticci, aventi nel centro ima
' II frammento à longo m. 0.35, alto m. 0.9.
' OrelL 5090.
' E alto m.0A8 larRn m, n.a^.
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166 BOLLETTINO DELLA COMMISSIONE
rosa di cinque foglie: alle loro volute f& seguito una larga foglia
di acanto frappata, aperta di traverso, e serve come dì base ad
un flore coi lembi arrovesciati, e ad altri gruppi di foglie d'acqua,
alcune delle quali presentano l' esterno lato, ed altre l'interno. —
Non ha dubbio che il descritto ornamento, di gentilissimo stile,
possa avere appartenuto alla primitiva doeorazione del mo-
numento '.
Ornai non reata che l'ultima delle ricerche stabilite in prin-
cipio, quella di coordinare il nostro edificio colla topografìa
dell' antica città. Se non saremo per ingannarci nel determi-
narne la corrispondenza locale, si vedrà che dal sito in che giace
sorgo nuovo argomento peraverloinpregio, e riguardarlo come uno
do' più singolari e notabili monumenti che si ammirino in Boma.
Premettiamo, che V auditorio giace a dritta della porta
Esquilina del ricìnto di Servio, alla distanza di circa metri 180
dalla medesima porta, il cui sito viene presso a poco determi-
nato dall' arco di Gallieno *: e giace ad una distanza anche mi-
nore dalle ruine delle terme di Trajano , ossia dalle vici-
nanze della chiesa di S. Martino ai Monti. Ciò posto, sembra in-
dubitato che il monumento in quistioue abbiasi a collocare negli
orti mecenaziani.
Fu savio avvertimento del Canina, che i giardini di Mecenate
si debbano considerare come divisi in due parti ': o, per meglio
esprimersi, convien distìnguere il sito dei primitivi giardini del-
l'amico di Augusto da un' aggiunta considerevole ad essi fatta po-
steriormente. Gli antichi giardini dominavano la china del-
l' Esquilino verso la Carine, e stavano in vicinanza della porta
tljquilina, ma dentro lo mura. La parto aggiunta invece si
< Qualche altro frammento d' architettura i stato aochc trovato nel-
r intorno del luogo, oome alcuni pezzi di colonne, ad una base dorica so-
piaccarica di ornati: ma questi, né per le proporzioni né per lo stile si
possono attribuire alla sala di cui trattiamo.
- R. Lanciaoi Sidle mura e porte di Servio : negli .Inu. dell' Ist. di
C. A. 1371 p. 66.
" Indicai, lopogr. di Roma ani, 1850, p. 97.
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ARCHEOLOGICA MUNICIPALE. 167
estese al dì fuori delle mura, ed occupò sotto 1' aggere di Servio
Tallio il campo dei famosi pviicoli, per abolire un luogo funesto
e liberar la città da quel fomite di maligne e Qocevoli esa-
lazioni.
Che la suddetta parte originaria di quegli orti fosse nel
sito, dove sorsero dipoi le terme di Trajano, è cosa che vien
posta fuori di dubbio dalla concorde testimonianza degli antichi
chiosatori d' Orazio '. E questa parte fu quella che Nerone
raggiunse colle orgogliose strutture della sua domus tran-
sitoria ; da un balcone elevatissimo della quale, denominato la
torre meocnaziana, si vuole eh' ei contemplasse cantando il mi-
serabile incendio della città *.
Che poi la parte aggiunta, ossia che i giardini detti novi da
Orazio, stessero fuori della città, appiè dell' argine di Servio,
nel sito dei puticoU, h cosa che a ninno può essere ignota, per
via della espressa e trita testimonianza del gran lirico e sali-
rista romano '.
Ora, clie la basilica dei santi Silvestro e Martino, detta
anC'ie titolo di Equizio, e oggidì nota comunemente sotto la
denominazione di s. Martino ai Monti, sia fondata, o sopra, o
in vicinanza grandissima degli avanzi dello terme di Trajano,
è un fatto del pari accertato per documenti sicuri, e ammesso-
con pieno consentimento dai moderni descrittori di Roma *.
' Acrone al ben noto passo della Satira TIII del libro I, doTe il poeta
fa menzione dei pulicoU, oaserra : anìea sepxdcra erant in eo loco in quo
tunl ìiorli MaeccTialis, ubi sunl 'lìodo Iheriìuie. B Io schtliaste del Cracqnio
ageÌn<;Re, dii^hiarando qnalt fossero dette terme : ad hinc locum ubi Priapus
slabat, olim seroorum cadavera parlari sokbanl sepHienda, ubi quondam Iher-
mae Trajaiii lil doimu Creicenliae. — Non si badi che qna gli scoliasti eonfon-
dono la parte esterna dei giardini colla parte interna : risulterà sempre dalla
loro testimonianza, che nna porzione di qnei giardini fu nel sito occnpato
poi dalle terme di Trajano.
= Soeton. Ntì-. 31. 38.
= Scrnwn. I Sai. Vili.
* Piale Delle terme Irajane ec. pag. 6; I^ibby Boma del 1938 p. 2
Knt p. 810 Eg. -, Canina Indie, top. di Roma ani. 18QD pag. 103 ; Becker
llund. I p. 687.
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168 BULLETTINO DELLA COHMISSIONE
Baati ricordare che presso detta chiesa, durante il poatiGcato
di Paolo III, furono disseppellite due basi di antiche staine,
con iscrizioni che 1' attestavano poste nel secolo V dal prefetto
di Boma Oiulio Felice Campaniano, per ornamento delle terme
Trajane ': e che il Libro Pontificale narra di s. Silvestro papa,
ch'egli: constUuit titulum siium in regione III justa thermos
Domitianas quae cognominantur Trajanae*; mentre del pon-
tefice 8. Simmaco attesta che: basilicam sanctorum Silvestri et
Mai-tini a fundamento constì-uxit juxtà tliermas Trajanas ' :
por tacere che ad una egual conclusione ci menano lo iadica-
zioni in Orfea e juxta Orfeam, attribuite dal medesimo libro
in altra occasione alla basilica di cui si tratta *.
Emerge dall'esposte circostanze locai:, che il nostro monu-
mento, essendo in tanta prossimità delle non dubbie reliquie
delle terme dì Trajano, si debba credere situato in origine nei
giardini di Mecenate. Perocché, lo ripetiamo, gli orti mecena-
Kiaui furono invasi, prima, dalle fabbriche della Gasa Transitoria
di Nerone, e poi da quelle delle terme di Trajano. Ed una tale
opinione verrà in grado di certezza, allorquando si consideri la
1 Grat CLXXVn 6. La iscrìziono h del teucre segacnte:
IVLIVS FELIX CAMPANIANVS
V C PBAEFECTVS VBBIS
AD AVGENDAM THERMABVM
TRAIANARVM GBATIAH COLLOCAVI
L'oso dei prefbtti di Boma dei tempi cristiani, di Bdomare con insigni statue
rimosse dai templi pagani, i fori, le basiliche, ed altri luoghi pubblici della
città, h stato dottamente, secondo il costume, avvertito ed insegnato dal eh.
nostro collega, sig. commeod. G. B. De Bossi, nel suo Ballettino di Archeo-
logia Cristiana (1865 p. Bsgg.): e crediamo che lo stesso illustre scrittore
avrà Duora occasione di parlarne nel presente fascicolo dì qoesto sostro Bal-
lettino.
- Silv. 33.
> Sijmmach, 29.
k £.«1 m. 75. 81 ; cf. Jordan Top. da Stadi Rom in aU. U. p. 493.
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AKCBGOtOaiCA UUKICIPA.LE. 169
gran vicioaDza ieìV auditorio all' antica porta Esquilina, a si-
nistra della quale, ed appiè dell'alfiere, si trovava indebitata*
mente un' altra parte dei giardini meceuaiiani (Tiorti novi), ag-
giunta all'effetto appositissimo di togliere ed abolire i paticoli '.
La qual parte nuova dei giardini non sarebbe stata molto am-
pia, l'è vogliam credere cb' ella occupasse quel solo tratto di
suolo, che venia funestato e reso insalubre dal miserando se-
polcreto, cui Orazio assegna mille piedi nella fronte, e trecento
nel campo '. Ma quanto precisamente »i estendessero al di fuori
delle mura serviane, non è cosa da potersi accertare: e d'altra
parte convien rammentarsi, che gli orti mecenaziani, ereditati da
Augusto, sembra che a tempo di Caligola fossero di già incorpo-
rati coi limìtrofi orti Lamiani, caduti anch' essi nel patrimonio
imperiale *. Del resto, non dee nb può fare alcuna difficoltà la
< Sulk scoperta dei pulicoli fatta receii temente per cara della nostro
Cuin missione, vcggasi ciò che già ne hi scritto e dispaiato il eh. Lancìani
in altro fnsztcojo di questo BatUttiao (Ocuaaio-Harao 1S74, p&g. 48 ^g.)-
- Mille pedct in fronle, trccentoscippus inagrum — Aie dabat,hertdes
vionumenlum ne siquerclur. Horat. Strm. I. Sat. VUl. t. 12. 13. — È pa-
rere del cb. Lanciani che i putìcoli avessero la loro fionte luogo la via che
dal sito della porta Esquilina fa verso s. Bibiana, dove appunto si avreb-
bero metri 293 di lunghezza, p^^ri a mille piedi romani: U profbndità, poi,
ossia it lato dei medesimi, di m. 87. 90, pari a trecento piedi romani, crede
che fosse aopra una via, scoperta mediante i nostri lavori, la qaate dalla
porta Esquilina si dirige verso la Tiburtina. La chiesa di e. Eosebio ver-
rebbe quindi a cadere nell'antico campo dei putìcoli; il ohe collimerebbe con
alcune scoperte ivi fatte nei tempi passati. Ha di tutto ciò lasceremo par-
lare ex professo, coli' ajuto anche dei tipi dimostrativi, il prelodato esimio
segretario della Commisiione, che nel seguente fascicolo del Bollettino spe-
riamo sia per continuare le importanti e sempre accettissime eoe relazioni
e ricerche topografiche. Per lo scopo nostro basta dimostrare qnal fosse
all.'incirca la litoaùone dell'ana e dell'altra parte dei gradini di Mecenate.
* È noto ciù per un passo del libro della Legaiione di Filone a Cajo;
in cai si narra, che Caligala trovavasi in qaella part« dell' Eaqnili no, allor-
quando, prima di dare udienza ai legati degli ebrei, fece chiamare i soprin-
tendenti dei giardini di Mecenate e di Lamia, per dare ad essi degli ordini:
e si aggiagne che que' giardini erano contigai fra loro ed alla città, e che
l'imperatura da tre, o quattro giurni vi faceva dimora: sXi^l^r Si lìiri»
aAXrAu» ti mi ri; ir<iAiu(, i. olf h ifii» 5 tiTioijJf» ijiipàw «iii-pi^;. {PhUon.
lud. opp. omn. ed. Lipsiae 1829 voi. VI p. H3 sg.).
12
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170 BULLETTIKO DELLA COSUISSIONB
circostanza, che fra il sito del nostro auditorio e il luogo dei
puticoli, appiè dell' argiae, .sì frapponesse, dalla parte interna
delle mura, la strada che dalla Subura salirà alla porla Esqui-
linn; e' dall'esterna, almeno due vie consolari, cioè la tibartina
e la labìcana. Oiaccbè essendo al tutto fuori di dubbio, che por-
zione dei giardini meccnaziani stara sotto il muro dell'argine di
Servio, e porzione dentro la città, converrà pur diro che il pas-
saggio da una parte all'altra si effettuasse, o sopra o sotto le
vie, sia per mezzo dì un andito sotterraneo, sia per un arco git-
tate sulle medesime vìe. Chi potrebbe di sì piccola cosa pren-
der meraviglia in una città, la quale poco appresso fu vista in-
gombra e avviluppata dalle case di Caligola e di Nerone? '.
Bd è a notarsi che l' edifizio nostro sembra essere un di
qne' ponti, pei qupli gli antichi giardini vennero poati in com-
municazione coi nuovi. Giacche avvertimmo a suo luogo, essere
stato demolito, per fabbricar quella sala, un tratto del ricinto
serviano ; e la sala medesima essere stata incastrata Delle mura
per modo, che parte rimase dentro e parte fuori di esse ; talché
vi si discendea dall'interno della città, e poteva uscirsene dal-
l' esterno *. Il che, mentre si acconcia benissimo a ciò che sap-
piamo intorno agli orti di Mecenate, rivela eziandio che la fab-
brica dovè esser fatta da tale eh' ebbe grande autorità nello
stato, e poter di eseguire ciò che volesse; poiché cortamcnie
non doveva essere in facoltà di chi che sìa il demolir quelle
mura, ch'erano, è vero, divenute inutili alla città, ed erano stale
occupato da ogni specie dì fabbriche, si nel pomerio intemo e
yi nell'esterno; ma le quali non ostante riguardavansì dai romani
con religiosa osservanza, perché fondate in principio con riti
e ceremonie anticbisaìme.
' Bit vidimus wbem totam cingi domibus principum Ùùì el NeronU.
Plin. Nat.. Misi. XXXVI. 15. 111.
3 Si veda la piti volte citata fig. 1 della tav. XI. — Non abbiamo
nel lesto rìcfaianiato molto sovente alle tavole illastmtÌTe , per la ragione
che delle medesima si troveri nna esatta indicazione al tennine del pie-
Knte articolo,
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ABCBEOLOaiCl HCKICIPALE. 171
Se dunque la situazione del moaDmento corrisponde col
luogo, clie sappiamo occupato lina volta dagli orti mecenaziani;
se la sua costruzione e lo stile delle pitture ci rìchiamano espres-
samente al nascere dell'imperio; se infine la natura stossa del-
l'edifizio è in tutto conforme alle ben note inclinazioni dì Me-
cenate, e appropriata ad un uso letterario, che appunto circa i
suoi tempi cominciò a prendere una roga grandissima; sarà me-
stieri di confessare, che milita in prò della nostra sentenza un
tal complesso d'indizi e di favorevoli circostanze, che in ricerca
di questo genere potrebbe a stento aspettarsi maggiore.
Egli ci sembra di avere a sufficienza reso probabile il no-
stro parere, tanto sulla natura e sull'uso dell'edifizio, quanto
in ordine alla sua corrispondenza nella carta topografica di BÓma
antica. Se non ci siamo ingannati, vede ognuno quale storica
importanza ne acquisti quel monumento, e quali evochi memorie
gloriose dell'eterna città. Una sala da recite in casa di Mece-
nate, dell'amico di Augusto, del fautore de'nobilì ingegni, nel-
l'età piìi splendida che vantino i fasti dell'umana cultura, dà
campo alla nostra fantasia di popolarla col fiore degli uomini
di quel tempo; e di vederne, per cosi dire, agitati gli scanni dai
versi di Orazio, di Virgilio, di Ovidio, dalle storie inarrivabili
di Tito Livio, e da quant' altri sollevarono al cielo la genti-
lezza latina. Noi dunque favelliamo dentro quelle pareti che
ripercossero la voce di que'grandi; noi contempliamo quell'istesse
pitture, sulle quali anche gli sguardi loro si saranno fermati !
Molto certamente sopravvive dì essi nell' ammirazione dei po-
steri , nella storia delle lettere , negli scrìtti loro immortali :
' ma la scoperta di un edifizio , di cui può credersi con fonda-
mento, che gli abbia un tempo adunati a geniali trattenimenti,
è cosa che dà pur qualche pascolo al desiderio che abbiamo di
loro; è cosa che per via inaspettata a quei famosi uè ravvicina.
V. V.
C. L. V.
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BULLETTIKO DELLA COUHISSIONE
DlchlaraBlone delle tavole che servono ad tUnstrare
fi presente articolo.
TÀV. XI. Fig. 1.' Piantu della sala nel sao stato prìmitiTO,
senza tenervi a calcolo i posteriori ristauri antichi.
Fig, 2.* Sezione longitiidÌDale della medesima, restituita
al suo stato primitivo.
TAV. XII e Xni. Fig. 1." Sezione longitudinale del fianco
HÌnistro della sala, nel suo stato attuale.
Fig. 2' Sezione traversale della medesima, dalla parte
dell' emiciclo: vi si vedono a dritta e a sinistra gli avanzi delle
mura di Servio; e queste, a sinistra di chi guarda, sono tra-
versato da un cunìcolo per lo scolo delle acque.
TAV. XIV e XV. Fig. 1.' Sezione longitudinale del fianco
destro della sala, nel suo stato attuale.
Fig. 2.' Esemplare della costruzione dell'edifizio di opera
reticolata di tufa, con angoli e legamenti fatti di parallelepipedi
della medesima pietra.
Fig. 3 ' Esemplare dell' opera spigata, che forma il pa-
vimento delle due discese.
Fig. 4.' Profilo della cornice di stucco dipinto, che gira
intorno alla sala.
Fig. 5.» Prospetto della medesima cornice.
TAV. XVI. Prospetto di una delle nicchie o finte fenestre,
col fregio delle pitture che ricorre sotto di esse. È la seconda
a dritta, nell'emiciclo.
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ARC8E0L0QICA UUKICIPALE. 173
TAV. XVII. Pig. 1.' Figure dipìnte a fondo nero appiè del
piedritto della prima nicchia a sinistra, nella parte media della
sala.
Fig. 2.* Figure dipinte nel luogo corrispondente, dalla
parte opposta.
Fig. 3.' Prospetto del giardino dipinto nel fregio sotto
la medesima nicchia, o finta finestra, di cui si è data la ripro-
duzione alla tav. XYI.
TAV. XVII. Oggetti di scultura, e frammento d'iscrizione
disseppelliti dentro, o presso l'auditorio.
N.° 1. Busto virile imberhe, incognito, di personaggio
romano del primo secolo imperiale.
N.° 2. Busto simile di personaggio romano, in età piU
avanzata.
M." 3. Frammento d* iscrizione di ottimi caratteri.
N." 4. Frammento di ornato detto a candeliera, di bello
stile ed ottima esecuzione.
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nULLETTlNO DELLA COUHISSIONE
LA BiSE D'UNA STATUA DI PRASSITELE TESTÉ SCOPERTA
E LA SERIE DI SIBOU BASI
ALLA ODALE ESSA APFARTI£NE.
Nella via di s. OmoboDo presso la piazza della Consola-
zione, che giace dietro la basilica Giulia del Foro e alle radici
del Campidoglio, una chiavica ci ha restituito la base o zoccolo
marmoreo di statua, il cui disegno qui propongo e divulgo. Le
sne dimensioni sono: lunghezza della fronte cent. 72, altezza 20,
lunghezza dei fianchi 67 ; ma poiché questi non sono interi,
lo zoccolo pare essere stato esattamente quadrato. I buchi dei
perni che fermarono la statua aoiio rotondi.
Il nome di Prassitele sveglia l'attenzione d'ogni eultore
delle arti classiche ; e aguzza il desiderio di sapere quale delle
opere famose dell'autore della Venere di Qnido sìa stata eretta
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ARCHBOLOaiGA MUNICIPALE. 175
SU quella base. Plinio annovera le opere del grande scultore, che
ai suoi giorni adornavano Boma : Romae Praxitelis opera sunt
Flora, Triptolemus, Ceres in hortis Servila ; Boni Eventus et
Bonae Fortunae simulacra in CapUoUo: item et Maenades et quaS
Thìjadas vocant et Ca^yatidas: et Sileni in Pollionis Asìnii mo-
niitnentis et Apollo et Neptunus '. La prossimità al Campidoglio
del luogo, ove la base giaceva, farà pensare ai eimulacri del
Buon Evento e della Bona Forì-una additati in Gipitolio nel
recitato elenco delle opere di Frasaìtele in Roma. Ma in questo
elenco Plinio parla di statue marmoree ; e la base novellamente
scoperta per le sue dimensioni e forma di zoccolo piU a statua
di bronzo clie Ji marmo s' addice. In fatti il medesimo Plinio
scrisse: PraxUeles marmore felieior ideo et eloì-ior fuit: fecit
tamen ex aere pulckerrima opera: e fra coteste opere annovera
signa qitae ante Felieitatis aedem fuere, Yeneremque, quae citnv
ipsa aede incendio cremata est Claudii principatu *. Ove stea*
sere dopo incendiato il tempio della Felicità quelle aerea signa
di Prassitele, di che Plinio dice : ante Felieitatis aedem (uà'e,
dalle parole di lui non ai raccoglie. Ma poiché espresaamente
egli distingue la Venere perita nell'incendio dalle altre statue
di bronzo un dì collocate dinanzi il tempio, ò chiaro queste
essere scampate alle fiamme: e gli argomenti, che verrò espo-
nendo, faranno forse stimare probabile le aerea signa quae ante
Felieitatis aedem fuere essere rimaste circa quel luogo mede-
Simo e* poi in tarda età essere state trasferite alla basilica Giu-
lia ; e ad una di quel numero appartenere la base coll'epigrafe
0PV3 PSAXITELIS.
Il tempio della Felicità fa edificato da Cesare nell' area
della curia Ostilia sul foro, e dedicato l'anno di Boma 710 '.
Del luogo suo preciso nulla sappiamo, tranne il cenno dei ca-
lendari!, che ponendolo in CapUolio ce lo mostrano eretto in
» Plin. H. nal. XXXVI, 5, 4.
s Plin. I. e. XXXIV, 8, 19.
3 Dio XLIV, S; cf. Mornnusn, C. ì. L T. I p. 403.
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176 BULLETTINO DBLLA COMMISSIONE
quella parte del foro e della curia Ostilia che toccala le radici
di quel colle e l'imo clivo Capitolino '. E veramente ì migliori
topografi cercano la curia Ostilia, rifabbricata poi da Augusto
col nome di curia Giulia, circa il sito occupato dalle chiese
dì s. Martina e di e. Adriano ai piedi del Campidoglio e del
suo clivo *. Or bene parmi poter dimostrare, che la base «co-
perta in via di s. Omobono, dee essere restituita al foro: ove
a se la richiama una serie di simìlissìmi zoccoli cou similissìme
epigrafi e lettere del medesimo tipo di quelle dell'OPVS PKA-
XITELIS : serie infranta e dispersa, ma della quale sono state
scoperte reliquie anche presso il sito, che fronteggia l'area un
dì occupata dalla curia Ostilia e dall' aedes FelicUatis,
Dalle recenti e^cavazioni del Foro sono venuti in luce i
frammenti di due zoccoli marmorei tanto gemelli a quello, di
che ragiono, che Ò probabile una sola e medesima mano averne
ìd tutti tre incise le epigrafi. Le lettere dei due plinti del Foro
oggi collocati sopra pilastrini di costruzione moderna nella ba-
silica Qiulia dicono:
OPVS ■ POLYCLIT:
Del famoso Folicleto e degli omonimi di minor fama si'
vegga il Sillig, Cataloga artifimm p. 361 e segg. Folicleto
fuse statue in bronzo eginetico ': dei luoghi diversi di Roma,
ove le opere di lui erano ammii-ate, uno solo da Plinio é espres-
t y. Uonunsen, 1. e
* Vedi Detlefaen, De comitio Bomano negli Ann. dell'Inat. 1860 p. 123
e sflgg.: JoTdan nel Bull, dell' lust. 18S3 p. 38: Uilichs, De ctaia Julia
nelle Nuove Hem. dell' Inst. p. 77 e se^.
' Plìn. XXXIV, 2, 5.
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ARGHEOLOOICA MUNICIPALE. 177
samente commemorato, né spetta al Foro: item fecU pueros
talis ludetUes, qui vocantur aslragalixontes et sunt in Titi
imperatoris atrio \ Nel aecondo frammento lio udito supplire
oPVS . Ilìiothei. Di Timoteo, collega di Scopa, di Leocare
e di Briassido nelle sctilture del MausoIi3o, fu celebre io Bonia
la Diana nei tempio d'Apollo sul P^ilatino *. Ma l'epigrafe rin-
venuta noi Poro ninna relazione Im con questa nfe con altra
qualsivoglia statua dello òcnltore del Mausoleo. Chi vuole co-
noscere il vero modo di supplire quel mutilo nomeTIM..., cerchi
tra ì frantumi giacenti nel medesimo Foro: e a pie delta colonna
di Foca, quasi di fronte alla curia Ostilia ed al sito ieìVaedes
Felicitatis, troverà un secondo pezzo della base predetta, che
vuole essere ricongiunto al suo comp^no. Le due parti riunite
danno il plinto quasi intero e l'epìgrafe seguente:
oPVS ■ TlMoROHI ■
Rara è la menzione di cotesto artefice: né delle opere di lui
e dei luoghi che ne erano adorni abbiamo specificate notizie '.
Timarco fu figliuolo di Frassitele e lavorò col fratello CeSsodoto
minore: che di lui si avessero statue fuse in bronzo non si sa-
peva, è naturale però che imitando il paterno esempio egli abbia
adoperato e il marmo ed il bronzo.
Questi tre similissimi zoccoli quadrati con le epigrafi OPVS
PBAXITELIS, OPVS POLYCLITI, OPVS TIMAECHI formano
un gruppo ed una famiglia; ed a mio avviso a so ne chiamano
un quarto. Tra le iscrizioni raccolte dal Doni nel capu II n. 23
del volume edito per le stampe si legge il documento seguente :
Ante jannam donvus Alex. Orescentii juscta D. Marci:
OPVS ■ BBTAXIDIS
1 PUn. XXXVm, 8, 19.
« PliB. 1. e. XXXVI, 5. 4.
' Y, Bninii, Geschichle der GrUeìiUcher KùruUer T. I p. -392.
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178 BULLETTIKO BELLA COMMiaSIOKE
ex libro ms. bibl. Vaticanae. Indi lo ripetè il Muratori nel ano
tesoro p. 472, 1 : e da ambedue lo tolso il eh. Brunn, incerto in-
torno alla sinceriUi del monamento '. Se cotesta dubbiezza era
scusabile quando l' epigrafe non poteva in Roma essere posta a
confronto che con l'OPVS PHIDIAE, OPVS PRAXITELIS dei
colossi Quirinali, oggi essa sarebbe irragionerolc do^-o Iroratì
tre simili, certi ed antichi esempi. Ma del manno che fa men-
zione d' un'opera di Briassidc posso dare migliore contezza. II
Doni lo conobbe pel codice vaticano 5241 f. 48 verso; ove Aldo
Manuzio il giovane testifica che stava: innanzi la porta di
Alessandro Crescentio presso s. Marco. TI sito dista dal Foro e
dalla curia Ostilia in circa quanto la via di s. Omobono, donde
ora è venuta in luce la base della praseitelìca statua: e la di-
spersione delle tre basi d'un medesimo gruppo spiega abbastanza
come la quarta dell' OPVS BRTAXIDIS può anch'essa appar-
tenere a quella famìglia; benché nel secolo XYI giacesse fuori
dei confini del Foro, ma indi poco lungi a s. Marco. Un'altra
notizia mi danno i codici epigrafici intomo a questa base, che
conferma la congettura verìsimilissima dell'attinenza sua con
le tre superatiti nel Poro e presso il Foro. Nel codice de! Wael-
scapple * f. 8S 1' epigrafe, di che ora dico, si legge coli' indi-
cazione seguente : a tergo Parìthei in domo lapiddae cujusdam
basis quadrata. Ija base da s. Marco, ove giaceva dinanzi la
casa di A, Crescenzio, fu portata all'officina d'uno scalpellino
al Panteon, e quivi certamente segata e distrutta. Essi; era
quadrata ; cioè della forma appunto di zoccolo, come le tre
superstiti, alla cui serie parmi potere ragionevolmente aggre-
gare cotesta quarta. Briasslde, che già sopra ho nominato, col-
lega di Scopa, lavorìi in marmo ed in bronzo '. Le notizie che
ne abbiamo sì leggono raccolte dal Silltg, dal De Vit e dal
' Brano, L e. T. I p. 385.
- Di questo codice vedi per ora il Moramsen, Inter. Regni Neap. p. ZI.
' l'iin. XXXIV. 19, 2;J, XXXVI, 4, Ì8, e 1!».
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ARCHEOLOGICA UUNICIP&LB. 179
Braan ' : delle opere di lui conservate in Boma gli antichi scrit-
tori non parlano, e la recitata epigrafe ne è solo ed unico do-
cumento.
Ricomposta la serie di coteste basi superstiti d'una insigne
raccolta d' opere d' egregi artefici greci nel foro romano, resta
che ne cerchiamo ¥ età, e per quanto è possìbile la storia e le
vicende. Le parole che il poeta Prudenzio pone in boct^a a Teo-
dosio arringante il senato, dopo vinto il tiranno Eugenio e de-
bellata la fazione pisana, sembrano proprio scritte e scelte ài-
y uopo di illustrare il fatto di che ragiono.
proceres liceat statuas consistere puras
Artificvim magnorum opera: ìiaec pulcherrima nostrae
Ornamenta fuant patriae, neo deeolor usus
In vUlum versae monimertia coinquinet artis *.
Fili volto ho ricordato e commentato questi versi e questa sen-
tenza di molta storica importanza ; dimostrando che quando per
le leggi dogli imperatori cristiani i templi idolatrici furono
chiusi e il loro culto interdetto, le statue e le opere d'aite ne
furono da quelle leggi medesime tntelate perchb servissero d'or-
namento alle città '. Laonde ì simulacri di marmo e di bronzo
prima adorati come idoli, mutata quasi natura, e trasferiti dalle
celle dei templi ai fori, alle terme, alle basiliche civili, diven-
nero pure opere d'arte: staburu et aera injwsiia guae nune
haberUw idda *. Ciò posto nasce spontaneo il pensiero, che la
serie di basi di statue di bronzo rinvenute nel Foro, le cui
epigrafi dicono soltanto i nomi dei loro insigni greci autori
fartificum magnorum operaj, sìa effetto delle predette leggi
< 8iì^, Calat.arlif.^ HO: J)t'Vit,0rutmast.lat.y.Brya3iir.'Bmna,l.e.
1 Prnd. fònlnt Symm. I t. 502^.
■ Ball d' arcb. crist. 1865 p. 5 e ngg. ed altrove : cf. Hettten, C. I. L.
T. VI p. 356-60 (non ancora pubblicato).
* Pmdeot. PerUUph. U y. 479, 480.
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180 BULLETTIKO DELLA COMUISSIONE
ed eloquente monumento delU loro oaaervanza, e del culto este-
tico succeduto nel luogo dell'idolatrico verso i simulacri pre-
giati per eccellenza di lavoro ed artistica celebrità. A confer-
mazione di sì verisimile sentenza ci vengono innanzi le note
epigrafi di Gabinio Vettio Probiano prefetto di Boma nel 377
nel 416, il quale statuas quae basUieae Juliae a se noviter
reparatae ornamento essent adiecU, e secondo un'altra formola
statuas corUocari praecepit quae ornamento basilicae esse pos-
sent inlustri '. Quattro basi di statue scrìtte, due con la prima,
due con la seconda formola sono state rinvenute in varii tempi
infrante e disperse pel Foro e le sue adiacenze; come i quattro
zoccoli delle opere di Frassitele, di Folicleto, di Timarco e dì
firiasaìde. Laonde naturale sembra la congettura, che le une e
gli altri, le basi cbe ricordano il prefetto Gabinio Vettio Pro-
biano adomatore della basilica Giulia (^n almeno quattro statue
di pregio illustre, ed i zoccoli che ricordano i nomi di quattro
illustri artefici greci sieno da congiungere insieme sovrappo-
nendo i zoccoli alle rispettive basi. Da questo discorso racco-
glieremo , che le quattro statue predette negli ultimi secoli del-
l' antica Boma probabilmente furono erette non presso la curia
Ostilta e dove già sorse il tempio della Felicità, ma nel Iato op-
posto del Foro dinanzi la basilica Giulia.
Per quanto grande aia la verisimiglianza e la seducente
apparenza dì questo ragionamento, esso è alquanto contradetto
in un punto dalla crìtica paleografica. Le basi dì Gabinio Yettìo
Probiano sono tutte perite o non sappiamo dove nascoste : e
perciò non possiamo esaminarne le dimensioni nh le lettere per
certificare se le une e le altre convengano agli zoccoli marmo-
rei, che loro vorremmo restituire. Ma in quanto alle lettere,
anche senza vedere le basi del prefetto Probiano sono certissimo
della loro grande dissomiglianza da quelle che vediamo nelle
< V. Grnt. 1080, 11 : Fon nel Giom. Are. 1819 T. Il P. II p. 181 :.
Eellermann nel Bull dell' Inst. lóa.l p. 37.
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ARCREOLOaiCA MUNICIPALE. 131
epigrafi OPVS PBA.XITBUS, TIMABCHI, POLTCLITI. Queste
sono di forme al tutto inusitate nel secolo quarto volgente al
quinto; e piuttosto convengono al secondo ed al terzo, ed al
pili tardi agli ultimi anni in circa del predetto periodo. Egli
è adunque per me indubitato , che la serie qui prodotta
d' epigrafi testificanti i nomi d' insigni greci artisti, non è
dei tempi cristiani nò fu incisa quando le statue tolte per
legge ai templi furono trasferite ad adornare i pubblici luo-
ghi, ma h anteriore a quella vicenda delle antiche opere
d'arte. E se veramente le statue della predetta serie furono,
come parrai probabile, erette dal prefetto Frobiano nella ba-
silica Giulia, esse colà furono ti-asferite -con quegli zoccoli e
con le preesistenti iscrizioni. Ciò dà alla loro testimonianza
maggiore valore di quello che avrebbono, se le epigrafi in questo
discorso illustrate fossero dettato dei tempi dell' ultima deca-
denza delle arti e della classica letteratura. Chi sia stato l'au-
tore di coteste epigrafi e dove precisamente prima det tempi
del prefetto Frobiano sia stata quella serie di insigni bronzi
dei primi artisti della Grecia, sono quesiti ai quali se altri
saprà con certezza rispondere, ne sarò lieto ; io me ne confesso
> per meglio dire ignorante.
G. B. D. E.
DigitizedbyL.lOOQlC
DULLETTINa DELLA COUHISSIONE
DECADI LAPIDARIE GAFITOLINE
UKCADE SECONDA
PASTE PEIMA
(Tav. XIX)
N." l. '
nel fastigio
SILVANO • SAOE
ET • GENIO • EQ ■ SINO • AVO
ai Iati dell* imagine dì Silvano nello spazio dal campo che lascia
il bassorilieTO,
M • TLP
FHVCTVS
AEDI
3
TI
HT
SIGNT
H
CTM
BA
D- D
Bìorditiando e supplendo le parole divise ed inverse, sì legga:
Silvano Sacrum et Genio equiium singularium Augusti
Marcus Ulpius Frttclm aeditimus signurn cum base (basi) dono
dedit.
1 L' edicola in mnrmo luoense è alU m. 80 larga m. 0. 45. Fa trorata
in coTiUpondeDzti HtW augob delle vie labicana e inenilaDa sull' BsquìUno.
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àRCEEOWaiCA MUNICIPALE. 183
Qaesta iscrizione unisce Silvano al Oenio degli equiti sin-
golari addetti alla persona dell' imperatore (singiUtwes Attgitsli),
del qual Genio perb non venne rappresentata l'ìmagine.
Del cnlto di Silvano, antieliiesìmo in queste italiche con-
trade, dissi già alcuna cosa nella prima decade ', mostrando la
relazione ch'esso ebbe alla tutela dei confini e dei poderi, onde
venne specialmente osservato dai capi delle rustiche aziende (pro-
citratores, actores). B toccai ancora dell' uso di collocare le
imagini di esso Silvano negli atri e presso alle porte della casa:
memoiia del tempo quando subito oltre le umane dimore stava
la campagna ed il bosco.
Ad altre considerazioni mi chiama adesso la figura d'una
tale deità, che è scolpita nell'edìcola sulla quale sta incisa l'epi-
grafe, e viene rappresentata nella tavola XIX eseguita di foto-
tipia , eh' è dire con tutta la fedeltà propria di tal metodo.
Dopo i tanti monumenti tornati in luce ad attestare del
culto reso a Silvano, e che ne proposero 1' argomento a tanti
dotti scrittori, sembrerebbe che rimanesse appena dì che trat-
tenersi intorno alla dichiarazione di questa sua imagine ; molto
pifa che ne riproduce il tipo con quella immutabile precisione, che
inviolata sempre mantenne nelle figure dei numi l'arte pagana.
Restano pert> ancora, se io non m' inganno , alcune cose,
alle quali non trovo essersi a sufficienza pensato, e che non eb-
bero per questo la conveniente loro spiegazione.
Primeggia Silvano fra le divinità indigene della religione
italica; ctie lo ebbe frai discendenti di Saturno. II carat-
tere assegnatogli nelle sacre tradizioni come deità tutelare,
venne io progresso svolgendosi a maggiore ampiezza; ma la
personificazione attrìbuitE^U secondo le religiose dottrine, non
ebbe in se alterazione veruna al sopravvenire del nuovo ma-
gistero dell'arte greca. La originalità del tipo non palesa al-
cuna mutazione; anzi palesa quella immutabilità della forma,
' Tomo I dì ijnesto Boll. a. e, 165 e segaenti.
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184 BULLETtlKO HELLl COMMISSIONE
che resistette in alcune delle pìU famose imagini a quelle
modiflcazìoni, che male sarebbero state accolte dalla già stabi-
lita divozione. La tenacità delle persone di contado h in que-
sto fatto di un assoluta preponderanza, e non troviamo che mai
venisse smentita nel volere che le immagini corrispondessero
sempre al tradizionale aspetto, dal quale non sapevano togliere
la mente.
La prevalente civilizzazione greca pose a lato delle indi-
gene le sue nuove divinità. Xlbbe ancora potenza di trarre a più
sublime espressione le forme dei numi maggiori, presentandoli
sotto più maestoso, piìi eletto e piìi attrattivo sembiante. Ma
nelle religioni rustìcali e campestri e in alcuni tipi locali d'in-
signe celebrità, certamente non potè asaro il suo magistero Del-
l' arte, come non valso a riformarne la primiera individualità;
che avrebbe nel primo caso trovato l'idea reluttante alla forma,
ed avrebbe avuto nel secondo le antiche religioni avverse all'annul-
lamento di concetti mantenuti e consacrati dal consenso dei
popoli e dal corso dei secoli '. Noi dunque ravvisiamo in Silvana
la pura idea d'una divinità indigena, tutta unita alle pììi vetuste
religioni delle nostre contrade, nelle quali antichissime e non
interrotte tradizioni ne ricordavano il culto. Così in fatti lo rap-
presentava Virgilio, tanto accurato investigatore delle italiche
' Non posso danqae convenire ohe 1" imagina di Silvano sobisse mo-
dificazione alcana , quando la ciTilizzaziono greca gianse ad impadronirsi
dello svilnppo romano ; come pensò il eh. sig. .lagnato Reifferscheid, Annali
deirinst. d. C. A,, 1866 a e. 210 e aeg. trattando tulle imogini dd Dio
Silvano e disi Dio Fanno. Dove l'arte e il veder greco si manifestano, spa-
risco qnella moltiplicità dei simboli, propria del carattere ieratico e necea-
siti di nn jrte ancor rozia. Il Silvano è in questo nn vero tipo del primi-
tivo modo e del primitivo cnlto. Basta a fame giadiiio il confronto dei
simulacri de' Sileni, de" Fanni e delle Ninfe, ne' quali è veramente trasfuso
il greco pensiero delle ari,i, pei convincersi dell' immntabilità dell' an tipo
e della nnova forma assegnata agli altri.
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ARCHEOLOGICA MUNICIPALE. loU
primitive memorie consecrate da lui nell' Eneide, attribuendolo
agli stressi tempi de' pelasgi :
Silvano fama est veteres sacrasse pelasgos,
ArvoTum, pecorisque deo, lucumque, diemque '.
Queste facesti cure mease sotto la tutela di Silvano, si
mantennero poi sempre senza notevole variazione, considerandolo
come capo delle diverse deità rusticali, alle quali ne venne in
progresso assegnata una piìi speciale protezione e custodia.
Considerando in tatti gli attributi , che ne accompagnano
le imagìni, vediamo che tutti emanano e tutti si riferiscono a
que' diversi benefici effetti, che si riconoscevano derivati da lai.
Incominciando dalle selve, alle quali diede, o dalle quali ebbe
il nome, troviamo proporsi negli attributi, già detti, come una
dimostrazione dei vantaggi, che fin dal primo separarai dallo stato
ferino (secondo allora credevano) avevano gli uomini trovato nei
boschi. Dove ricordavano la dimora, i templi e gli oracoli dei
loro numi, ai quali rimasero sempre consecrati, fin quasi al ces-
sare del paganesimo serbati incedui *; con tanta religione delle
' a™, lib. vni.
^ Nell'anDo 1838, emendai ed accrebbi U pianta dei boBchi sacri di
Boma, DD!tameiit« ù principali edifizl di casa, formata da Giovambattista
A^etti,cbe il fifflio ^i ^^i Gaetano Agretti, diede pai ad incidere sotto la mia
dilezione dal ralente Filippa Troiani, che ne fece nn mirabil lavoro. Venne
in Ince con questo titolo : Pianta delC antica cìUà di Roma con i tuoi bo-
tcki sacri e i principali ediflii reititidti nella loro inlegrilà, opera del fa
avaocalo Gi^tmbaUitla Àgrelli, perugino, prinaipa della Piiomolo-iigure e socio
d'olire Accodante d' lUdia, con, nuove cure ampliala, rettificala e corretta da
P. E. Viiconli. Questa bella e grande incisione è divenuta della maggioie
Tarila. L' Italia, e pia specialmente il Lazio, gelosamente costodiTono i bo-
Echi, coDseciati appanto dai più antichi tempi e coi più antichi culti, per
r immensi vanta^, che ee ne traevano. Fra quali avevasi principale la sa-
labrìtà delle diverse contrade, che difendevano dai mati affaire e dai venti
ricoQoacinti dannosi. Ora questi baschi sono stati qnasi tutti distratti, né
si perdona ai pochi superstiti; con quanto utile della pabblica iDColamità e
della privata economia, lascio volentieri che altri sei vegga.
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186 BULLETTIKO DELLA COUHISSIONE
genti, che Plinio attribuiva al silenzio e all'aspetto medesimo
dei boschi il penetrar gli animi d'un orror sacro e il muovetU
a venerazione, non meno dei simnlacri degli dei risplendenti d'avo-
rio e d' oro '.
Dobbiamo anzi riconoscere che quegli attributi, almeno
secondo a me pare che debbono essere intesi, s'uniscono ad uno
scopo medesimo e concorrono insieme a palesare uno stesso
concetto.
Ha Silvano nel seno, formato all'innanzi del petto, dal lat-o
sinistro, dalla pelle di capriuolo, della quale ò in parte coperto,
bel numero di frutta. Sono di qaelle che spontanee vengono date
dalle arbori, secondo il vario, corso delle stagioni. Qui è ben facile
il ravvisare, che ai pose innanzi quel mite alimento, che primo
trasse dai boschi l'umana gente — victus oblita (eros — ; pro-
ponendo così la memoria d'un fatto, che le italiche mitologie,
delle quali appena è che a noi sia giunto interrotto e scarso ~
ricordo, attribuivano per fermo a Silvano; quantunque in men
remoto tempo e quando già sopravvenute erano la cultura e
l'innesto degli alberi fruttiferi, si vegga la cura dei frutti esser
posta sotto la tutela di Vertunno e di Fomona. Qui l'intenzione
è agevolmente appresa da ciascuno. Ma quale ebbe ad esser
quella del ramo troncato da un albero di pino, che Silvano ha
nella sinistra mano e tiene d^l lato medesimo?
P. E. V.
(ùmtiivaaj
■ Nec minns aoro fol^eutiit atqae eborc siaiGlHcra, qnam lacas et i
is BÌlentia ipes sdoiamns. H. N. XII. 1.
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TAV.XIX
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AKCHEOLOGU UUNICIFALB.
INDICE
materie contenute nel presente fascìcolo.
Antica sala da recitazioni, ovvero auditorio, sco-
perto fra le ruine degli orti mecenasiani
suti Esquiliììo (Tav. XI — XVHI) sigg." Conte
Virginio Vespignaki, e cav. Cablo Lodovico
ViscOKii pag. ia7-17S
La base d' una statua dì Praasttele testé- scoperta,
e la s&rie di simili basi alla quale essa appar-
tiene, sig. coìnmend. Giovanni Battista De
Rossi . 174-181
Decadi lapìilarie capitoline. Decade seconda. Parte
prima (Tav. XIX) sig. Baroìie Pietro Ercole
Visconti * 18218(>
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ottobre - Deoembre 1874.
DECADI LAPIDABIE CAPITOLINE
DECAI>E SECONDA
N. 1. Continuasione e fine
(VedtKi a carte 186 e la tar. XIX dal preseote votame)
Non 90 ohe altri ne abbia assognato la causa: troro^anzi
essersi tutti fermati alla sola ÌDdicazione del fatto, senza pas-
sare oltre ad indiarne l'origine. La quale qod potè necessa-
riamente mancare; anzi deve pur esser tale, che s'accordi al con-
cetto manifestato dalla rappresentanza de'fmtti: quello cioè di
palesare in Silvano il nume benefico per utili insegnamenti
all'uDiana ^miglia sin dalla sua primeva condizione, quando
la si credeva inesperta ancora di tutte le cose, anche di quelle
piii strettamente congiunte al mantenere della vita. Or quale pò-
tevasi allora, dopo l'alimento de'frutti, offrire pili utile trovato
piU grande, che quello della luce e del fuoco , tratto pure
dalle selve, insegnando a produrli col troncare dagli alberi ì rami
e dicendone apparir viva la fiamma? Fu questa un vìncere le
tenebre della notte, e fa insieme nn concedere all'arbitrio de-
gli nomini il poderoso elemento del fuoco.
So che la seconda età mitologica propose altri numi quasi
autori di tanto trovato; ma so pure, che quanto si disse di Ve-
sta, di Mercurio, di Vulcano, appartiene all'uso del fuoco già sta-
bilito, come appartiene alle industrie sorte dall'attività già spe-
rimentata e riconosciuta propria di esso fuoco sulle varie ma-
terie e sugli stessi metalli.
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190 BDLLSTTINO DELU COUUISSIOKE
Certo fu tempo in cui si celebrò il dio delle' selve come
datore e come ioTontore del fuoco; invocando in quelle prime
sacre poesìe l'ignipotente Silvano \ come propagatore in terra
de'benefici effetti dell'ifrntvomo Sole '. E le arti, ancora sacer-
dotali, informaDdosi a qnc' canti e a qaelle ìmagini, ch'erano
in essi descritte, presentarono i celebrati simboli designanti i
benefici fatti del nume. Avremo quindi nel ramo troncato, te-
nuto da Silvano presso alle frutta, che eono raccolte nel lembo
detla pelle, la doppia allusione fu due maggiori e permanenti
vantaggi ricavati dai boschi: l'alimento ed il fuoco *.
Il falcetto (folcala), che tale deità impugna nella destra,
si conviene all'enunciata idea e porge ad essa nuova chiarezza,
essendo insieme alluaione al troncamento dei rami, e alla cuK
tura delle piante; appunto come invocava- Orazio esso Silvano
nell'Epodo secondo '.
Inutiles falce ramos amputans
Feliciores inserit.
Anche l'ara accesa, che accompagna sempre le rappresen-
tanze di tal nume, si unisce, secondo a me sembra, al concetto
* Tirgìlio trasportò qiuirspiteto a Tolcvio, deità del fuoco tpidicato
già alle svariate opere dei metalli.
* Lacrezio mantenne tale epiteto al Sole dicendo:
ÀUiìu ignivomum Solerà coeii orbila ducit,
1 II nmo di pino è tagliato e se ne vede in tatta evidenza il tron-
camento cosi nella presente scaltnra, come io qnella dell'edicola a pie delle
leale del palano Pamphili a piaxza Navona. Tale è pnre nell'are del mneeo
Chiaramanti (HC tav. SXl). Virgilio allnee ad altro fatto attribuito a Sil-
vano, quando cantò di Ini, che portasse nn cipresso ancor tenero dÌTelto
cella saa radice; teiumm ab radice fe,rens Silvane cupressum (Georg. 1. v.
20 ) ; e fa del giovane da Ini mutato in tale albero dopo che di dolore si
morì per la cerra incantameote uccisa da Silvano stesso cacciando. Tagliati
erano pnre i rami, che si portavano dai DeodrofoTi, riuniti in collegi, che
enravano anche le cose dei fanerali. Essi ehboro seni.-i meno a coptriboire
con qne' rami ne'più vetusti tempi alla formazione della catasta per costmir-
ne il rogo da bmciare i cadaveri.
* V. 11.
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ATtCHBOtOOICA. MtTMICIPALS. 191
d^li altri attributi. Porcile l'alta fiamma accesa sovressa reca
ìi pensiero agli onori e ai sacrifizi fatti agli iddii, eh 'era il piti
sacro e il piti eccelso oso che far si potesse del faoco.
Del cane messo accanto a Stirano, in atto di pendere da
suoi cenni, h troppo f^ilmente inteso quale sia la -convenienza
d'accompagnarlo con tal nume, perche giovi fermarsi a farne
parola.
Prima che il cane fosse il B<^lerte compagno dell'uomo nella
caccia, fa esso a lai di valido aiuto e insieme di difesa a pene-
trar« nei vergini boschi, stanza ancora a feroci belve: egli è a
quel primitivo stato che se ne vuole assegnare la unione al
dio delle selve. Tenne poi l'idea d'un tempo piti mite e con
esso quella del cane simbolo della custodia, che andava associato
agli stessi Lari,' i fedeli guardiani delle case.
Tenendo ora all'iscrizione, sappiamo da essa, che l'edicola
coll'imagiue di Silvano, chiamata signum ', fu donata in un
colla base da Marco Ulpio Fructo *, che dice se stesso Aedi-
tinvus. UfScio che deve per avventura riferirsi piuttosto al
culto del Qenio degli equiti singolari, che non all'altro di Sil-
vano. Ed in vero ai deve credere che ad unirlo a quel nume
movesse il dedicante una sua propria e particolare cagione, la
quale non può meglio trovarsi, che nell'ufficio sostenuto da Ini.
* Tale denominazione è qol data ad una fi^ra di bassorilievo. In-
certo è ancora presso gli eroditi in qaal modo gli aatlchl chiamaaiero tali
scnltnre, certo impropriamente dette da alcani anaglypha, da altri loreumata
ed anche oput caelalunt. Ennio Qairino Viscenti avvertì alla greca deno-
mìnauone Tirso;, osata ancora dai latini. Qnello che è scrìtto nel presente
marmo, coofirontato col virgiliano; aspera signit poetila, che non paò inten-
dersi se non di nappi esternamente ornati di bassorilievi, merita qnindl
attenzioiie, potendo stabilire il preciso nome di qaesta al bella e tanto
rilevante parte della scoltnra.
^ In proposito di qnesto Ulpio, mi piace di restitnire a tale fomigUa
qaell' rVLPVS, non bù perchà trasformato in IVLIVS.qoando era facile ac-
corarsi, che bastava rimettere al ano Inogo la I malamente anteporta dal
quadratane per ristabilire la vera lezione d'an tal nome. Steiner, Cod. inscr.
rom. Rhen voi. II. 29. 665.
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192 BCLLETTIKO DELLA. C0VMIS81ONB
' Àrere qaestì equiti aruto «ditnl addetti alla custodia
dell'ode sacra, nella quale rendevano culto insieme agli altri
numi anche allo speciale Qenio della loro milizia, lo sape-
vamo già dalla testimonianza delle antiche epigrafi: tanto fe-
conda sorgente delle pih riposte cognizioni del vivere degli uo-
mini sopra noi stati. Toglio mi basti l'addurre in prova l'iscri-
zione segueote ':
D ■ M
VICTORINI
LONGIN ■ EQ ' A • II
FL ■ SING • LATINVS
AEDITVVS • SINGVLA
BIVM ■ H ■ P • C ■
Dedicavasi dunque l'edicola a Silvano congiantamente al
Genio degli equiti singolari, come a Genio del luogo; ed era
questo religioso modo e solenne. Del quale una bellissima for-
mola abbiamo di recente letto nel marmo scolpito di queste
parole : Aedem aramque, Jovi optimo maxima el Silvano, cae-
terisque diis quorum in tutela aedificium est \
E ben possiamo credere che il luogo medesimo dal quale
h tornata in luce l'edìcola aggiunga dimostrazione a questo
modo d'intenderne l'epigrafe, da ohe dovremo riconoscere in esso
Tana delle due stazioni, che gli Equiti singolari ebbero in
Boma *, e forse pili che la prima, denominata Castra priora
in confronto dell'altra successiremente ad essi destinata, ap-
' Corp. inscr. latin, voi. IIT. P. 11. n. 5822., Orell. 3510. Le abbre-
Ti&zìonì della wconda lìnea Tanno inteM: Sqves aloe lecundae, la qaale ala
seconda fa denominata Flavia: quelle dell'nltima: Henj fàciendum curaviL
■ Si ve^ga il pies. Bnll. a e. 89.
> Dae stazioni attrìbnisce a questa milizia il breviario del catalogo
niXtttii. Pieller IHe Btgion. p. 31.
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AKCHBOLOOIC& HUNICIPALG. 193
punto quella seconda, che fa detta: Castra nova Severiana^. L'è-
di&zio assai vasto, reso libero in parte dalle terre in sall'Esquili-
no, rispondente, come gii. dissi nella nota prima del presente deca-
de, all'angolo formato dall'incontrarai della via labicana e della
morulana, si riconobbe formato da un seguito di celle, alcuna delle
quali con la volta, che avevano le mura d'opera laterizia. Si ancce-
devano l'nna all'altra appunto come sono quelle del quartiere
della villa Adriana di Tivoli, e, come quelle, ebbero comuni-
cazione dall'una all'altra col mezzo di un impalcato esterno.
Ne pongo qui solamente questo cenno; ohe tanto basta all'attua*
le mio intento. La scoperta, in quanto si lega alla topografia
dell'antica cittii, troverà suo luogo e avrà ogni opportuna chia- -
rezza nella grande pianta, che si sta formando a cura della
nostra Commissione archeologica e col favore del Municipio:
lavoro ch'h per presentare alfine quell'accurata icnografia della
città antica, che soddisfar possa alle investigazioni dei dotti,
e dar norma a seri studi intorno ad argomento b\ rilevante.
Osservabile ò nell'epigrafe che M. Ulpio dica se stesso
aedUimus e non aeditwis. Questa forma della parola, che durò
forse nel discorso volgare anche quando si scrìveva dai pib culti
aedituus, ha per se la preferenza dei grammatici-antichi, inco-
minciando dal dottissimo Marco Varrone. Beca anzi maraviglia
il vedere com'essi iracondamente condannino Tana voce a con-
fronto dell'altra, quasi li movesse a sdegno cosa di grande
momento. Aeditimus, essi dichiarano, h l'originale voce ed in-
corrotta: l'altra, Aedituus, venne trovata da una nuova ranitt;
anzi h una mensognera uiurpasione *. Tanto aspramente si
governavano le questioni delle parole !
* Avellino Opiuc. Napoli 1836 voi. ni e. 173 a 214. Nel diplomn mi-
litare di Severo Alesaandro è memoria degU: EquiUs qui inUr Hngulans
mUHawruTit CASTBIS NOTIS SEVERIANIS. C. F. Marini, Atti degli Ar-
Tftli a e. 549, SSO. Per i cculra priora si vegga il Fabretti Insci. Dom.
p. 284 e 886, Eellerman, Vigili n. 225.
^ TaiTo de L. L. VII. e Vili 2. 33. acrìase: aeditimut e non aediluut
«SBei da teaei per piopria forma dì qaella voce: quod alterum sii a recenti
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194 BDLtBTtlHO DBLLA COUMISSIONE
È dunque da far buon viso al nostro aeditimus, cho inte-
merata mantenne la germana forma della voce denotante il suo
ufBcìo Né per altro io stimo che tanto si commovessero i ri-
cordati autori contro alla forma nuovamente seguita, se non perchè
trasformava essa l'intimus aedis nel (utor dell' edificio sacto:
aedituus ab aede tuenda. Lo che, nel pagano concetto e potè
sembrare appunto vanità e presunzione, quasi pih che la cu-
stodia volessero gli uomini arrogarsi quella tutela de' tempt,
alla quale vegliavano gli dei -stessi a cui erano dedicati.
Degli equiti singolari tratti) con speciale commentario Gio-
vanni Frìck ', e poi di nuovo in questi ultimi anni il eh. Dot-
tore Cavaliere Guglielmo Henzen *, p. 5-53 al quale Bartolom-
meo Borghesi ne prr>pose l'argomento.
Non ostante questi dotti lavori non abbiamo ancora quella
precisa e piena contezza di tale milizia, che le successive sco-
perte ci hanno già manifestato in parte, e che possiamo aspet-
tare ancora da quelle che seguiranno.
{Continua)
P. E.V.
novitale /klum, allerwn atUiqva origine ineorruplum. Ed Anlo QellEo, XII. IO.
Sed prò eo (aeditima) a pleritqw num aediluui dtn'fur nova el commtnli-
tìa uswpaliotu quoti a tue/idis aedibus appaiatiti.
< Acta Socict. Lat. len. voi. T, pag. 191 e eeg. cf. Malocchi de
dedicai mb aada pag. 23; de Vita, Antiqnit. benoTent tom. I. pag. 348.
■eg. Hanoi Iscijz. Albani, pag, 69. aeg.
: Arni. deU'M. di C. A. 1870.
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ASCHEOLOOICA HIJKiaPALE.
DILLI 8G0PIBTI PBIHGIPAU ATTIiniTI NILLA PRUA ZONA
DIL nuovo OUABTIIKS ISQUILIRO.
(T«T. V. VL>
Nel primo f»3cicolo di qoesto secondo volume del Ballettma
è stata pnbiicata la pianta della prima zona del nuoTo qnattiere
Esqnilino, e data succinta illustrazione di alcoai monumenti
tornaU in luce nel coiso dei lavori di costruzione (pag; 33-88).
Dei ventitre edifici), o avanzi di edifici], delineati nella icnografia,
quattro soltanto furono dichiarati in quell'artìcolo, cioè la Schoia
di un collegio forse gladiatorio (n. 8); i pnticoli (a. 21, 22);
i giardini vezziani, taurìani, e caliclani (n. 13); ed i b^ni di
Nerazio Geriale (Id). Ci proponiamo ora continuare, e condarre
a termine I* incominciata narrazione. Siccome poi alcuni oggetti
d'arte, o dell'uso, rinvenuti nel puticoli meritano, pel carattere
molto arcaico, d'essere pih particolarmente recati a notìzia do-
gli eruditi, così di questa funebre suppellettile noi produrremo
in altra occasione i disegni, compiendo anche per questa parte
la illustrazione de' luoghi delineati nella pianta suddetta.
33. 31i avanzi di privati edìficii, sanati coi n. 3, 4 furono
discoperti nel cavare le fondamenta delle due case poste nel
punto ove la via Gioberti si diparte ad angolo retto dal viale
Mncipessa Ma/rgherUa. La totale spogliazione delle rovine
togliendoci ogni elemento per giudicare della loro origine e
destinazione , ci terremo paghi a descrivere quanto fa da noi
raccolto Del rimuovere le terre che ne ricoprivano la superficie.
L'edificio sembra essere stato costruito nel periodo degli
Antonini, cui spettano i bolli segnenti, tratti dal vivo dei muri:
GREI lANVABI EX PCD H V . Q . F (d^ copie)
(Titì) Grei Janucerii ex figlinis Cnei Domitii: valeat qui fecit
(Cf. Vermiglioli I. P. 597 8)
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196 BULLBTTINO DELLA COHHISSIOKE
n motto augurale valeat qui fecit. comune a tutti ì fìguU
Domizii il cui pronome h Cneo, cioè si liberti dei due Domìzii
Lucano e Tulle , non s'incontra che raramente nei materiali
provegnenti da altre fornaci. Sul probabile significato religioso
di questo motto può consultarsi quanto ha ragionato il eh.
Gomm. de Bossi nel Bull, di Arch, Crist. Seconda Serie, Anno I,
fascic. I. JJ. IO seg.
EX PEJIT . FAMPLUT
Ece praediis Tili Fìavii Ampliati (Marini Mss. n. 342)
DOLIAEE EX PKED !1 DOMININAVQ
Opus doliare ex praediis Domini nostri Augusti, et Fabretti,
VII. 17 — Boldetti 318.
Quest'ultimo bollo appartiene a restauro eseguito ne' tempi
dioclezìanei:
SOPIOBIA CESVEI
/'ofjicinaj Sofforiana Jovia Cesuriì.
Fra le terre di scarico si rinvennero i seguenti oggetti:
tre sostegni di lucerne fittili con rilievo rappresentante MìDerva
armata dell'egida, lancia , e scudo; una lucerna appartenente
alla classe degli dnofàpnjTa, che mandavansi in dono nei sa-
turnali , intorno a che veggansi il Fabretti (/nscr. p. 500) il
Ficoroni (Ubico p. 102) Marziale {Ep. XIV. 36, 94, 96, 106)
Ovidio {Fast. I, 185) ed il Bull. delVIst. 1869 p. 233; altro 15
lucerne con rilievi nel piatto rappresentanti un caduceo fra
comucopi , un caduceo con colomba recante una corona nel
becco, un genio alato in atto di trastullarsi con tm lepre, il
busto di Serapide , una divinità frigia, forse Ati, un cane in
corsa. Apollo raggiante sulla quadriga etc. Nel fondo di alcune
si lessero i bollì MIRO = C 0. B. = CLO SVC = C
OPPI . BES = 1 = PASS AVG . Questi altri sigilli ap-
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AECHKOLOaiCA MUNICIPALE. 197
partengono a. stoviglie aretine: L PETBO . P — L . BASINI .
PISANI = PAV . P . . = ^fÌf% = e questi nltìmi
ad anse di anfore vinarie ; == MVRI = FOUS FOIAS =
I A , A/G =
Pib importanti sono le due seguenti memorie scrìtte a
pennello ani collo di altre dae anfore:
XIVM
AATEMlAOAl
CLAVD ACT
L'importanza di siffatto genero di memorie, non diminuita
dalla difScoltil somma della loro lettura, nasce in ispecie dalla
loro rarità relativa, Extant enim praeter Pompeianas paueissi-
,mae huius generis inscriptiones , et ita fere comparatae, ut
accipere poHus lucem a pompeianis debeant, quam ipsae
ad ha/rum explicationem quidquam confei'ant. (SolioSne: 0.
I. L. V. IV. p. 171). Le ultime scoperte, dovute alle provvide
cure del Municipio Romano e della sua Commissione archeo-
logica, dimostrano nondimeno che anche fuori di Pompei pai»
raccogliersi larga messe di siffatte memorie, sol che si eserciti
costante vigilanza sui piU minuti frammenti. Invero l'esperienza
delle odierne escarazioni urbane mi permette asserire, che al-
meno quattro quinti del novero delle anfore e dolii raccolti
nei nostri magazzini presentano traccio (generalmente indeci-
frabili) di iscrizioni 'dipìnte a pennello sulle prime , graffite
sai dolii.
Le prime contengono, talvolta la data consolare dell'anno
della vendemmia ovvero della diffusione, talvolta il nome del vino
e qaello dei produttori: talvolta quello dei mercatanti vinarìi, se
in caso genitivo, ovvero delle persone cui era spedito il vino, se in
caso dativo. I numeri o le lettere isolate ordinem indicare viden-
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198 BULtKTTINO OBLIA COMMISSIONE
tur quo amphorae in apothecis vtnoriù dispositae erant. (]. e. p.
172). I grandi dolii a differenza dell'anfore e degli uicei non con-
tengono ordinariamente che l'indicazione grafBta della capacità
in unità di misura, (^aeato breve commento rende agevole le
interpretazioni delle due epigrafi sopra descritte. La prima
anfora contenne vin di Scio, fabrìcato da un Artemidoro: in-
tomo al qoal vino veggasi Vhistory of wines dell' Henderson.
La sigla H che leggesi nella seconda sembrerebbe indicare,
secondo il canone dello SchoSne, l' ottavo posto nell' ordine
delle anfore: ma forse b l'iniziale del nome del vino , ovvero
di quello del territorio o del vigneto ove maturarono le uve.
Il seguente titolo sepolcrale, rinvenuto in una delle stanze,
proviene evidentemente dal vicino Campo Viminale.
D . M 7 PB 7
M . VALERIO . M . P . AVG
. . . BVANDO . MIL . CHO
. . . . PB . 7 . CALV
NN . XV
U . G . l
ET
Diis manibuK Marco Valerio, Marci filio , Augusta Praetoria
(Aosta) Servando, militi cohortis praetoriae, centuria Col....
CvixitJ anrUt XV. (militavit annis) //, Caius m. cet.
Insieme a questo tìtolo rinvenimmo due seheggie di marmo
con le sigle NITEB e
lA MARCA II RIS PAREN: un elegante cnccliiaio di bronzo,
un manico di coccbiaio foggiato a zampa di lepre, già pub-
blicato in questo Bullettino ; un torso di statuetta marmorea
di Silvano: una figurina ace&la di baccante sedente in groppa
ad una tigre; un rilievo in pasta vitrea rappresentante la testa
di un molosso; un dado pur vitreo con le lettere T < YS > A
un rocchio di colonna di lamacbella; una moneta di Augnato,
ed una di Valeriano.
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AKCH&OLOQICA UUHICIPALE. 199
L'Ì9CriiÌone di Lucio Titinio, maestro dal vico detto del
Colle Viminale, illustrata dal Sig. Barone P. E. Viaconti nel
fascicolo quarto del I volume del Bullettino^ fu rinvenuta gia-
cente presso il pavimento di ana strada parallela alla fronte dello
edifìcio n. 4, dalla parte dell' aggere Tulliano. Ma prima di
esaminare il valore topografico dì quella iscrizione h necessario
premettere alcune brevi notizie sull'andamento dell'aggere stesso,
e sugli avanzi testé scoperti nella prima zona dell' Esquilino.
34. Il tratto dell'aggere che attraversa ia prima zona del
nuovo quartiere Esqnilino, e l'adiacente Stazione delle Ferrovie,
h quello compreso fra la porta Viminale e la porta Esquilina.
Le nostre escavazioni hanno dimostrato doversi collocare la
prima nella piazza triangolare del Maccao (Vedi Bull. voi. 1.
fase. IT") il sito della seconda è quell'istesso ove nel III secolo
fu eretto l'arco di Gallieno. In tutte le opere di topografia
questo tratto dell' aggere è rappresentato siccome descrivente
una curva regolare fra l'una e l'altra porta, con la convessità
rivolta alla campagna: ma l'icnografia da noi rilevata con somma
cura dimostra aver l'aggere seguito una lìnea irregolare; cioè
una curva a partire dalla porta Timfnale fino al mezzo della
nuova piazza Galileo, e quindi due linee rette formanti un
angolo ottuso di 156°. La costruzione del muro di sostegno
dell'aggere è alquanto diversa da quella del tratto già scoperto
nell'interno della Stazione. Quivi infatti il muro ò costruito,
nella parte inferiore , di enormi massi di peperino , collegati
per mezzo di grappe di ferro ; e nella parte superiore di pic-
coli cubi di tufa granulare. Dì piU la fronte del muro h rin-
fiancata a brevi e regolari intervalli da pilastri dì m. 2 04
X 2 04. Teggasi l'accurata illustrazione pubblicata negli i4n-
nali dell' ìslitìito di corrispondenza Àrcheol. 1871 p. 59 seg. —
Nel tratto che attraversa la prima zona dell' Esquilino per
contrario, mancano i pilastri: la parte inferiore h costruita di
parallelepipedi di tufa giallognolo: la superiore dì piccoli cubi
di cappellaccio delle cave di vigna Qaerini (cf. Bull. Anno I.
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200
BULLETTIKO DELLA COMMISSIONE
fase. 1°). Dell'aggere propriamente detto, o terrapieno, abbiamo
rilevato non meno di otto sezioni dalle quali apparisce chiara-
mente essere stato formato coi materiali provegnenti dalla
escavazione della fossa esteriore, diaposti in varii strati inclinati
verso il maro di sostnizione di un angolo proprio alle terre
sciolte, in modo che torna agevole rintracciarvi tatto il processo
del lavoro, e la diversità dei materiali incontrati nello sca-
vare la foasa: poiché gli strati piU vicini al muro aon for-
mati di terra vegetale: seguono altri di sahhia tufacea, e di
piccole scaglie di cappellaccio: e finalmente i piìi distanti
presentano una specie di pozzolana nera, la quale realmente
trovasi nella contrada alla profondità media di m. 8, 00 sotto
la superfìcie del suolo. Per la migliore intelligenza di quanto
abbiamo esposto fin qui, poniamo sott'occhio le sezioni seguenti,
presenel puntoovel'aggeTeèattraversato dalle vie Napaloone III",
e principe Umberto.
a. Prrr.cijje ITinberlo )
yGoogle
ABCHEOLOOIGA HIJKIOIFALE. 201
La striscia di BQoIo occupata dall'intera fortificazione (ter-
rapieno, muro, fossa) striscia larga approssimatÌTamente m. 55,
è limitata tanto all'interno della città quanto all'esterno da
due strade parallele, le cui vestigia sono apparse cosi dentro
il recinto della stazione , come nell' area del nuovo quartiere.
Alla via esterna, posta sul margine della fossa, sembra appar-
tenere il selciato indicato nella nostra pianta coi num. 6 e 17;
all'interna appartiene un altro tratto di payimento siliceo rin-
venuto tra r edificio n. 4 ed il collegio gladiatorio n. 5, il quale
non è delineato nella pianta, perchè scoperto dopo la sua pub-
blicazione. Tutto ne invita a credere esser questo il vious coUis
viminalis mentovato nell' iscrizione di Lucio Titinio. È inutile
aggiungere che tali vestigio dì strade appartengono agli ultimi
secoli dell' impero : ma non v' ha dubbio, al tempo istesso che
l'andamento ne fu determinato contemporaneamente alla co-
struzione dell' aggere ; allo scopo forse dì ben definire i limiti
del pomerio.
Non appena la dominazione romana sì fu estesa al di là
delle alpi, e cessarono per conseguenza i timori di improTTise
aggressioni , la zona di servitii militare racchiusa fra le due
strade sopra mentovate, fu invasa a poco a poco da costruzioni
di vario genere , in modo che Dionigi d' Alicarnasso nell' età
angustea chiama il muro di Servio HvOiìiptTov, difQcile a rintrac-
ciarsi ita Ti^s rtS()tXa,u^«vouffas otwrò no')Xx)(ó$zv oliàì'jet^ a ca-
gione degli edifizì che da ogni parte vi erano stati addossati.
(IV. 13.) Gli avanzi di fabbriche pubbliche e private , da noi
scoperte nel tratto esquilino dell' aggere , sia dalla parte del
terrapieno, sia nell' area della fossa esteriore, sono indicati nella
tav. V-VI coi n. 5, 8, 9, 10, 11, 12, l5, 16. 23. Ma prima di
darne la descrizione sarà bene far parola di quel basamento se-
micircolare che vedesi addossato all' interno lato del muro di
Bostruzìone dell' aggere, quasi nel mezzo della nuova piazza
Fanti. Tale basamento è formato di quattro strati sovrap-
posti di massi di tufa, tagliati a cuneo, e misura m. 8, 20
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203 BDLLETTIHO DELLA. COHUISSIONE
dì diametro. Nella fronld dei cunei dell'ordine Baperiore sodo
iocise dalle marche di cava , simili alta lettera ^ ovvero 9,
alte in media 40 millimetri. Siffatte sigle sono apparse anche
in altri ponti dell' aggore e muro serviano, suH'Eaquilino, spe-
cialmente in vicinanza dell' A.udit«no di;' giai'diui Mecenate: e
talvolta r asta ne è disposta orizontalmento ìd modo da rasso-
migliare alla lettera m. DìfflciI cosa e forse vana sarebbe cer-
carne r interpretazione : se non che la circostanza del ritrovarle
soltanto Dell' Esquìlino, e non in altri siti delle mura, potrebbe
far sospettare che dessero la indicazione del luogo (EsquUiae)
cui doveano trasportarsi le pietre. Ignoto del tutto è lo scopo
di quella struttura semicircolare: la sua giacitura all'interno
del muro rende impossibile il crederlo fondamento di una torre:
forse non ò che un contraforte, sperone destinato a dar m!^-
giore solidità all'angolo delle mura. Così per l'appunto, nell'aa-
golo del Palatino rivolto al velabro (negli orti già Nusiner) veg-
giamo la grossezza delle mura primitive quasi quadruplicata per
brevissimo tratto; aumentare cioè d.ù m 1, 44 ai m. 4, 50.
Il detto avanzo semicircolare , e le due ali laterali della
cortina saranno conservati per cura del Comune ad ornamento
della nuova piazza, e a testimonio di somma importanza per la
topografìa di questa parte dell'antica città.
30. Venendo ora a descrivere le costruzioni scoperte nella
zona dell' aggere, dobbiamo innanzi tutto far menzione d^U
acquedotti e delle conserve dì acqua indicate nella pianta coi
n. S e 9, ed in m^gìor proporzione delineate nelle sezioni in-
serite alla pag. 200.
Gli spechi scoperti noi taglio della via Principe Umberto
son due, posti presso a poco ad uguale livello : ma di uno solo
abbiamo potuto seguire il corso attraverso l' intera zona , cioè
di quello indicato in pianta col n. 9. Lo speco corre parallela-
mente alla scarpata dell' aggere: ha le pareti, ed i pozzi di
opera reticolai?,; e misura m. 0, 42 dì lu;e, e m. I, 60 di al-
tezza. I cinque pozzi, da noi scoperti — che Vitrurio chiama ptttei
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ABOHEOLOaiCA HUmCIFALE. 203
(lib. 8) e Plinio lumina (H. N. 31, 81.) — hanno la forma qna-
drata : la luce interna misura m. 0, 64 : le pareti son grosse
m. 0, 63, e conserrano vestigia degli incari, o pedarole, desti-
nati a facilitare la discesa nello speco ai vilici acquarli. La, bocca
dei medesimi è chiusa da un enorme lastra di travertino, con foro
circolare nel centro, coi si adatta un turo parimenti di travertino.
Uno dei fori ha il labro solcato dall'attrito delle corde, per mezzo
delle quali attingeva^) l'acqua che fluiva nel fondo, Sìf^tte par-
Scolarità indicano chiaramente la pertinenza del nostro speco
esquilino ad uno dei grandi acquedotti registrati e descritti nei
comentarl di Frontino. Ma qnal' era questo acquedotto ? Il Clau-
dio e l'Anio nuovo sono fuori di questiona, attesa l'enorme dif-
ferenza di livello fìra i loro spechi alla porta Maggiore, ed 11
piano del nuovo quartiere. Né torna possibile pensare all'acque-
dotto Appio, romanae providerUiae magnitudinisque primitiae
(Fabr. de aq. I, 14 p. 33) : poiché sappiamo che, dopo aver ese-
guito un corso presso a poco identico a quello della via prene-
stina, giunto ad Spem veierem (Front. I, 5, II, 65 ed. Buech)
Volgeva a ponente secondo la lìnea degli arctts coelimontani;
attraversava l'estremità della valle Murcia proxtme portam Ca-
penam , e facea capo sulla sponda sinistra del Tevere , infra
clivum Publicii (1. e. I, 22). Sifibtto andamento ò confermato
d^li avanzi dello speco scoperti in due punti diversi : cioè sulla
fine del XYII secolo nella vigna allora di Benedetto Santori, al
bivio della via di Porta San Paolo con quella che conduce a
S. Balbina (Fabr. 1. e. I, 14): e nell'anno 1860, a m. 450 di
distanza dalla porta Maggiore, fra le vìe Labicana e Frenestina.
La sua direzione era quivi parallela a quella della vìa Labicana:
ma poi volgendo ad angolo retto l'attraversava alla profondità
di m. 4, 60 sotto il piano stradale (cf. Bull. Inst. Genn. 1861 -
Civ. Catt. Serie IV, V, X, p. 735).
È opportuno inoltre osservare che lo speco dell'antichis-
simo acquedotto, sì nell' uno conje nell' altro tratto, si vide co-
struito in pietre di iuta , e gabine , ben lavorate e commesse
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204 BCLLETTINO DELU GOXUISSIOHfl
senza cemento, con la copertura formata di dne lastroni caneati,
i qnali appoggiandosi salle opposte sponde renìaiio a congiuD-
gersi ad angolo acuto.
Pili difficile ancora è il trovare alcuna relszione fra il no-
stro speco esquilino e quelli della Marcia Tepula e Giulia. Hae
tres a piscinis in eosdem arcus recipiuntur : sttmmus in his
est Juliae, inferior Tepulae, dein Marcia, quae ad libram Collis
viminalis sco ntea fluentes, ad viminalem usqua portam
deveniunt, ibi rursus emergunt {Front. 1, e, n. 19). Il triplice
rivo incontra le mura, in orientaliori urbis angulo, oiob a de-
stra della porta Maggiore: dal qual punto fino alla porta San
Lorenzo confondesi con le mura istesse, che abbracciano e riem-
piono le arcuazioni primitive, ma non così completamente che
non possano quae là riconoscersi, massime in vicinanza della
porta, a lato della quale furono acavate fino a considerevole
profondità dal sig. E. Parker nel 1869: mentre a sinistra furono
osservate dal Piranosi in una retrostansa o grotta del custode
della porta, sotto il casino Gentili (Ant. I, p. 26, n. 117).
II giorno 31 gennaio 1874 cavandosi il suolo nel mezzo
della via di porta S. Lorenzo, nel punto ove la via Milasso se ne
diparte ad angolo retto, si scoprirono gli spechi delle tre acque
in perfetto stato di conservazione con 1" asse sensibilmente di-
vergei)te l'uno dall'altro. Scoperta, di singotare importanza; per-
cbè ne dà opportunità di tracciare d' ora innanzi con precisione
matematica il corso intramuraneo di quegli acquedotti ; dalla
Speranza Vecchia, fino alla Stazione centrale delle ferrovie, ove
nell'anno 1869 si rinvennero i due cippi TBIVM AQVABttm,
illustrati dal eh. cav. Tisconti nel Bull. Inst. 1869, p. 212. sg. Il
fondo del rivo della Marcia apparve a m. 5, 68 sotto il nuovo piano
della via di Porta San Lorenzo; quello della Tepula a m. 3, 88,
quel della Giulia a m. 2, 35. Il primo speco è costruito di pietre
gabine, e albane, alte in media m. 0, 26 lai^e 0, 47, e rivestite di
tenace intonaco. La luce interna h di m. 1, 50 X 0) ^^t « '& coper-
tura nel tratto da noi scoperta ò a doppio sistema: orizontale per
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ABGHEOLOaiGA HDNICIFALE. 205
l'esteDsionfl di m. 8, 07, cuneata nel resto. Le grandi lastre ori-
zontali di copertura, lunghe m. 1, 70, costituiscono per un breve
spazia il fondo dello speco della tepula, il quale ha le pareti grosse
m. 0, 50, alte m. 0, 90 : la luce interna di m, 0, 48 : e la volta
a sesto ellittico di m. 0, iV dì freccia. Le pareti sì all' interno
come all' estemo sono rivestite d' opera signina. Identiche sono
le dimensioni del rivo della 0iulia che apparve costruito di bel-
lissima opera reticolata. Tutto ciò è meglio dimostrato nelle
seguenti sezioni.
t _U-. _' f/.ir.
DigitizedbyL.lOOQlC
206 BCLLIRIHO DELLA COHKISSIONB
Non t' ha dubbio cbn il chiasino aegoato in pianta lett. C,
è nno dei Iwnina o frtttei propri ai g;randi acquedotti sotterranei,
e che solevano dispersi alla distanza di un iugerwm, ossia di un
actus duplicatus (piedi romani 240, m. 71, 04). Potei inter (ktos
sint actus, dice Vitruv'io (YIII): e Plinio ripete: si (aqua) cuni-
oulo veniet, in binos actus lumJTia esse debebunt (31, 31). Il trì-
plice rivo dopo aver proseguito fino in angulo vineae Rcmdinmiae
sub aggere (bivio delle vie di porta S. Lorenzo, e Castro Pretorio)
ove il Fabretti vide un cippo ingerale (660, d. 508.) attraver-
sava r aggere serviano qnasi di contro alla sala de' bagagli nel
Iato settentrionale della stazione, ove, come si ò detto dì sopra, si
scoprirono nel 1869 i due cippi con l'epìgrafe HAC BIVI TRIVM
AQVABVM EVNT (ef. Visconti 1. e). Da questo punto fino alla
porta Viminale fad Viminalem usqtte p&rtam deveni-unt; ibi rw-
sus emergunt (Front. 1. e.) corre brevissimo tratto: ma giova spe-
rare che i lavori test^ intrapresi par la costruzione della nuova Do-
gana ci daranno il modo di riempire anche questa breve lacuna.
Egli h pertanto dimostrato che niuna relazione pub esistere
fra queste tre acque sorelle , e lo speco da noi scoperto nel-
rSsqnilino. Eliminati quindi sei degli acquedotti che faceano
capo alla Speranza Vecchia non rimane ad esaminarne che un solo:
ed b appunto a quest' ultimo cioè all' Anio Votene che possiamo
con sicurezza attribuire lo speco esquilino. L' Anio Vetere, dice
Frontino, intra seatndum milliarium partem d<U in specwn
qui vocatur Octavianus, et pervenit in regionem viae Novae ad
hortos asiniaTws.... rectus vero ductus secundum Spem veniens
inti'a portam Exqtnlinam per aJios rivos in urbem diducitur
(I, 21 ed. Bnech). Con molta probabilità possono attribuirsi allo
speco Ottaviano gli avanzi di acquedotto visibìli in cinque punti
diversi delle mura urbane ; cìofe I" presbo la porta Latina ove
veggODSÌ traccio di una piscina rivestita di forte deposizione cal-
care (Nìbby Mura di R. p. 366, 571); IL' fra questa porta e
la Metronìa, ove le mura hanno comune il fondamento con l'acque-
dotto per un tratto considerevole (Geli. Hura tav. 22, 23);
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ARCHEOLOaiCA MDUICIPALB. 207
in." preaso ìa seconda torre a levante della porta Metronia (Pi-
ranes. Ànt. I tav. II n. 12); IV", Botto il palazzo dei Laterani
(Nibby 1. e. p. 363); Y", presso l'angolo delle mura fra l'anfitea-
tro castrense e il Sessorìo (Piraaes. 1. e. o. 17).
Il sig. E. Herzog descrivendo nel buIL dell' Instituto la
scoperta del rectus ductus dell'Anio yetere avvenuta l'anno 1861
nella villa Negroni - Massimo, in occasione dell' apertura della
stazione provvisoria, dice di non aver trovata memoria di quel
rivo nei topografi, sia nel Fabretti sia in altì-i, ed aggiunge
che non se ne conoscevano finora traceie di avanzi visibili nel
sìiolo (I. e. 1861 p. 16). Ma tanto le indicazioni quanto le traceie
si aveano presso il Piranesi, e nel snolo. Il Piranesi, il quale
scoprì ed esaminò due avansi oorrespeUivi dei CCXXI passi
di sostruzione, che Frontino attribuisce a questo acquedotto, ne
dà stupendi disegni nella tavola X dei 1 volume delle sue
Antichità (fig. 1, e pag. 4, n" 20). II muro occidentale di cinta
della vigna posta al vertice, del triangolo fra la via labicana
e prenestina incontro al monumento di Eurisace h fondato per
oltre 100 m. su d'una delle sponde dell'acquedotto : e lo speco
ìstesso è rimasto visibile al piede delle mura urbane presso
porta Maggioro fino al 1868, allorquando venne murato per
ragioni di pubblica sicurezza.
Nel gennaio del 1861 iniziandosi i lavori, della stazione
centrale, si rinvennero due cippi dell' Ànio vetere, presso la
bocca di un pozzo dì opera reticolata, profondo m. 16, 50. La
epigrafe del primo leggeva Anio. /mp(erator) Caesar divi
f(ilius) August(\is). ex S(enatus) Cl(onsulto); Fn{puteuB) i^edes)
CCXL. Il secondo recava l' istessa leggenda, salva 1' omissione
dell'acqua. Il fondo del pozzo era attraversato dallo speco, ampio
in modo, dice il Oarrucci, che vi si pv& camminar dentro a
dorso cìtrvato (Civ. catt. IV XI 736).
Siffatto trovamento dimostra che il rectus ductus non di-
scendeva in linea diretta dalla Speranza vecchia (porta Mag-
giore) alla porta Esquilina (Arco di (Gallieno) : infitti non
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208 BtTLLETriNO DELU COHHISSlOirE
avrebbe potato attraversare la valle, ove trovansi ora la vigna,
e villa Altieri se non per mezzo di opera arenata ; mentre
assicura Frontino che in tutto il suo corso di 43 miglia man-
tenevasi sempre sotterraneo, eccetto per quel brevissimo tratto
di 221 piedi (m. 65. 41) che fu veduto e disegnato dal Fira-
nesi fuor di porta Maggiore, È evidente pertanto che il rivo
dell'Ànio Yetere seguiva la linea della massima elevazione del-
l' Esquilìno fino alla odierna stazione, e quindi volgeva a
mezzogiorno per far capo alla porta £squilina.
Non v'Ita dubbio pertanto che lo speco da noi rinvenuto
sia quello dell' Anio vetere. In primo luogo identica ne ò la
costruzione con quella degli avanzi veduti dall'Herzog nel 1861,
cioè di opera reticolata. Tale costruzione dee riferirsi al secondo
dei risarcimenti esegniti nello speco sotto Angusto, cioè a quello
del 748, poiché nel 721, data dal primo risarcimento. Cesare
Ottaviano non avea ancora i titoli di Augusto e di Imperatore,
che nei due cippi gli vengono dati.
In secondo luogo il numero progressivo di quei cippi, che
è il settimo, dimostra che il pozzo della Stazione trovavasi
alla distanza di sette ingerì, ovvero di tA. 497, 28 dalla porta
Esquilina. A tale distanza ben corrisponde la lunghezza del
nostro spoco misurata fra la dotta porta o il muro di cinta
della stazione,. che fe di m. 420. La differenza dei 77 metri
rappresenta la distanza dei cippi delfEerzog dal muro di cinta.
Finalmente non molto lontano dal pozzo rinvenuto sul
margine della via Principe Umberto è tornato in luce un fram-
mento di cippo in tufa contenente le lettere seguenti, cui il
ragionamento fin qui seguito rende sicuro supplire come appresso;
Anio
Imp . Caesar
Divi . F
Augustus
Ex. S.C
ini
P.CCXXXx.
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ABCHEOLOOICA MDNICIPALE. 209
A. m. 2,10 di distanza dallo speco, dalla parte del muro
serviano, continaandosi le escavazioni per la ria Principe Um-
berto si rinvenne una piscina o conserva dì acqua, composta di
molte celle o pozzi larghi m. 2,65 X ^i^*^' '^ racchiusi fra due
mnraglioni paralleli grossi m. 1,14. Essi comunicavano l'uno con
l'altro per mezzo di archetti alti m. 1,25 larghi 0,60. La costru-
zione in ottima opera reticolata, dee riferirsi come quella del-
l'adiacente speco ai tempi auguste!. Fra le terre che ingombra-
Tano il luogo rinvenimmo 17 lucerne di rozza forma: altre 8 meno
ineleganti, recanti il bollo BASSA : ed alcune poche ornate di
rilievi rappresentanti Cibele seduta sul' trono, un pavone fulmi-
nifero, un lepre accovacciato, una Uenade danzante, etc. coi
bolli C ■ OPPI ■ RES C5 — OCTAVI — ■ I ■ _ R _ NONI
— TVNDIT — CATILIVES — C ■ OR — BASSA etc. Racco-
gliemmo altresì due anfore sane alte m. 1,00 col bollo S ■ C ■ L ■ C;
una casseruola di bronzo di m. 0,105 dì diametro : un piatto
aretino di m. 0,28, alcune monete di Oommodo, una di Mas-
senzio, ed un titolo sepolcnde, che legge:
D • M
PRIMIGENIA - lONicfi.
CONIVGI • ET ■ DOMITI
lONICE ■ F ■ QVAE ■ VIX ■ AN....
MENS ■ YIII ■ D • XVII
PACOIA ■ SILVINA ■ F ■ SIBI . ET ■ ANA...
AYG ■ L ■
I seguenti bolli figulini provengono dalle rovine appena
riconoscibili di fabbriche adossate all'i^gere:
EX FIO QA SENSATE CAL8VI (sic) |1
8ERVUN0 m ETVABO II DOS
il quale posto a confronto cogli ;embrici presso il Fabretti
(Vm, 143) il Muratori (324.10) il Fea (Fast 17. 37) etc. si
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210 BULLETTINO DELLA COMHISSIONE
può j^evolmente supplire: Jix fig[iìùis] (Quinti) .4(sinii) Marcollì
opua doliare 5en(Ui) Satriani Calvisii cet.
LATTI CHARITONIS
P MARCI GELSI
30. L'edifiiio segnato ìn pianta col n. 15 poato, presso l'in-
tersezione della ria iVtncipe Amadeo con l'aggere Serviano, sem-
bra anch' esso appartenere al sistema idraulico dell'acquedotto
dell'Anto Vetere. I sotterranei certamente presentano i caratteri
proprii a conserve o piscine, e la costruzione h della migliore
opera reticolata, riferiliile non altrimenti che quella dello speco
al Senatasconsnlto del 743. Su di questa soatruzioni sorse nel
secondo secolo un privato edificio da cui provengono questi
mattoni :
DOLUBE L ■ BV8TILTGDAMI H P.ffiTIirEAPKONIANO || SOO
ef. Fabretti VII. 313, Fea Fasti 16.8.
TEG ^01 Lffl PBOCTTLA „ PAETINO COS - Moggio -
Tegula doliaris de figlinia luliae I^oculae cet. cf. Torre-
muzza XVI. 48, 54.
ITYBTILTS DOM • LVCILL ■ DE ■ LICIN || PAETIK ■ ET ■ APBON || COS
cf. Boldetti, 430: Spreti 222 : Uurat 221. q.
^ L ■ LVBIVS ■ PBOCVL ^ || ?- FBCIT ^
EX • PEBEDISCIVL || PACET MAGfJO
Ex ^aediis Caii lulii ApolUnarìs cet. cf. Fortunati: Scavi
via Latina,
L'edificio proseguiva anche dall'opposto lato della via prin-
cipe Amadeo, ed i piani delle varie camere erano disposti a
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ABCBBOLOQICA HDHICIFALB. 211
differenti altezze, a seconda dell' inclÌDazione dell'aggere. tTna
delle camere, e precisamente quella in cui fu rinvenuto il vaso
oleario in vetro fasciato di bronzo descritto alla pag. 81 del
1° volume del Bullettino, avea le pareti vagamente dipinte a
festoni di Irutta e fiorì. Dalle rovine sì estrassero, oltre a detto
vaao i seguenti oggetti: una punta di lancia in bronzo : imo strì-
glie: l'anello forse gnostico, descritto alla pag. 299 del 1° volume
(n." 8): un giocattolo di terra cotta in forma di oca, con sonagli
nelllntemo; uno apillo dì osso con sottilissime filamenta d'oro
ravvolte attorno la punta: un frammento di rilievo in terracotta
rappresentante un tempio tetrastilo corìnzio, con le colonne
striate ed una statua di Mercurio nel centro, col pallio, caduceo,
crumena, e gallo ai piedi: un frammento di braccialetto in quella
specie dì carbon fossile bituminoso che gli inglesi chiamano
jet, e gli antichi naturalisti gagates lapis.
< La pietra gagates, dive Plinio, trae il nome dalla con-
» trada e dal fiume Gagis di Lioìa È di color nero, liscia,
» pumicosa, leggiera, fragile, non molto diversa dal legno: stro-
» piccìata, tramanda grave odore bruciata ha 1* odore del
» zolfo messa in fusione nel vino caldo dà sollievo al mal
» dei denti È &ma che i magi ne facciano uso nella così
> detta axinomansia {divinazione per mezzo della scure) » Nat.
hia. 36. 35. Il frammento da noi rinvenuto ò senza dubbio
di lavoro orientale: rappresenta cioò una figura virile ignuda
e parte di un altra, distese sulla flascia del braccialetto, con
1' acconciatura del capo in tutto simile a quella delle figure
scolpite sui bassorilievi di Kouynnjik e di Korsabad.
Cinque sono le date consolari lette sui mattoni di questa
parte dell'edificio.
APBON • ET Il POMPVIT || ANNI VEBIQVINT.
Àproniano «((Paetino Oonsulibus) Pùmp{ù) K*{(alis ex prae-
diìa) Anni Veri 9uiflj(anensibus}.
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212 BOLLETTINO DELLA COXHISSIOKE
ASIAT- Il 11 EX- PK- VL
Asiatico secundo{cousaÌe) expraediis M(pii UIpiani).Cf. Ma-
rini ÀiT. 346.
ANNIVEB III EG t! EXPBVLPVLPI .,
Ann{w) Ver(o) tertio , Egidio Ambitalo conaulibus) ex
praediis Vlp{u) Ulpi(mi Salaria) cf. Nibby Contorni /, 130.
EX PIG QAMODCNTN llSEBVIANO III ET V .... li COS
Ex fig{\ims) Q(uÌDti) A(3ii)ii) M(arcel]i) O(pas) D(oliare)
G(aii) A''un(ni!lii Fortunati) cet.
ODOLEX PKLiMANI ;| SEBVIANO HI COS. forse inedita.
Fra le moltissime lucerne fittili ricordiamo soltanto le
seguenti: lucerna con rilievo rappresentante Diana alla caccia
del cervo seguita da un cane, e bollo LCAESAB — altra rap-
presentante un cavallo in corsa, col bollo PALLAD — altra
■ rappresentante un delfino, col bollo TAXIPOL — altra con busto
di gladiatore, e bollo EXOPPBR — altra col fiore, e bollo
UFONSEI— altra bìltcne col bollo PASAVG entro una targa an-
sata.Iseguentl rilievi appartengono a lucerne anepigrafi: genietto
cavalcante un delfino in attitudine non diaaimile da quella di
Tarae sulle medaglie di Taranto, — leone divorante un asinelio
— scimmia itifallìca etc. — spintria — tempio tetrastilo —
gruppo di Serapide ed Iside etc.
Finalmente il giorno 3 aprile 1873, demolendosi una chia-
vichetta che attraversava diagonalmente le fondamenta del fa-
bricato, si scoprirono 15 monete quasi tutte di primo modulo,
e con rovesci monumentali, quali p. e. il rogo di Antonino Fio
in fonua di faro, la colonna coclide, l'arco neroniano etc.
37*. Scoperta di m^gìore importanza è quella di una piazza
circondata di portici, o taberne con fontana nel centro, nella
quale ò d'uopo riconoscere una dei tanti macelli, o mercati, di
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AECHEOLOaiCA MUNICIPALE. 213
cui era fornita l'aDtica città. L'area centrale scoperta misura
m. 80 di lunghezza e m. 25 di larghezza, ed ha l'asse maggiore
parallelo al muro di sostrazione dell'aggere. Il pavimeato for-
mato di mattoni a spiga, ricuopre un sistema molto complicato
di cloache, le quali fan capo ad un collettore, la cui pendenza
accenna ad occidente. La piazza inoltre è circondata tutt'attorno
da un grosso canale di travertino, largo m. 1,00, destinato a rac-
cogliere non solo le lordure del mercato, ma anche gli scoli del
tetto del portico. Questo circonda l'area per tre soli lati, ed h
sostenuto da pilastri di opera laterizia di m. 1,50 X 0.88> distanti
da mezzo a mezzo m. 4,84. L'ambulacro misura in larghezza
m. 6,20 ; e su di esso si aprono le porte delle botteghe, delle
qaali ne abbiamo scoperte cinque nel lato settentrionale, nove
neir orientale , e quattro nell' occidentale. La costruzione dei
muri spetta a varie epoche : è reticolata nel lato maggiore, la-
terìzia nei minori ; ed a quest'ultima appartengono le seguenti
marche :
ESPASINQVA.......CNVNPOBT || SEVERO "E STLOGA i; COS
(parecchi esemplari)
Ex figlinis Asinii Quadì'ati opus' doliare Caii Ifunnidii
Fortunati cet.
.... ABSVC ■ SAL ■ DC
Auli G)oft(inii) Si«!{ce3si) Saf(arìa) D{omÌtÌi) C(arpi) cf.
Fabretti VII. 30.
ES ■ PR ■ HONORATI || MAGRINI (quattro copie)
Guasco M. C. Ili, 1225.
FVNDI PVRUNI PRECILIORVM H DOLIARIS II PIGL
Spreti II, 2, 240.
DOLIABB i li ANTEROTIS ... .
L'accurato esame delle escavazioni ha permesso determi-
nare l'uso di alcuna delle botteghe del macello, cioè dì quelle
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214 BALLETTINO DELLA COUHISSIOHE
che sono indicate nella pianta con le lettere d, e, f. La prima
di esse (d) fu probabilmente occupata da un negoziante dì colorì:
oltre a oa fondo di pentola piena di una sostanza miserale di
colore azzurro cupo, vi abbiamo rinrenuto circa 45 globuli di
una specie di cobalto, simili ai nostri globuli d'indaco; un masso
di identica materia del volume di 0,002 : un orciuolo a metà
ripieno di polviscolo nero ; ed uu vasellino di vetro incrostato
nell'interno con ossido di ferro.
Non v'ha dubbio che il colore azzurro sopra mentovato sia
quello che Plinio chiama vestorianum dal nome dell' inven-
tore fVestorianum ah auctore appellatumj. Esso componevasi
con rame, sabbia silicea, e natron (carbonato di soda), ed era
fobricato dagli egiziani, cui i laghi presso a Zàkeék (Wilkin-
son. Eg7pt p. 224) e le miniere sinaitiche di Wady Mukatteb
fornivano abbondantemente la matena -prima. La pasta mine-
rate manipolavasi in forma di globuli, i quali racchiusi poscia
in un involucro di argilla esponevansi all'azione di un fuoco
ardente. II celebeirimo d'Arcet direttore della fabrica di 3e-
viés valendosi di una pallottola trovata in una tomba egizia,
riuscì a ritrovare il processo della sua fabricazione : e nel mu-
seo di quello stabilimento h conservato un pane conico di bleu
vestoriano da lui formato. La metà della pallottola che servì
di lume alle sue sperienze h posseduta ora dal eh. prof. Gilberto
Govì , alla cui cortesia debbo queste informazioni (ef. Pli-
nio 33. 47).
La seconda taberna (e) sembra essere stata occupata da un
oste. VI abbiamo rinvenuto molte scheggie di vasi vinarii, di-
pinti all'esterno in nero, con memorie scritte da un'istessa mano
a color bianco, e di ottima calligrafia. Per mala sorta l'azione
del tempo ha reso quei caratteri evanidi in modo che difficil
cosa sarebbe proporne l' interpretazione. Tre scheggie m^lio
conservate presentano queste sigle:
...AQVNf ET S P
...NTONIK ■ CoS ...VDAP... ETTITIN foS
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ABcasowaiCA municipale. 215
Queste altre ai leggono su di un arcso dì color rossastro :
AV... BONVM
e trovano riscontro nel LIQVAMEN OPTIMVM dei fittili pom-
peiani. Finalmente queste ultime contengono l'indicazione di un
vigneto spettante ad un Quinto Giunìo
VINV EX FD..
QIVNI EYFIN ?.
Fra le tene che ingombravano la terza bottega (f) si rin-
vennero circa quaranta balsamaril di terracotta ; tre piccole ed
eleganti anforette di vetro; una catenina d'oro, ornata di sette
prismi di smalto : un altro filo d'oro, cui è raccomandata una
perla: uno Bpecchio, e tra frammenti di un altro come sembra
di acciaio. Siffatta copia di oggetti attenenti al mondo mulie-
bre ed agli ornamenti della persona ne inviterebbe a credere tale
bottega essere appartenuta ad un negoziante unguentario , e
profumiere, il cui esteso commercio in Boma ci i noto per altri
documenti, che sarebbe superfluo citare.
Oltre ai descritti oggetti, altri ne abbiamo rinvenuti di
uso particolare ai publici mercati : cioè bilancio intiere, piatti
e catenelle di bilancio ; molti pesi dì metallo foggiati a pera;
altri a tronco di cono vuoti nel centro in modo di potersi im-
mettere l'uno nell'altro, non altrimenti dei nostri tipi di peso
a sistema decimale : altri finalmente di forma sferoidale, in nero
antico e basalto coi numeri SX e XXX.
Non sarebbe agevole il rendere ragione della deficienza
quasi assoluta di ornamenti architettonici in questo mercato
esqnilino, se non ce ne fornisse spiegazione una fornace di
calce scoperta nel mezzo dell'area, e precisamente nell'interno
della fontana, o lavatoio, segnato in pianta colla lettera (b). La
fornace era circolare e misurava m. 4,75 di diametro: le
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216 BULLETTiNO DBLU GOKHISSIONB
pareti costruite di tegolozza in fongo apparvero a metà vetrificate
per la violenza del faoco. I^el centro si scoprirono molti fram-
menti dì scoltnre figurate, cbe già avean subito il processo della
calcinazione : ma nell'ammasso di marmi apparecchiato a destra
della bocca di fuoco, per essere gittato grado grado nella for-
nace, scoprimmo i seguenti oggetti, spettanti senza dubbio, alla
decorazione architettonica. — Cippo di fontana ornato per tre
lati di basaurìlievi rappresentati Bacco circondato da Menadi e
Sileni; il quarto lato, a simiglianza di altri consimili monu-
menti già noti, h acolpito a guisa di scalinata, lungo la quale
il velo d'acqua cadeva in vaga mostra nel sottoposto bacino. —
Dne capitelli di pilastri isolati, il cui partito decorativo (bn-
crani, teste di ariete, festoni di frutta e fiori) ben conviene ad
un mercato di commestibili — un fregio in marmo con ovolo
fnsarola, e greca intagliati : un antefissa ornata di nascimento
e fave ; due plinti coi piedi delle statue che sostenevano : ed
una piccola ara in marmo alta m. 0,27 larga m. 0,22 con rilievi
rappresentanti Giove ignudo con l'aquila a piedi fulmina nella
destra ed asta nella sinistra; Apollo lìricine appoggiato ad una
stole : e Diana con la tunica succinta. Nello zoccola dell' ara
si legge :
AETKRNO • SANCTO
(1 ■ CLAVDIVS ANICETVS
Finalmente giovi ricordare come al di fuori dell'area occupata
dal mercato, cioè quasi nel mezzo della piazza- Manfredo Fanti
sì rinvenne una fistola aquaria con l'epigrafe seguente : lUP
CAES • NERV ■ TEAI ■ OPT ■ GEB ■ DAC ■ PART • SVB 1! CV-
BA ■ PROCVRATOR - PATRIMONI ■ ANNEA ■ ITCVNDA ■
FECIT. Non h improbabile che questa fistola alimentasse la
fontana convertita poscia in fornace.
Non appena k fama di questi trovamenti giunse a notìzia
degli eruditi e dei curiosi delle patrie antichità, non senza sor-
ci byGoOgIc
ABCHSOIOSICA. UONICIPAI-It. 217
presa udimmo da alcuni attribuire gli a?aiizi di quest' oscuro
e disadorno mercato al celeberrimo macello di Livia. Questo
nobile mobùmento (il cui classico nome di macellwn Liviae lo
dimostra edificato da Livia Augusta, e non da M. Livio Sali-
natore censore nel 548, come gratuitamente ha supposto il Nìbby,
Roma nel 1838 //. 48) rimase in piedi almeno fino all' im-
pero di Talento e Graziano, cioè alla fine del secolo lY : e
ne h prova evidente l' iscrizione relativa ai restauri fatti da
quegli augusti, trascritta dall'Anonimo dì Einsiedlen (Urlicbs
Cod. Top. U. R. 62 n. 22) della quale è stato non ha guari tro-
vato un frammento nella basilica di S. M. in Trastevere, che ora
si osserva infisso al muro in quel portico. La nobiltà, della sua
decorazione in tutto degna dei tempi angustei lo rese uno dei
piti noti edifizii della quinta regione : e ad esso attribuiscono
alcnni topografi le trentotto colonne di marmo imezìo, che divi*
dono le navi della basilica liberiana (1).
Ora il mercato da noi scoperto nella prima zona del quar-
tiere osquilino , non solo trovasi a considerevole distanza dal-
l'arco di Gallieno, «Ai dieitìM- Macellimi Livia/rvwm (Ordo rom,
1843 p. 141) e dalla chiesuola di 8. Tito in MaceUo (Fulvio
Ant. II, 6), non solo è per intero costruito di opera laterizia
non escluso il portico ; ma esso fu abbandonato in parte come
luogo di mercato sugli iniziidel secolo III, allorquando tutta la
parto meridionale, cioè lo spazio dell'area compreso tra la fonta-
na (b) e lo botteghe (i) fu invasa ed occupata da abitazioni pri-
vate. Sifiatte abitazioni aveano pavimenti a musaico bianco e nero,
uno dei quali di m. 2,50 X ^t^^ ^^^ diviso per mezzo di greche
in quattro riquadri contenenti figure geometriche. T'erano inol-
tro stanzucce da bagno, coi relativi ipocausti, traccio di scale
per ascendere ai piani superiori, e amplissimi mi^zziui, uno dei
(1) n Tero sito del Macello di Livia e del foro esquilino è stato ri-
velata il giorno 25 febbraio con la scoperta di ddo dei cippi di Flavio Ea-
ricle Epitincano (cf. Grnt. 1^.7) intorno al qoale si terrà ragionamento
Del prosdmo fiucicolo del BuUettioo.
dbjGooglc
218 BULLBTtmO DELLA COUXISSIONE
quali contenente trentadue grandi dolii disposti in quattro linee
di otto ciascuna. Questi dolii (quattordici dei quali sono con-
serrati nel labulario capitolino) misurano m. 1,33 di diametro,
ed hanno impresse nel labro le seguenti marcile di fabrica:
C ANFOB
COL HADKl
M ■ rv:vi ■ ATooi
C COBNELITS
FELIXE
LLAELI
ITOVNDI
C • DOMATI (sic)
TBOniUI
CAshxcnvs
ET ■ SODO ■ t
Due banno coperchio, su cui leggonsi i sigilli
TERTITS
DOM LTO
SP MABOI
TBITEBUA
F
I dolii eian ripieni di terriccio, filtratovi insieme alle
acque : ma in quello diatinto col nome del figulo Oneo Domizìo
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1EGHE0I.0Q1CA UUNIGIPALE. 219
Trofimo rinTenimmo un bustino di Q^iove Ammonio in bronzo,
ed una noce ridotta allo stato fossile. Giovi inoltre ricordare
elle il pugillare o fortafogli del senatore Oallieno Concesso, mo-
nnmento di singolare importanza, fn scoperto nello spurgare nn
tratto del chiavicone del macello ricoperto da questi magazzini
e da queste abitazioni private.
3S. L'edificio posto presso il punto ove la via Ratlassi in-
contra il viale principessa Margherita, indicato nella pianta col
n. 7, sembra essere stato distrutto in parte allorquando ivi fu-
rono stabiliti i giardini di Vezzio Agorio Pretestato (ved, Bull,
v. II. p. 57 sg.): poiché ne scoprimmo i muri troncati all'al-
tezza di un metro circa dall' antico pavimento : e su di ossi
videsi costruita una peschiera circolare di m. 17, 20 dì dia-
metro. ÀI sottoposto edificio, che forse fu abitazione privata,
spettano i seguenti bolli :
EX FIO DOM LVC D DION DOM LV SE
SEEVUNO III ET VABO COS (Croce)
£a> ^.gfHnisJ DomfitiaeJ LucfillaeJ ofjmsj dfoliarej Dionf'ysiiJ
Domf'itiaeJ LufcillaeJ Se(rviJ cei. Cf. Bold. 532. Mur. 324. 5)
C MATTI DECEMBRI ^ . forse inedito.
C • SATRINI ■ COMMVN 1| DE MARCIANISC
del quale fu trovato un esemplare nelle escavazioni del Colos-
seo, l'anno 1806 (cf. Schede del Fea ap. Ist. Arch.)
SERVILI FIRMI EX F || FA ..
SeffvHii Firmi ea; f(iglinis) f{urianis) -4(bHmii Oaediciani) cf.
Mur. 500. 11.
TI GLADI (sic) SABINI ^ {due copie) '
dby Google
220 BOLLETTINO DELLA COHUISSIOKE
Questi altri appartengono alle alterasioni che eabì quella fab-
brica nel secolo IV."
OF 30P . . . . OBIA CESVRINI
ofi&cina.) So/(foriana i)ovia Cesurint
OFF
PBIBV
TY ^
o/7(icina) privata. Questo sigillo ne offi'e un esempio singola-
rissimo della mobilità dei caratteri usati dagli antichi in questo
genere di iscrizioni : essendo evidente che le due matrici della
lettera A furono capovolte dal figulo nel disporle entro l' tn-
(etototura del bollo. Si è osservato che da questo sistema d'im-
primere lo scritto con matrici mobili a quello della nostra
stampa il passo è brevissimo; in guisa che sembra difficile a
spiegarsi come non fosse balenato alla mente dei nostri padri.
Il celebre passo di Plinio ihtorno al benignissinvam Yarronis
inventum (35. 2) dimostra che Sno dai tempi augustei l' in-
gegno amano erasi rivolto alla ricerca del modo di moltiplicare
le imagìni con una sola matrice: e benché il Brotier, il Fal-
connet, il de Paw, il Quatremfere de Quincy ed altri eruditi che
si occuparono del problema (cf. Becker Gallus Scen. Ili nota 3)
non sien concordi nell" interpretare il testo dì Plinio, egli è
certo che l'invenzione di Tarrone consisteva nell'incidere, sia
in rame, sia in legno ovvero in avorio ritratti dì uomini 11-
Instri, per quindi riprodnrli in pergamena, od in tela. Anche
in questo caso pertanto riesce duro a persuadersi, come da
que' germi d'invenzione non sia nata in appresso la scoperta
della stampa stereotipa.
Insieme ai descritti bolli tornaronc in luce alcune lucerne
ornate di rilievi rappresentanti — un cignale — un leone in
;dby Google
ABCHEOLOaiGA HUKICIPALE. 221
corea — UD coniglio accovacciato — una maschera scenica —
Leda col cigno ; nel fondo di esse si lessero i . bolli : C ' OPPI '
BES= -B- = Ai<^( = CLO HEB. Un'altra lacerna con targa
ansata nel piatto, contenente 1' epigrafe :
.... -ilSVOTIS
pLAVDERE Vo
Lo
ed una con le sigle segnentì:
d
Merita Snalmente menzione un sigillo bilii^ne di fonderia di
vetri, letto nel fondo dì un balsamario, e spettante alle officine
di Sidone.
APTAC AETAS
CeUCÙ SIDON
30> Il n. 12 della pianta indica il luogo della scoperta di
nn forno o pistrino, avvenuta nel dicembre 1873 nel lato setten-
trionale della piazza Manfredo Fanti; probabilmente uno dei XV
che i cataloghi attribuiscono alla quinta regione. Yi rinvenimmo
otto catilli di macine da grano, disposti in un solo ordine pa-
rallelamente al lato m^giore della camera: e due di essi con-
tenevano le seguenti sigle rubricate
RFVT.
Il eh. Big. Commendatore de Bossi ponendo a confronto le
sigle finora note dei mnlinit pompeiani, e latini ha dimostrato
non celarsi in esse delle formole proprie dell'arte pistoria; ma
semplicemente le iniziali doi nomi degli artefici ; essendo tali
sigle invariabilmente composte di sole tre o quattro lettere che
non danno mai parola, e sovente nemmeno sillaba intera, (cf.
Ann. Inst. 1857 tav. K).
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222 BOLLETTIHO DELLA COUUISSIOHE
Nello spazio che divide questo forno, dall'edìScio deacritto
nel paragrafo antecedente, lungo il margine occidentale della
via Battazzi, si Bcoprirouo tracce di altro fabricato, da cai
avemmo i seguenti bolli.
ICELADVS !! M FVLVI SER
EX PBCVSISr /7tSSA.-LN-
EX P TEBENT DOL EX PR ■ DOMIT
LVCILLAE N SATVBNI (Pigna)
AELI SABINUNI OPVS DOLIA || BE EX PEAE AVGN ■
ORCI BOSCIANI II DENAB (molte copie)
Una delle camere, men delle altre spogliata, apparve ornata
di pilastrini lavorati a commesso di marmi fini (opus se-
etile) di mediocre maniera. G rimovendosi da noi le lastre di
verde antico che formavano il pavimento della stanza, con me-
raviglia scoprimmo sepolto sotto di essa la bellissima testa
maggior del vero di Pompeia Plotina, dal oh. sig. Barone Vi*
acontt illustrata nel secondo fascicolo di questo volume. Al-
quanto piii discosto tornò in luce un erma bicipite bacchica,
insieme a molti frammenti di cornice formanti quattro aggetti
corrispondenti alle colonne su cni poggiava. Vi raccogliemmo
inoltre — una testina di Venere grande la metii del vero —
un piccolo ornato d' oro di incerto uso, e numerosi pezzi di
stoviglie aretine coi bolli: LATI = S-M'F = C-M-R =
CMVBRI = PCLODPBOC = GAMVRl = L P-Z = LVM =
C-GATI = snCVNDI = C* SENTI ^ O'SEB = %^^ t=
ed uno con il nome A RAS graffito nel fondo. —
40. Le escavazioni eseguite dal eh. sig. Pio Piacentini per
le fondamenta del suo palazzo posto nell'angolo della via Prin-
cipe Amadeo. e Viminale (già Strozzi) hanno rivelato il sito
delle abitazioni urbane di due insigni magistrati cio^ del que-
store Publio Numicio Fica Cesiano, e di Memmio Titcasio Orfito,
forse il console del 270.
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ARCHEOLOGICA MUNICIPALB. 223
Il giorno 1° aprile 1873 disfacendosi la copertura dì una
antica chiavichetta, rinvenuta nel ponto segnato in pianta col
Q. 18, tornarono ìii luce due trapezofori in marmo, ornati di
chimere, meandri, fogliami etc. di lodevole scultura, e contenenti
nei lati esterni queste iscrizioni dedicatorie':
P ■ NVMICIO
pICAE ■ CAESUNO
PRAEF ■ EQVITVM
TI ■ VIR • Q • PRO ■ PR
PSOVINCUE • ASIAE ■ TR • PL
PROVINCU ■ ASIA
p ■ nvmIcio ■ pIcae
CAESIANO • PRAEF ■ EQ
VI ■ TIR • Q ■ PRO • PR • PROVINO • ASIvE
TR-PL
P ■ COBNELIVS ■ BVFINVS - C ■ AVTRONIVS ■ CABVS
L ■ POMPONIVS ■ AESCHIN ■ SEX ■ AVFIDIVS ■ EVH0DV8
Q ■ CASSIDIENVS ■ NBDYM ■ T ■ MANLIVS • INVENTVS
U VALERIVS ■ ALBANVS ■ SEX ■ AVFIDtVS ■ PBIMIGEN
PATRONO
Queste epigrafi furono con molta dottrina illustrate dal 'eh.
sig. prof._ Guglielmo Henzen nell' adunanza aolenue dell' Instì-
tuto di Corrispondenza archeologica del giorno 18 aprile 1873;
crediamo pertanto superfluo di ripetere qui in tutto o in parte
il suo dotto commento (cf. Ann. deU'Inst. 1873 p. 120).
Quanto all'iscrizione recante il nome del clarissimus puer
Orfito, rinvenuta afBssa ad una parete il giorno 11 maggio 1873,
reggasene l' illustrazione data dal sig. Barone Visconti nel V
volume dì questo Bullettìno, p. 165 e seguenti.
R. L.
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BOLLETTINO DELLA COIIUISSIOXE
QUATTRO MOiniHENTI HITRIAGl RINVENOTI SULL'ESQUILINO
(Tav. ZZ e XZf)
I monnmenti mitriaci che pabblichiamo nelle tavole an-
nesse Furono diseppelliti nel Marzo del 1874 sa quella parte
del ripiano eaquilino, ch'era pur dianzi oci;upata dalla villa Fa-
lombara, e anticamente, siccome credesi, dagli orti lamiani: luo-
go ben cognito agli archeologi pei le considerevoli scoperte dì
segnalatissiml oggetti d'arte, che di tempo in tempo sonovi state
fatte. Ora quel luogo, destinato ad essere incorporato coi nuo-
vi quartieri, ed a ricevere la piazza Dante, non h quasi più ri-
conoscibile: tuttavia per comodo degli studiosi, a cui piacesse
di rÌBContrarlo sulla gran pianta del Nelli, gioverà di notare,
la scoperta esaere avvenuta alla distanza di circa metri 10
dall'angolo pili occidentale del casino di essa villa, in guisa
che il sito nella pianta suddetta verrebbe a corrispondere presso
l'angolo sporgente di quel muro di cinta, che a tempo del Nolli
ancor dividea la villa Palombari dal giardino Manganelli.
Si Bcoperaero quivi, per una lunghezza di circa 20 metri,
due muri paralleli di buon laterizio, che doveano aver formato
una sala larga circa 6 metri, il cui pavimento di finissimi mu-
saici bianchi, era tuttor conservato. La sala, od altro luogo che
si fosse, era stata coperta con volta, di cui rimanea qualche
indizio: mostravasi aperta verso S- 0., e da quella banda vi
Ùicea capo ad angolo retto un corridojo piuttosto angusto, con
pavimento pur di musaici, che ritenea var! piccoli sedili dì pie-
tra inseriti nelle pareti, l'uno dirimpetto all'altro. Nel maggiore
di cotesti vani fu dunque trovato il bassorilievo, che noi pro-
duciamo alla lav. XX, ed il gruppo della tav. XXI n." 1. 11
bassorilievo giaceva in piano, ma sottosopra, e vi era stato
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ARCHEOLOGICA UUNICIPiLB. 225
posto aopra il gruppo, non in piedi ma roTesciato : il tutto poi
era stato accuratamente ricoperto con tegole, ad effetto senza
dubbio di riparare e nascondere quegli oggetti. I due bassori-
lieri minori, che diamo alla tav. XXI n.° 2 e 3, doreano tro-
varsi sepolti poco discosto dagli anzidetti; ma il fatto si sta
che, non BÌ sa in qual modo, Tennero trafugati, sicché fa duopo
alla Commissione di ricuperarli. Del resto, ch'essi prorragalio
dal luogo medesimo h cosa certa, si per indizi che non accade
citare, come anche per quello dell'analogia de'soggetti e dello
stile, a per le tracce clie tutti conservano dì una forte poli-
cromia. Il bassorilievo maggiore ed il gruppo trovanai già col-
locati in una delle sale terrene del museo capitolino; ben pre-
sto vi prenderanno posto anche gli altri due marmi, e cosi
avremo di nuovo riunito questo complesso erudito e notevole
di monumenti mitrìaci.
Il luogo da noi descritto, in che avvenne la scoperta, non
era certo un mitrèo; non era almeno propriamente il sacrario,
quantunque possa darsi cho vi avesse attenenza. Vedemmo di
fatto il metroaco sacrario ostiense essere preceduto da un cgr-
ridojo non molto diverso '. Comunque si fosse, allorquando il
disterro verrà continuato da quella parto, avremo e potremo
dare su questo punto pita carta informazione.
Innanzi dì scendere alla dìshiaraztone dei monumenti ri-
cordiamo di passaggio, che il ripiano esquiliuo dietro l'argine
e le mura di Servio, intersecato dalle vie tiburtina, prenestina
e labicana, era in gran parta anticamente occupato dai giar-
dini mecenaziani e lamìsni, attigui fra loro, ed a tempo dì
Caligola già ontrambi vesuti nel patrimonio cesareo *: e che
< AmuU deWUt. di Corr. Archeol. 1868 pag. 403 sg., cf. Mon. ToL
Tin Ut. IX B." 2.
' Fnò confrontarsi ciò che abbiamo accennato degli stessi giardiai io
questo medeaimo Tolnme del nostro Ballettino illastrando la mIa da lecita-
lioni dei giardiai meccnaiiani, «Ila pag. 166 sg.; ed intorno alle lesenti «co-
perte topografiche fatte in questi Inoglii, si vegga la eaposiiione del eh. Lan-
ciani nel volome iatesso, alla pag. 43 e sgg.
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226 BOLLETTINO DELLA COUUISSIONE
troviamo assai giunta la sentenza del Nibby ' e di altri topo*
grafi, che detti giardini, riuniti a que' di Fallante, agli epafro-
diziani e torquazianì poi divenuti variani', e da ultimo ai li-
ciniani di Gallieno, formassero in su quell'alta e deliziosa pianura
tin vasto corpo di giardini imperiali. Dei quali giardini tutti
noi conosciamo abbastanza bene, per rari argomenti, le lispet-
tive posizioni * e quanto spazio all'incirca occupassero: e, per
quanto concerne gli orti lamianì, dei quali ora piìi special'
mente si tratta, ne ajuta a determinarne il sito la doppia
indicazione, che dessi erano contigui ai mecenaziani * e che
doveano esser Ticini ai monumenti, o trofei di Mario: giacché
sull'area de 'medesimi stava in origine una casetta degli Elii,
alla qaal gente appartenne il nobile casata dei Lamia ^ Ora
essendo notissimo il luogo de'cos\ datti trofei di Mario, incor-
porati dipoi, come sembra, da Severo Alessandro eolla mostra
dell'acqua da lui condotta e da lui denominata {Pfympheum
Alexandri) '; ed essendo pur cognito abbastanza luogo d^li
1 Soma del 1838 P, II ant. p. 326.
* Id. ib. ^ 360.
' Si confronti ancho ciù che il eh. Lancisot ha dotto dei giardini
dell'Esquilino nel toL del Ball, acconnato nella nota piecedeote, pog. 53
• sgg-
* Pbila Leg. ad Caium, opp. omn. ed. Lips. voi. VI p. 143 Eg.
* Attesta Valerio Massima che gli Elii ebbero ima domuneula eodem
loci, quo nune sunl Mariana monumenta (IV, 4).
* Sni monumenti mariani e loro denominazioni dorante il medioevo
si veggano ie recenti e dotte annotazionidelcb-prof. Jordaa(TajHH)r. derStadl
/krni. in aìi. IIp. 5I7sgg.) Non conser.tiamo peraltro col eh. autore quando
afferma, che la iDdleazioiie di Valerio Massima da noi recata in nota non serve
a nnlla Della ricerca degli orti lamiani (l.c.p,520). Quella casetta degli Elii tro-
undosi un buon tratto fuori delle mora di gorvio doveva essere, secondo
ogni apparenta, la casa rustica di un loro podere suburbano: Dalla quindi
piit veriaimìle che tal podere, dopo venuta in grandezza la gente degli Glii,
fosse cannato in luogo dì delizia e trasformato in giardini, Tal'cra infatti
la pili comune origine degli orti saburbani delle famiglie romane. Noi ac-
cordiamo volentieri che quella semplice indicazione, senz'altro lame, non sa-
rebbe decisiva nella quistione; ma ponendola a confronto colla vicinania de-
gli orti mecenaziani ne risulta una prova, della quale il buon senso non pnò
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ARCHEOLOaiCA HUNICIPALB. 227
orti mecenaziani, ne segue che molto acconctameute sia stato
stabilito il sito de'giardini lamiani nella villa Falombara e nei
suoi dintorni '; mentre poi ad una tale appropriazione hanno
egregiamente corrisposto, per loro natura, le moltiplici scoperte
di monumenti, ed in ispecie i non pochi bnsti di persone im-
periftlì, che nei passati tempi e negli odierni sono state fatte
e si fanno su qnel tratto di suolo.
In quella parte adunque de'cesarei giardini dell'Esquili-
no, che provenia dall'aggiunta degli orti lamiani, sono tornati
alla luce i marmi etSgiati con rappresentanze del culto mi-
triaco, ì quali noi prendiamo brevemente ad esporre. Non sa-
rÒk questa la prima volta che in luoghi di possedimento im-
periale si rinvengano le tracce di quel culto estesissimo. Le
'antichità ostiensi ci somministrano l'esempio di un santuario
mitriaco fondato in luogo terreno del palazzo imperiale di
quella insigne colonia {in orypta Patata), concesso a tal ef-
fetto dallo stesso Commodo Augusto '. Né cib & meraviglia.
non sentire 1% forza. — Bicordiiuiio che il Ninfeo di SoTero Alessandro è
battalo nella sua moneta (Cohen. IV pi. I, n, 334) ; e che per tal meiu
Carlo Lenormant {Remis nuni. 185S, 33) ha potuto riconoscere, detto mo-
numento essere identico con quello ancora in gran parte mperstite, comu-
nemente denominato t Trofti di Mario. E non vediamo come il snllodato
eh. Jordan possa mostrarsi non del tutto persaaeo di qnesta bella scoperta
che dobbiamo all'illastre archeologo francese (1. e. p. 128): tanto piit che
l'altro ninfeo di cni egli parla, solito designarsi col nome di tempio di
Minerm Medica, era certamente qoello che il medio evo conosceva sotto il
nome di pcUalium Ucinianum\ era ediQzio appartenente ai giardini di Qal-
liano, e non à in relazione coU'acquedotto dell'acqua .ilesaandrina.
t Nibby L e. pag. 323 sg.
^ La iscrizione che ciò ricorda fa tratta dal eh. collega sig. comm.
De Bossi dalle schede parigino di E. Q. Visconti, e da Ini pnbblicata net-
noaigne suo Builetlino di Archeologia Cristiana iSee. Ser. I. p. ISGj: era sta-
ta scoperta in Ostia nel 1T97, nelle lerre di Bovacciano, ed è cosi concepi-
ta, secondo la sicura emendazione fattane dall'illuatre archeologo: C. Vaiirius
Heracles, pater et antisles dei jubenii incorrupU Solit invidi Mithrae, ery-
plam palata coneesìum libi a M. Aurelio Commodo,... (manca il resto). Nella
qnale iscrizione riesce notabile, fra le altre cose, la parola palatium usata
pei denotale in genere la residenza imperiale, anche fuori di Bom^ del che
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228 BULI.ETT1K0 DELLA COUHISSIONE
trattandosi di una superstizione, che in Commodo stesso, in
Gordian Fio, in Diocleziano co' suoi colleglli, ed in Giuliano
Apostata ebbe segnaci e fautori augusti; e che lottò fino all'e-
stremo col cristianesimo già prossimo al suo trionfo.
Prendiamo pertanto a disamina in primo luogo il bassorì-
liero espresso alla tav. XX, il quale in vero per alcone sue
rappresentanze meu ovvie sembra destinato a prendere nn posto
cospicuo fra i monumenti mìtriaci; anzi pub aversi pei uno
de'pili eruditi che siansi finora scoperti nel snolo romano. La
tavola dì marmo in cui ò scolpito è alta m. I. 25, larga m. 0. 92,
mancandone peraltro tutto uno scheggione dall'altoal basso nel
Iato dritto. Vi h notabile innanzi tutto la rozzezza della scul-
tura, cbe sembra tenere il mezzo tra il grafito ed il rilievo,
e ricorda, pel modo di fare, Io stile degli intagli detti bi-
zantini. Perocché lo scultore, dopo aver disegnato snì mar-
mo i suoi soggetU, ne venne intagliando i contorni e sbassando
il campo; e contento di esprimere le figure mediante i contornì
stessi ed alcune linee segnate quasi di gra£Bo, non si curò di
&rle nel mezzo colme e tondeggianti, siccome porta la bnona
pratica del rilievo; anzi lasciavale quasi piane, com'era in prin-
cipio la superficie del marmo. Ma si avverta bene cbe anche
tal pratica non fu da lui tenuta che iu una parte del rilievo,
cioè, nella parte superiore del gruppo mitriaco, alla quale serve
di campo lo sfondo della grotta: in tutto il reato ei seppur si
è dato briga di sbassare il campo delle figure, e non ha fatto
che accennarne i contorni mediante un solco assai forte, e le
si aveva Ut prima t estimo ni ani a alquanto postetiormeate in Diane Cassio
(LIII. 16). NoD è questo il luogo di discutere se il palatium della recata
iscrixioue possa essere quel medesime edifliio, che nel 1360 fu diseppsllito
in Ostia presso Tur Bovaeeiana, mediante l'escavazioni pontificie, e che da
principio, per alcuni riscontri, era stato confusa con le terme di Antonino
Pio, ben cognita in quella colonia. Ivi di fatto fii discoperto nn mitrèo &»•
sai ben condeirato, che venne da me stésso pubblicato {Ann. thU'ftt. di 0.
A. 1864 p. 147-183); ma le sue iscrìzìoni portano la data dell'anno 162
dell'era volgare, secondo del reguo di Marc'Aurelio.
DigitizedbyL.lOOQlC
ARCHEOLOGICA HITNICIPALE 229
parti dì mezzo con sogDÌ e linee più leggere; sicché il lavoro fa
l'effetto di Don essere terminato. Così, per esempio la rocciosa
natura dello speco mitriaco vi è significata per via di alcuni
solchi, aimill a lunghe intaccature, fatte con frequenza su tut-
ta quella parte che dorea rappresentare il medesimo speco. Un
fare alquanto diverso si osserva solo nell'uno de'due gruppi sse-
gniti nella parte inferiore del quadro, cio^ in quello a dritta
del quadro stesso, e segnatamente nella Ggura ignuda genuflessa:
questa ò di men cattiva esecnzione, e dà a conoscere che l'ar-
tefìce avrebbe potuto far meglio alquanto di quello che fece
io tutta la parte principale della rappresentanza. E^H h poi
un pregio ben raro di questo marmo il conservare quasi da
per tutto vestige fortissime della policromia, le quali noi ab-
biamo preso cura venissero fedelmente riprodotte nella nostra
tavola, non obliando che ne' figuramenti di questo culto anche
i colori aveano sempre un loro proprio e simbolico significato.
E vogliamo notare che il fatto dell'esser stato il rilievo tutto
dipinto ci sembra scusare, almeno in parte, la trascuratezza e
il modo tanto imperfetto della scultura. Conciosstaché le figure,
spiccando sopra dì un fondo di tutt'altro colore, doveono acqui-
stare un rilievo maggiore ch'esse non hanno: e la tinta insi-
nuata nelle linee e ne'solchi suddetti potea dare alle figure me-
desime una specie di lumeggiamento, da farne assai risaltare
l'andamento delle forme e dei panni.
Nelle cose più essenziali questo nuovo marmo mitriaco non
si diparte dc^li altri moltissimi esprimenti la mistica uccisione
del toro , che troviamo adunati dal Lajard ' , né da quelli che
vennero in luce dopo le vaste pubblicazioni di quel dotto fran-
cese. Il nume persiano — rappresentante della potenza solare —
vestito all' uso frigio ed asiatico, è figurato in fondo alla grotta,
in atto di uccidere il twro gii atten-ato — allegoria del prin-
' Inlroduetion d l'elude du culle public el dts mgstères de Milhra en
Orieni ei en OccideTtL Atlos pi. 76 _ 99.
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230 BULLETTINO DELLA COHHISSIONE
cìpio amido e lunare — eh* egli pveme fortemente sulle groppe
col sinistro ginocchio, mentre colla mano istessa lo ritiene af-
ferrato per le narici, e colla destra gì' immerge il pugnale sopra
la spalla. Il cane ed il serpente si appressano bramosi a lam-
bire il sangue che sgorga dall' ampia ferita, e frattanto lo scor-
pione punge colle acute sue branche le parti genitali della belva
morente. Non vi mancano i due ministri portatori della face — l'uno
alta e l'altro abbassata — intesi a simboleggiare in modo spe-
ciale i due punti equinoziali della carriera solare. Non istaremo
qui a riandare le allegorie molteplici, e fisiologiche e fìlosofì-
che e religiose di queste immagini , e la relazione loro colle
dottrine e coi riti dei misteri mitriaci ; delle quali molti eru-
diti hanno cercato di penetrare V arcano senso ', e su cui noi
stessi avemmo altra volta occasione di ragionare * , anche nei
fogli di questo medesimo Bollettino ^ Facciamone quindi piuttosto
ad esaminare ciò che di men solito presenta nelle sue figure ac-
cessorie il nuovo marmo esquilino. Sull'alto della grotta — sim-
bolo del mondo terrestre, e simbolo delle tenebre da cui Uitra
emei^e sempre vittorioso — veggonsi, a dritta, il busto del Sole,
distinto dalla corona di raggi, a sinistra quello della Luna, colla
testa ornata dalle corna lunari. La presenza di queste due im-
magini provogaente, com' è da credersi, dal vetusto simbolismo
persiano dimostra che, in origine almeno, Mitra ed il Sole erano
due cose ben distinte, n^ fra loro esistea quella confusione che vi
troviamo regnare in appresso nelle idee de'greci e de'romani. Nel
nostro marmo v'ha poi dì osservabile, che uno dei raggi solari
si prolunga d' assai, e scende ad investire il n:jme immolante;
particolarità già notata in altri due monumenti di questo culto,
cioè, un rilievo dell'isola di Capri *; e quello anche piìi notabile in
' Per la letteratura concernenta lo cosa niitrìacbe ai vegga il eh. prof.
Stark nello scritto che h» per titolo: Zu>ei Miihraten der grosshtnog. Alter-
tìtumtrtammlung in Karisruhe. Heidelberga 1365, alla pog. 38 sg.
: Tedi la nota alU pag. 228.
* Anno 1873, pag. 111-121.
* Lajard 1. o. atl. pi. XCVII, 2.
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ARCHEOLOStCA UDNICiPALE. 231
travertiiDo, colla Bua ìscrizioae, già riaveanto alla Subura, e da me
- stesso divulgato ', ed ora par cura della nostra Commissions pas-
sato ad arricchire il museo capitolino. Il prolungarsi del raggio del
Sole inverso Mitra saluta io certo modo la vittorìa di questo sulla
potenza nemica, ed è in corrispondenza coli' aziooe del nume, che
nell'atto di ferire volge in su la testa e fissa Io sguardo nell'astro
maggiore *: adombra quindi le strette relazioni che passano fra Mi-
tra ed il Sole ; e forse faceva intendere agi' iniziati , che me-
diante quella mistica uccisione la luce peuetra V oscurità , o
l'eroe solare, domate e vinte le umide influenze lunari, produce
il rinnovarsi dell' anno e la sua fertilità. Comunque si fosse ,
una cosiffatta circostanza ò di molta rarità nella simbolica gre-
coromana del mitriacisroo ; ed è perciò che molto se ne avvan-
taggia il merito del nostro monumento capitolino.
Il quale poi per altro particolare si distingue da tutti gli
altri, vale a dire, pe'due busti che vi tioviamo effigiati al di
sotto di quelli del Sole della Luna , ma pili verso l' orlo del-
l' apertura della grotta. Cotesta ò cosa elie veramente riesce nuova
in mezzo alle numerose rappresentanze del Mitra taurottono. Per
ispiegarlo, non molto può ricavarsi dall'esame delle figure stesse,
che son piccole e rozzamente intagliate: sembra tuttavia che quella
a dritta, sotto l'immagine del Sole, sia virile, e muliebre quella
dell' opposto lato, sotto l' immagine della Luna. Quella in fatto
ha forme alquanto piìi grosse; è avvolta in una specie di cla-
mide al pari del busto sovrastante del Sole, e. par che abbia
i capelli cinti da un cordone circa il mezzo della testa. L'altra
è di forme un poco pili minute ; è panneggiata nel modo istesso
del busto lunare, e si direbbe che mostri più del fcmineo anche
nelV acconciatura dei capelli. Cotesto 'differenze non seno molto
sensìbili, ma pur credo che debbansi porre a calcolo, afferrando.
t Ann. deU'tsl. di C. A. 1864, pag. 177—183, tav. d'A^- N.
s Questo atto di Mitra si osserra in qaasi tatti i bassorilievi di simile
armento: uel Doatro è men bene acceanato a cagione della rozzezza del
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232 BULLETTIHO DELLA COUUISSIOHE
per cosi dire, a volo la intenzione dell'artefice. Ora se i due
bnati sono in realtà l'uno femineo e l'altro virile, temo che
riesca difficile il dare ai modesìmi una Terisimile interpreta-
zione \ Quanto a me, io non saprei se non che proporre ana
congettura, ed h: che i due bnsti rappresentino in genere l'uomo
e la donna, siccome principali esseri delle creazione, in cai
Mitra ha sì gran parte ; e siccome quegli esseri, intomo ai quali
di continuo sì adopera la potenza e 1' attività dello stesso Mitra,
secondo la dottrina della trasmigrazione dell' anime , la quale
insegnavano i misteri di questo culto. Il busto dell' uomo sa-
rebbe acconciamente collocato dalla parte del Sole, rappresen-
tante dell'elemento igneo, ciob dal principio generatore attivo;
e così pure quello della donna dalla parte della Luna, rappre-
sentante dell'elemento umido e del principio generatore passivo.
Ma valga cib , come dissi, per una semplice congettura; la quale
io volli proporre non per altro, che per non lasciare del tutto
intentata la spiegazione di questi simboli non prima veduti nei
monumenti, ancorché numerossimi, del culto mitriaco.
Che se dovesse attribuirsi ad imperizia o negligenza dello
scultore Io aver dato ad uno di que' due busti un' apparenza
feminea ; e se ambedue dovessero tenersi per giovanili e virili.
t QioTerà qui ricordare dq monainento mltrìoco usai siogoUTO del
museo Chiaremonti (u. 464), edito, ma non ancora spiegato, per quanto io mi
sappia; sebbene qaetto non sembri avere ana qualche relazione col nostro. È nn
grappo esprìmente il Mitro taarottono, in marmo bìgio-tnoralo, grande circa
nn teno del vero, e rinvenuto, se io non erro, nella villa Negroni. Fu pub-
blicato dal Lajud (atl. pL LXXIT. a.), che s' ingannò dicendolo di marmo
bianco. In eaao a dritta di Mitra, ma un poco più in dietro, e' innalu una
rupe, da cui sbaca fino a mezzo il corpo una figara muliebre, vestita di una
tunica sema manichi!, aperta d'arabo i lati, ma stretta sui flanchì da qua
larga cintura; la testa è antica, ma rìcammesea. Io sospetto che il detto
busto rapprecenti Ecate , il cui colto pel sincretiimo delle sette troviamo
alcuna volta riunito con quello di Mitra. — Una .figura muliebre Sdo a
mena vita si vede pure in altro bassoril. del Lajard (pL 82. n. 2): sta in
alto al di sotto del bnsto Innate, ma più verso l'estremità del quadro; sol-
leva le braccia e sembra che abbia in testa il berretto Aigio. Non saprei
che cosa dime, inanime essendone molto indeciso il disegno.
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ABCBEOLOUICA UUKtCIPALE. 233
allora si sarebbe con &cì1)tÀ pensato ai Dioscari, i quali come
assistenti del Sole fiancheggiano i^l Mitra leontocofalo in un in-
signe rilievo, già discoperto a Vienna nel Delfinato, e dal La-
jard preso ad esporre con ampio ed erudito cemento '. Que' di-
?ÌDÌ gemelli pel mito di- loro h^eremeria, e per la relazione
io che starano col mattutino e vespertino crepuscolo * poteano
molto bene esaere stati introdotti anche nella scena principale
del ciclo mitriaco — nella sua forma grecoromana — per adom-
brare ^r iniziati le superne e le inferue regioni ; la teoria Ae\-
Vatit^asi e della catabasi, che costituiva il fondo di que' mi-
stori , ed era eziandìo simboleggiata ne' diversi gradi e negli
esperimenti delle iniziazioni. '
L'apertura della grotta è fiancheggiata da due alberi: cosa
osservabile anche questa, né molto solita ad incontrarsi. Ancor-
ché siano espressi quegli alberi in modo assai goffo ed incerto,
con tuttocib si ravvisa, che con quello a sinistra, sotto il busto
della Luna, si i voluto imitare un cipresso ; e cotl'altro dirim-
petto una pianta pomifera. Ambedue queste piante soao già
note come simboli mitriaci e solari; e non è questa la prima
volta che in rappresentanze di questo culto le troviamo con-
giunto ', Sull'albero da pomi sta posato il corvo, animale sacro
al Dio della luce, e consueto assistento del sacrifizio mitriaco.
Ora prima di scendere ad osservare ì due gruppi distinti,
ond' ò istoriata la parte inferiore del marmo , sarà opportuno
trascrivere l'iscrizione che ricorre appiè della scena principale,
sotto la lìnea flessuosa del serpente, la quale chiude in certo
modo la parto superiore dalla composizione. L'iscrizione suddetta
è incisa in cattivi caratteri e dice così:
G P
PBIMVS PATER PECIT
1 Àm. dea Ut. di C. A. 1841 pag. !
• Ida Archàol. Beitr. p. B2.
3 Stark L e. p. 27 e 44.
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234 BULLETTIKO BELLA. COMMISSIONE
Si avverta che fia le due sigle G e P esiste ub altro segno
cancellato a bello studio, ma non del tutto scomparso, clie sem-
bra pure una P. Pub supporsi che lo scar'pellino l'avesse inde-
bitamente ripetuto; ovvero che non avendolo da principio posto
in simmetria, rispetto alla lìnea inferiore dello scritto, abbia
poi voluto cancellarlo per emendare una tale inesattezza. Le
due sigle in quistione asconderanno probabilmente il nome della
divinità, cui dedicavasi il monumento: propongo perciò d'inter-
pretarle:
Go«{o fati
essendo noto che Mitra fu detto Cautus Pates ', forse in rela-
ziono alla pietra ('cautesj da cui la dottrina dei misteri ins'e-
gnavalo generato (9 Ix Tthpa; 3'ó;) ; la quale veniva pure
adorata sotta la invocazione di Cautes ' e di Petra Genetrix *
e Petro geneirix Domini *. In monumento di questo genera e
di quest'epoca non pub fare grave difficoltà la 3 adoperata in
luogo della 0: mentre poi l' abbreviai ara delle parole in sigle
può essere anche stato fatto a bella posta per enuuziare con al-
quanto di riserva un' invocazione di Mitra non ordinaria. Egli
è il vero che nelle iscrizioni poco sopra citate la troviamo due
volte pih meno abbreviata, ma una volta scritta per intero:
Dco Invicto MitAroe CAVTO PA+ ". A Mitra dunque sotto
' Henzen-OreU. S849, 5850, 5852, ò8S3. Nelle quali dedicazioni aven-
dosi nel terzo caso Cauto Pati sembra che nel cnso retta debb» dirsi Cau-
tus Patti.
* Henien-Orell. 5848, 5851, cf. C. I. L. Ili, 994, 4738. Sembra che a
torto 11 Labos abbia confaso la Cautes col Cautus Pates spiegando 1' ono e
r altro per Mitra (Ann. dell'lst. di C. A. 184S, p. 2G8, igg.\ cf. Museo Bresc.
p. 48). — Un cippo vnoto colla iscrizione CAVTE SACE fu trovato nel Hitréu
di S. Clemente (De Bossi Bullelt. di Archeot. Orisi., 2. Serie I, p. 156, sgg.)
» Henzen-OreU. 6809, a.; cf. C. I. L. HI. 4422.
» c. I. L, in, 4543.
> Henz. Or. 58.'i3. Non so comprendere come il eh. Stark acnibri dn-
bitare che il nome Caulopati si ciTerìsca a Mitra (1. e pag. 30).
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ABCHKOLOOTCA MUNICIPALE. 235
quella strana e barbarica invocazione sarebbe stato posto il nostro
monumento da nn Primo, il quale si professa padre, cioè ascritto
con quel grado ai sacrati di Mitra, e partecipe delle relative ini-
ziazioni ì'patricaj. 'Uh sembri insolito il rinvenire costui enunziato
col solo co^ome : poiché senza molto dilungarci potremmo ci-
tare un VictoririMS pater in iscrizione mitriaca del Museo Va*
ticano ', ed un Guntha leo nel bassorilievo della Subura ora,
G&pitolitio, poco indietro citato.
Veniamo ora ai due gruppi, che formano come un parergo
del monumento. In quello a dritta, corrispondente sotto il busto
del Sole, si vede un personaggio vestito all' uso frigio e per-
siano, ai pari di Mitra, il quale brandisce colla dritta un col-
tello, e la sinistra pone sulla testa di un giovane ignudo, che
gli sta innanzi con un ginocchio piegato, e colle braccia pen-
denti, ma nn poco aperte, in atto d'uomo sommesso e rassegnato
a soffrire. Kinno, io credo, vorrà dubitare noi^ sia qui ritratta la
prova della simulata uccisione, intesa ad esplorare la fermezza
d'animo di chi volea partecipare ai misteri. Koi la troviamo
espressa in modo poco diverso in un bassorilievo mitriaco del
Tìrolo, ora nel museo di Tienna ', ed in uno de' quadretti late-
rali di quello singolarissimo di Osterburken , illustrato dallo
Stark *. Del resto, che cotesto fosse in realtà uno degli esperi-
menti per ottenere i mistici gradi, lo attesta in modo chiarissimo
il biografo di Commodo narrando, che quel pessimo Augusto mac-
chia una volta con un vero omicidio le cerimonie di quel culto; lad-
dove in quello si diceano e fiugeansi alcune cose non ad altro efletto
che per incuter timore e far saggio dello spirito dei devoti *. Il
candidato di Mitra (/ixusro^s) è figurato nel nostro marmo intera-
' Beat. OreU. 6038.
^ Lajard. 1. e atl. pi. 94.
' L. e. fug. 23, cf. pi. 11. Il quadretto di cai si tratta è il settimo,
a sinistra di Mitra, incorni nciaodo a contare dal basso.
* Saera milhriaea homicidio vero poUuit. cum illio aliqtiid ad tpeeiem
tìmorit Del dici vel fingi solcai. Lampiid. (kmmod. 9.
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236 BULLETTIlfO DELLA COUUISSIOKE
mente ignudo : ed è credibile in fatto che a costoro si facessero
deporre le vestimesta, affinchè la tmce commedia avesse pili co-
lore dì vero, e facesse negli animi piU penosa impressione.
Il (n'°PP*^ ^^^ f^ riscontro al descritto si compone del me-
desimo personaggio con abito e tiara frigia, e di un altro bar-
bato, e vestito di una semplice tunica succinta — certamente
r aspirante ai misteri. Fra le due persone sta un'ara, e su que-
sta l'iniziato Etende la mano e la tocca, in sembianza di chi
stringe un patto , o proferisce un giuramento. Il sacerdote di
Mitra pone la sua mano sinistra sulla dritta dall'altro, quasi
ricevendo e sanzionando la promessa dì lui, mentre colla dritta
tiene pur sull'altare e presso la mano dell'iniziato un istru-
mento di forma acuminata, che si palesa per un coltello. Che
qui si tratti di un patto solenne , dì una promessa rafferniata
con giuramento, h cosa di per se manifesta ; ed è già stata
una scena tutta analoga a questa ravvisato dallo Stark nel bas-
sorilievo di Oaterburken '; mentre in quello di Neuenheìm, ri-
pubblicato da lui , lo stesso argomento comparisce ritratto in
modo simbolico, cioè mediante due figure, che paiono di Giove e
di Saturno *. Ma se non ha dubbio circa la natura dell'azione delle
due figure, non può dirsi altrettanto del suo significato, e della
sua relazione col culto dei misteri mitriaci. Fare a me verisi-
mile, che siccome il gruppo del lato destro esibisce per certo
ano degli esperimenti delle iniziazioni , cosi quello che gli fa
riscontro noli' opposto lato debba esprimere il corrispondente
grado delle iniziazioni suddette. Ed invero nel bassorilievo di
Osterburìen, già piU volte allegato, noi vediamo i figuramenti
allusivi alla scala mistica — e fra gli altri quello simile al no-
stro — nei quadretti a sinistra di Mitra: e così un rilievo stam-
pato in vetro, già del museo Olivieri in Pesaro, ci ofiire, pure
1 L. e. p. 22, cf. Tbt. II. La scena il coi ai tratta è nel terzo qua-
dretto laterale, cominciando dal basso, a sinistra del monamenta.
t Ibid. p. 21; vedi nella Tav. I il terzo quadretto laterale a dritta
del bassocilìevo coininciando dal baeso.
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ìrcheoloqica municipale. 237
a sinistra del nanie taurottono, nu pilastro, in cui sono dispo-
ste in linea verticale sette corone , certamente allusive ancbe
queste ai gradi delle iniziazioni '. Ma quale di essi gradi ver-
rebbe poi significato nel nostro marmo da quel giuramento o
da quel patto, in modo così solenne stretto sull'altare, e sul filo
del coltello?
Noe ci h dato rispondere che mediante una congettura; pe-
rocché ninna luce si può aspettare in siffiitta ricerca neanche
dal monumento di Osterburken, in cui si ha tutta la serie dei
gradi, compresovi questo di cui si tratta. Si ponga mente adun-
que alla circostanza, che quel Fiimo, da cui fu dedicato il mo-
numento, era insignito del titolo e delle funzioni di padre mi-
trinco. Non parrà inverisimile che il medesimo, fra tutti i gradi
e gli esperimenti delle iniziazioni, avesse voluto far esprimere
nel suo marmo appunto, quello cui egli stesso era giunto, e del
quale » professa ministro : il che, del resto, renderebbe anche
ragione del fatto assai singolare, che una sola delle prove ed
una delle consacrazioni mitrìache sia stata rappresentata in que-
sto nostro bassorilievo. Cosicché, se non ci siamo ingannati, noi
avremmo nell' uno dei gruppi la consecrazione di un mista nel
grado di padre; e nell' altro il relativo esperimento per esplo-
rarne il coraggio : vi avremmo in somma quelle eeremonie e
quegli atti del culto, che veniano enunziati colla denominazione
di patrica.
Viene ora che osserviamo i residui della policromia, che
il marmo conserva notabilmente ; forse per la ragione , che
giacque nel suolo in piano, e volto sossopra; per cui non pote-
rono le acque fermarvìsi, né passandovi sopra diluirne i colori.
La volta e il fondo dello spe<.o furono dipinti di un rosso
fosco, il quale ricorda il lapis ruber, o tufa. Il busto del Sole
ebbe purpurea la clamide, e dorata la corona di rc^gi ; laddovo
la protome lunare vedesi panneggiata di giallo. Di giallo egual-
' L^jaid 1. e. atL pi. 85.
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238 BULLBTTINO DELLA COUHISSION'E
meoto furODo Dolorati i due buatj sottoposti, sulla cui spi^a-
zione ci h stato forza di rimanere sospesi. I volti poi di queste,
come di tutte le altre figure umane che accenneremo, erano di-
stinti d' incarnato ; e le capigliatura in genere di rosso bmoo.
Nell'albero pomìfero, corrispondente sotto la protome del Sole,
si osservano alcuni residui dì giallo ; e di rosso invece nella
pianta di cipresso. Il corvo posato sul primo ia tinto di nero.
Il berretto, la tunica, e il candys di. Mitra erano purpurei; e
di cib aveasi contezza anche per altri monumenti '; ma il no-
stro marmo ritiene ancora delle tracce abbastanza evidenti dt
color giallo nelle brache, o anassirìdi del nume; e cotesto par-
ticolare ne riesce nuovo. Sembra inoltre che il candjs, o man-
tello di Mitra, fosse lumeggiato di oro; come di oro fu egualmente
il suo pugnale ', e fors' anche il fodero di quello. La corporatura
del toro, non conservando verun residuo di tinta, è da credere
che fosse lasciala bianca, ossia del colore del marmo: ma di
rosso fu cortamente dipinto il sangue che spicpia dalla ferita.
Questa tinta medesima era stata insinuata nei solchi che deter-
minano i contorni del serpente e del cane , anzi generalmente
di tutte qnante le figure, nella parte inferiore della composizione,
siccome non mancammo di osservare in principio. I due mini-
stri portatori dèlie faci si distinsero pei colori stessi dì Mitra,
cioè tunica rossa, e gialle anassiridi. Inferiormente, nel grappo
esprimente la simulata uccisione, troviamo l' uomo ignudo fatto
di color carnagione , e il sacerdote vestito interamente , come
sembra , di giallo : nel gruppo del giuramento, conservando le
Testi del sacerdote il medesimo colore, l'iniziato mostra di avere
^ Esìste nel cortile ottagono del mnseo pio-deraentiDa , all' esterno ,
eopTft uno degl'intercolonni, nn bassorilievo esprìmente il sacrifizio mitriaco,
nel qaale il berretto, la tunica ed il mantello del uame sono ancon forte-
mente dipìnti di rosso, non ostante che quel monnniento sia in gtan parto
esposto alle intemperie. — Sul colore rosso come proprio di Mitra si veda
anche ciò che abbiamo notato illnstrando il mitreo ostiense, sco^rto nel 1S62
(Ann. detflil. di C. A. 1864 pig. 159.^
* Anche nel Zend-Avesta sì attrìbaisce a Mitra il pogosle d'ora.
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AKCHEOLOalCl HDHICIPALB. 239
avuto gialla la tunica, e rosse le brache. Gialla egualmente, o
forse dorata, fa l'ara che serve al compimento del rito.
Per far congettura sull' epoca del noatro bassorilievo, non
abbiamo che a richiamare ciò che dicemmo in principio intorno
al cattivo stile della scultura, ed al modo particolare con cui
è condotta. Noi lo crediamo lavorato negli ultimi anni del secolo
quarto dell'era nostra: tanto piU che non mancano monumenti
del culto idolatrico praticato in Boma ed altrove a spese pri-
vate, anche dopo la legge di Graziano del 383 : sui quali mo-
numenti son da vedere le dottissime osservazioni dell' Henzen
nel Bullettinp del piii volte lodato Istituto di Corrispondenza
Archeologica '.
Assai piìi facilmente ci sbrigheremo degli altri tre monu-
menti che ci restano a dichiarare. Il gruppo esprìmente il Mitra
taurottono, che diamo alla tav. XXI n.° 1, alto centimetri 60,
è di stile assai migliore del bassorilievo già esposto; e potrebbe
assegnarsene il lavoro alla seconda metà dell' epoca degli An-
tonini. È in genere assai ben conservato, non mancandovi che
la mano destra di Mitra col pugnale, e l'estremità della coda
del toro. Questo gruppo non presenta che due cose notabili ; e
solo su queste ci soffermeremo alquanto. La prima si h che dei
tre simbolici animali — cane, scorpione, serpente, che non man-
cano presso il toro, neppur ne' gruppi, come questo, di tutto ri-
lievo — nel nostro marmo non trovasi che il serpente. L' altra
cosa è che Mitra, in cambio di tenere afferrata, come sempre,
la vittima per le narici , la tiene pel corno siustro , e la co-
stringe, torcendolo, a sollevare la testa.
Quanto alla prima circostanza ricorderemo, come noi stessi
abbiamo divulgato in questo Ballettino una rara coppa mitrìaca
di argilla rossa, che nei rilievi stampati dalla parte interna pre-
senta il consueto sacrifizio del toro nella sua pib semplice forma;
» 1867 p. 174 sgg.; 1868 p. 90 sgg. — Cf. De Bossi Bidlell. di À. 0.
ta. n, p. 5S.
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240 BULLBTTIKO DELLA COUMISSIONR
ristretto, cioè, alle sole figure della vittima e del sacrificante ':
notando allora, che in una lucerna del Passeri ', poi riprodotta
dal Lajard *, si ha lo stesso argomento rappresentato con pari
semplicità. Àggiugniamo ora a quelli anche un terzo monu-
mento, ed è, nn gruppo dì terra cotta esistente a Eertsch nel-
r Eremitaggio, presso Pietroburgo, e descritto dallo Stephani ',
nel qual gruppo il soggetto è ristretto del pari alle sole due
figure principali. Se peri) in cotesti casi derivi un tal fatto piut-
tosto dall' essersi voluto compendiare la composizione, che dal-
l' esservi questa conservata secondo la forma originale del sim-
holico gruppo, è una quistione che amiamo meglio di lasciare
in sospeso. Si avverta intauto che il nostro marmo può servire,
in certa guisa , di auello tra le numerosissime rappresentanze
mitriache, nelle quali figurano presso il toro tutti e tre i ricor-
dati animali, e le rarissime in cui quelli mancano interamente.
Ed h anche a notarsi, che vi sia stato ammesso il solo serpente,
il quale non credesi che rappresenti una potenza nimica al toro,
come il cane e lo scurpione ; ma si tiene invece per simbolo del
corso Sessuoso delle acque terrestri; e quindi per simbolo op -
posto a quello del lione , che adombra il calore celeste nella
pili grande sua forza '.
Quanto poi al tener Mitra l'animale afi'errato per le coma,
debbo riconoscere che siffatta particolarità ne' monumenti h an-
che piìi rara dell'altra; perocché ah fra tutti i gruppi o bas-
sorilievi mitria£i di questo argomento adunati dal Lajard , ah
fra quanti io stesso ho potuto vederne, mi i mai accaduto di
rìscoDtrarla. Cosicché non potrei addurne altro confronto, che la
lucerna del Passeri, poco innanzi citata, in cui parimente Mitra
• 1873 pag. 117 sg., tav. HI.
2 Lucern. flclil. tab. 90, pag. 75, ag.
. ' L. e. atl, pi. C. n. 2.
* Gniae far den Sul Ton Kertsch, 1864 p. G
e. pag. 34.
> Starli l e. pag. 43.
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ABCHEOLOGIGÀ MUNICIPALE. 241
tien presa la belva pel corno sinistro. E la cosa è tanto più
singolare, perchè anticamente non doveano mancare dei grnppi
dei rilievi ove il persico nume fosse rappresentato propria-
mente in quell' atto ; ed uno simile era senz' altro in mente,
se non sotto gli occhi, di Stazio, allorquando cantava '.
Persei siib rupibus antri
Indignata sequi torquerUem cornua Mithram.
Veniamo finalmente ai due rilievi in forma di quadretti,
alti e larghi cent. 27, contenenti due rappresentanze accessorie,
che noi diamo alla medesima tav. XXI sotto i numeri 2 e 3.
Quello segnato col n. 2 rappresenta, siccome ognun vede,
la misteriosa nascita di Mitra dal sasso : allegoria del fuoco, il
quale scintilla dal selce percosso col ferro. Fiìi d' una di tali
immagini, destinate a rivelare agi' iniziati la natura del nume,
si trovarono anche ne' mitrei di Heddemheìm , ma scolpite di
tutto rilievo, e sono edite nelle tavole dell' Hammer (Hithriaca)
e del Lajard. Alle quali si vuole aggiungere anche quella sco-
perta in questi ultimi anni dal eh. P. Mullooly nell'insigne
mitreo sotterraneo di S. Clemente, eh' è medesimamente di tutto
rilievo. Molto piii importante di questi è peraltro il nostro ; pe-
rocché essendo in bassorilievo ha conservato gli attributi nelle
mani; che sono, il pugnale nella dritta, e nella sinistra la face ;
qaesta, riferibile alla essenza di Mitra, dio della luce e del fuoco;
quello poi, arma propria del nume, con cui combatte le avverse
potenze, e compie il sacrifizio del mistico ■toro.
Con eguale facilitai sì ravvisa nel quadretto in bassorilievo
segnato col n. 2 la rappresentanza non meno erudita del Sole
fanciullo, nascente. Il Sole vi è figurato in forma di giovinetto, ■
» Theb. I, T. 717. — Poco eBattamente Bombrami che a qnesto pasao
cementi Lattaniio: Persa» in spelaeis solem primi invenisse dicuntur: est in
spelaeo persico habitu , cura tiara, ulrisque marùbus bovis cornua aompri-
meru. Almeno il grappo mitrìaco in qaesta forma non ai è mai ritrovato.
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242 BULLETTINO DELLA COMMISSIONE
con lunghi capelli iuandlati , colla testa ornata del nimbo e
della corona di sette raggi. È vestito di tunica con lunghe ma-
niche, stretta da cintura sui fìanclii; e di pallio o mantello affib-
biato sull'omero destro: sollevando la mano dritta, regge col-
r altra il globo , dietro cui comparisce il flagello. In forma
simili8si:tia a questa vediamo il Sole oriente ritratto nelle mo>
nete romane; come in quella di Salonino ', e di Valeriano giu-
niore *. L'atto di levare la mano è precisamente quello ben
noto di chi prende a favellare ; e meglio che nelle monete, o
nel nostro marmo, ciò si ravvisa in una bella ten-acotta ostiense
dello stesso argomento, non ancor pubblicata : è quindi un atto
molto bene appropriato a caratterizzare il Sole oriente, cioè sul
punto di cominciare la sua diurna carriera. — Questi due qua-
dretti erano destinati a farsi riscontro : l' uno perciò serve di
spiegazione all'altro. Ed anche questi conservano delle tracce
di policromia. Il Sole fanciullo ebbe rossa la tunica, ed i ca-
pelli dorati. Nel Mitra fanciullo non si rinvengono che avanzi
di colore incarnato.
Non termineremo senza prima aver fatto menzione di due
frammenti di stoviglie in argilla rossa, che furono trovati in-
sieme coi marmi finora descritti, e che perciò dobbiamo credere
appart«Duti al mitreo. L' uno di detti frammenti ò un manico
di patina, o tegame , con rilievo alquanto logoro di figura vi-
rile ignuda, che si appoggia colla dritta ad un'asta, e la sini-
stra si tiene verso il petto , eh' è attraversato da un cordono
per sospendervi la spada. L'altro è la metà di un largo piatto,
sul cui orlo ricorrono due fasce di ornati : la piìi interna pre-
senta un grazioso meandro formato dì nascimenti con rose nel
centro; mentre nella fascia estrema si hanno delle maschere,
. degli scontri e delle fughe di belve : il tutto intramezzato da
edicole e da vasi. Gd è notabile che tali edicole sono al tutto
1 Cohen Deicr. hitt. det monn. frup. .mus Veinp. rom IV pag. 483, n. 25.
; Ibid. p&g. 498, n. 3, pi. XX, n. 3.
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ARGHEOLOUICA MUNICIPALE. 243
eguali di forma a quella esistente in on canto del mitreo ostiense
e da me ampiamente illustrata '. In ordine a cotesto stoviglie,
si ricordi la coppa di argilla rossa, impressa di scene mitriaclie,
di cui si h fatto ricordo poco innanzi , e trovata con altre simili : e
si rammenti ciò che fu già avvertito dal eh: De Rossi *, e da me in
quella occasione ripetuto *, intomo all' uso di religiosi banchetti
nei sacrali mitriaci. Queste nuove scoperte accrescono sempre
pili credito ad una tale osservazione ; e probabilmente giove-
ranno anche a rivendicare la fede ad un raso — pure di argilla
rossa — con iscrizione mitriaca, edito dal Lajard ' e da qualche
dotto preso, forse a torto, in sospetto '.
C. L. V.
1 Ann. deK lai. 1864 pag. 163 sg.
- Builell. di Arch. Crisi., seconda serie, ftn. I, pag. 163.
> BìdUU. delia Comm. Archeot. Mun. 1878 pag. 121 ag.
* L. e. atl. pi. e. XXXIH a.
3 Stark. 1. e. pae. 30, d. 41.
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BULI^TTINO DELU COHHISSIOHE
ELENCO
degli oggetti dì arte antica, scoperti e conservati
per cura della Commissione Archeologica Municipale,
dal 1 Gennaio a tatto il 31 Dicembre 1874.
SEZIONE PRIMA
PITTURA
I.
Intonachi dipinti.
1. QuADBGTTi di figure e vedute di giardini, neirAnditorio
degli orti meceDaziani, n.° 25.
2. FsAHHENTO d'intonaco con uccello in campo nero. Si con-
serva presso la CommiBsione — Esquilino, presso s. Bibiana.
n.
Musaici.
1. Fbauubnto di tegola coperta di finissimo musaico, rap-
presentante una mezza figura di giovine imberbe — Esquilino,
presso s. Bibiana.
III.
Lavori a commesso.
Si riportano in questa classe i tre seguenti artìcoli, seb-
bene propriamente non appartenenti alla medesima.
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ABCHBOLOQICA UUNICIPALE. 245
1. Favihekto di finissimi alabastri , contenente quasi tutte
le varietà di questo nobile marmo. Hot. quad. 23 e 24 — Esqni-
lino, piazza Dante.
I 2. Capitello a fogliami di pih colorì in rosso, giallo antico,
j e smalto fopus sectUeJ — Ivi.
3. Tre frammenti simili — Ivi.
SEZIONE SECONDA
SCTJLTURA
I.
Statue.
1. Venere. Statua circa il vero, in marmo lunense, di egregia
scultura, mancante delle braccia. Era in atto di cingersi con la
mano destra un nastro intomo alle chiome, mentre con la si-
nistra si reggeva i capelli raccolti su la nuca. Ài suoi piedi i
un vaso con panno sovrapposto. La figura poggia sulla gamba
dritta, ed ha la testa volta alquanto dal medesimo lato. È già
collocata nella Galleria del Museo Capitolino, e sarà illustrata
nel prossimo fascicolo di questo Ballettino — Esqnilino , piazza
Sante.
2. MiNEKVA. Statua grande al vero, in molti frammenti, che
potranno ricommettersi — Esquilino, presso s. Maria Maggiore.
3. Bacco, metà superiore di statua ignuda, maggiore del vero
di pregevole scultura. Il nume, che sembra rappresentato assiso,
tiene il braccio dritto posato su la testa : manca delta spalla
e del braccio sinistro.. Il taglio regolare della parte inferiore
della figura fa credere che vi fosse inserito il panneggio di
altra materia. È già collocata nel museo capitolino — Esqui-
lino, piazza Dante.
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MG BL'LLGTTIKO DELLA COUUISSIONE
4. Mbbcdbio. Statua circa la metà dal vero, cod piccole ali
sulla l^onte: presso la sua gamba sinistra è un tronco, da cui
pende la cnimena, ed a cui sta appoggiato il caduceo. È privo
dei due antibracci e di tutta la gamba dritta — Esquilino,
via pr. Umberto.
5. Tritone, mezza figura, grande al vero, in marmo lunense,
mancante di tutto il braccio sinistro, sollevato in alto, cV era
nnche anticamente riportato. La mezza figura, essendo terminata
con taglio regolare , fa credere , che la parte ferina , vi fosse
inserita di altra materia. Il dio marino , scolpito con franca
maniera , ha lun^a e folta capigliatura, ed ha il corpo , ed il
volto distinto di squame. Nei capelli rimangono tracce di dora-
tura — Esquilino, piazza Dante.
6. Altro simile, mancante di gran parte del braccio sinistro,
e di tutto il dritto, che era inserito da altro pezzo di marmo
e sollevato in aito, come nella precedente figura il sinistro: il
che dimostra che doveano ambedue sorreggere forse il fastigio
d'una edicola, o d'altra cosa. — Ivi.
7. Sileno. Statua grande al vero, in marmo lunense detto dì
seconda qualità, di stile decorativo. Il rustico seguace di Bacco,
sta in positura accovacciata, ed avendo il dorso e le spalle co*
porte da una pelle di tigre, sorregge con esse un otre con foro
nell'imboccatura; il che mostra che la statua fece parte di una
fontana. È notabile per la perfetta conservazione; come anche
per le forme piene e vellose, e per la procace espressione del
volto atteggiato al sorriso. È collocato in una delle sale terrene
del museo capitolino — Viminale, via di porta s. Lorenzo.
8. Cupido. Statua grande al vero, di buona scultura, in marmo
lunense, in atto come sembra di provare la forza dell'arco. Manca
delle due braccia, e della gamba sin. — Esquilino, via Bicasoli.
9. Statua muliebre, minore alquanto del vero, in marmo lu-
nense, colla testa ornata di stefane, vestita dì tunica a mezze
maniche, e corta sopravveste. Bappresentava forse una Cerere.
Mancano i due antibracci — Esquilino, via Ariosto.
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ARCHEOLOGICA UUNICIPALE. 247
10. Leda col cigno ai piedi. Statua circa un terzo del vero,
in marmo lunense. Manca dal petto in su la figara di Leda —
Gsqnilino, via pr. Umberto.
11. Statua maliebre, grande al vero di marmo greco e di
egregia scultura. Foggia sulla gamba sinistra, e volge alquanto
la testa dal medesimo lato con seria espressione. Manca intera-
mente delle braccia, che erano riportate. È vestita di tunica e
di corta sopravveste , ed ha inoltre un mantello , guernito di
frangie, che si avvolge intomo alle braccia ed alle spalle, ed un
lembo del quale ricade sul lato diritto. Bappresentava forse
una Musa — Esquilino, piazza Dante.
12. Statua muliebre, grande al vero, di marmo greco, e di
bella scultura. È vestita di lunga tunica a pieghe sottili, eoa
mezze maniche abbottonate, sopra la quale è gittate an lungo
mantello, che pende dalla spalla sinistra, lasciando scoperta la
dritta, e le avvolge fino alla mano tutto il braccio sinistro di-
steso all' ingììi con attitudine alquanto teatrale. Del braccio
dritto, che era ripiegato, manca la metìi anteriore. La figura
sembra in atto di muovere un passo. Bappresentava forse una
Musa — Ivi.
13. Statuetta muliebre ignuda, in marmo lunense, grande
circa un terzo del vero. Sembra in atto di danzare, reggendo i
lembi di un manto. I crotali pendenti da una specie di sasso
quadrato che le sta ai. piedi, sembrano caratterizzarla per una
Baccante. Manca della testa, e di tutto il braccio sinistro e del
piede destro — Esquilino, via Conte Verde.
14. Altba non molto diversa, mancante delle braccia. Fu
trovata nel medesimo luogo.
15. Statuetta muliebre, in marmo lunense, assisa, vestita
di tunica e manto. Manca della testa e dell' estremità delle
braccia. Rappresentava probabilmente la Fortuna — Esquilino,
16, Statua virile, maggior del vero, rappresesfante un per-
son^gio probabilmente imperiale del secolo terzo , siccome
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248 BULLETTINO DELLA COMMISSIONE
dimostra la moda della barba molto raccorcia. Il soggetto tì è
rappresentato all'eroica, vestito di una sola clamide che gli cade
sugli omeri, ed ha la testa coperta di elmetto romano. Manca
della mano e della gamba dritta, meno il piede; del piede si-
nistro, e dell' antibraccio del medesimo lato — Esquilino,
via Manin.
17. Gbbbbbo, circa il vero, di buona scultura, appartenente
ad una statua di Giove Serapide , di cui sulla pianta rimane
una porzione del piede — Esquilino, nella gii vigna Boiardi.
II.
Torsi.
1. EscDLAPio. Torso circa un teno del vero. Ai suoi piedi
il piccolo Telesforo , dìo della convalescenza — Via di Bipett».
2. Torso di Bacco, minor del vero — Esquilino, piazza Vit-
torio Emanuele.
8. ToEso di statua dì Venere, circa il vero, in frammenti —
Esquilino, piazza Gallileo.
i. Silvano, torso tunicato, circa la metà del vero: con la
sinistra regge il ramo e la pelle carica di frutti. Ài suoi piedi
il cane — Vìa di Bipetta.
5. Altbo simile, minore, ignudo ^—'Esquilino, piazza Vit-
torio Emanuele.
6. Fauno. Torso minor del vero, con pelle pendente dal-
l'omero sinistro al fianco dritto — Esquilino, vìa Buonarroti.
7. ToBSO, giovanile, virile, ignudo, poco minor del vero. Ha
parte delle gambe, ma infrante — Esquilino, via Macchiavelli.
8. Altro simile, con maggior parte delle gambe — Ivi.
9. Torso loricato, circa un terzo del vero — Esquilino,
via Cappellini.
10. Tosso di statua virile, ignuda e clamidata, un terzo circa
del vero — Esquilino, viale principessa Margherita.
DigitizedbyL.lOOQlC
AEGHEOLOmCA HUHICIP&LE.
in.
Busti e teste.
1. Giove. Testa circa il vero , di buona scultura. Conserva
tracce della policromia — Esquilino, via Cavour.
2. OiDNONE. Testa minor del vero, ornata di ste&ne —
Esquilino, vìa Conte Verde.
3. Bacco barbato. Testa di piccole proporzioni, del consueto
tipo imitante l'arcaico — Castro Pretorio, via di porta s. Lo-
renzo.
4. Altra simile, minore — Esquilino, piazza Vittorio Ema-
nuele.
5. Diana. Testa al vero di bella scultura, di sembianze non
ideali, e di perfetta conservazione — Esquilino, piazza Dante.
6. Mercurio. Testa minor del vero, di mediocre conserva-
zione, con alette sulla fronte — Esquilino, via Cavour.
7. Fauno oiovine. Testa circa il vero, assai danneggiata —
Esquilino, via Napoleone m.
8. Padmo giovinetto coronato dì pino, testa circa il vero
— Ivi.
9. Sileno. Testa maggior del vero, di grandioso, ma selvaggio
carattere — Esquilino, via Bicasoli.
tO. Auazzone. Testa grande al vero, di eccellente scultura,
simile di tipo alla matteiana — Esquilino, presso l'Auditorio.
11. Testa minor del vero, con qualche rassomiglianza al ri-
tratto di Cesare — Esquilino, vìa Cavour.
12. POMPEJA Plotina. Testa maggior del vero. — Bull. an. 2"
Tav. X.
13. Faustina seniore. Testa grande al vero, di buona scul-
tura, ma danneggiata nel naso — Esquilino.
14. CoHHODO in sembianza di Ercole, con la testa coperta
dalla spoglia del leone, con la clava nella dritta ed i pomi nella
siaistra. Mezza figura in forma di busto , grande al vero , di
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250 BULLETTIKO DELLA COHHISSIOKE
eccellente lavoro. Nel peduccio h scolpito un globo, attraversato
dalla fascia del zodiaco, e posto in mezzo a due Amazzoni ge-
nuflesse, di tutto rilievo, delle quali però mancano varie parti:
sarà illustrato nel prossimo fascicolo del Bullettino. — Esqul-
lìno, piazza Dante.
15. CoHBtODO giovinetto. Testa di'buona scultura e conserva-
zione. Mantiene nei capelli tracce di policromia — EUqnilino,
via Conte Verde.
16. Uamlia Scantilla. Busto al vero, illustrato nel Ball,
an. 2" Tav. X.
17. Busto senile in forma di erma. Edito nel Bull. an. 2"
Tav. XVin.
18. Busto in forma di erma, di personaggio romano, imberbe,
in età senile. Edito nei Bull. an. 2° Tav. XVm.
19. Busto come sopra, virile, barbato, dì personaggio greco
incognito. È danneggiato nel naso — Ejquilino, via Biiio.
20. Testa di fanciullo, minor del vero di bnona scultura —
Esquilino, via Mamiani.
21. Testa di giovinetto, grande al vero, simile al terzo Gtor-
diano — Ivi.
22. Testa muliebre, di buona scultura, con acconciatura di
capelli rilevata sulla fronte a guisa delle masebere sceniche.
È assai danneggiata — Esqnilino, piazza Vittorio Emanuele.
23. Testa muliebre, minor del vero, ornata della sfondone —
Esquilino, ivi.
24. Framhento di tosta pileata, maggior del vero, dì stile
arcaico — Esquilino, piazza Napoleone III.
25. Testa maliebre minor del vero, di buona scultura, con
corona tortile e lunghi capelli inanellati — Esquilino, via Biiio.
26. Altea in tutto simile — Ivi.
27-47. Teste ideali incerte molto danneggiate n." 21 — Pro-
vragono da vari quartieri.
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ARCHEOLOGICA UUNICIPALE.
IV.
Urne e sarcofagi.
1. Sabcofago per un fanciullo, con suo coperchio, ornato dì
bucrani e festoni. Nel mezzo, clipeo sostenuto da due Geni alati,
posante su due cornucopia coli' iscrizione dei defunti Felix e
Felicitas, scritta sopra un' altra già cancellata, A. dritta e sini-
stra doi suddetti Geni, altri due portanti armi e pezzi di ar-
mature. È lungo m. 1. 15 X M3 X 0,11 — Via del Babuino.
2. Sabcofago striato con cartello nel mezzo e la iscrizione
di un ClAudius Eurysaces. Nelle testate grifi. È lungo m. 1. 45
X 0,55 X 0,32 — Esqnilìno, Tigna già Boiardi.
3. Sahcofaqo, la cui parte anteriore è tutta occupata da un
grande cartello ansato, con iscrizione di una Porcia Posilla. È
lungo m. 2. 05 X 0,67 X 0,50 — Esquilino, presso s. Pietro
e Marcellino.
4. CiNBKARio di forma semicircolare. Àgli angoli teste di
arieti, da cui pende nn festone. Sotto il medesimo, uccelli; ti-
tolo nel mezzo con l'iscrizione di un Flavius Restitutits. Sotto il
cartello, lepre in atto di rodere frutti da un calato rovesciato.
Alto m. 0,32 — Esquilino, presso s, Giulianello. ■
5. CfPPO in forma di edicola, con colonna corinzio striate,
dalle quali pende un festone. Nel mezzo, tripode tra due ippo-
grifi, su cui cartello con la iscrizione di nna Slatia- Synoris. Dì
m. 0,47 X 0,35 X 0,27 — Esquilino presso s. Croce in Ge-
rusalemme.
V.
C^getti sacri e votivi, o di decorazione.
1, Abbtta con iscrizione, che serve di sostegno al gruppo
di Giore Dolieheno , rappresentato in piedi sol toro secondo il
tipo consueto. Manca la parte superiore della figura del nums.
Alta m, 0,22 — Esquilino, vìa Battazzi.
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252 BULLETTIKO DELLA COUUISSIONB
2. CliovE DoLiGEiENO, in foima di gueirìero barbato, con la
testa coperta da tiara frigia; statuetta mancante delle gambe e
di parte del braccio sinìatro. Conaerra tracce di policromia — Ivi.
3. Ogoetto totito appartenente all'iatesso culto di Giove
DoHcbeno. È nna basetta con iscrizione, sormontata da una
testa di cervo, fra le cai coma nn'aqaila. Alta m. 0,55 — Ivi.
4. Testa di vitello, grande al vero, con parte quadrata da
inserirsi nel muro a foggia di mensola. Appartenne al mede-
simo santuario dì Giove Dolicheuo — Ivi.
5. Gbupfetto esprìmente le Kinfe, con iscrizione nel plinto.
Due dello figure mancano della parte superiore del corpo; della
terza non esistono che le gambe — Ivi.
6. Abetta, base, con iscrizione, mancante del piano supe-
riore; nel mezzo la figura di Giove ignudo, con l'aquila ai piedi,
tenente con la dritta lo scettro, con la sinistra il cimine. Nei
Iati, a dritta Apollo, a sinistra Diana. Alta m. 0,25 — Esqui-
lino, via Napoleone III.
7. Base tkIanqolabe di candelabro, di buona scultura. In
una delle facce. Fauno accomp^nato da una tigre con cista sulla
testa e tirso; nell'altra Satiro barbato e coronato di pino, con
pedo nella sinistra, e nella dritta un quarto dì capriolo : nella
terza Fauno danzante, con pedo nella sinistra. Alta m. 0,47 —
Esquilino, via pr. Amedeo.
8. Base con bassorilievi in tre lati, esprìmenti, nella fronte,
Bacco sostenuto da Aerato ed accompagnato da una Baccante;
nei iHti, un Fauno ed ana Baccante. Il quarto lato di questa
base è tagliato a agbembo, ed ha forma di una scala; il che &
credere che questo marmo abbia servito ad ornare una fontana;
nelle imboccatura delle quali era consueto un tal genere di
ornato, ilta m. 0,60 — Bsquilino, Ivi.
9. Bassokilibvo, esprimente il sacrifìcio mitriaco, ed altre
rappresentanze di quel culto, con forti residui di policromia.
Baro monumento , edito nel presente fascicolo del Bullettino
tav. XX.
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AKCHEOLOQICA HUNICIPALG. 253
10. Bassobilievo, esprimente il nascimento dì Mitra dalla
pietra. Illustrato come sopra, tav. XXT.
11. Bassorilievo, rappresentante il Sole oriente, o fanciullo;
trovato nel medesimo luogo. Edito come sopra, tav, XXI.
12. Bassorilievo rappresentante una edicola, entro la quale
Silvano. È corredato di erudita iscrizione, ed illustrato nel pre-
cedente fìiecicolo del BuUettino, tav. XIX.
VI.
Pietre incise.
1. Lapislazdli di forma ovale, lunga mill. 20, dìam. mill. 15;
vi h rappresentato Vulcano assiso alla sua fucina in atto di
fabbricare le armi di A-cbìlle. Il nume, tenendo con la dritta
il forcipe, e con esso afTorrato un pezzo di armatura, solleva
con la sinistra il martello al di sopra della sua testa. È vestito
di una semplice clamide che pende dal suo braccio sinistro —
Acquistata dalla Commissione.
2. CosNioLA di forma elittica, lunga mill. 20, diam. mill. 10.
Vi è rappresentata una dea seminuda, veduta quasi di schiena,
con manto che le pende dal braccio sinistro e cade sulla parte
inferiore della persona. Ha la fronte ornata di Stefana, e regge
con la dritta il cornucopia, e con la sinistra lino scettro: pro-
babilmente la Fortuna. Nel campo ai due lati la iscrizione
CVADIPAVST, cioè ùiii Vadii Fausti — Esquilino, via Cairoli.
3. Ahetista quasi rotonda, diam. mill. 11 ,- con incisione '
rappresentante un cratere a grandi anse, di elegante forma — •
Esquilino, piazza Vittorio Emanuele.
4. Cammeo in corniola, lungo mill. 28 diam. mill 10, nel
cui strato roseo h intagliato elegantemente un giovine captio —
Esquilino, via Buonarroti.
5. Onice nerissimo , lungo mill. 15 diam. mill. 10. Kella
parte convessa h inciso un daino accovacciato — Esquilino,
piazza Vittorio Emanuele.
17
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254 BULLBTTIKO DELU COHHISSIONE
6. Fbìhmbmto di corniola incìsa da ambo le partì con mi-
nutissimi caratteri, che sembrano gnostici — Dono del car.
Augusto Castellani.
vir.
Scultura in osso od in avorio.
1. Faste del rivestimento di una cassetta, od altro oten-
elle, scolpito elegantemente in avorio. Vi è rappresentata la
metà inferiore di una figura seduta sopra dì un seggio, presso il.
quale una pantera: probabilmente Bacco. Lungo mìll. 70 X 50 —
Viminale, vìa di porta S. Lorenzo.
2. ALTEA simile; vi l rappresentata un'ara, cui assiste una
sacerdotessa. Due figure muliebri si appressano a fìirvì sacrifizio,
e due fanciulli portano delle offerte. Lungo mìll. 10 X ^0 — Ivi.
S. Altea, simile, con parte anteriore di un cervo, avente una
corda intorno al corpo. Lungo mìll. 60 X ^'^ " ^^i-
4. Sottile tavoletta di avorio, che formava pure il rivesti-
mento di un qualcbe utensile. Vi sono espresse d' incisione li-
neare, e di basso stile, due Gentetti alati, uno dei quali porta
un calalo di frutti, ed un' altro un' oca. L' orlo ò cinto dì un
ornato dì figure geometricbe. Lnago mill. 40X^0 — ^^i-
5. Altra simile, con figura di Genio alato, veduta dì fVonte,
cbe porta a due mani un canestro pieno dì frutta. La figura ò
posta ira due ramoscelli di alloro. Lungo mìll. 50 X 30 — Ivi.
6. Altbo simile, con figura di Genio alato, portante a due
mani una grande coppa senza manichi, o catina. La figura h po-
sta in mezzo a due fiori. Lungo mìU. 40 X *0 — I^i*
7. Altro simile, con Qenio alato, portante a due mani una
cassetta con sua serratura. Lungo mill. 30 X 30 — Ivi
8. Fkamubnto dì rivestimento simile, lavorato di bassorilievo
e di stile migliore, rappresentante buona parte dì un pntto o
Genietto. Lungo mill.27X18 — Ivi.
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ARCHBOLOOICA HUMICIPALB. 255
9. Vari alibi fbahuenti del medesimo genere, ed apparte-
nuti, come sembra, alla medesima snppeUattile , che mostrano
avanzi di erudite rappresentanze, e dei quali, con qualche studio
e diligenza, si potrebbero forse ricomporrò alcuno parti — Ivi.
10. Sotto questo numero si comprendono bea 1100 rBAHUENTi
DEL BivESTiHBNXo di altro utensìle, con somma eleganza intagliato
in osso di rilievo. Vi si nota quantità grandissima di figure uma-
ne, di animali, di edicole ed altri ornati: ma quasi tutte in-
frante per guisa, che non è stato ancora possibile licommotterne
alcuna, e rintracciare il soggetto originale intagliato in questo
arredo sommamente artificioso. Provengono dall' Gsquilino, dove
furono rinvenuti presso il dolio contenente il cinerario di ala-
bastro, di cui si ^ la descrizione alla classe delle torre cotte.
SEZIONE- TEBZA
Oro.
1. Obecchiko formato di una sola perla legata in oro —
Esquilino, via Cappellini.
2. Pendente di orecchiuo, con maschera ed altri ornati —
Vìa della Valle.
3. Anello piccolissimo, forse di bambino, con incisione per
UBO di sigillo, rappresentante un Clenietto alato, tenente in
mano un volatile — Esquilino, vìa Battazzi*
4. Obbchiellino ad uso di anello — Esquilino, via F&rini.
5. PiASTBiNA rotonda, con ornato in forma di croce, da cui
pende una specie di nodo — Esquilino, via Battazzi.
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256 BDLLETTIHO DBLLi GOUUISSIOKE
n.
Allento.
1. Lahinetta con iscrìzioDe, che sembra cristiana, in carat-
teri corsivi, non ancora decifrata. Fn trovata ravvolta e posta
in una teca di bronzo — Bsquilìno, via Qalliieo.
2. Pabte di altra simile , con iscrizione , forse cabclistica,
posta in piccola teca di bronso , di fornm cilindrica , di cui
manca il coperchio — Esqnilino, piazza Dante.
3. Cucchiaio con piatto rotondo e punta acuminata, della
forma del cochlear. Lungo mill. 120 — ; Esqnilino, vicolo
a. Matteo.
4. Altro simile, piU fino, mancante dì gran parte del ma-
nico — Ivi.
5. Manico di cacchiajo con l'estremiti terminata in piede di
capriolo. È pubblicata nel Bullettino, Àn. 2" tav. IX.
6. Forchetta a tre denti, in argento di bassa lega. È pub-
blicata come sopra.
in.
Bronzo.
1. Tensa carro sacro, rivestito di lamine di metallo, con ri-
lievi di minute figaro, allusivi alla guerra trojana, e alla storia
di A.chille. Questo nobile monumento h stato con bella mae-
stria ricomposto dall' esimio giovine sig. Alfredo Castellani; e
per grazioso atto del sno genitore, sig. cav. Augusto Castellani,
membro della Commissione, venne condotto ad intero e gratuito
profitto dei musei capitolini, ore attnalmente si ammira.
2. Candelabro a tre piedi, in forma dì virgulto nodoso, alto
m. 1. 30, terminante in una piccola coppa, la quale sostiene la
sua lucerna, pure di bronzo, con ansa che termina in una ma-
schera — Esqnilino, vìa Mazzini.
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A.SCHB0L0OICA UDNICIPALB. 257
3. LccEBNA dì semplice forma rotoada, e di perfetta conser-
vazione — Esquilino, via Gioberti.
4. Secchia con sna manico mobile, alta mill. 170, diametro
min. 200 — Esquilino, via Leopardi.
5. Vasetto in forma di balsamario, di perfetta conservazione.
Alto mill. 80, diam. mill. 80 — Tia di Bipetta.
6. OaciuoLO, con mascliera al nascimento dell' ansa, di me-
diocre conservazione. Alto mill. 140, diametro mill. 110 —
Esquilino, via Leopardi:
7. Caldaja di forma semplice. Alta mill. 220, diametro
mill. 850 — Esquilino, via Cairoli.
8. Altea simile, alta milt. 240, diam. mill. 350 — Ivi.
9. Altea simile, minore, alta mill. 140, diam. mill. 270 — IvL
10. Altea con due anse semicircolari, elevate sull'orlo, alta
mill. 150, diam. mill. 140 — Ivi.
11. Cassebuola, patina, in cattivo stato di conservazione.
Alta mill. 100, diam. mill. 140 — Ivi.
12. Vaso probabilmente da olio, di forma simile ad una fiasca,
con larga imboccatura. Alto mill. 300, diam. mill. 200 — Ivi.
13. Goffa appartenente, come sembra, ad una face o ad uu
candelabro, con parte del fusto, destinato ad esaere inserito in
asta di legno. Alto mill. 150, diam. mill. 100 — Acquistato
dalla Commissione.
14. Sfeccbio senza manico, con qualche graffito, ma coperto
dall'ossido. Diametro mill. 130 — Esquilino, via Napoleone m.
15. Steiqilb di elegante forma e perfetta conservazione.
Lungo, senza considerare la curva del manico, mill. 220 —
Esquilino, presso 3. Giulìanello.
16. Febeo di lancia, o venabulo, di perfetta conservazione.
Lungo mill. 260 — Esquilino, via Gioberti.
17. Altbo simile, minore, lungo mill. 190 — Ivi.
18. Fine istbdhento di rame, pei tagliare cuojo od altro,
imitante la forma di una doppia scure, ed afflato da ambe le
parti. Lungo mill. 120 — Esquilino, via Cavour.
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2K8 BULLKTTINO DBLLi C0KUI3SI0HB
19. Counaso mancante dell' estremità di una punta. Lungo
miti. 100 — Esquilino, vìa pr. Amadeo.
20. PiKSSTTB di perfetta conservazione. Lunghe mill. 90 —
Esquilino, Tia Napoleone IIL
21. Avo da pacare, conaerTatissimo — Ivi.
22. Altbd simile — Ivi.
23. Spbohe armato di una semplice punta — Esquilino,
via Cappellini.
24. PBNDAaLio, forse di collana, con suo appiccagnolo, in forma
di mezza luna, dal cui centro interno pende una foglia. Lungo
mill. 50, dìam. mill. 50 — > Eìsquilino, presso s. Qialianello.
25. Bolla piccolissima. Diametro oiill 30 — Iri.
26. Teca piccolissima, imitante la forma di una lacerna, con
appiccagnolo e coperchio i cerniera, su cui una testa lavorata a
sbalzo. Lunga mill. 250 — Esquilino, via Napoleone ni.
27. Altra simile, senza vernn ornato. Lunga mill. 170 <—
Esquilino, via Battàzzi.
28. Altea poco diversa, mancante del coperchio. Lunga
min. 50 — Ivi.
29. Peso in forma di cono tronco, vuoto nell'interno perrico-
veme uno- minore. Diametro mill. 40 — Esquilino, via Gioberti.
30. Altbo simile, minore. Diametro mill, 25 — Ivi.
IV.
Monete.
1. Monete romane di argento, dell'epoca repubblicana, ed
imperiale. N." XI.
2. UoNETB imperiali di bronzo di tutte forme e grandezze.
N.» 8925.
(N. B. Allorquando le medesime saranno state rinettate e
classilìcate , si avrà cura di pubblicare nel Bullettino quelle
che potessero meritarlo).
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AKGHEOLOaiCA HUNICIFALE.
SEZIONE QUARTA
TERRECOTTE
1. Yeneke Pbosbbfiha. statuetta acefala e mancante del brac-
cio dritto. Alta mill. 110 — Esquilino, via Battazzì.
2. Venehg, figurina ignuda, ornata di Btefìkne, in atto di so-
stenere con la sinistra il manto Bui fianchi, portando la dritta
alla capigliatura. Manca delle gambe. Alta mill. 100 — Ivi.
S. Sileno accovacciato', che po^'ta la mauo sinistra alla bocca;
figurina mancante della basetta e di qualche parte.Alta mill. 40 —
Esquilino, via Cappellini.
4. FiGCBiNA di bello stile, esprimente, in caricatura, nn per-
sonaggio calvo, ravvolto nella toga all'uso romano. Manca dei
piedi, e conserva tracce di policromia. Alta mill. 140 — Esqui-
lino, ivi.
5. Testa votiva di un giovinetto, di etile piuttosto antico, e
di perfetta conseivazione. Alta mill. 200 — Esquilino, ivi.
6. FSAHHENTO dì figurina, rappresentante una donna ignuda,
con bambino fra le braccia, in atto di porgergli il seno. Alta
mill. 25 — Esquilino, via Cavour.
7-8. Due vani votive, di grandezza naturale — Esquilino via
Cappellini.
9-U. Tee altee in frammenti. — Ivi.
12. Piedi votivo, intero, di grandezza naturale — Ivi.
13-14. Due alibi in frammenti — Ivi.
15. Oauba votiva, di grandezza naturale, mancante del pie-
de — Ivi.
DigitizedbyL.lOOQlC ,
260 BULLBTTINO DELLA COUUISSIONE
IC. Fbaukento di altra minore — Irì.
17. BiLiETO STAMPATO, probabilmente votivo, esprimente, come
sembra, qualche vìscere umano. A.lto mill. 110. — Ivi.
18. FoBUA, matrice di un rilievo, esprimente una troja con
i Buoi porcelli. Lunga mill. 70 — Ivi.
19. Base di oggetto votivo, modellato con lo stecco e non
terminato. Vi ò rappresentato un fulmine alato. A.I di sopra
cartello con iscrizione contenente il nome del dedicante. À.lto
milU. 280 — Esquilino, via principe Umberto.
20. ÀROLi con rilievo , rappresentante Teti sopra delfino,
portante la spada e lo scudo di Achille. Alta mill. 120 X ^^^ —
Esquilino, presso s. Eusebio.
21. Altra in tutto simile — Ivi.
22. Altba simile, con testa muliebre galeata ed alata, veduta
di fronte — Ivi.
23. Fbahugnto di fregio con Menade suonante la doppia
tibia. Alto mill. 160 X 210 — Esquilino, yìa Gallileo.
24. Alteo con satiri intenti a pigiar le uve; di millime-
tri 250X200 — Vìa di Bipetta.
25. Fkahuenti di antefisse, fregi e cornici, n. 45.
26. Lucerna in terra rossa dì Arezzo. Vi ò rappresentata
Leda col cigno. Al disotto il marchio C. OPPIBES — Esqui-
lino, vìa Napoleone III.
27. Altea BÌmilo, molto piìi fina: nel piatto dodici pezzi di
armi gladiatorie — Esquilino s. Maria Maggiore.
28. Altra simile, bilione, con corona di alloro — Ivi.
20. Altra simile , di fabbrica meno fina. Cibele assisa in
trono fra i due leoni. Bollo: BASSA — Esquilino, vìa Cavour.
30. Altra simile , con mostro marino , due delfini ed una
aia — Ivi.
31. Altra in forma di testa muliebre in caricatura — Ivi.
32. Lucerna di forma quadrata con due becchi ad'ogni an-
golo, ed uno nel lato dì mezzo, in tutto nove. L'ansa h formata
da un'aquila — Esquilino, vìa Battazzi.
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ARCHlOLOaiCA HUMICIPALB. 261
33. Altra con scesa di caccia, rappresentante un cacciatore
presso un albero di pino, in atto di lanciare una pietra contro
DUfi belva — Castro Pretorio.
- 34. Altra di fabbrica piU Sua. Vittoria sopra una biga in
corsa — Ivi.
35. Altba simile. Leone divorante una testa di toro — Es-
qnilino, via Mazzini.
S6. Lucerha in forma di nna faccia virile in caricatura — Iti.
37. Altba con busto galeato e barbato veduto di profilo —
Bsquilino, via Cavour.
38. Altba simile. Diana seguita dalla cerva e da un cane,
in atto di scoccare una freccia, con marchio IGAESAE — Esqui-
lino, via Cappollinì.
30. Lucerne decorate di eempiici ornati, ovvero di soggetti
ovvi , msno interessanti per 1' erndizione, alcune delle quali
mancanti di alcune parti. N." 248.
40. Vasi da versare ordinari, senza ornatine tìnte, di varie
formo e grandezze 'S." 13.
41. Balsamasi idem, N.° 10.
42. Vasi a due manichi idem, K." 8.
43. Coppe idem. N.* 7.
44. Anfobe intiere, alcune delle quali con marche di fab-
brica, con iscrizioni a pennello. N." 26.
45. GioocATTOLO in forma di porcello, con occhi riportati di
smalto, ed una rete sulla groppa, i cui nodi sono pure ornati
di pezzetti di smalto. È vuoto nell'intemo, per introdurvi delle
pietruzze, che agitandolo producessero suono.
46. (Sotto questo numero si comprendono i seguenti singo-
larissimi oggetti). Dolio, con suo coperchio, con frattura da un
lato, presso l'imboccatura, ma da potersi ricommettere. Sull' ori-
fizio il marchio di fabbrica
HLICINI
CKISPIONIS
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202 BULLETTINO DELLA COIIHISSIOIIE
£ atto m. 1,00, diam. m. 0,68. Fu trovato contenere nell' in-
terno nn grande involncro di piombo , a guisa di teca , ( alto
m. 0,50 , diam. di. 0,28 ) entro ÌL quale i posto un ricco e
grande cinerario, carato in an eoi pezzo di alabastro orientale,
con Buo coperobio; neU'intenio del quale, ceneri od ossa abbm-
Btolite. Il cinerario ò alto m. 0,40 diam. m. 0,10 — Esquilino,
piazza Vittorio Emanuele.
U.
Si % &tta una classe epecìale dei seguenti oggetti, di fab-
brica e stile detto volgarmente etrusco , rìnrenuti pressoché
tutti negli antichissimi sepolcreti dei Pnticoli: monumenti di
singolare ìmpotransa per la storia locale.
1. iBAUUBiiiù di fregio, di stile molto arcaico etrusco, rap-
presentante due bighe, montate ognuna da due figaro, una delle
quali regge le redini. Presso la prima biga, i cui cavalli man-
cano in parte, una figura pedestre. I cavalli dell'altra biga, sono
alati. Lungo m. 0,61 X ^>^^-
2. Viso arcaicissimo, che ricorda quelli trovati già sotto ì
peperini del monte Albano. 'È di forma rotonda molto schiac-
ciata , che si assottiglia verso la base e verso l' imboccatura;
con piccole anse, che -vanno dall'orlo alla baso del collo. Alto
mill. 150 diam. mill. 150. Sarà pubblicato nel Bullettino.
3. OscicoLO a vernice nera, senza figure. Alto mill. 150.
4. Altbì due simili, molto minori.
5. Altbo pur piccolissima, con becco, di bella vernice.
6. Vasetto della forma del lekythus, con figure ed ornamenti
gialli su fondo nero. Alto mill. 180.
7. Altei due simili, con vernice nera, molto piìi piccoli.
8. FiGCOU) vaso ansato, in forma di scifo, con ornamenti bian-
chi su fondo nero. Alto mill. 50.
9. Alteo alquanto maggiore, mancante di un'ansa.
10. Vaso da balsamo in forma dì (wybail'us, di arcaico stile.
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AECHEOLOOICA ItDHlClPALE. 203
di finissimii terra. Vi sono condotti di nero su fondo bianco, duo
pesci e parecchi circoli. Alto mill. 70.
II. Altri due di forma poco diversa, con ornati neri su fondo
bianco.
12- Piccou vasetti sepolcrali, a vernice nera N-" 11.
13. TiaiTri piccolissimi, forse giuocattoli da bambini N.° 18.
14. Piatto, o patera, a vernice nera e senza figure: diam.
mill. 80.
15. Cinque altri simili.
16. Fbauhbnto di altro, dipinto con figura gialle sa fondo
nero.
17. Fbaumiehto di vaso dipinto a figure gialle su fondo nero,
con parte inferiore di figura virile panneggiata.
18. Goppi. cylio! a due anse, di elegante forma. Diametro
mill. 60.
19. Fbahubhto di coppa dipinta, con testa muliebre di pro-
filo, ornata di corona, di bello stile: figure gialle su fondo nero.
20 Fkiuuento di cornice impieasa in terracotta e dipinta,
con l'ornato architettonico detto comunemente a spicchio d'aglio.
21. Ldcbrka di arte e forma etrusoa, a lucida veniice nera.
22. Altea in tutto simile.
23. Altea simile, minore.
24. Altea simile, biliene, con ornato di edera e di perle.
25. Altea simile, pili danneggiata.
26. Altea simile, priva di ansa e con tubo nel mezzo, per
essere inserita in asta di candelabro, o d'altro atensile.
27. Altea simile, pih grande.
28. TaeT altri frammenti di lucerne.
29. PiocoLiasmo balsamarto in vetro, di forma qnasi rotonda
con largo orifizio e di perfetta conservaziose. Alto mill. 40,
diam. mill. 40. (Si riporta qui tale oggetto perchb trovato nei
medesimi sepolcreti).
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BULLBTTINO DELLA COUUISSIONS
SEZIONE (QUINTA
FRAMMENTI ARCHITETTONICI ED ISCRIZIONI
I.
Frammenti architettonici
1. CoLONNiKi di alabastro fiorito, lunga m. 0,95, diametro
m. 0,20 — Bipetta.
2. Colonna in marmo bigio. Lunga m. 4,75 diam. m. 0,50 —
Esquilino iaol. 23.
2. Altbi in tutto simile — l7i.
4. Altra di granitello, lunga m. 4,82 diametro m. 0,65 —
Esquilino presao S. Ant-onìo.
5. Altba simile lunga m. 2,10 diam. m. 0,70 — Via di
Bipetta.
6. Altea in tutto simile — Ivi.
7. Bocchi di colonne dì alabastro, breccia traccagnina e co-
rallina , giallo antico , portasanta , africano , nero antico ec.
N." 87 — Provengono dai vari quartieri.
8. Capitelli di marmo di diversi ordini e grandezze K." 4 —
Medesima provegnenia.
9. Basi di colonne, N.° 4 — Medesima provegnenza.
10. FfiAHiiBNii di cornici, fregi ed ornati N.° 24 — Hede-
BÌma provegnenza.
11. Lastbb di marmi colorati, metri quad. 25 — Medesima
provegnenza.
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ARCHEOLOGICA HDHICIPALE.
L
Iscrizioni
(a) sacre
1. MoKDMENTO voUvo a Qiove Dolicheno, dedicato dal liberto
TUus Aelius Hilarus — Esquilìno, via pr. Amedeo.
2. SiuiLE, dedicato da uà Cajtis Julius Marinus, soldato della
fiotta misenate — Ivi.
3. Gbdppbtto dedicato alle Kiiife da un Caius Matius Me-
nophilus — Ivi.
4. Bassorilievo mitriaco, dedicato da un Mmms — È pub-
blicato in questo Ballettino.
5. Base dedicata- a Oiove da un Clcmdiua AnicOtts — Esq,
via Mazzini.
6. Iscrizione votiva in terracotta di un P. lAcinius — Ivi.
7. Iscrizione e bassorilievo dedicato a Silvano ed al Genio
degli equiti singolari da un Marcus Ulpms Fructus — Esqui-
lino, via Labìcana (Bull. an. 2." p. 182).
8. PEAKBtBHTO di Calendario — Esquilino via Cavour.
(b) onorarie e votive
9. Feaichento di iscrizione dedicata, come sembra, a Massii..o
Cesare — Esquilino piazza Tittorio Emanuele.
10 Frauicento dì iscrizione posta ad Antonino Pio da un
Caius luHìiS (manca ti cognome) Esquilino via Mernlana.
11. Frammento di iscrizione onoraria, forse di un Corrector
Campaniae — Esquilino, via Cavour.
13. Due iscrizioni non ancora ben decifrate in lamina di
argento — Esquilino, piazza Dante.
14. Frammento d'iscriz. col nome di un Clemens Felix aedi-
Iwis, ed una mano di bassorilievo. Dono del sig cav. Castellani.
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2C0 BDLLETTIMO DELLA COHHISSIONE
(c) monumeìUali
15. Lapide con greca iscrizione in roeso antico, ricordante una
Sinagoga giudaica — Donata dal Cav. A. Castellani
16. Cippo in traTertino dell'acque Marcia, Tepula e QiuUa —
Castro Pretorio, via di porta S. Lorenzo.
17. IscBiztoNE relativa all'abitazione urbana di un Orfitus
clarissimus puer.
18. Fistola aquaria col nome di un Q. (hmusius PraeTiesti-
nus — Acquistata dalla Commissione.
19. Simile col nome dell' imperatore Trajano — EsquUino,
piazza Oallileo.
20. Simile di un Pòaumius Amerùnntis — Acquistata dalla
Commissione.
21. Simile col nome di un Lucius Luttius Tltalamus —
Come sopra.
23. Ddb simili col nome di Vezio Agorio Fretestato e di
sua moglie Flavia Aconia Paolina — Esquilino , via principe
Umberto. (Bull. an. 2" p. 36).
25. Peso con iscrizione del prefetto di Berna Quinto Ginnio
Bnetico.
24. Cippo terminale di nn area spettante a un Cajus Metius
e ad una Aquilia Pamphila — Esquilino, gi^ villa Falombara.
(Boll. an. 2" p. 3J.
(d) sepolcrali
26. Ukna sepolcrale di una Statia Synoris — Esquilino,
presso S. Croce in Gerusalemme.
27. Sabcofago dei germani Felio! e Felicitas — Via del
Babuino.
28. Altro di un Claudius Eurysaces — Esq. via Bixio.
29. Sarcofago di una Porcia I^silla.
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ARCHEOLOaiCA. UDKICIPALE. 267
80. Titolo sepolcrale di Quintits Flavius RestittUus —
Esquilino presso s. Ginlianello.
31. Stelb di Arria PudefnsJ — Via Prenestina.
82. Altea dì Tiberius €101111(115 Similis — Ivi.
38. Titolo sepolcrale di nn Cajus Caedidux Celer — Ac-
quistato dalla CommisBione (Bull. an. 2." p. t).
34. SiKiLB di un Alcimtus Augusti UbertìiS e suoi cousan-
gQinei — Acquistata come sopra. (Ball. an. 2." p. 17).
35. SiuiLE di un Marcus Ulpius Mairimus — Esqnilino,
via Cavour.
86. Si&ElLE di uno Slorius DionysiìiS — Esq. via Cappellini.
37. SiuiLB di un Tiberius Claudius Rufus e suoi consau'
gainei — Esquilino, via Mazzini.
(e) di arnesi ed utensili
38. IscBizioNB contenente il nome del senatore Gallieno Con-
cesEO, incisa in un suo pugillare. (Vedi Bull. ann. 2." p. 106).'
39. Iscrizione di Vadio Fausto in una gemma di anello —
Esquilino via Cavour.
Frammenti
Frammenti d'iscrizioni pagane TU." 27.
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Suppellettili
(S. B. Nei seguetìti quadri si ripete la indicazione diì
OGGETTI
ACCBTTB
AsHI GKIHILI . . .
Ali
Ampollb
Anfore
Anelli
Abfiohi
Aeuli
Asce
Aste di bilìncu .
ASTB DI CASDELìBBO
bubamibi
Basi votive. . . .
Balocchi
Boccali
Borchie
Bottoni ......
Galdaje
Catene
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^d VLtenjsili
loimi articoli già descritti negli oggetti di arte afUica).
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OSSERVAZIONI
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Molta deUe quali con sigilli
zionì a pennello.
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OGGETTI
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Gatilli di mole
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Cbrniebe di cassa
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Compassi .
Coppe
Corde
gucohiai
Dadi
Fibule
Filamenta d'obo
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Forchette
Fileni da cavallo
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Ldcxbm
Macinelli da colori
Manichi di tasi ed anpobe. . . .
Masichi di coltelli
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TntU con marcUo di fcbbrica.
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Suppellettili
OGGETTI
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Manichi di cnccHui
Martelli
Martbllinb
Mattoni
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Pesi
Pbttini
Piatti di biiabcia
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Picconi
PlflNATTE
PlSSBTTB
Pdgillabi
PuNTB DI aiATBLlOTTO
RONCHE
Seghe
SCALPBLLl
Sbebatueb
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Tatti col marchio di fabbrica.
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PriTO del manico.
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Spilli
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Tebsbke
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Tessuti
Teifempoei
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Urcbi
Vasellini
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Veeticcei
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Frammento
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Due aelle quali con Uminette di argento.
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Eeelnsi i fnunmenti.
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BCLLETTINO DELLA COHUSSIONE
Emendazione e noia
mei fascicolo precedente, alla pag. 163, dandosi nn greco
epigramma dell'Antologia Palatina, secondo la edizione del Jacobs
(SII. 18) venne omessala parola [lupia nel primo verso; il quale
invece dovrà leggersi:
In questa occasione ripariamo anche volentieri una omis-
sione commessa, rendendo grazie al eh. sig. dott Eaihel per
una erudita lettera da lui scritta al sig. Rodolfo Lanciani intomo
all'epigramma suddetto, del quale alcuni brani abbiamo trovato
scritti sulle pareti della sala da recitazioni degli orti meco-
naziani. C. L. V.
Aovertimento
Nell'ultimo fascicolo del volume dell'anno decorso era stato
accennato , che il numero dei fogli di stampa di questo Bui-
lettino sarebbe stato all'incirca il medesimo anche nei volumi
degli anni successivi. Ora nel 1873 si diedero 282 pagine di
testo e 22 tavole, detrattane, cioè, la parte riguardante l'ul-
timo bimestre del 1873. Ognuno quindi può vedere come nel
volume che termina con questo fascicolo , sia stato corrisposto
ad una tale promessa.
Per aderire poi alle numerose richieste che da molte parti ne
vengono fatte, e per maggioro soddisfazione delle persone erudite
che sogliono fare acquisto di questie pubblicazioni, la Commis-
sione ha deliberato di stabilire un patto di associazione, il quale
sai^ pubblicato col primo fascicolo del Bullettino spettante
all'anno 1875. Ed ha inoltre disposto, che il prezzo dei singoli
fascicoli, il quale può variare secondo la quantità della materia
e la ricchezza delle tavole annesse, venga indicato sulla copertina
dei fascicoli istessì.
Li DlRBZIONS
DigitizedbyL.lOOQlC
ARCHEOLOGICA MUNICIPALE.
INDICE GENERALE
delle materie contenute nel gnattro fosclcoll dell'anno secondo
del Bollettino della Commissione Andieologlca Mnnlidpale.
(Qennftjo-Dicembre 1874)
Decadi lapidarie capitoline. Decade prima. Parte
seconda - (Tav. I) sig. barone Fietbo Ercole
Visconti pag. 3-21
U bisellio capitolino - (Tav U-IY) sig. cav. An-
fluSTO Castellasi » 22-32
Delle scoperte principali avventile nella prima zona
del nuovo quartiere EsquUino - (Tav. V. VI)
sig. BoDOLFO Lakciani, (con lettera del sig.
cav. prof. Q. Hbnzen) > 33-88
Rammento di rilievo rappresentante la nascita di
Bacco - (Tav. I n. 3) sig. cav. Cablo Lodo-
Tjco Visconti » 89-96
Atti della Commissione e doni ricevuti - sig. Bo-
DOLFO Lanciani » 97-98
Illustrazione di un antico pugilla/re in avorio stato
di uso a Gallieno Concesso, senatore romano
(Tav. VII. Vili) sig. barotie Pibtso Ebcolb
Visconti . . . • » 101-115
Due antiche forchette di argento {Tav. IX) sig.
cav. A.OQUST0 Castellani » 116-125
dby Google
278 DULLETTIKU DELLA COUUISi-lOXE
Pompeja Piotina moglie dell' imperatore Trajano.
Testa maggior del vero - {Tav. X n. 1. 2)
sig. barone Pietro Ekcole Visconti pag. 126-130
MarMa ScarUilla moglie dell'imperatore Didio Giu-
liano. Busto grande al vero - (Tav. X n. 3)
sig. barone Pietro Ercole Visconti » 131-132
Didia Clara figlia dell'imperatore Didio Giuliano,
Busta grande al vero - (Tav. Xn. 4) sig. ba-
rone Pietro Ercole Visconti * 133-134
Antica sala da recitazioni, ovvero auditorio, sco-
perto fra le ruine degli orti mecenaziani sul-
l'Esquilino - (Tav. Xl-XVIIf) sigg. conte Vie-
aiNio Vespiqnani, e cav. Cablo Lodovico Vi-
scOKTi » 137-173
La base d'una statua di Prassitele testé scoperta,
e la serie di simili basi alla quale essa ap-
partiene (con incisione nel testo) sig. com-
mendatore Giovanni Battista De Bossi .... » 174-181
Decadi lapidarie capitoline. Decade seconda. Parte
prima - (Tav. XIX) sig. barone Pietro Er-
cole Visconti » 182-186
Decadi lapidarie capitoline. Decade seconda (con-
tinuasione e fine) sig. barone Pietro Ercole
Visconti • 189-194
Delle principali scoperte avvenute nella prima zona
del nuovo quartim-e Esquilino (con éue inci-
sioni nel testo) sig. RoDOLro ItANCiani » 195-223
Quaitro monumenti mitriaci rinvenuti sulVEsqui-
lino - (Tav. XXeXXI) sig. cav. Cablo Lodo-
v]co Visconti 224-243
Elenco degli oggetti di arte antica scoperti e con-
servati per cura della Commissione Archeolo-
gica Municipale dal 1 Gen/najo a tutto Di-
cembre 1874 » 244-275
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